Sonnino, Sidney Costantino, barone
Politico (Pisa 1847-Roma 1922). Si occupò in partic. di problemi agrari, portando a termine, insieme a L. Franchetti, un’inchiesta su La Sicilia nel 1876 (1877), in cui venivano evidenziati gli aspetti negativi del latifondo e si criticava l’assenteismo dei proprietari terrieri del Mezzogiorno. Fondatore, sempre con Franchetti, della rivista Rassegna settimanale (1878-82), nel 1880 fu eletto deputato e si schierò con la destra moderata. Ministro delle Finanze (1893-94) e del Tesoro (1893-94 ad interim e 1894-96), S. fece fronte alla crisi economico-finanziaria del Paese e risanò il bilancio dello Stato mediante l’aumento dei dazi, l’imposizione di nuove tasse e un maggiore controllo della circolazione monetaria, attuato tramite il rafforzamento del ruolo della Banca d’Italia. Capo dell’opposizione costituzionale dopo il definitivo ritiro di F. Crispi, nel famoso articolo Torniamo allo Statuto! (1897) sostenne che per salvare lo Stato liberale dal duplice pericolo socialista e clericale fosse necessario tornare a una rigida interpretazione dello Statuto albertino, con una piena restaurazione dei poteri del sovrano e una riaffermazione della responsabilità dei ministri unicamente nei confronti del re. Dopo aver guidato l’opposizione liberal-conservatrice ai governi presieduti da G. Zanardelli (1901-03) e G. Giolitti (1903-05), fu presidente del Consiglio per due brevi periodi (febbr.-maggio 1906; dic. 1909-marzo 1910). Ministro degli Esteri dall’ott. 1914, dopo aver inutilmente negoziato con l’Austria-Ungheria, in base all’art. 7 della Triplice alleanza, per ottenere compensi nelle terre irredente, portò l’Italia in guerra a fianco dell’Intesa con la firma del Patto di Londra (26 apr. 1915): con tale accordo S. mirò a completare il processo di unificazione dell’Italia, garantendole la sicurezza strategica, a nord come nell’Adriatico, mentre con una politica di moderazione verso il Mediterraneo orientale puntò a mantenervi l’equilibrio con le altre grandi potenze. Durante la guerra, appresa l’esistenza degli accordi fra le potenze dell’Intesa per la spartizione dell’impero ottomano, affinché l’Italia non ne rimanesse esclusa ingaggiò una lunga battaglia diplomatica, che si concluse con il convegno di Saint-Jean-de-Maurienne. Al termine della guerra condusse, alla conferenza della pace, una rigida difesa delle disposizioni del Patto di Londra, scontrandosi con l’opposizione del presidente statunitense T.W. Wilson e degli Alleati. Lasciato il ministero degli Esteri con la caduta del gabinetto Orlando (giugno 1919), si oppose nello stesso anno all’introduzione del sistema elettorale proporzionale, ritirandosi poi dalla vita politica, nonostante nel 1920 fosse stato nominato senatore.
Nasce a Pisa
Insieme a L. Franchetti, svolge un’inchiesta che evidenzia gli aspetti negativi del latifondo nel Mezzogiorno
Fonda, sempre con Franchetti, la rivista Rassegna settimanale
Eletto deputato, si schiera con la destra moderata
Ministro delle Finanze e (ad interim) del Tesoro
Ministro del Tesoro
Presidente del Consiglio per due brevi periodi
Ministro degli Esteri
Firma del Patto di Londra: l’Italia entra in guerra a fianco dell’Intesa
Alla conferenza di pace difende le disposizioni del Patto di Londra, scontrandosi con l’opposizione del presidente statunitense T.W. Wilson e degli Alleati
Nominato senatore, si ritira dalla vita politica
Muore a Roma