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SOLE

di Guglielmo Righini - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)
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SOLE (XXXII, p. 47; App. III, 11, p. 858)

Guglielmo Righini

I recenti progressi della fisica solare sono da ascriversi soprattutto all'osservazione continua del S. da osservatori disposti intorno alla Terra. Notevoli risultati sono stati ottenuti con i veicoli spaziali, come pure molto si deve al perfezionamento delle tecniche strumentali e alla migliore interpretazione dei dati di osservazione.

La granulazione fotosferica è stata intensamente studiata mediante strumenti portati ad alta quota con palloni stratosferici allo scopo di evitare l'effetto di degradazione della bassa atmosfera terrestre. Nuove strutture convettive sono state identificate miediante spettroeliogrammi presi da terra; mentre le celle convettive della normale granulazione fotosferica hanno dimensioni intorno ai 1000 km e una vita media intorno a 10 minuti, le cellule convettive della "supergranulazione" hanno un diametro di circa 30.000 km e vita circa 100 volte più lunga. In esse (fig. 1) si ha una circolazione radiale dal centro alla periferia; al limite fra una cella e l'altra si hanno i "punti magnetici", cioè aree molto piccole della fotosfera solare dotate di campo magnetico la cui intensità può essere anche di 1000 oersted. Nei tubi di flusso magnetico si formano le "spicule", o getti di plasma, che partendo dalla fotosfera penetrano nella cromosfera soprastante fino a un'altezza di 4000 ÷ 5000 km e durano in media 8 ÷ 10 minuti. Osservate al bordo solare hanno l'aspetto di fili d'erba che ondeggiano al vento per cui A. Secchi intorno al 1870 definì il bordo solare una "prateria ardente". Nel corso delle osservazioni che vengono eseguite su righe di assorbimento dello spettro solare allo scopo di misurare il campo magnetico, è stato scoperto che la fotosfera solare pulsa con un periodo di cinque minuti circa. Il S. si espande e si contrae ritmicamente, probabilmente a causa della perturbazione indotta dalla convenzione che è responsabile della granulazione fotosferica. È probabile che la pulsazione ora accennata non sia che un'armonica dell'oscillazione fondamentale del S., che sembra avere un periodo di 160 minuti. Un'altra particolarità della fotosfera solare è che essa, secondo accurate misure eseguite per lunghi anni da R. H. Dicke e H. M. Goldenberg, presenta uno schiacciamento ai poli di circa 50 km a causa forse della rapida rotazione del nucleo interno del Sole.

Grazie ai veicoli spaziali si è potuto estendere lo spettro solare dalla lunghezza d'onda di 3000 Å, limite imposto dall'assorbimento atmosferico a lunghezze d'onda di qualche Å soltanto, cioè allo spettro dei raggi X molli. Si è visto così che lo spettro continuo tipico della fotosfera solare si attenua e scompare intorno alla lunghezza d'onda di 1800 Å (fig. 2) per lasciare posto a uno spettro con righe di emissione che si formano nella cromosfera e nella corona. La temperatura, che per la fotosfera solare è di 6000 °K e nella cromosfera è intorno a 10.000 °K, sale rapidamente nella zona di transizione fra cromosfera e corona, raggiungendo in quest'ultima zona valori intorno al milione di gradi. Perciò le righe di emissione che si osservano nella zona ultravioletta e X dello spettro (zona XUV) sono dovute a elementi più volte ionizzati che si trovano in tale stato a causa dell'alta temperatura del plasma. Gli strumenti portati in orbita dai satelliti della serie OSO (Orbiting Solar Observatory) e più recentemente dallo Skylab, nel quale gli astronauti potevano operare con un complesso di sei diversi strumenti solari, hanno permesso di ottenere delle fotografie monocromatiche della cromosfera e della corona mediante righe che si formano a diversi livelli sulla fotosfera. Così, per es., la struttura cromosferica ottenuta con la riga Lyman α dell'idrogeno è abbastanza simile a quella che si ottiene da terra con la riga K del Ca II; viceversa, immagini ottenute con le righe emesse dall'atomo di carbonio ionizzato due volte, con quelle dell'ossigeno ionizzato cinque volte e con quelle dell'atomo di magnesio, al quale siano stati strappati nove elettroni, mostrano che la struttura cromosferica evolve avvicinandosi sempre più alla struttura della corona che si può ottenere, sempre dallo spazio, con un telescopio a riflessione per i raggi X. In altre parole, le foto ora citate equivalgono a sezioni fatte a diversa altezza sulla fotosfera.

L'immagine del plasma coronale, fotografato nella zona dei raggi X molli mediante un telescopio a riflessione con incidenza radente, mostra (fig. 3) che la corona non è ugualmente distribuita sul disco solare bensì presenta delle lacune ("buchi coronali" e dei punti brillanti che sembrano distribuiti a caso sul disco solare. I primi sono rappresentati da regioni nelle quali l'emissione della corona è ridotta a causa probabilmente della minore temperatura e densità. I secondi potrebbero rappresentare la sommità di colonne di plasma le cui radici probabilmente si trovano a livello fotosferico.

Il controllo continuo delle radiazioni XUV emesse dal S. è molto importante per l'effetto che esse hanno sull'alta atmosfera. Per questo scopo sono stati messi in orbita i satelliti della serie SOLRAD (Solar Radiation), che misurano l'emissione globale della corona nelle bande da 8 ÷ 12 Å e 40 ÷ 60 Å. SOLRAD 11, attualmente in orbita (1977), è costituito da una coppia di satelliti che sono a 180° di distanza sulla stessa orbita a 100.000 km di altezza; essi provvedono a fornire un controllo continuo della radiazione XUV e del vento solare.

La corona emette anche radioonde che si possono ricevere liberamente nella gamma da 2 cm a 10 metri. I fotoni radio hanno energia piccolissima e la loro origine va ricercata nei processi d'interazione fra elettroni e ioni presenti nella corona. Più denso è il plasma e più energica sarà l'interazione e di conseguenza il fotone emesso avrà una lunghezza d'onda minore; la corona è otticamente sottile per le onde di qualche cm, per cui questa radiazione ci può giungere dalla cromosfera; essa è invece otticamente densa per le onde metriche: queste provengono quindi dagli strati superiori della corona.

Il flusso radioelettrico misurato a diverse lunghezze d'onda si può rappresentare bene con uno spettro di corpo nero la cui temperatura sia di (0,8 ÷ 1,5) • 106 °K.

Si ritiene oggi che la sorgente di energia che mantiene l'alta temperatura nella corona sia la zona di convezione del S., la cui energia meccanica verrebbe dissipata principalmente nella cromosfera e nella corona stessa. Dal punto di vista del bilancio energetico totale essa è trascurabile. Dal punto di vista fenomenologico invece, è l'unica che può spiegare il rapido aumento di temperatura nell'interfaccia cromosfera-corona. Non è escluso però che l'interazione del campo magnetico col plasma solare possa dare origine alle cosiddette "onde magnetoidrodinamiche" (onde di Alfvèn), la cui energia dissipata per effetto Joule possa contribuire al riscaldamento della corona.

La corona non è statica ma si espande continuamente poiché esiste in essa una pressione che dà origine a una corrente di materiale solare nello spazio interplanetario: questo è il "vento solare", che ha una velocità media di 400 km/sec, una densità di poche particelle per cm3 e una temperatura di circa 100.000 °K. Nei periodi di S. attivo la velocità può aumentare fino a 1500 km/sec. La distanza S.-Terra viene coperta dal vento solare in 5 giorni, perché le particelle solari percorrono una linea curva prima di giungere alla Terra a causa del campo magnetico interplanetario che controlla il moto delle particelle. Le linee di forza che nascono sul S. e si estendono nello spazio vengono molto incurvate dalla rotazione del S. stesso, formando dei "settori" entro i quali si muove il plasma costituente il vento solare (v. anche spaziale, fisica, in questa App.). Si può concludere che la Terra e anche gli altri pianeti sono immersi nell'atmosfera solare benché questa alla distanza del nostro pianeta sia rappresentata solo da poche particelle per cm3.

Probabilmente le sorgenti principali del vento solare sono i buchi coronali in quanto la loro presenza è correlata con le perturbazioni a periodo di una rotazione solare, cioè di 27 giorni. I buchi coronali coinciderebbero quindi con le regioni M ipotizzate da S. Chapman e J. Bartels per spiegare le perturbazioni ricorrenti del campo magnetico terrestre.

La fisica dei brillamenti solari (flares) ha fatto molti progressi sia grazie alle osservazioni coordinate fra fisici solari e radioastronomi sia per le possibilità offerte dai veicoli spaziali. Nei brillamenti si osservano righe di emissione dovute ad atomi più volte ionizzati come il Fe XVII (che ha perduto cioè sedici elettroni), Mg XI, Ne X, ecc., le cui lunghezze d'onda sono comprese fra 1 e 2 Å; sono quindi vere e proprie righe di raggi X, che sono state osservate dal telescopio-spettrografo montato sullo Skylab. Esse denunziano perciò la presenza di condizioni di eccitazione particolari dovute all'interazione del plasma solare col campo magnetico locale. L'energia totale emessa da un brillamento notevole può essere valutata a un decimo dell'energia totale irradiata dal S. in un secondo; la perdita di massa del S. per le particelle che vengono irradiate nello spazio è invece trascurabile benché sia equivalente alla massa totale della cromosfera e della corona che si trova sopra la regione del brillamento. La causa prima di un brillamento non è ancora ben chiarita; si pensa tuttavia che il fenomeno sia dovuto alla liberazione improvvisa dell'energia magnetica accumulatasi nella zona attiva, che produce un'emissione violenta di plasma. Questo, attraversando la corona, la perturba eccitandola in modo che essa emette radioonde di varie lunghezze d'onda. Si nota alle volte anche la formazione di nubi di elettroni relativistici, che, spiralizzando intorno alle linee di forza del campo magnetico, emettono radiazione di sincrotrone nel campo delle radioonde. Questi sono fenomeni "non termici", cioè non dovuti unicamente a un aumento di temperatura, ma principalmente a un'interazione del plasma solare col campo magnetico.

Le energie delle particelle solari che durante un brillamento raggiungono il nostro pianeta sono nell'ambito di 1 keV fino a 20 Gev, con la massima abbondanza intorno a energie dell'ordine del MeV. Si può quindi parlare di veri e propri "raggi cosmici" di origine solare; infatti, dopo un brillamento importante è stato misurato sulla Terra un flusso di 30.000 protoni per cm2 e per secondo, con energia compresa fra 10 e 20 Mev. Poiché il S. ha avuto una fase di minimo nel 1976, si sta preparando negli Stati Uniti un complesso di strumenti, analogo a quello che ha già volato sullo Skylab, col quale, utilizzando le facilitazioni offerte dalla navetta spaziale (space shuttle) e dal relativo laboratorio che sarà portato in orbita (Spacelab), si pensa d'indagare più a fondo i fenomeni solari e in particolare i brillamenti che nonostante tutti i tentativi rimangono ancora i fenomeni più imprevedibili del Sole. Tale missione, prevista per gli anni Ottanta, sarà chiamata Solar Maximum Mission (SMM). Vedi tav. f. t.

Bibl.: W. Liller, Space astrophysics, New York 1961; I. S. Shklovskii, Physics of the solar corona, Oxford 1965; C. de Jager, The solar spectrum, Dordrecht 1965; E. G. Gibson, The quiet Sun, NASA (National Aeronautic and Space Administration) SP-303, Washington 1973; G. Vaiana, La corona solare in raggi X, in Enciclopedia della scienza e della tecnica, Annuario, Milano 1974.

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