SOLFOSALI
Si chiamano solfosali dei composti che si possono considerare corrispondenti agli ossisali, in quanto contengono zolfo in luogo dell'ossigeno. Tale sostituzione rientra nel quadro delle proprietà dei due elementi ossigeno e zolfo, affini nei composti, omologhi contigui nel medesimo gruppo del sistema periodico. La corrispondenza dei solfosali e ossisali è illustrata dall'esempio seguente, che spiega come i solfuri di arsenico si sciolgano nelle soluzioni dei solfuri alcalini: As2S3 + 3K2S = 2K3AsS3. È una relazione analoga a quella per cui dalle anidridi e dalle basi si formano gli ossisali; da ciò il nome di solfoanidridi dato ai solfuri di arsenico e composti di comportamento analogo e di solfobasi per i solfuri metallici che con essi si combinano. Si hanno poi composti intermedî con l'ossigeno solo in parte sostituito, detti ossisolfosali.
Numerosissimi solfosali sono stati preparati sinteticamente, come solidi cristallini, da elementi appartenenti a quasi tutti i gruppi del sistema periodico, fra i quali, tralasciando per ora quelli più frequenti nei solfosali naturali, si accennerà al mercurio, il cui solfuro agisce, secondo i casi, come solfoanidride o solfobase; al vanadio con svariati composti e specialmente alla ricchissima serie del molibdeno esavalente. Ci si vale dei solfosali abbastanza di frequente, in chimica analitica, per separare mediante solubilizzazione determinati solfuri. A essi si ricorre anche per spiegare le genesi di giacimenti metalliferi, supponendo che certi solfuri metallici si trovassero in tale stato nelle soluzioni che portarono il materiale dei filoni, e dalle quali poi quelli si depositarono. In natura si sono avute anche le condizioni per la formazione dei solfosali stessi, giacché essi rappresentano una classe numerosa e importante di minerali, notevole sia teoricamente sia praticamente, costituendo talora le vene principali metallifere, come nel caso del rame.
Qui vogliamo considerare più particolarmente questi solfosali naturali. Secondo tal modo di vedere i minerali formati da zolfo e un altro elemento sono solfoanidridi o solfobasi, quelli contenenti zolfo e due o più elementi sono da considerare solfosali. Questa ultima conclusione non è senza eccezioni, perché, per lo meno, si hanno soluzioni solide e miscele isomorfe, che possono dare solfuri misti, da distinguersi peraltro per la composizione non fissa o con lo studio del sistema fra i solfuri semplici componenti. Le solfoanidridi più frequenti nei solfosali naturali sono i solfuri di As, Sb, Bi, V, Ge, Sn: e si suppongono anche delle solfoanidridi, che non furono mai incontrate da sole, come p. es., la solfoanidride Fe2S3, la quale si ritiene costituire varî solfosali, fra cui i minerali di rame più importanti dal punto di vista estrattivo, cioè la calcopirite e l'erubescite; alla prima si attribuisce la formula
In ambedue si suppone precisamente il ferro trivalente legato allo zolfo.
Dal punto di vista costituzionale, si deve fare distinzione nei riguardi dei rapporti ponderali fra solfoanidridi e solfobasi: un eccesso delle prime o dei secondi determinerà solfosali acidi o basici. Si chiamano neutri quelli che hanno saturato esattamente con metalli l'idrogeno del solfoacido orto, costruito secondo le regole della valenza.
Fra tanta varietà e rapporti così complicati, sarà molto utile una classificazione, che permetta di abbracciare il complesso dei fatti. P. Groth riunisce i solfosali in 5 classi, riferendosi alle solfoanidridi, come segue:
1. Solfoferriti e solfosali affini. Comprendono 4 gruppi, in cui sono inclusi fra gli altri, la calcopirite, l'erubescite, le piriti d'argento.
2. Solfoarseniti, solfoantimoniti, solfobismutiti. Sono suddivisi in 17 gruppi, secondo il rapporto fra il numero delle molecole di solfoanidride e quelle di solfobase. Tale rapporto varia da meno di 1:1 fino a 1:12 nella poliargirite Sb2S3 • 12Ag2S. Questa classe comprende il nucleo principale dei minerali di questo tipo, e si capisce anche quali sono le solfoanidridi più comuni: le solfobasi sono date specialmente da Cu2S, Ag2S, PbS.
3. Solfoarseniati, solfoantimoniati, solfovanadati. Sono riuniti in un sol gruppo, in cui figura il solfosale di vanadio, la sulvanite VS(SCu)3.
4. Solfostannati e solfogermanati. Vi sono compresi due gruppi: nel primo si ha la stannina SnS4 • FeCu2, e nel secondo l'argirodite, cubica, GeS2 • 4Ag2S.
5. Combinazioni di solfostannati e solfoantimoniati.
Si può, come è stato fatto effettivamente da P. Niggli, dare una rappresentazione diagrammatica dell'insieme dei solfosali, valendosi di un diagramma triangolare. A un vertice di questo stanno le solfoanidridi
(per esempio As2S3 o GeS2), a un secondo vertice i solfuri
In tale figura vedremo numerosi punti rappresentativi sui lati
pochi nell'interno del triangolo, ove stanno i composti contenenti i tre tipi di solfuri, cioè
i quali sono solfosali contenenti due differenti solfobasi. Si notano anche preferenze e incompatibilità, così il rame non si unisce con il solo arsenico, mentre entra volontieri nei solfoferriti; il piombo preferisce l'antimonio e tali solfosali sono molto numerosi. Nella figura annessa è dato il diagramma costruito dal citato autore, contenente i punti rappresentativi dei solfosali noti, indicati mediante numeri arabi, romani e lettere: qui ci siamo limitati a specificare la posizione dei solfosali più noti e di quelli che è occorso nominare in questo articolo.
Relazioni di isomorfismo fra i solfosali sono state ripetutamente messe in luce, per la frequente analogia chimica in sali riferibili allo stesso acido con metalli fra loro isomorfogeni, o sali dello stesso metallo con solfoacidi chimicamente analoghi. Ma tali relazioni possono mancare, sia perché si sa che l'isomorfismo non è semplicemente la conseguenza dell'analogia chimica, ma dipende anche da altri fattori, come il cosiddetto raggio atomico, che non va sempre d'accordo con la prima, sia perché si possono sovrapporre le influenze dell'isodimorfismo.
La giordanite e la meneghinite hanno rispettivamente le formule Pb4As2S7, e Pb4Sb2S7, l'una monoclina, l'altra rombica con rapporto assiale abbastanza lontano, mentre per ragioni di analogia chimica l'isomorfismo s'imporrebbe. È il caso di ritenerle termini di una serie isodimorfa, imperfettamente rilevata, da confrontarsi con altri esempî conosciuti in tutta l'estensione. Infatti la formula Ag3AsS3 corrisponde alle modificazioni dimorfe proustite romboedrica e xantoconite monoclina, e Ag3SbS3alla pirargirite romboedrica, isomorfa con la proustite, e alla pirostilpinite, isomorfa con la xantoconite. Nei due minerali prima citati può mancare l'isomorfismo, in quanto stanno fra loro nella medesima relazione come per esempio la proustite e la pirostilpnite. Come ulteriore esempio, si può citare la zinckenite Pb(SbS2)2 rombica e la sclerobase Pb(AsS2)2 monoclina.
Sono invece concordanti nel rapporto assiale e nella classe cristallina la stefanite Ag5SbS4 e la geocronite Pb5Sb2S8 con formule diverse. Se però scriviamo la prima raddoppiata (Ag2)5 • Sb2S8, ci troviamo portati a considerare probabile la sostituzione isomorfa Pb o Ag2 della quale, per quanto ben difficilmente giustificabile, non è questo l'unico esempio. Questi brevi cenni possono essere sufficienti per mostrare che, se abbiamo in questa classe di minerali ottimi esempî di isomorfismo, anche nel campo di questo rimangono problemi da chiarire.
Di tutti questi composti si possono dare formule costituzionali, mediante legami di valenza. Un lavoro sistematico di questo genere è stato fatto da M. G. Cesaro, con considerazione particolare dei composti di tipo
I solfosali normali di questo tipo sono evidentemente gli ortosali
nei quali n/m = 3. Se n/m 〈 3, si costruiscono dei solfoacidi, riunendo più molecole di ortosolfoacido mediante eliminazione di molecole di H2S e ottenendo schemi costituzionali come il seguente:
La livingstonite 2Sb2S3 • HgS, con n/m = 1/2, si può rappresentare così:
Se n/m > 3, a
si possono sostituire dei gruppi bivalenti ottenuti per eliminazione di H2S da gruppi basici
e in generale
Le formule di costituzione così costruite non sono univoche, in quanto per un medesimo mAs2S3 • n
si possono dare diverse interpretazioni. È evidente che, se immaginiamo dei solfoacidi più poveri di solfidrili −S−H, dovremo aumentare o rendere più complessi i gruppi =
q • S(q − 1), probabilità sulle quali non può esercitarsi un criterio di preferenza mediante adeguate esperienze chimiche. Si osservi però che i ragionamenti precedenti si fondano sulla presenza di
, atomo metallico bivalente; nel caso dei solfosali di Ag e Cu,
è sostituito da Cu2 o Ag2, i quali, considerando questi metalli monovalenti, non permettono la sussistenza dei gruppi basici
qS(q − 1).
L'autore suggerisce la possibilità dei gruppi − Ag − Ag − e − Cu − − Cu − il che, se non solleva per il rame obiezioni insuperabili, per l'argento è certo molto ardito.
Si può presumere che la teoria delle coordinazioni, con tanto frutto applicata a composti altrimenti difficilmente spiegabili, porterebbe un chiarimento anche nel problema presente. Bisognerebbe in antecedenza avere costruito un solido appoggio, mediante sintesi di composti affini preparati in laboratorio, e il cui carattere complesso fosse evidente. Per il nostro scopo non possono servire tentativi, come quello di L. Fernandez sulla preparazione di solfossipolimolibdati di ammonio e guanidina, per le molto diverse condizioni di formazione.
La complessità di certi solfosali potrebbe diminuire, se essi fossero delle soluzioni solide di composti più semplici. In tal senso, per citare qualche esempio, avrebbe concluso F. Zambonini in uno studio sulle piriti di argento. Queste risulterebbero cristalli di miscela del solfosale AgFe2S3 rombico con α pirrotina rombica, che contiene disciolto, secondo il solito, dello zolfo. Per lo stesso autore anche la plagionite 4Sb2S3 • 5PbS, l'eteromorfite 4Sb2S3 • 7PbS e la semseyte 4Sb2S3 • 9PbS sono termini di miscele, di cui un solfosale plagionitico e uno semseytico formerebbero i membri estremi.
Allo stesso risultato evidentemente si arriverebbe, se invece di soluzioni solide, fasi omogenee, supponessimo addirittura dei concrescimenti di minerali diversi, la genesi dei quali si può riferire a separazioni o compenetrazioni. A questo riguardo oggi possiamo dire che tale modo di vedere in molti casi s'impone, con l'osservazione diretta calcografica cioè a luce riflessa, il solo mezzo che si presti per uno studio intimo di questi minerali opachi.
Merita qui di essere ricordato il caso dell'erubescite, a cui si dà correntemente la formula Cu3FeS3 o Fe2S3 • 3Cu2S. Le analisi mostrano sempre un eccesso di rame e di zolfo, di modo che la composizione si aggira intorno alla formula 5Cu2S • Fe2S3, mentre d'altra parte con il microscopio metallografico si è potuto constatare il concrescimento, cosiddetto grafico, fra erubescite e calcosina. Ma non sembra che l'inclusione di calcosina possa giustificare la divergenza dalla formula Cu3FeS3 perché Allen, su materiale garantito omogeneo, ha ottenuto dall'analisi risultati che conducono alla formula 5Cu2S • Fe2S3, la quale dunque è da accettare in luogo di quella fin qui ammessa. Inoltre in frequenti casi l'erubescite contiene anche lamelle di calcopirite, che si può ritenere generata da separazione secondo l'equazione:
I composti solforati in generale, e i solfosali in particolare, si prestano per ricerche fisico-chimiche, come per l'analisi termica o altra analisi fisica, perché non si scompongono spesso alla fusione. Di molte coppie si è dato il relativo diagramma, studiandole allo stato secco. Nel sistema Ag2S−As2S3 con l'analisi termica si sono identificate soltanto Ag2S • As2S3 smithite artificiale monoclina e la proustite 3Ag2S • As2S3; la coppia Sb2S3−Ag2S ha dato solo testimonianza dei composti 3Ag2S • Sb3S3 pirargirite e Ag2S • Sb2S3 miargirite, mentre in natura a queste coppie appartengono altri solfosali. Questo risultato non deve meravigliare, perché si sa come nelle fusioni siano i cosiddetti mineralizzatori che contribuiscono alla formazione di fasi che altrimenti rimarrebbero in potenza dentro le soluzioni, e perciò non nascono in una massa in fusione da componenti puri.
Non è poi da escludere neppure che la separazione di composti definiti avvenga a temperatura inferiore alla fusione. Cosicché queste ricerche non hanno dato un'idea chiara della stabilità dei composti relativi, e non ne riproducono nemmeno le vere condizioni di formazione, perché sebbene composti solforati nascano in natura realmente anche da masse fuse, come prodotti di segregazione magmatica, è da ritenere che il processo in generale avvenga in presenza di acqua.
Lo studio delle strutture mediante raggi X va progredendo, senza peraltro avere per ora portato soluzioni nuove ai problemi connessi; i reticolati appariscono non molecolari, ma atomici o ionici.
Dopo questo rapido sguardo, possiamo dire che il capitolo dei solfosali è nelle linee generali ormai determinato, ma molti particolari richiedono ulteriori chiarimenti. Nel 1924 P. Niggli scriveva che il campo dei solfosali minerali deve essere indicato come ricco di aspettativa, e si può dire che questa conclusione sia legittima anche a dieci anni di distanza.