SOPHILOS (Σώϕιλος)
1°. - Ceramografo attico a figure nere la cui attività sembra conchiudersi entro il primo venticinquennio del VI sec. a. C. Firma come pittore, e almeno una volta anche come vasaio solo, alcuni dei suoi vasi più tardi. E nella sua opera è stata rilevata una sorprendente frattura tra i vasi a decorazioni animalesche e la sua produzione più matura, in cui temi mitici vengono introdotti secondo una grandiosa maniera narrativa, che sembra precedere e preparare l'arte di Kleitias (v.).
Non mancano anche tra i vasi a decorazione animalesca, prodotti raffinati e altamente individuali, seppure riconducibili alla tradizione del Pittore della Gorgone (v.). Mentre a volte, come ad operare la transizione da un genere all'altro, Hermes appare tra sfingi e pantere come una sorta di Potnios degli animali. J. D. Beazley suppone che S. si sia semplicemente stancato delle figurazioni di animali, e che di qui sia passato a narrare storie di dèi e di eroi. In realtà si ha l'impressione che le due tradizioni, animalesca-decorativa e mitica-narrativa, fossero presenti e venissero sviluppandosi da qualche tempo fianco a fianco nella ceramica attica. I due filoni si incontrano nell'opera dei grandi pittori della generazione immediatamente precedente, in particolare i pittori di Nettos e della Gorgone, e nel contemporaneo Pittore K. X. che S. Karouzou Papaspiridi pensava di poter addirittura confondere con il nostro pittore. In definitiva, da un esame della sua produzione è da concludere che, per un artista della classe e del temperamento di S., la rappresentazione di una sfinge, di un intrico di palmette o l'organizzazione di una grande scena mitica non rappresentassero che problemi diversi da affrontare con lo stesso calore di poesia e con la stessa soddisfazione. In questo modo è possibile spiegare il fatto che in S., personalità artistica in qualche modo incerta e ineguale, troveremmo esempî di un racconto mitico sostenuto, anteriori a quelli dovuti al grande maestro Kleitias.
Minuziosi confronti, condotti da M. Heidenreich, sembrano confermare il singolare parallelismo tra le figurazioni dell'assai lacunoso dèinos di S. (Acropoli, n. 587) e del grande cratere di Kleitias. In ambedue i monumenti la storia delle nozze di Teti e Peleo, invece di rimanere in certo modo segreta e soffocata nella grotta del Pelio, testimone il centauro Chirone, come nell'Arca di Kypselos, ha un solenne tono cerimoniale e festoso con l'intervento di tutti gli dèi. Il grandioso corteggio si ripete in aspetti sostanzialmente identici: mentre certe semplificazioni negli aggruppamenti, certe minori omissioni, sembrano confermare la precedenza del dèinos di S. sul cratere di Kleitias. S. è lontano dal possedere il segno preciso, fermo e musicale di Kleitias e tanto meno la sostenuta limpidezza e gravità formale che conferiscono a questo artista un carattere di vera e propria classicità. In S. il segno è a volte abbreviato e scorretto, le figure angolose e urtate. Si pensi all'acerba brutalità del satiro che assalta Iris nel frammento da Lindo a Istanbul. Peraltro ogni riserva cade dinanzi alla gioiosa, espansiva immediatezza, alla pungente felicità espressiva del pittore. Il corteo degli dèi nel dèinos di S. è infinitamente più festoso, vivido, colorato che il parallelo corteggio di Kleitias. In certo modo S. sembra rifarsi al colorismo gioioso e leggero della tradizione corinzia piuttosto che alla severa disciplina degli attici. Anche particolari tecnici, quali i colori applicati sul fondo del vaso invece che sulla vernice nera, che già di per sé li domina e li condiziona, la predilezione per i contorni tracciati a vernice rossastra invece che nera, obbediscono a questa intima necessità dell'artista. Nel dèinos da Farsalo (Atene, Museo Naz., n. 13499) il travolgente entusiasmo sportivo dei minutissimi spettatori è reso con una vitalità e una comunicativa senza uguali. Le figurine minuscole e distorte prendono vita e realtà in un solo gesto e d'altra parte si compongono coralmente in un'esplosione di braccia levate e volti urlanti. Ed è tale il gioioso abbandono delle figurine assiepate nell'ellissi dello stadio, che solo in un secondo momento ci rendiamo conto dell'origine patetica e luttuosa dell'avvenimento, la morte del giovane Patroclo. S. è tuttavia abbastanza grande artista per saper attenuare questo così caratteristico fervore di vitalità in forme insolitamente gravi e monumentali nei grandi pìnakes Vlastos con scene di compianto funebre.
Bibl.: H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, pp. 67, 105, 200; S. Papaspiridi Karouzou, in Ath. Mitt., LXII, 1939, p. 111 ss.; J. D. Beazley, Development, p. 17; W. Johannowski, in Annuario Atene, XXXIII-XXXIV, 1955-1956, p. 45; W. Lepik Kopacziska, in Archaeologia, VIII, 1956, p. 185 ss.; J. D. Beazley, Black-fig., 1956, p. 37 ss.; J. Boardmann, in Annual Brit. School Athens, LIII-LIV, 1958-59, p. 152 ss.