BENZONE (Benzon), Soncino
Nacque a Crema, attorno al 1465, da nobile famiglia dedita al mestiere delle armi. Alcuni fra i suoi antenati avevano militato nelle file degli eserciti veneziani. Anche il B. entrò presto al servizio della Repubblica. Nel 1495 partecipò allo scontro di Fornovo contro Carlo VIII e l'anno seguente, allorché Venezia decise di soccorrere Pisa minacciata da Firenze, fu inviato nella campagna pisana al comando di una compagnia di cinquanta balestrieri a cavallo ed ebbe due scontri con le truppe fiorentine. Alla fine del '96, sciolta la compagnia, il B., non essendogli stata rinnovata la condotta, rientrò a Crema.
Nel marzo dei 1498 la Repubblica di Venezia, come riconoscimento dei meriti che il B. si era acquistato al suo servizio, lo proclamò con solenne cerimonia cavaliere di S. Marco. Nel settembre dello stesso anno egli si recò ad Asti in visita a Gian Giacomo Trivulzio. L'accoglienza fu piuttosto lusinghiera e non è da escludere che proprio in tale circostanza si sia stabilito fra i due un rapporto di reciproca stima e considerazione che non doveva restare privo di conseguenze.
Nel 1499 il B. fu nuovamente assoldato dalla Repubblica di Venezia e inviato, al comando di cento balestrieri a cavallo, in Lombardia durante la guerra per la conquista di Milano. Durante le operazioni si distinse per alcune importanti azioni: l'occupazione dell'abbazia di Ceredo (agosto 1499) e la conquista di Lodi (febbraio 1500). Terminate le ostilità, ricevette la resa del cardinale Ascanio Sforza, che provvide a condurre personalmente a Venezia. Si interessò anche, sia pure marginalmente, alle discussioni diplomatiche che seguirono al conflitto, esorbitando dai limiti delle sue specifiche mansioni. Questo comportamento piuttosto Mdipendente e il suo contegno altezzoso insospettirono la Repubblica che lo allontanò dal Milanese e lo impiegò nel Veneto dandogli il comando di quattrocento cavalieri.
A questo punto la stella del B. cominciò a declinare. Raccolte testimonianze sulla scorrettezza del suo comportamento durante il soggiorno in Lombardia e particolarmente a Crema, la Repubblica sospettò che egli tendesse a scavalcare l'autorità civile mirando alla creazione di un dominio personale. Il B. aveva anche tentato nel 1503, ma senza successo, di ottenere l'esenzione dal tributo che doveva alla Repubblica per una sua proprietà nel Cremasco, e ciò si inquadrava in quel tipo di comportamento attraverso il quale molti condottieri avevano precedentemente tentato di realizzare il passaggio dalla condotta a un dominio personale e autonomo. Il B. fu pertanto, imprigionato e sottoposto a inchiesta da parte del Consiglio dei Dieci; nel gennaio del 1506, adducendo come motivo il suo comportamento insolente nei riguardi della popolazione e dei rettori di Crema, i Dieci lo condannarono alla perdita della condotta e a quindici anni di confino da scontarsi a Padova.
Al confino il B. rimase tre anni soltanto. Scatenatasi contro Venezia la coalizione di Cambrai, fu riabilitato nel 1509 e immediatamente utilizzato, al comando di cento cavalieri. Ma il risentimento per la condanna subita era ancora vivo nel B.; egli, nonostante formali dichiarazioni di fedeltà alla Repubblica, meditava il tradimento. Dopo la disfatta di Agnadello, infatti, passò nel campo francese, e a farlo decidere in tal senso non furono estranei, oltre al risentimento, il calcolo e la convinzione che oramai i giorni della Repubblica fossero contati. Forse anche l'ammirazione per il Trivulzio giocò un ruolo importante. I Francesi lo utilizzarono immediatamente come comandante di una formazione di venticinque cavalieri in un primo tempo e di cinquanta in seguito, destinandolo nel Polesine e nelle campagne di Padova, Vicenza e Verona. Il suo comportamento verso la popolazione fu particolarmente violento, sì che ne rimase a lungo il ricordo, specialmente fra i contadini; nella Betìa del Ruzzante c'è una testimonianza abbastanza precisa di ciò (atto V, vv. 826 ss.).
Delle mosse del B., però, la Repubblica era minutamente informata. La guerra si protraeva più di quanto i collegati avessero potuto prevedere: Venezia non solo non si arrendeva, ma preparava la soluzione diplomatica e militare del conflitto. Pertanto le speranze e i calcoli del B. erano destinati a naufragare. Il 21 luglio 1510 egli venne catturato da una compagnia di "stradiotti" mentre rientrava al campo francese proveniente da Verona. Condotto a Padova, fu processato per direttissima e impiccato. La data del 21 luglio, che si ritiene esatta, è offerta dal Sanuto (X, p. 825). La cronaca del Buzzacarini, citata dal Lovarini e seguita dal Grablier, dà invece il 30 giugno come data della morte. Il suo corpo, come si usava per i ribelli, venne appeso per un piede ed esposto agli insulti della plebe. I suoi beni vennero confiscati.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. Naz. Marciana, cod. Ital., cl. VII, 8304 (XV): G. A. Capellari Vivaro, Il Campidoglio Venero, I, p. 151; F. Buzzacarini, Historia, la quale incomincia l'anno 1482..., in E. Lovarini, Antichi testi di letter. pavana, Bologna 1894, p. LXVII; A. Beolco, Betìa, ibid., pp. 338 s.; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879-1902, I-XII, XV, XX, XXVIII, XLVIII, ad Indicem;V. Lancetti, Biogr. cremonese, II, Milano 1820, pp. 179 s.; C. Grabher, Ruzzante, Milano 1953, pp. 82, 97; E. Lovarini, Studi sul Ruzzante..., a cura di G. Folena, Padova 1965, pp. 294 ss.