sonno
Perché dormiamo e sogniamo
Nello stato di sonno l’integrazione dell’individuo con l’ambiente circostante è sospesa: se egli reagisce a qualche sollecitazione, le sue risposte hanno un carattere parziale e non esprimono quel coordinamento dinamico delle molteplici attività neuropsichiche che si osserva nello stato vigile. La durata del sonno varia con le specie animali e con l’età. Nell’uomo è di 18÷20 ore al giorno nel neonato, di 12÷14 nel bambino, di 7÷9 nell’adulto, di 5÷7 nell’anziano: si calcola che l’uomo, complessivamente, passi nel sonno un terzo della sua vita. Il sonno si accompagna con: diminuzione del metabolismo energetico, che raggiunge valori del 10÷15% inferiori a quelli dello stato di riposo in condizioni di veglia; riduzione del tono muscolare, della frequenza del battito cardiaco, della velocità del circolo, della pressione arteriosa, della ventilazione polmonare.
Il ciclo sonno-veglia nasce dai processi di inibizione reciproca che coinvolgono i due sistemi anatomicamente collocati nel tronco encefalico; il sistema reticolare ascendente mesencefalo-pontino, che regola la reazione di risveglio, e il sistema ipnogeno del bulbo, che presiede al sonno. I neuroni interessati alla veglia sono catecolamminergici, mentre quelli del sonno risultano prevalentemente serotoninergici, tranne che in alcuni casi nei quali predominerebbero neuroni noradrenergici. La fisiologia del sonno è strettamente correlata ai fenomeni della veglia, essendo i due stati funzioni distinte, ma stabilmente correlate, del sistema nervoso centrale.Un modello dei processi regolativi del ciclo sonno-veglia include un meccanismo circadiano (processo C) in grado di organizzare il ciclo, anatomicamente collegato all’ipotalamo anteriore (nucleo soprachiasmatico), al quale si affianca un processo S (prevalentemente a carattere esecutore e di regolazione), comprendente elementi cellulari e circuiti dislocati variamente a livello bulbo-ponte-mesencefalo, nella corteccia, nel diencefalo e così via. Un complesso di fattori geneticamente determinati o dipendenti da stimoli può agire sui due processi. L’attività cerebrale non è uniforme in tutta la durata del sonno ma si svolge secondo due fasi che si avvicendano ripetutamente e che, in base alle loro caratteristiche elettroencefalografiche, sono dette di sonno sincronizzato e di sonno desincronizzato.
L’interpretazione del significato fisiologico del sonno è ancora un problema aperto e di difficile soluzione. Si tende a ritenere che la fase di sonno sia in qualche modo in rapporto con le attività plastiche connesse con i processi conoscitivi, in partic. quella in cui avviene il completamento delle attività impostate durante la veglia, come il consolidamento delle tracce mnemoniche, l’eliminazione di quelle superfluee forse anche la rielaborazione del materiale registrato nella veglia. Nella regolazione del sonno sono stati valutati vari neuropeptidi isolati in diverse sedi encefaliche. È probabile che tale complesso di molecole, variamente interagenti fra loro e in tempi diversi, sia in grado di modulare le due condizioni base di veglia e sonno e di consentire il passaggio dall’una all’altra con fisiologica ciclicità.
Secondo un ritmo che ha tutte le qualità di fissità e di costanza dei fenomeni biologici, il sogno si presenta 4÷6 volte nel corso del sonno. Gli episodi, della durata media di 20÷30 minuti, si susseguono, nell’uomo, a intervalli di 90÷100 minuti l’uno dall’altro, occupando un totale del 20% circa del sonno. Entrando in questa fase l’organismo manifesta uno stato di attività funzionale (aumentata frequenza e irregolarità del battito cardiaco e del ritmo respiratorio, erezione del pene, aumento dell’attività spontanea del sistema nervoso centrale verificata mediante microelettrodi di profondità, ecc.). Nel contempo si assiste a una diminuzione della reattività alle stimolazioni esterne (come dimostrano esperimenti sulle soglie di risveglio e sui potenziali evocati) e a un blocco della motricità. Nella fase REM l’emisfero destro si occupa delle emozioni e dell’organizzazione spaziale del sogno, mentre l’emisfero sinistro ricorda e permette il suo racconto. Le aree cerebrali coinvolte nel sogno sono: il tegmento pontino, l’amigdala bilaterale, il talamo sinistro, la corteccia del cingolo e l’opercolo parietale destro, mentre sono disattivate le aree posteriori del cingolo e prefrontali. La presenza della fase REM è stata rilevata anche nelle primissime fasi della vita umana e praticamente in tutti i mammiferi studiati. Nei bambini la percentuale di sonno REM è più elevata che negli adulti; alla nascita infatti occupa circa il 50% del sonno totale. Per quanto riguarda la delimitazione dell’esperienza onirica, pare ormai accettata l’idea di un estendersi dell’attività mentale durante il sonno anche a periodi non REM. Il ricordo meno frequente dei sogni, che si riscontra se si provocano risvegli in questa fase, può essere dovuto in parte alla diversa qualità del sonno: meno vigili e più confusi sembrano i soggetti al risveglio in fase non REM e d’altra parte le esperienze mentali vissute in fase REM risultano più drammatiche e vivide, quindi suscettibili di essere più adeguatamente ricordate. Per quanto concerne invece il fenomeno dell’oblio dei sogni al risveglio (risultando ormai appurato che tutti sognano), non appare giustificato invocare spiegazioni univoche: fattori fisiologici, fattori collegati allo stile cognitivo, fattori psicodinamici (censura) possono entrare in gioco in misura maggiore o minore a seconda delle diverse esperienze di oblio e in rapporto a caratteristiche generali di personalità. Permane l’incertezza sul significato funzionale del sogno in presenza di varie ipotesi che privilegiano il versante biologico o quello psicologico di un fenomeno essenzialmente psicofisiologico.