SOMMERGIBILE (XXXII, p. 126)
L'importanza del sommergibile, apparentemente attenuata nel periodo 1918-39, soprattutto per parziali accordi internazionali limitativi del suo impiego, si è manifestata fondamentale durante la seconda Guerra mondiale, sottoponendo di nuovo a durissima prova la potenza marittima angloamericana, di gran lunga superiore a quella avversaria; l'esito della battaglia dell'Atlantico ha però segnato la prevalenza dei mezzi difensivi antisommergibili, prevalenza forse non ancora definitiva.
Nel 1938 le flottiglie subacquee delle principali marine erano considerevoli: le marine russa, francese, italiana, statunitense, ecc. possedevano numerosi sommergibili (memorabile resta una manovra di oltre cento unità italiane, tenuta a Napoli nel 1938), e la marina tedesca, in seguito all'accordo del 1936 con la Gran Bretagna, stava attivamente potenziando la sua flotta sottomarina. I sommergibili in servizio o in costruzione erano giunti, dopo la prima Guerra mondiale, ad una notevole unificazione di tipi, con alto grado di efficienza e praticità.
La situazione delle flottiglie di sommergibili costruiti o in costruzione nelle principali marine al principio del 1939 e la proporzione che il loro dislocamento totale rappresentava rispetto a quello globale di tutte le unità da combattimento di ogni marina militare erano le seguenti:
Allo scoppio della seconda Guerra mondiale la modesta flotta subacquea tedesca attaccò in Atlantico le flotte anglo-francesi, soprattutto le mercantili, senza tener conto degli accordi restrittivi internazionali (non da tutti sanzionati), con grandi risultati, benché dopo l'esperienza della prima Guerra mondiale si conoscessero mezzi adatti per combatterla, e benché la scienza offrisse alla marina britannica strumenti segreti di scoperta (radar). La lotta si estese poi al Mediterraneo, per l'intervento della marina italiana, e infine al Pacifico, per l'intervento della giapponese.
Si ripeté come nella prima Guerra mondiale una gara febbrile tra la fabbricazione e l'organizzazione di sommergibili da una parte (la sola Germania, rinunciando alla guerra con le navi di superficie, ne lanciò in oceano più di 1200) e la preparazione dei mezzi di difesa attiva e la costruzione di tonnellaggio mercantile dall'altra parte. La gigantesca lotta ebbe sviluppi formidabili: venti milioni di t. di stazza lorda di navi mercantili alleate vennero affondate, novecento sommergibili vennero distrutti, migliaia e migliaia di navi antisommergibili vennero preparate, tra cui le corvette, le fregate (destroyer escorts) e le portaerei di scorta (v. portaerei, in questa App.), 40 milioni di t. di stazza lorda di nuove navi mercantili furono varate nei cantieri americani, ecc. (per le vicende e l'importanza della lotta nel quadro della seconda Guerra mondiale, per la tattica seguita nell'attacco e nella difesa: v., in questa App., atlantico, Battaglia dell'; guerra mondiale, specialmente pp. 1133-34,1153-54; e inoltre antisommergibile, difesa; convoglio; motoscafo; radar).
I sommergibili impiegati fin dal principio con decisione e audacia, fino a "mute" di decine e decine insieme, più numerosi cioè delle unità dei convogli attaccati, in assalti durati giorni e giorni, videro più volte avvicinarsi la loro prevalenza definitiva (crisi del gennaio 1943), ma alla fine i mezzi antisommergibili (armi, strumenti di ricerca, e aerei) portarono le flotte alleate alla vittoria, prima in Pacifico e poi in Atlantico e nell'Artico. Ma ciò avvenne prima che i Tedeschi ricorressero all'impiego dei nuovi sommergibili perfezionati a grande velocità in immersione, capaci di navigare per mesi senza affiorare. Questo lascia pensare che il sommergibile, silenzioso, invisibile, velocissimo, potrà costituire in avvenire un fattore importante nella guerra marittima, sebbene le sue caratteristiche debbano subire ulteriore evoluzione, avviandosi, come è indicato dalle ultime costruzioni germaniche, verso un tipo di "sottomarino veloce", com'era alle sue origini. Almeno finché non si disporrà di uno strumento che ne sveli in modo sicuro la presenza nelle profondità dei mari.
Attualmente le forze delle grandi marine comprendono numerose unità sommergibili: gli S.U. ne hanno circa 200 per 300.000 t. di stazza, la Gran Bretagna circa 60 per 70.000 t., la Russia forse 200, se non più, per un tonnellaggio sconosciuto: sembra che essa, sfruttando personale ed esperienze tedesche, concentri nella costruzione di sommergibili il suo principale sforzo marittimo, come già prima della seconda Guerra mondiale. Alle marine delle nazioni sconfitte la costruzione di sommergibili è preclusa completamente, sebbene il sommergibile costituisca un'arma essenzialmente difensiva, come è stato sempre sostenuto dalle autorità navali francesi.
I sommergibili oggi si possono distinguere in due tipi concettualmente diversi: l'uno segue la tradizione che tendeva alla fusione, preconizzata attorno al 1900 da V.E. Cuniberti, tra il sottomarino e la torpediniera (da cui la definizione di "torpediniera-sommergibile" data nella marina italiana alle unità subacquee); l'altro sembra risalire la corrente tradizionale e ritornare alle origini e tende alla prevalenza assoluta delle caratteristiche in immersione su quelle in superficie, cioè alla realizzazione di un vero sottomarino, capace di vivere ed agire in ininterrotta immersione. Le due tendenze non sono ancora arrivate alle loro conclusioni definitive, e perciò nei tipi di sommergibili attualmente in servizio o in costruzione si hanno soluzioni di compromesso, in relazione alle previsioni concrete sull'impiego effettivo di queste unità e sui mari dove dovranno agire.
Naturalmente le soluzioni concrete si basano soprattutto sui mezzi che la tecnica offre nel suo continuo evolversi e che permette ormai di realizzare caratteristiche, che erano da tempo preconizzate, ma che attendevano i necessarî progressi della scienza applicata. Progressi si notano nelle forme di carena, nella costruzione degli scafi e nella protezione, negli apparati motori di superficie e di immersione, nell'armamento, nell'allestimento.
Nelle forme della carena e delle relative appendici si impone il problema delle alte velocità subacquee (che in qualche caso si prevedono sui 20 ÷ 25 nodi), cioè più che doppie di quelle massime finora realizzate. Molti nuovi problemi si presentano: fondamentali la minima resistenza al moto e la sicura manovrabilità. Per il primo bisogna dare alla carena forma perfettamente avviata, cioè senza sovrastrutture né appendici (torrette, periscopî, armi, draglie, ecc.), sopprimendole o rendendole rientrabili, come si è fatto negli aerei. Per il secondo occorre avere forme autostabilizzanti aiutate da impennaggi, evitare superfici piane che possano influenzare dissimmetricamente la rotta, sviluppare adeguatamente i timoni orizzontali e verticali. Con le alte velocità la manovra dei sommergibili in immersione, che già sconsigliava i dislocamenti eccessivi anche con velocità inferiori a 10 nodi, diventa molto difficile.
Nella costruzione dello scafo, l'impiego di acciai speciali ad elevato limite elastico e l'adozione integrale della saldatura in luogo della chiodatura hanno permesso di realizzare un notevole rafforzamento contro la pressione idrostatica e contro gli scoppi, insieme con un sensibile alleggerimento della struttura resistente, sempre conservando - salvo rare eccezioni - la sezione circolare: si sono così costruiti sommergibili resistenti a grande profondità fino a 300 m.), il che costituisce la miglior difesa contro le bombe e contro la ricerca degli ecogoniometri. Invece le forme dirette di protezione contro i proiettili (corazzette e simili) non furono adottate in misura apprezzabile, per la loro dannosa influenza sul peso e sulla stabilità.
Negli apparati motori si delinea il progresso più sensibile del sommergibile: come è noto la sua debolezza intrinseca risiede nella modesta velocità subacquea, dovuta alla necessità di due apparati motori diversi, uno termico per la navigazione in superficie e l'altro elettrico, notevolmente pesante, per la navigazione in immersione. Attualmente, utilizzando motori Diesel veloci e accumulatori elettrici di alta capacità, si raggiungono velocità in superficie di circa 21 nodi (sommergibili americani tipo "Balao" da 1526 t. st.) e in immersione di 10 ÷ 12 nodi per 2 ÷ 3 ore. In questi sommergibili la potenza dei motori termici è doppia o tripla di quella dei motori elettrici.
L'esperienza della guerra ha spinto invece i Tedeschi ad aumentare le caratteristiche subacquee dei loro sommergibili a scapito delle caratteristiche di superficie. Quindi i Tedeschi avevano cominciato ad invertire quel rapporto, dando maggior potenza all'apparato motore subacqueo (come nei tipi R britannici del 1914-18): nei loro sommergibili tipo XXI la velocità prevista in superficie era di 14 ÷ 16 n. e quella prevista in immersione di 18 n. Ma per raggiungere in immersione, anche per breve tempo le altissime velocità di 20 ÷ 25 nodi, necessarie per attaccare con successo un bersaglio in moto o per sfuggire alla caccia, occorrono sistemi radicalmente diversi da quelli tradizionali, tali che permettano di sviluppare grandissime potenze nelle particolari condizioni dei sommergibili immersi. Finora sono stati sperimentati due sistemi:
a) propulsione con motori Diesel tanto in superficie quanto in immersione, alimentandoli o con aria compressa (come nella propulsione dei siluri e come nell'antico sistema Del Proposto), o con ossigeno, diluito nei prodotti della combustione, in un ciclo completamente chiuso (come nel sistema P. Ferretti, Napoli 1930). Questo secondo sistema è stato ripreso dai Tedeschi, che nelle loro esperienze con un motore Daimler Benz di grande potenza volumetrica (1980/2500 CV a 1480 ÷ 1630 giri) e di minimo peso (circa 2 ÷ 1,6 kg/CV), funzionante a ciclo-chiuso, avrebbero ottenuto buoni risultati, perdendo solo il 23% della potenza: l'installazione di tale motore era stata studiata per un sommergibile tipo XXVI, e si prevedeva un'autonomia di oltre 11 ore a 15,2 nodi. Il sistema fu abbandonato, tanto più che non assicurava sempre uno scarico invisibile;
b) propulsione con motori termici, alimentati da particolari fluidi, capaci di sviluppare calore senza apporto di ossigeno (come gli esplosivi): nel sistema Walter, studiato dai Tedeschi, il fluido impiegato è il perossido di idrogeno (acqua ossigenata) ad altissima concentrazione (80 ÷ 90%). L'acqua ossigenata, portata a contatto di speciali corpi catalizzatori (porcellana permeata di permanganato di calcio, potassio, ecc.), si dissocia in acqua e ossigeno, sviluppando calore (26,06 calorie per grammo molecola): questo vaporizza l'acqua, mentre l'ossigeno può bruciare un combustibile adatto (idrato di idrazina, alcool etilico, ecc.). Predisponendo adatte camere di combustione, dove si fanno giungere l'acqua ossigenata e l'alcool, si viene a costituire una specie di "caldaia", che produce vapor d'acqua ad alta temperatura (600° ÷ 700 °C). Il vapore così prodotto può essere utilizzato in una turbina di propulsione, il cui scarico risulta quasi completamente condensabile in acqua e quindi invisibile. Le reazioni in effetti sono meno semplici di quanto accennato, e le misure necessarie per ottenere che esse si svolgano nel modo previsto sono complesse: il sistema richiede pompe, camere di catalizzazione, camere di combustione, sistemi di dosatura esatta dei varî elementi in gioco, condensatori a miscela e a superficie, ecc. Si aggiunga che l'acqua ossigenata concentrata è instabile (basta un'azione meccanica, anche moderata, per decomporla) e può essere conservata solo in presenza di sostanze stabilizzanti e in recipienti speciali (di acciaio inossidabile, alluminio puro, vetro, ecc.).
La caldaia Walter aveva, a quanto sembra, superato le grandi difficoltà intrinseche, ed era stata prevista per i sommergibili tedeschi tipo XXVI (775 t. e 54 m. di lunghezza), progettati ma non costruiti, solo però come mezzo di "emergenza", in caso di attacco o di disimpegno; era quindi destinata a funzionare per breve tempo. Per la propulsione normale questi sommergibili dovevano usare i sistemi tradizionali, cioè Diesel per la navigazione in superficie e motori elettrici con accumulatori per la navigazione in immersione. La loro elica (unica) poteva essere azionata da quattro motori diversi, e cioè: da una turbina a vapore, alimentata dalla caldaia Walter, della potenza massima di 7500 CV (navigazione di emergenza in immersione alla velocità massima prevista di 25 nodi); da un Diesel da 1200 Cv (navigazione in superficie, velocità massima 14 nodi); da un motore elettrico da 580 CV (navigazione normale in immersione, velocità massima 10 n.); da un motore elettrico da 35 CV (navigazione di agguato, silenziosa). Non si conosce la durata di funzionamento della caldaia Walter. Non è possibile dire se e quale dei sistemi indicati o degli altri che potranno sorgere, troverà applicazione in servizio effettivo in rapporto pure alla facilità di produrre i materiali chimici occorrenti. Certo il problema è attivamente studiato dalle marine vincitrici del recente conflitto, e potrebbero verificarsi sorprese al riguardo.
Frattanto, siccome era necessario sopprimere ogni comparsa anche notturna del sommergibile in superficie per evitare la sua segnalazione da parte degli aerei e dei radar ("sommergibile emerso, sommergibile perduto"), così si era ripresa l'antica idea di farlo restare fermo o navigare, naturalmente a minima velocità, a quota periscopica, con i motori Diesel, prendendo l'aria dall'esterno mediante un tubo verticale di piccolo diametro sporgente dal sommergibile, e scaricando i prodotti della combustione sott'acqua o nell'atmosfera con analogo tubo. Tentativi in questo senso erano stati già fatti in Italia (sistema con scarico subacqueo P. Ferretti, 1930); la soluzione adottata prima dagli Olandesi e poi dai Tedeschi verso la fine della guerra, con il cosiddetto Schnörchel, si basa su una coppia di robusti tubi retrattili d'acciaio del diametro di 20 ÷ 30 cm., di cui l'uno serve per l'aspirazione dell'aria e l'altro per lo scarico dei prodotti della combustione: quando lo Schnörchel è in funzione il tubo affiora sull'acqua (esso è munito di valvole di non ritorno, per evitare che l'acqua vi penetri). Lo Schnörchel permette di ricaricare le batterie senza venire alla superficie, e quindi il sommergibile può rimanere in immersione per un tempo quasi indefinito (tanto più che il Diesel quando funziona ventila energicamente il sommergibile), come è stato poi sperimentato dagli Inglesi. Per quanto riguarda l'autonomia, in superficie essa è praticamente grande quanto si vuole, potendosi impiegare parte dei doppî fondi allagabili come depositi di combustibile; in immersione profonda è relativamente limitata (100 ÷ 200 miglia), per quanto la ricarica periodica delle batterie per mezzo dei motori Diesel consenta di moltiplicarla, mediante il ritorno alla superficie o l'impiego dello Schnörchel.
Nell'armamento si sono manifestate tendenze diverse, benché l'arma classica anche nell'attacco del naviglio mercantile resti sempre il siluro (e la mina). La necessità di sviluppare le caratteristiche subacquee ha spinto alcune marine (germanica) a sopprimere le artiglierie e quasi pure ogni arma antiaerea; mentre in altre (britannica, americana) si sono sempre conservati uno o due cannoni (da 127 ovvero 102 mm. AA), accanto ad alcune mitragliere (da 20 mm.), in impianti o rientrabili o fissi.
Per i progressi conseguiti nelle armi subacquee v. siluri e subacquee, armi, in questa Appendice.
Nell'allestimento dei sommergibili la tendenza generale è stata verso la massima efficienza bellica, sacrificando ad essa ogni altro requisito e mirando a rendere celere il passaggio, anche improvviso, del sommergibile dalla navigazione in superficie alla immersione a quota periscopica, ed a migliorarne la manovrabilità in immersione.
La riserva di galleggiabilità si mantiene relativamente bassa (però nei recenti tipi tedeschi essa era del 12,5% rispetto al dislocamento in superficie) e tutte le misure tradizionali per regolare peso e spinta e per accelerare la immersione (casse compenso, assetto, cassa di emersione, cassa rapida immersione, ecc.) si sviluppano adeguatamente. Gli ausiliarî (timoni, pompe, ventilatori, ecc.) e i congegni per la manovra della zavorra di acqua, dei pesi, dei timoni, ecc., sono sempre più silenziosi, più sicuri e meglio regolabili: nei sommergibili italiani si impiegavano con successo le manovre idrauliche tipo Calzoni, che permettevano di accentrare con sicurezza le manovre dell'acqua, delle valvole, dei timoni, ecc. nei posti di comando. La lunga navigazione del sommergibile in immersione, ormai condizione normale di servizio, ha indotto a migliorare l'abitabilità, giacché anche l'equipaggio più allenato e più valoroso deve conservarsi in efficienza fisica, senza la quale il rendimento dell'unità si abbassa. Un mezzo prezioso per migliorare l'abitabilità è oggi il condizionamento dell'aria, in modo da mantenerne costanti temperatura e umidità. I mezzi di visione (periscopî) e di rilevamento del bersaglio (ecogoniometri e radiotelemetri), si sono gradualmente perfezionati, conservando però i primi il difetto originale della poca lunghezza, che obbliga il sommergibile ad avvicinarsi alla superficie e consente l'ispezione solo di un limitato orizzonte, e gli altri quello di poter svelare il sommergibile stesso.
I sommergibili attualmente in servizio o in costruzione comprendono, come prima della seconda Guerra mondiale, quattro classi: sommergibili di grande crociera, per le azioni oceaniche, isolate o meno, senza limitazioni di tempo e di raggio d'azione; sommergibili di media crociera, per le azioni collettive (in mute) stazzanti all'incirca 1000 t. in emersione; sommergibili costieri per azioni difensive in mari chiusi, di circa 500 t. in emersione; sommergibili posamine, di varia grandezza (500 ÷ 1500 t.). Unità di più che 1500 t. non sembrano adatte, perché non sufficientemente manovriere e troppo costose. Invece si sono costruiti in tutte le marine sommergibili minimi (tascabili) di poche decine di t. (dedotti dai tipi italiani A e B del 1915-18), destinati alla difesa di porti o di passaggi obbligati (i Tedeschi ne costruirono più di 900), e, se adatti, anche al forzamento di basi nemiche (sommergibili "suicidi" giapponesi). A fianco di queste unità da combattimento si costruirono sommergibili da trasporto (come i Romolo italiani) e di appoggio (come i tipi XIV tedeschi), destinati ad approvvigionare le squadriglie dislocate negli oceani.
La marina italiana entrò in guerra con oltre 120 sommergibili: oceanici tipo Saint Bon da 1460/2164 t. (m. 87,90 × 7,80 × 5,20; II/100 AA, 4 mtg., 14 lanciasiluri da 450 mm.; 4600/1800 CV, veloc. 18/8,7 nodi); di crociera tipo Cappellini da 960 ÷ 1340 t. (72,10 × 7,20 × 4,80; II/100, 4mtg, 8 lanciasiluri da 533 mm.; 3000/1300 CV, 17/8,5 nodi); costieri tipo Adua da 620/855 t. (m. 60,20 × 6,50 × 4,40; I/100 AA, 2 mtg., 6 lanciasiluri da 533; 1350/800 CV, 14/8,5 nodi); posamine tipo P. Micca da 1370/1880 t. (m. 90,3 × 7,7 × 5,30; 3800/1500 CV, 15/8,5 nodi), ecc. Durante le ostilità si riprodussero in massima i tipi precedenti, che, condotti con valore e perizia, diedero ottimi risultati anche negli oceani e si costruirono inoltre i piccoli sommergibili da agguato, tipo Spinelli, da 38/50 t. (m. 15 × 3 × 2,50; 8/3 nodi) e alcuni sommergibili da trasporto, tipo Cavallini (Romolo, da 1300/2600 t., 14/6,5 nodi).
La marina tedesca, oltre i 57 sommergibili costruiti prima del 1939 condusse la guerra 1939-45 principalmente con il tipo VII. C da circa 700 t. in emersione (lunghezza 76 m., profondità di resistenza 100 ÷ 120 m., 4 lanciasiluri, velocità 17/7,6 nodi): di esso furono costruite ben 659 unità. Seguirono altri tipi molto diversi: il IX da 1200 t., 6 lanciasiluri, 23 siluri, velocità 18,5/8 n.; il tipo X. B posamine, da 1600, 740, e 518 t., con rispettivamente 66, 36 e 18 mine; il tipo XXI previsto per navigare normalmente in immersione (75 ÷ 80 giorni); 1600/ 1800 t. (dimensioni m. 72,2 × 6,50 × 5,20; profondità di resistenza 120 ÷ 190 m., 6 lanciasiluri prodieri; 20 siluri, 4 mtg. 30 mm., potenza 3400/5000 CV; 58 persone; velocità 16/18 n.; scafo resistente fino a 300 m. con sezione a 8; diesel con Schnörchel; accumulatori in locale inferiore, tipo Cavallini): questo tipo avrebbe dovuto essere il più perfetto di quelli costruiti, ma non prese parte attiva alla guerra, perché non si riuscì a mettere a punto i suoi macchinarî ausiliarî idraulici; tipo XXIII per azioni costiere da 250 t., 2 siluri, 13/7 nodi. L'ultimo tipo XXIV, da 775 t. prima ricordato, munito di Schnörchel e di caldaia Walter, non è stato costruito.
La marina giapponese impiegò in massima sommergibili molto grandi, studiati per agire nel Pacifico: tipo I. 8 da 1955/ 2480 t. (m. 97,5 × 9,2 × 4,8; II/140 mm., 2 mtg., 4 lanciasiluri da 533; 6000/1800 CV, velocità 17/9 n.): ma costruì unità anche più piccole, fino ai sottomarini suicidi da circa 10 t.: evidentemente le energie industriali marittime del paese, divise tra flotta di superficie (che contava le corazzate più grandi del mondo) e flotta sommergibile, non poterono dare a quest'ultima lo sviluppo che aveva in Germania.
Mentre le flotte sommergibili dei paesi vinti sono oggi scomparse, quelle delle marine vincitrici ebbero e conservano notevole sviluppo, con indirizzi sensibilmente diversi, come diversi erano gli scopi che si proponevano (attacco di navi militari) e le condizioni nelle quali agivano (contro mezzi antisom assai meno sviluppati).
La Gran Bretagna combatté quasi tutta la guerra con gli stessi tipi S, U e T, che aveva al principio di essa e che, moltiplicati in numerose unità, si dimostrarono ben rispondenti all'impiego nei mari europei e atlantici; solo nel 1941 iniziò la costruzione del tipo A di maggior velocità in superficie e un poco più grande, adatto per le azioni in Pacifico, che oggi ancora va completando; inoltre costruì i sommergibili minimi (midgets) tipo X. E, da 16 m. e 30 t., per l'impiego ravvicinato. Le caratteristiche dei suddetti sommergibili sono le seguenti: tipo A (Pacifico) da 1385/1620 t. (m. 85,86 × 6,78; 8 lanciasiluri, 20 siluri, 1/102 mm., 4 mtg.; 4300/1250 CV, velocità 19/8); tipo T (Atlantico; Patrol type) da 1321/1571 t. (m. 83,34 × 8,10; 11 lanciasiluri, 17 siluri,1/102 mm., 4 mtg.; 2500/1450 CV, velocità 15,2/9); tipo S di media crociera, da 814/990 t. (m. 66,1 × 7,2; 7 lanciasiluri, 13 siluri, 1/76 mm., 4 mtg.; 1900/1300 CV, velocità 14,7/9); tipo U costiero, da 658/740 t. (m. 54,99 × 4,96; 4 lanciasiluri, 8 siluri, 1/76 mm., 3 mtg.; apparato motore Diesel elettrico; 615/825 CV, velocità 11,2/9).
Anche gli S.U. fecero tutta la guerra con sommergibili eguali a quelli in servizio nel 1940, salvo perfezionamenti e adattamenti di dettaglio, e poco diversi tra loro: tutti di grandi dimensioni e di buone caratteristiche per la navigazione in superficie, adatti cioè per le lunghe missioni in Pacifico: tipo Balao (120 unità) da 1526 t. (m. 94,85 × 8,25 × 4,10;10 lanciasiluri, 1/76 mm., 2 mtg.; 6500 CV, velocità 21 nodi); tipo Corsair (23 unità) da 1570 t., come il precedente ma con 1/127,2 mtg. e 10 lanciasiluri; tipo Gato (54 unità) da 1525 t., come il precedente. Due unità sperimentali, da circa 2000 t. incorporano i p-rfezionamenti pratici proposti dai Tedeschi e affinati dagli ingegneri americani. Circa la marina russa mancano indicazioni precise: sembra che le unità in costruzione si avvicinino anch'esse ai più recenti sommergibili tedeschi.
L'azione e lo sviluppo dei sommergibili non si comprende a pieno se non si tien conto delle corrispondenti azioni antisommergibile, dello sviluppo dei mezzi per scoprirli e combatterli: cacciatorpediniere e torpediniere, aerei e sommergibili speciali, corvette e fregate, destroyer di scorta, motoscafi (MAS), e infine i submarine killer americani, in costruzione nel 1948. I quali mezzi impiegano armi tradizionali ed armi nuove: cannoni e mitragliere con proiettili antirimbalzanti, lanciabombe multipli; bombe da getto e mine a celere affondamento; mine a grande raggio di sensibilità (magnetiche, e analoghe) siluri, ecc., e in futuro bombe e proiettili autoguidati. E prima delle armi per combatterli, gli strumenti per scoprirli: gli ecogoniometri, gli idrofoni, e i radar portati da navi e da aerei (perfino unità navali e aeree destinate esclusivamente alla esplorazione col radar: "navi-radar"), o montati sopra boe (sonars), dove, in complesse apparecchiature, le segnalazioni sottomarine degli ecogoniometri sono trasformate in segnali radiotelegrafici, che si trasmettono automaticamente alle unità amiche in caccia: questa era ed è l'"arma" che obbliga il sommergibile a nascondersi in profondità sempre maggiori.
Le corvette, le fregate e i destroyer di scorta sono navi di superficie derivate dalle torpediniere, da 500 a 1500 t. e 16 ÷ 18 nodi, meno veloci, ma più marine e meglio attrezzate per la scoperta e la caccia antisommergibile, con strumenti ed armi speciali; i MAS sono grossi motoscafi, da 10 a 100 t., 30 ÷ 45 nodi, veloci e bene armati; i submarine killer saranno forse unità derivate dai cacciatorpediniere ma meno veloci, più grandi, con attrezzatura e armamento speciali per la scoperta e per la caccia.
La gara tra sommergibili e mezzi antisommergibili, è tuttora in atto: il sommergibile cerca di nascondersi nelle profondità del mare, evitando per settimane di dare sentore della sua presenza, sopprimendo ogni affioramento, ogni segnalazione radiotelegrafica, ogni rumore, e poi attaccando in mute, ad alta velocità, i bersagli.
Degli ultimi sei sommergibili tedeschi muniti di Schnörchel, partiti da Cuxhaven il 19 marzo 1945 e raggiunto l'Atlantico il 6 aprile, ma rintracciati per una loro incauta segnalazione radio il 10 aprile dagli Alleati, che avevano avuto notizia della loro missione, ne furono subito affondati 4 in alto mare (15-22 aprile) e gli altri due poco dopo, presso le coste americane (30 aprile-6 maggio). Le. F.
Salvataggio dei sommergibili affondati. - Per i mezzi di salvataggio di sottomarini, l'Italia ha mantenuto il dispositivo Gerolini-Arata-Olivieri, progettato nell'anteguerra (v. salvataggio, XXX, p. 583).
La marina americana ha perfezionato durante la guerra la campana di salvataggio sottomarino ideata nell'anteguerra da un ufficiale della marina degli Stati Uniti. Si ricorda al riguardo il salvataggio, effettuato con detta campana, dell'equipaggio del sommergibile americano Squalus, affondato nel 1939.
Nel dopoguerra l'Inghilterra ha continuato a lavorare in questo campo. Su una nave appositamente allestita è stato applicato un nuovo ed ingegnoso equipaggiamento per il salvataggio e il ricupero dei sottomarini, comprendente camere di decompressione per i palombari ed apparecchi speciali di pompatura e compressione. La nave, la Reclaim, è munita di due camere di decompressione sommergibili, una delle quali ha tre compartimenti, i quali consentirebbero di ridurre notevolmente il tempo di ascesa dei palombari muniti di normale scafandro. Palombari possono essere calati fino a 100 m. di profondità, forniti di normali scafandri muniti di attacchi speciali. La nave inoltre è dotata di scafandri da grande profondità, resistenti alla pressione e manovrati da gru, i quali consentirebbero la discesa fino ad una profondità di 150 ÷ 160 m. e di una "camera di osservazione" (sul tipo della torretta italiana "Galeazzi" munita di telefono e che può essere immersa fino a 300 m. circa. La nave è fornita di laboratorio e banco di prova per elmi da palombari ed apparecchi respiratorî. Uno speciale circuito telefonico consente ai palombari di comunicare tra loro oltre che con la nave. La Reclaim è inoltre dotata di una moderna infermeria attrezzata ad ospedale e diretta da un medico specialista per la fisiologia del palombaro. L'ultimo ritrovato inglese in materia di apparecchi di soccorso per sottomarini è costituito da un cannone lanciabulloni che, mediante una carica esplosiva, permette di conficcare dei bulloni nella lamiera d'acciaio, non precedentemente perforata, di una nave che si trovi sott'acqua. Con il nuovo apparecchio è possibile sostituire ai rivetti, bulloni che hanno il centro cavo. Ciò permette di conficcare, attraverso la corazza di un sommergibile, un tubo al quale viene fissata una conduttura di aria compressa. Attraverso la conduttura l'aria compressa viene immessa nei compartimenti inondati, l'acqua ne è cacciata fuori ed il sommergibile viene a galla.