soperchianza
Il sostantivo compare un'unica volta: Cv III XV 6 poco parlar posso di quelle [cose, cioè Dio e la etternitate e la prima materia], per la loro soperchianza, e designa l' " eccedenza " di una nozione rispetto all'umana facoltà d'intendere, come risulta chiaro dal contesto del paragrafo che commenta i vv. 59-62 di Amor che ne la mente: Dio, l'eternità, il principio materiale dell'universo, sono concetti che soverchian lo nostro intelletto, lo abbagliano (XV 6), in quanto sproporzionati rispetto al nostro intelletto.
S. indica dunque la ‛ sproporzione ', la ‛ incommensurabilità ', per cui il termine che dovrebb'essere ‛ compreso ' eccede e sovrasta la facoltà che dovrebbe ‛ comprenderlo '. Si può tener presente l'uso del termine in Guido delle Colonne Amor che lungiamente 4 " ché soperchianza - m'a vinto e stancato "; Mazzeo di Ricco La ben aventurosa 4 " non fa lo meo cor soperchianza "; Bondie Dietaiuti Amor quando mi membra 13 " poi che 'n gran soperchianza / torna per me piacere "; e in Cino da Pistoia Lasso! ch'amando 17 " non han li miei spiriti tanto ardire / che faccin motto, vegnendo di fore / per soperchianza di molto dolore ", e Io che nel tempo reo 39 " ancor ch'i' non mi creda già potere / finalmente tenere / ch'a ciò per soperchianza non mi mova: misericordia nova ! "; in entrambi i casi il termine vale " eccesso "; v. anche SOVERCHIARE.