SOMALIA.
– Demografia e geografia economica. Storia. Webgrafia
Demografia e geografia economica di Matteo Marconi. – Stato dell’Africa orientale. Per la S., le stime socioeconomiche han no una scarsa attendibilità, per via della difficilissima situazione interna. Il calcolo della crescita della popolazione è reso altamente problematico dai costanti conflitti interni, dagli spostamenti per via delle carestie e dal nomadismo diffuso; si stima circa un milione di rifugiati. Fatte queste precisazioni, secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), nel 2014 la popolazione ha raggiunto i 10.805.651 abitanti. Sebbene il tasso di fertilità sia altissimo (6,1 figli per donna), l’incidenza della mortalità infantile e dei flussi emigratori (la S. è uno dei Paesi al mondo da dove si emigra di più) porta a una crescita complessiva contenuta. I dati sulle condizioni di vita in S. sono tra i peggiori al mondo: l’accesso all’acqua e alle cure sanitarie è difficoltoso per ben due terzi della popolazione. Nonostante ciò, quasi il 40% dei somali vive in città, tra le quali spicca Mogadiscio, con 901.200 abitanti. Le condizioni economiche del Paese sono estremamente difficili, caratterizzate perlopiù da pratiche di sussistenza e attività illegali. Si stima che il 64% dei somali sia impegnato nel settore primario, nelle tradizionali attività di allevamento di bestiame e nella pesca. Scarse sono le attività industriali ed estrattive, oltretutto ridotte a causa dell’instabilità politica perdurante. Le rimesse degli emigranti dall’estero (1,6 miliardi di $) e gli aiuti internazionali sono fondamentali per sostenere la sopravvivenza dei somali. Di fatto, tra le risorse del Paese ci sono le attività di pirateria, che interessano il golfo di Aden. Il fenomeno, peraltro molto complesso, trova l’appoggio delle comunità costiere somale, che vedono defraudate le proprie risorse ittiche dai pescherecci di altri Paesi. Grazie alle operazioni della NATO Ocean shield ed EU NAVFOR (European Union NAVal FORce), tra le altre, il numero di attacchi è sceso da 151 nel 2011 ad appena 9 nel 2014. Le rotte della pirateria si stanno di conseguenza spostando verso le Maldive e le coste del Mozambico.
Storia di Emma Ansovini. – A partire dal 2008 l’opera congiunta delle forze politiche interne, delle organizzazioni internazionali e dei principali attori regionali ponevano le premesse per l’introduzione di importanti cambiamenti nella situazione del Paese, dove la mancanza del potere centrale, oltre a favorire l’occupazione del territorio da parte delle forze islamiste radicali, destabilizzando così anche i Paesi confinanti, aveva provocato il diffondersi delle più diverse forme di illegalità, tra cui la pirateria che, a largo delle coste somale, nel corso del 2007 e del 2008 determinò il sequestro di numerose navi, in prevalenza mercantili, restituite solo dopo ingenti riscatti. Nel giugno 2008 a Gibuti, dopo mesi di colloqui, venne in primo luogo firmato un accordo, sotto l’egida dell’ONU, tra l’ala islamista più moderata, che nel settembre 2007 aveva dato vita nella capitale dell’Eritrea Asmara all’Alleanza per la riliberazione della Somalia (Alliance for the re-liberation of Somalia, ARS) e il governo di transizione. In secondo luogo, nel febbraio 2007 l’ONU diede la sua autorizzazione alla missione dell’Unione Africana, AMISOM (African Union MIssion in SOMalia). Questa missione avrebbe goduto di un ingente sostegno finanziario, tecnico e logistico dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. La missione era composta principalmente da caschi verdi dell’Uganda, del Burundi e di Gibuti e, dal febbraio 2012, del Kenya, che nel 2011 era intervenuto autonomamente nella S. meridionale per mettere in sicurezza i propri confini; le truppe etiopiche cominciavano invece il loro ritiro dal Paese nel 2009. Il rafforzamento dell’AMISOM segnava un cambiamento di strategia degli Stati Uniti, che assumevano un ruolo defilato e meno visibile di intelligence e di appoggio alle operazioni della missione, e un impegno attivo nella ricostruzione dell’esercito somalo. Nel giugno 2012 si aprirono a Londra nuovi colloqui, sotto l’egida dell’Unione Europea e della Norvegia e con la partecipazione di una rappresentanza del Somaliland, regione nel Nord-Ovest del Paese autoproclamatasi indipendente nel 1991 (v. stati non riconosciuti): colloqui che portarono, nell’agosto, a una nuova bozza di Costituzione e alla nomina di un nuovo Parlamento, ponendo così fine al processo di transizione durato otto anni. Il 10 settembre il Parlamento elesse presidente della Repubblica, a larga maggioranza, Hassan Sheikh Mohamud, una personalità indipendente, un accademico da sempre attivista per i diritti civili.
Anche se a Mogadiscio, città liberata nel maggio 2012, appena due giorni dopo la sua elezione, il presidente uscì illeso da un attentato suicida, la situazione del Paese era mutata sotto il profilo militare: l’AMISOM e l’esercito somalo, infatti, erano riusciti a sottrarre grandi parti di territorio al controllo delle truppe degli al-Shabaab, già fiacca te dagli effetti della carestia, che nel 2010-11 aveva colpito il Corno d’Africa, e indebolite dagli attacchi dei droni americani contro i loro capi militari. Alla fine di settembre 2012 venne riconquistata Chisimaio, grande porto e città fondamentale per i rifornimenti e i traffici degli al-Shabaab.
Questi cambiamenti permisero un primo tentativo di riavviare la macchina dell’economia nazionale, ancora largamente basata sulle rimesse dall’estero e sugli aiuti internazionali. Nonostante i progressi la situazione rimaneva difficile sia perché il governo controllava principalmente, e ancora non stabilmente, solo le aree urbane, restando fuori dal resto del Paese, largamente desertico e montuoso, sia perché all’interno del Parlamento era ancora ben rappresentato il partito di quei ‘signori della guerra’ che aveva devastato per anni la Somalia. Nel movimento degli al-Shabaab, a partire dal 2009, era nel frattempo andata prevalendo l’ala fondamentalista, che, guidata da Ahmed Abdi Godane, aspirava a una stabile alleanza con al-Qā῾ida, cui si affiliò definitivamente nel 2012, anche se quest’adesione non si sostanziò con una reale capacità di integrazione con le altre cellule del jihadismo qaidista. La radicalizzazione del movimento aveva peraltro determinato una netta perdita di consenso tra la popolazione per l’imposizione di una visione rigorista della šarī ῾a scandita da decapitazioni, fustigazioni, lapidazioni, per la lotta contro le confraternite portatrici da secoli di una versione dell’islam sunnita pragmatica e tollerante, più incline alla solidarietà che alla politica (vennero distrutti alcuni luoghi sacri del sufismo) e infine per il rifiuto di accettare aiuti alimentari dalle organizzazioni internazionali durante la carestia, che nel 2010-11 aveva mietuto migliaia di vittime.
La sconfitta militare con l’abbandono delle principali città segnò un cambiamento di strategia degli al-Shabaab che si frammentarono in piccoli gruppi, si ritirarono nelle campagne e concentrarono le loro azioni essenzialmente negli attacchi terroristici, portati a compimento sia in S., nelle aree controllate dall’AMISOM, sia nei Paesi più impegnati nel contingente ONU, come il Kenya colpito nel 2013 con un assalto armato a un grande centro commerciale di Nairobi, in cui morirono 68 persone. All’inizio di settembre del 2014, un attacco mirato di droni uccise Godane in un villaggio del Basso Shabelle, mentre le truppe dell’AMISOM accerchiavano la città di Barawe, conquistata definitivamente in ottobre, dopo che era divenuta la roccaforte delle milizie islamiste in seguito all’abbandono di Chisimaio. Tra la fine di dicembre 2014 e gennaio 2015 gli al-Shabaab, per quanto indeboliti militarmente, portarono a compimento una serie di attentati nella zona vicina all’aeroporto di Mogadiscio e nel Basso Giuba, diretti contro l’AMISOM e le forze di polizia somale.
Webgrafia: International Crisis Group, Somalia: Al-Shabaab. It will be a long war, 2014, http://www.crisisgroup.org/~/media/Files/africa/horn-of-africa/somalia/b099-somalia-alshabaab-it-will-be-a-long-war.pdf (27 sett. 2015).