SOMMERGIBILE (fr. sous-marin; sp. sumergible; ted. Unterseeboot; ingl. submarine)
Questo nome comprende tutto il naviglio subacqueo militare e mercantile, cioè: sottomarini, sommergibili propriamente detti, e immergibili, distinti fra loro da una diversa "riserva di spinta" (differenza relativa tra i loro dislocamenti in superficie e in immersione), minima nei sottomarini e massima negli immergibili; e per una certa diversità, non ben definita, della grandezza assoluta, minima per i sottomarini (per es., fino a 150 tonn.), maggiore per gl'immergibili (p. es., sopra le 2000 tonn.).
L'importanza militare del sommergibile venne dimostrata nel 1917, quando gl'imperi centrali, dopo la breve campagna "senza limitazioni" contro il commercio, quasi toccarono la vittoria. Le misure antisommergibili e i progressi della tecnica - i quali sono risultati maggiori per altre unità che non per i sommergibili - ne hanno oggi ridotta l'influenza, sebbene essi costituiscano sempre un mezzo fondamentale per la condotta della guerra marittima.
I tentativi per navigare o lavorare sott'acqua risalgono all'antichità: in tempi meno lontani ricordiamo L. da Vinci, precursore chiaroveggente anche in questo campo; N. Tartaglia (1500-57); W. Bourne (Londra 1558); Ercole Rivani (Parigi 1685); C. van Drebbel (Londra 1624). Ma solo alla fine del secolo XVIII, così ricco di rivoluzioni tecniche, si cominciò a pensare organicamente alla navigazione subacquea: il primo passo venne dall'America, sotto l'impulso del suo contrasto con l'Inghilterra. Verso il 1775 David Bushnell ideava e costruiva un vero sottomarino, l'American Turtle, a forma di doppio guscio di tartaruga, del diametro di circa 2 m., con scafo di legno, propulso a mano mediante una vite funzionante da elica, affondabile per l'imbarco di una certa quantità di acqua (zavorra), e che, manovrato da una sola persona, avrebbe dovuto avvicinare la nave nemica e applicarvi una specie di mina: esso venne in effetti impiegato contro la fregata britannica Eagle (1776).
Pochi anni dopo R. Fulton (1797-1800) proponeva alla Francia e costruiva a Brest, dove era sperimentato con successo, un sottomarino assai più grande, capace di contenere otto persone, il Nautilus: scafo in legno a forma allungata, propulsione a braccia con elica posteriore, affondamento per imbarco di zavorra d'acqua, governo con timone orizzontale poppiero e poi con elica verticale. Ma il Nautilus, sottomarino per i suoi tempi tanto efficiente quanto può esserlo uno dei migliori dei nostri giorni, non venne preso in ulteriore considerazione dalla Francia, cui avrebbe potuto essere utile nella lotta contro l'Inghilterra, e fu pure rifiutato dall'ammiragliato britannico, che acutamente ne previde l'importanza pericolosa per la supremazia navale inglese e riuscì forse in tal modo a ritardarne lo sviluppo.
Questo fu poi ripreso efficacemente specie da Francesi, sospinti dall'antagonismo permanente contro l'Inghilterra, e dagli Americani. Infatti prima della guerra di Secessione, i fratelli Couessin (1809) e il Payerne (1846) in Francia, il Phillips (1851) e l'Alstitt (1863) in America, il Johnston (1821) e lo Shuldham (1823) in Inghilterra, W. Bauer (1849) in Germania, ecc., avevano moltiplicato le proposte e compiuta pure qualche esperienza (memorabili quelle del Bauer), senza grandi risultati pratici, sebbene l'Alstitt avesse avanzato la geniale proposta di dare al battello due motori diversi, l'uno per la navigazione in emersione (a vapore, a carbone) e l'altro per la navigazione in immersione (elettrico, a pile). Finalmente nel 1863 il francese Ch. Brun, in collaborazione con L. Bourgois, costruì a Rochefort un grande sottomarino, il Plongeur, di 420/453 tonn. e 42,60 metri, scafo in ferro di forma allungata, nel cui interno si manteneva una pressione d'aria eguale alla pressione idrostatica esterna, munito di propulsione ad elica, con una macchina da 80 cav. ad aria compressa a 12 atm.
Il Plongeur riuscì ad immergersi e a navigare, sebbene irregolarmente, nonostante gl'innumerevoli nuovi problemi incontrati: ma alcuni inconvenienti, inevitabili in una applicazione così nuova, troncarono questo fondamentale esperimento.
Quasi contemporaneamente, nella guerra di Secessione, ebbero successo - ma furono poi abbandonati - alcuni piccoli battelli detti "davids", piuttosto "semi-sommergibili" che sottomarini, cioè solo capaci di navigare in affioramento (affondamento della corvetta federale Housatonic da parte del "david" H. L. Hunley). Il progresso del vero naviglio sommergibile riprese solo vent'anni dopo - perché sembrano quasi trascurabili le fantastiche proposte di O. S. Halstead (Intelligent Whale, 1872) e le altre innumerevoli del tempo -, quando cioè gli accumulatori elettrici vennero perfezionati, offrendo un nuovo, efficace mezzo di propulsione subacquea.
Attorno al 1880 si iniziano gli studî e le esperienze fondamentali del Goubet e di G. Zédé in Francia, di J. P. Holland negli Stati Uniti, di A. Campbell e del Waddington in Inghilterra, di S. Drzewiecki in Russia: tutti fondati sulla propulsione subacquea elettrica. La fusione più armonica e pratica di questi elementi si trova nei progetti dello Zédé e del Holland: il primo, com il Gymnote di 31 tonn. e 8 nodi (Tolone 1888), a propulsione completamente elettrica, porta praticamente a perfezione la scuola francese; il secondo, assai dopo, con il Plunger (Baltimora 1894-1897) e con il Holland (Elisabeth Port 1899) a propulsione termica in superficie ed elettrica in immersione, conclude una serie ventennale di laboriosi esperimenti. Solo il Garret e T. Nordenfeldt in Inghilterra, il Tuck e M. Honigmann in America cercano inutilmente una soluzione diversa con l'utilizzazione del vapor d'acqua anche nella navigazione subacquea, mediante accumulatori di vapore o caldaie speciali, a soda (1885-1887).
I successi del Gymnote, che aveva avuto un felice precursore in un sottomarino elettrico dello spagnolo J. Peral (1887), troppo presto abbandonato, indussero altre marine a studiare la nuovissima arma subacquea. In Italia G. Pullino costruiva e sperimentava felicemente il sottomarino Delfino, di 104/111 tonn. (La Spezia 1890-91): dimensioni m. 23,65 × 2,90; scafo fusiforme a sezioni circolari, corazzato superiormente; velocità 7 nodi; regolazione di profondità con eliche ad asse verticale; bussola giroscopica; periscopio; due lanciasiluri interni. Questo battello, successivamente perfezionato, restò in servizio fino alla guerra mondiale.
Il periodo dal 1890 al 1900 vide il perfezionamento del sottomarino elettrico, con la raccolta di preziose esperienze, spesso tragiche, e con la formazione di un personale specializzato, spesso eroico, che gettarono le basi della navigazione subacquea moderna, affrontandone, se pur non risolvendoli ancora completamente, i problemi fondamentali: la stabilità in superficie, in immersione e durante la manovra d'immersione; la manovra orizzontale e verticale in immersione; la regolazione del peso e del dislocamento; la visione periscopica; la robustezza dello scafo; l'armamento bellico, ecc. I sottomarini più perfezionati, come il grande Zédé, di 266 tonn., ed il piccolo Morse di 140 tonn., costruiti in Francia, avevano sempre gravi limitazioni intrinseche: propulsi da energia elettrica raccolta in accumulatori, disponevano di un raggio d'azione assai breve; studiati per la sola navigazione subacquea, avevano forma di scafo poco stabile e non adatta alla navigazione d'alto mare. Queste limitazioni furono superate con il sommergibile, caratterizzato dal doppio motore e dal doppio scafo.
Dato l'insuccesso dei tentativi volti a sostituire agli accumulatori elettrici altri mezzi, si dovette infatti definitivamente accedere al concetto del doppio motore (J. Holland in America, W. Hovgaard in Danimarca, F. Forest in Francia), cioè di separare il sistema di propulsione per la navigazione in superficie - termico - da quello per la navigazione in immersione - elettrico - con il doppio vantaggio di rendere l'autonomia in superficie indipendente da quella in immersione e di liberare il sommergibile dal vincolo delle basi, giacché il motore termico può produrre in emersione anche l'energia elettrica occorrente per gli accumulatori. D'altra parte lo scafo, per essere adatto alla navigazione in superficie e alle velocità elevate, doveva avvicinarsi alle forme delle torpediniere, senza perdere la robustezza contro la pressione esterna. S'imponeva cioè il concetto di avere pure un doppio scafo: uno esterno, leggiero, più o meno esteso, per la navigazione in superficie: uno interno, robusto, ellittico o circolare, per sostenere la pressione idrostatica. Il francese M. Laubeuf ebbe forse per primo l'idea del sommergibile "a doppio scafo" e quindi con grande riserva di spinta, differenza sostanziale fra sottomarini e sommergibili.
I due concetti essenziali del sommergibile vennero integralmente concretati dal Laubeuf nel Narval (Cherbourg 1898-99): a doppio scafo completo, lungo m. 34, dislocam. tonn. 200, motore d'emersione a vapore, con caldaia a nafta da 250 cav.; motore d'immersione, elettrico, da 100 kW., con accumulatori elettrici; velocità 12/8 nodi. Da allora si delineò la possibilità della fusione fra torpediniera e sottomarino, subito preconizzata da V. E. Cuniberti (1900), e poi maggiormente sviluppatasi durante e dopo la guerra mondiale.
Il concetto del Narval fu ripreso e perfezionato, dal Laubeuf stesso e da altri. In Italia da C. Laurenti, il quale creò il suo celebre tipo, riprodotto in serie numerose per tutte le marine del mondo, ad altissima riserva di spinta, con scafo resistente a forma di torpediniera, con motori endotermici, prima a scoppio e poi a combustione, per la navigazione in superficie, sistema meglio adatto ai sommergibili che non i motori a vapore (tipi Glauco, 1905; Foca, 1908; Medusa, 1911). In Germania dal D'Equivelley, col suo tipo Germania-Krupp, che aveva modificazioni secondarie rispetto al tipo Laubeuf, ma possedeva buoni motori endotermici e bene studiate sistemazioni interne; da esso derivarono i sommergibili tedeschi adoperati nella guerra mondiale.
Sotto l'influenza di questi progressi europei, anche in America si modificarono i precedenti sommergibili elettrici "puri"; si accrebbero le relative qualità marine in emersione, e si procedette nello studio del motore meglio adatto per la navigazione in superficie, abbandonando i motori a scoppio (sommergibili di J. Holland tipo Adder, e di S. Lake tipo Argonaut: 1896-1900). Le altre marine seguirono: la stessa Inghilterra si mise nella via della navigazione subacquea, ispirandosi alle creazioni del Holland con i tipi Vickers, a sacche laterali (1902-1910).
Il periodo dal 1900 alla guerra mondiale venne impiegato dappertutto per creare il motore termico meglio adatto al sommergibile, perché la macchina a vapore, di sicuro funzionamento in condizioni normali, a bordo dei sommergibili incontrava gravi difficoltà. Ciò nonostante si ebbero ancora molte applicazioni dei motori a vapore nella marina francese (Dupuy-de-Lôme, 1913) e pure in quella inglese (tipo K, 1916-18), per raggiungere velocità e quindi potenze considerevoli, allora impossibili con motori endotermici.
Il motore "marino" endotermico, a combustione, già attorno al 1900 si vedeva bene adatto allo scopo, ma allora praticamente non esisteva. Le marine militari, con la collaborazione delle pochissime industrie specializzate, affrontarono il problema: in Italia la Fiat e la Tosi, in Germania la Man e la Krupp, in Inghilterra la Vickers, in America la Nelsco, ecc., dopo quindici anni di sforzi riuscirono a raggiungere successivamente la meta, in Italia e in Germania forse prima che altrove (la stessa Germania, nel 1913, ordinava motori in Italia). Non mancarono nemmeno tentativi per impiegare i motori endotermici anche per la navigazione subacquea, facendoli funzionare con aria compressa od ossigeno, contenuti in bombole d'acciaio, come riuscì a S. Drzewiecki in Russia (1903) e come proposero C. Delproposto in Italia (1906) e il Neff in America (1913).
Tale lungo periodo fu pure utilizzato per rendere pratici i complessi organi del sommergibile, risolvendo completamente quei varî problemi, che nei sottomarini elettrici erano stati già messi in luce: stabilità e manovrabilità nelle varie condizioni (governo con timoni orizzontali); robustezza dello scafo resistente (sviluppo dei metodi di calcolo, prove metodiche su modelli); sicurezza dell'impianto elettrico e delle batterie (motori, accumulatori in locali separati, misure speciali per la sovraccarica); ventilazione e rigenerazione dell'aria; mezzi di visione e di segnalazione, ecc.
Particolare cura venne dedicata ai mezzi di offesa del sommergibile: la sua prima e principale arma fu il siluro, quasi suo contemporaneo (v. subacquee, armi). Il sottomarino italiano Delfino forse per primo lanciò regolarmente siluri da fermo e in moto, in immersione, mediante lanciasiluri interni (La Spezia 1895).
Più tardi, accanto al siluro comparve la mina, adattata alle speciali contingenze del sommergibile, destinata a venire da esso affondata, da fermo o in moto, sulle rotte probabili del nemico: dopo le proposte di S. Lake, il primo sommergibile "posamine" fu forse il Krab (Russia 1905), ma le sistemazioni relative (mine, pozzi, tubi lanciamine, ecc.) si svilupparono praticamente solo durante e dopo la guerra mondiale.
Terza arma dei sommergibili il cannone, preso in considerazione verso il 1910, quando, progredite le loro caratteristiche di superficie, essi poterono essere considerati anche quali navi cannoniere, sempre però con grandi limitazioni, perché assai vulnerabili. Prima piccoli cannoni, smontabili o sopra affusti a scomparsa, poi cannoni di medio calibro in impianti fissi, sopra coperta, vennero impiegati per la lotta eventuale contro naviglio militare di poca importanza, o mercantile, senza difesa attiva.
Ultima arma, ancora oggi in evoluzione, l'aereo, adottato sperimentalmente per compiti di esplorazione, ma entrato in considerazione solo negli ultimi anni.
Nel 1914, per quanto fosse ancora diffuso lo scetticismo circa le potenzialità belliche del sommergibile, tutte le grandi marine possedevano numerose flottiglie subacquee, composte di diversissimi tipi, più o meno sperimentali: sottomarini, superstiti del periodo precedente; sommergibili di piccolo dislocamento, con motori generalmente a scoppio; sommergibili di medio dislocamento con motori a vapore o a combustione interna.
La marina italiana nel 1914 aveva una discreta flottiglia di sommergibili, pronti o in costruzione: tipo C. Laurenti con motori a benzina (Glauco, 175 tonn.) o con motori a combustione (Foca, 185 tonn.; Medusa, 250 tonn.; Pacinotti, 720 tonn.); tipo C. Bernardis a nafta (Nereide, 225 tonn.) e tipo V. Cavallini a nafta (Pullino, 335 tonn.). Importante il tipo Pacinotti (tonn. 720/870, velocità 15/9 nodi, armamento II-57, 5 lanciasiluri da 450), di caratteristiche eguali a quelle degli U germanici, e simili a quelli che si possono richiedere anche oggi.
Per ciò che concerne l'azione dei sommergibili nella guerra 1914-18, v. guerra mondiale, XVIII, p. 197 segg.
Profondi riflessi sullo sviluppo dei sommergibili ebbero i mezzi impiegati durante la guerra per combatterli, alcuni appositamente creati. Principale il cacciatorpediniere (dove la funzione antisommergibile ne domina quasi ogni altra); poi la torpediniera; la cannoniera veloce con motori a vapore (cacciasommergibile) o a scoppio (mas); la nave da pesca d'alto mare (trawler) e il rimorchiatore d'alto mare (drifter), adattati allo scopo; la civetta, nave da commercio camuffata e armata; infine l'aereo, il nemico più pericoloso e di maggiore avvenire. Furono adottate le armi più diverse: cannoni e lanciabombe con speciale munizionamento di proiettili antirimbalzanti, bombe di profondità, torpedini da rimorchio e alla deriva, isolate o in serie; ostruzioni esplosive fisse o mobili. E particolari apparecchi si studiarono per svelare la presenza del sommergibile, captando le sue segnalazioni radiotelegrafiche, i rumori che produce (idrofoni), oppure l'eco di vibrazioni sonore o ultrasonore, emessa da appositi strumenti, ecc.
Contro questi pericoli, il sommergibile cercò di sfuggire aumentando la lunghezza dei periscopî e il loro campo visivo (visione zenitale); adottando idrofoni sensibilissimi; migliorando le qualità manovriere (soprattutto la rapidità di immersione); accrescendo la profondità di sicurezza (oltre cento metri), realizzando il silenzio meticoloso delle macchine e l'ermeticità dei depositi di nafta, ecc.
Dopo la guerra tutte le marine continuarono l'indirizzo affermatosi durante le ostilità; oggi si costruiscono due tipi fondamentali di sommergibili siluranti, distinti per il loro raggio d'azione, considerato sinteticamente, cioè come autonomia di uomini, di macchine, di combustibile: un primo tipo di forte dislocamento (tonn. 1500÷2000 in emersione) per le azioni a grandi distanze, facilmente accrescibili riempiendo di nafta alcuni doppî fondi; un secondo tipo di medio dislocamento (tonn. 600÷1000 in emersione) per le azioni a distanze moderate. In altri termini, le caratteristiche già desiderate avanti la guerra si realizzano con dislocamenti quasi doppî di allora. Però le marine secondarie, con compiti difensivi ben definiti, o le marine principali per speciali campi d'azione molto ristretti, costruiscono ancora sommergibili piccoli, come i nuovi germanici da circa 250 tonn. (1935), mentre in Giappone si parla di unità minime di una decina di tonnellate, forse analoghe ai "Davids" della guerra di secessione americana e alla Mignatta di R. Rossetti. A fianco di questi sommergibili siluranti si hanno sommergibili posamine, anch'essi generalmente divisi in due classi; gli uni sulle 600÷1000 tonn. in emersione, per le azioni in mari ristretti, gli altri sulle 1500÷2000 tonn., per le azioni in mari vasti.
I moderni sommergibili sono fondati su concetti militari, strategici e tattici, poco diversi da quelli seguiti durante la guerra mondiale. Per quanto riguarda la parte tecnica, lo scafo si disegna parzialmente doppio, ossia solo per la sua parte centrale (tipi Bernardis, Cavallini, ecc.), con sezioni trasversali resistenti circolari, perché più rigide e leggiere (calcolate con il sistema di v. Sanden e di F. Viterbo), con pochi ma grandi doppî fondi allagabili, qualche volta anzi in comunicazione permanente con il mare (sommergibili britannici); con numerosi compartimenti stagni interni, di cui notevoli la "camera di manovra", i locali di lancio, i locali destinati esclusivamente agli accumulatori elettrici (sistema V. Cavallini), ecc. La stabilità, prevalentemente "di forma" in emersione, ed esclusivamente "di peso" in immersione, durante la delicata fase di passaggio dalla prima alla seconda, è assicurata dall'opportuna disposizione dei pesi (zavorra fissa) e dei doppî fondi, tenendo debito conto dell'influenza negativa dell'acqua di zavorra. La manovra in immersione è ottenuta, per le variazioni di quota, con due coppie di timoni orizzontali, prodiera e poppiera, agenti in parallelo o in contrasto, mentre si corregge l'assetto longitudinale con travaso di acqua in apposite casse "di assetto", prodiera e poppiera. La regolazione del peso si raggiunge variando la quantità d'acqua contenuta in una grande cassa centrale resistente (cassa "compenso"), destinata alle forti variazioni e spesso in altre piccole casse, pure stagne e resistenti, distribuite presso a poco sulle verticali baricentriche dei più importanti pesi variabili (munizioni, siluri, combustibile, ecc.): tutte queste casse vengono riempite più o meno d'acqua, in modo da mantenere il peso del sommergibile esattamente eguale al suo dislocamento. La forma della carena è oggi intermedia tra le navi di superficie e i sottomarini affusolati, con grandi lunghezze relative e sempre con ampie sovrastrutture e amplissime torrette, con numerose appendici militari (cannoni paramine, periscopî, ecc.) che assorbono una forte quota della potenza propulsiva. Carena e scafo sono disegnati in maniera che la "riserva di spinta" in emersione è normalmente attorno al 20% del dislocamento in emersione, ma può scendere pure al 5% e meno, allo scopo di rendere più celere la manovra di immersione - pochi secondi - o tenendo i doppî fondi in comunicazione col mare (navigazione "sugli sfoghi d'aria") o riempiendoli tutti, salvo uno (cassa "di emersione"), in modo da lasciar emergere solo la torretta. Il riempimento dei doppî fondi si può accelerare con l'aspirazione dell'aria, e il loro vuotamento può essere eseguito con aria compressa, ad alta e bassa pressione, con pompe, ecc.
La propulsione è universalmente realizzata: in emersione con motori endotermici, a nafta, ciclo diesel e semidiesel, ormai solidi e sicuri, di tipo leggiero e compatto (potenze unitarie fino a 5 mila cav., pesi fino a 20 kg./cav.), con velocità massime di 22,5 nodi (Thames) e con costanti dell'Ammiragliato intorno a 160; in immersione con motori elettrici e accumulatori (potenze fino a 1500 cav., peso per motori e accumulatori, riferito a tutta forza, 20 e 75 kg./cav. rispettivamente), con velocità massime di 10 nodi e con costanti dell'Ammiragliato intorno a 70. La sistemazione è generalmente a due assi, con eliche a pale fisse: in qualche caso si è proposta la propulsione termoelettrica anche per la navigazione in superficie (sistema Fea). Studî per la propulsione a motore unico, per l'emersione e per l'immersione, non sembra abbiano portato ancora a risultati pratici. Si adotta invece la propulsione termica in semi-immersione (sistema P. Ferretti).
L'allestimento è molto complesso, e comprende una quantità notevole di dispositivi di sicurezza: per il salvataggio individuale, mediante elmi o boe per la fuoriuscita dal sottomarino; per la sicurezza collettiva, servizî di aria compressa e pompe per l'esaurimento dei doppî fondi, ed eventualmente dei locali interni, e dispositivi per il sollevamento dello scafo, per l'introduzione di aria e viveri e per le comunicazioni con l'esterno, per la rigenerazione dell'aria, per la ventilazione forzata degli accumulatori elettrici, ecc. Analogamente si sono sviluppati i mezzi di visione (v. periscopio), di ascoltazione (v. idrofono), di segnalazione radiotelegrafica e radiotelefonica, acustica, di rotta (bussole giroscopiche, scandagli, ecc.). La moltiplicazione di questi e di altri numerosi apparecchi ha reso il sommergibile il più delicato, complesso e costoso mezzo di guerra, senza tuttavia poterlo liberare completamente dalle sue limitazioni intrinseche.
Il sommergibile moderno non è ancora giunto alla sua completa fusione con la torpediniera, come sembrerebbe logico e necessario: l'incremento della sua velocità in emersione, fattore essenziale, è ancora assai lento, sebbene tentato nei poco felici K britannici, nonostante la netta tendenza - che è in fondo una rinuncia - verso il predominio delle caratteristiche sopracquee, a spese della velocità e dell'autonomia subacquee.
Si è sostenuta la possibilità di un diverso impiego del sommergibile, non più silurante, ma cannoniere, sviluppo ultimo dell'incrociatore sommergibile corsaro, ossia l'"immergibile". Unità necessariamente grande, così che le sue caratteristiche subacquee (manovrabilità, celerità di immersione, resistenza strutturale, ecc.) sono sacrificate a beneficio di caratteristiche che ricordano quelle degli incrociatori leggieri, pur restandone molto lontane come velocità, armamento e protezione. L'immergibile avrebbe naturalmente la possibilità di immergersi, mezzo meno offensivo che difensivo, inteso cioè a sfuggire all'avversario, ad attraversare sbarramenti o zone specialmente sorvegliate. Esempî di immergibili sono l'inglese X1 (2600/3600 tonn.) e il francese Surcouf (3400/4300 tonn.), dove vennero affrontati alcuni dei loro difficili problemi, come l'armamento artiglieristico (fino a 20 cm.) e la sistemazione di aerei per l'esplorazione.
Infine si discute pure circa le navi da battaglia immergibili, unità cioè armate con artiglierie pari a quelle delle corazzate; ma esse presenterebbero accentuati gl'inconvenienti degli incrociatori immergibili, e quindi per ora non sembrano destinate a realizzarsi (unico mediocre esempio: monitori sommergibili inglesi tipo M del 1916-18, armati con un cannone semifisso da 305 mm.).
L'importanza attuale del naviglio subacqueo risulta dal tonnellaggio delle principali flotte subacquee: secondo la Convenzione navale di Londra (1930), la consistenza totale dei sommergibili delle tre marine oceaniche convenzionate era fssata nella cifra comune di 52.700 tonn., ma Francia e Italia non hanno accettato tale disposizione, mentre la Germania, secondo l'accordo con la Gran Bretagna (giugno 1935), potrà costruirsi una flotta subacquea pari al 35% di quella inglese. Il trattato navale di Londra del 1936 non stabilisce alcun vincolo circa la consistenza delle varie flotte di sommergibili (come del resto non ne stabilisce per alcun altro tipo di nave militare); però fissa in 2032 tonn. il loro dislocamento massimo in emersione, in 130 mm. il calibro massimo dei loro cannoni, e in 13 anni il limite minimo di età per la loro sostituzione.
Ai sommergibili sono necessario complemento le "navi-appoggio" (mother-ships) per l'alloggio del personale, per la celere carica degli accumulatori, per le riserve e i pezzi di ricambio, navi dotate di officine complete e adatte a celeri e delicati lavori, e fornite di grandi dotazioni di combustibile, di acqua distillata, ecc.
Il sommergibile deve il suo straordinario sviluppo all'impiego bellico; però esso venne qualche volta usato anche per scopi scientifici o economici.
Si può qui accennare anche ai mezzi collettivi per l'esplorazione del fondo dei mari ma generalmente privi di movimento proprio di traslazione o di sollevamento, come la moderna batisfera dell'americano W. Beebe, che trova i suoi predecessori nell'"osservatorio sottomarino" dell'ing. Bazin (1866), simile a una caldaia cilindrica verticale; nella Talpa e nel Nettuno dell'italiano Toselli (1890) di forma analoga; nella France di Piatti dal Pozzo (1896), di forma sferica, munita di utensili per lavori subacquei, ecc. Più complessi furono gli apparecchi dotati di movimenti proprî in seno all'acqua, veri sottomarini, come l'Audace dell'ing. Degli Abati (1892), a forma di grosso cetaceo, lungo circa 8 m. e mosso elettricamente mediante un'elica, favorevolmente sperimentato nel 1892 a Civitavecchia. Importanza maggiore, sempre nel campo scientifico, ebbero prima le esperienze già ricordate del tedesco W. Bauer col suo ingegnoso Brandtaucher (Russia 1855), munito di speciale sistema per la fuoruscita di un palombaro; poi quelle dell'americano S. Lake, il cui primo scopo era appunto di compiere esplorazioni sottomarine col suo Argonaut, che mediante ruote si muoveva sul fondo del mare, e che era provveduto di analoghe sistemazioni (1897; v. anche palombaro).
Memorabile, durante la guerra mondiale il tentativo della Germania di rompere il blocco con alcuni grandi sommergibili da carico (tipo Deutschland, 2000-2500 tonn.).
Dopo il 1918 si tornò qualche volta a considerare l'utilizzazione economica e scientifica dei sommergibili. La prima fu completamente negativa, come è ovvio, nonostante alcuni esperimenti di impiego delle unità residuate dalla guerra. La seconda invece si prospettò non sfavorevolmente, almeno per particolari casi, tra cui merita ricordo il tentativo, purtroppo eseguito con mezzi inadeguati, dell'americano R. Wilkins, per l'esplorazione dell'Oceano Polare Artico.
Il sommergibile nell'arte militare e nel diritto. - L'impiego principale del sommergibile resta sempre quello di silurante, e in qualche caso di posamine. In questo compito l'invisibilità costituisce fattore fondamentale, pagato tuttavia con una scarsa capacità visiva (non ancora del tutto compensata dai mezzi acustici) e con una velocità subacquea di gran lunga inferiore a quella delle navi di superficie (circa un quarto), il che, in contatto tattico, impedisce al sommergibile di portarsi nella posizione di lancio rispetto a un celere bersaglio. Perciò il sommergibile deve attaccare quando il bersaglio è fermo o quando, per informazioni precise (azioni combinate con aerei), per favorevoli condizioni di tempo (mare mosso, plenilunio, ecc.), per caso, si trovi sulla rotta dell'avversario (agguato sulle rotte obbligate, blocco di porti, ecc.). Questo compito è evidentemente facilitato dall'impiego di numerose masse di sommergibili, agenti da fermi o in moto, in bene organizzata coordinazione tra loro e con le altre forze navali e aeree.
Di qui l'importanza del fattore numero nell'efficacia dell'arma sommergibile, tanto più che solo una porzione ridotta (da una metà a un terzo) delle unità può essere contemporaneamente fuori delle basi (a causa di riparazioni, turni di riposo, ecc.).
L'impiego del sommergibile come cannoniere è limitato a casi particolari, che tendono a diminuire (con i normali tipi di media e grande crociera), per le prescrizioni relative all'attacco contro il naviglio mercantile e per il prevedibile armamento di questo.
Altro impiego vantaggioso del sommergibile si trova nella esplorazione, da solo o in coordinazione con altre unità navali e aeree, sempre che il numero delle unità impiegate compensi la scarsa capacità visiva di ciascuno, e che esista un efficace servizio di comunicazioni.
Questi e altri compiti meno essenziali (trasporto, scorta, ecc.) fanno del sommergibile un mezzo fondamentale di guerra, soprattutto difensiva. La sua grande influenza sulla guerra navale, almeno quale si prevede oggi, può essere definita così: "L'azione dei sommergibili contro le navi da commercio è vincolata dal trattato concluso a Washington nel 1922 tra le cinque principali potenze marittime e dalla conferenza di Londra del 1930. Per proteggere i neutri e i non combattenti, ed evitare il ripetersi della guerra senza restrizioni al traffico, come quella eseguita dai Tedeschi, è stabilito che un sommergibile, non potendo catturare una nave da commercio, seguendo le norme delle navi di superficie, cioè facendo la regolare visita, debba lasciare che la nave continui la sua rotta senza molestia. Le potenze sono andate anche più oltre, vincolandosi con il dichiarare praticamente impossibile di utilizzare il sommergibile alla distruzione del commercio e convenendo (ma con qualche riserva da parte della Francia) di considerarsi ormai legate da questa interdizione. Però in ogni modo sarebbe ingenuo considerare annullata l'importanza del sommergibile contro il traffico. È opportuno aggiungere, in senso generico, che il sommergibile, nelle sue varie forme di impiego, costituisce ancora un importante mezzo guerresco, per quanto abbia perduto il carattere di novità, e siano sviluppati i mezzi di difesa contro di esso" (R. Bernotti, Il dominio del mare, in Rivista marittima, 1935).
Il principio odierno, internazionale, sull'impiego dei sommergibili, si trova nel seguente articolo 22 del Trattato di Londra del 23 aprile 1930: "Les dispositions suivantes sont acceptées comme règles établies du droit international: 1. Dans leur action à l'égard des navires de commerce, les sousmarins doivent se conformer aux règles du droit international auxquelles sont soumis les bâtiments de guerre de surface; 2. En particulier, excepté dans le cas de refus persistant de s'arrêter après sommation régulière ou de resistance active à la visite, un navire de guerre, qu'il soit bâtiment de surface ou sousmarin, ne peut couler ou rendre incapable de naviguer un navire de commerce, sans avoir au préalable mis les passagers, l'équipage et les papiers de bord en lieu sûr. A cet effet les embarcations du bord ne sont pas considérées comme un lieu sûr à moins que la sécurité des passagers et de l'équipage ne soit assurée, compte tenu de l'état de la mer et des conditions atmosphériques, par la proximité de la terre ou la présence d'un autre bâtiment, qui soit en mesure de les prendre à bord. Les hautes parties contractantes invitent toutes les autres puissances à exprimer leur assentiment aux règles cidessus énoncées".
Si aggiunga: che la Convenzione di Londra sull'impiego dei sommergibili non è stata ratificata dalla Francia né dall'Italia; che i suoi concetti però sono stati confermati nella conferenza di Londra del 1936; che l'importanza dei neutri, facenti parte o non della Lega delle nazioni, non potrà più essere trascurata come nel 1914-18; che l'azione dei sommergibili può esplicarsi soltanto se le loro basi sono al sicuro dalle offese avversarie: condizione oggi problematica, dato lo sviluppo assunto dall'arma aerea. (V. tavv. XXIII-XXVI).
Bibl.: i. Generalità e sviluppo storico del sommergibile: C. Laurenti, La navigazione subacquea, in Lo sviluppo marittimo del sec. XIX, Roma 1905; E. Campagna, La nave subacquea, Milano 1915; E. Bravetta, Sottomarini, sommergibili e torpedini, Milano 1915; S. Lake, The submarine in war and peace, Filadelfia 1918; W. Hovgaard, Modern history of warships, New York 1920; M. Laubeuf e H. Stroh, Sousmarins, torpilles et mines, Parigi 1923.
2. Impiego bellico del sommergibile: C. Donville-Fife, Submarines and sea power, Londra 1919; R. Bernotti, Il potere marittimo nella grande guerra, Livorno 1920; A. Castex, Synthèse de la guerre sous-marine, Parigi 1920; Amm. Bauer, Il sommergibile, suo impiego bellico, suo avvenire, trad. italiana a cura dell'Ufficio storico della R. Marina, Roma 1932; Ufficio storico della R. Marina, I nostri sommergibili durante la guerra 1915-18, Roma 1933.
2. Costruzione e propulsione del sommergibile (oltre ai precedenti): C. Del Proposto e C. Laurenti, Bateaux sousmarins à grande vitesse sous l'eau, Bruxelles 1910; M. Klein, Grundlagen zu einer Dynamik der Unterwasserfahrt, Berlino 1912; Berling, Die Entwicklung der U-boote und ihrer Maschinenanlagen, Berlino 1913; K. Arnold, Die Anwendung der Elektrizität auf Unterseeboten, ivi 1913; J. Maurice, Marbec, Poincet e Mercier, Le sous-marin, Parigi 1914; W. Hovgaard, Buoyancy and stability of submarines, Londra 1917; V. De Feo, Nota sull'equilibrio dei sommergibili in immersione, in Rivista marittima, Roma 1919; F. Werner, Unterseefahrzeuge, in Johws Hilfsbuch für den Schiffbau, Berlino 1920 segg.; F. Viterbo, Robustezza di scafo dei sommergibili, in L'ingegnere, Roma 1930; A. Bezzi, von Sanden e R. von Mises, Sul problema della robustezza dei cilindri cavi, rinforzati trasversalmente, sottoposti da ogni parte a pressione esterna, in Rivista marittima, 1924-25.
4. Diritto internazionale (oltre ai precedenti): J. Trévily, Essai sur l'histoire et la situation du sous-marin en droit international, Parigi 1931.