AMATI, Sopramonte
Nato, con ogni probabilità a Cremona, verso la metà del secolo XIII, fu il personaggio della sua famiglia che prese maggiormente parte alle lotte politiche dei suoi tempi, sia pure, dato il suo carattere mite e conciliativo, sempre con moderazione. Dino Compagni lo defini "uno savio cavaliere" e il contemporaneo notaio Giovanni da Cermenate affermò che era "bonis moribus ac reipublicae utilis".
Fu podestà di Lodi nel 1290 e di Bergamo nel 1296. Ma sulla scena politica appare fin dal 1277, quando a Brescello, unitamente al marchese Cavalcabò, firmò, in segno d'approvazione, la promessa fatta dai da Correggio di far approvare dal Comune di Parma i capitoli della pace con Azzo e Franceschino d'Este. Di nuovo mtervenne nelle faccende di Parma, unitamente al genero Guglielmo Cavalcabò (figlio del sopraddetto Cavalcabò) e ad altri Cremonesi, nel 1303, riuscendo a scongiurare una lotta armata fra i partigiani dei da Correggio e quelli dei Rossi. Dotato di cospicue ricchezze, nel 1299 fece un prestito al Comune di Cremona, unitamente al Cavalcabò e ad Egidio da Persico. Fu abate della Gabella nel 1298 e Sapiente nel 1309. Ma il periodo suo più attivo, in Cremona, fu durante le lotte per l'intervento di Arrigo VII. L'A., di parte guelfa e strettamente legato a Guglielmo Cavalcabò, capo del partito stesso e della città di Cremona, benché non fosse favorevole all'imperatore, capeggiava quella parte della popolazione che non intendeva mettersi apertamente contro Arrigo. Il Cavalcabò, cacciati il vicario superiore ed i ghibellini da Cremona, si era schierato decisamente contro l'imperatore: ma dovette presto abbandonare la città per l'inferiorità delle sue forze. Frattanto il nunzio pontificio, Bosiolo da Parma, riusciva, come mediatore tra Arrigo, che marciava contro Cremona, e quella parte di guelfi che non gli avrebbe contrastato il passo, a ottenere che la città aprisse le porte al sovrano, mentre duecento fra i migliori cittadini, con a capo l'A., "scalzi, con niente in capo, in sola gonnella, con la correggia al collo", si sarebbero mossi incontro ad Arrigo in segno di sottomissione. Si presentarono questi al re nei pressi di Paderno, a 10 miglia dalla città. Arrigo non volle riceverli e verso il mezzogiorno del 26 apr. 1311 entrò in Cremona, seguito da quei Cremonesi, che tosto ordinò fossero tutti rinchiusi nelle prigioni di Romanengo e Castelleone. Ritornato Arrigo a Cremona nei giorni 5 e 6 ottobre, su intercessione della regina, supplicata dalle donne di Cremona, ordinò che i prigionieri venissero rilasciati. Ma molti erano deceduti nel frattempo per le sofferenze patite. Fra questi l'Amati.
Fonti e Bibl.: Giovanni da Cermenate, Historia, a cura di L. A. Ferrai, Roma 1889, in Fonti Per la Storia d'Italia, n. 11, pp. 73-76; L. Astegiano, Codex diplomaticus Cremonae, I, Torino 1895,n. 1156; II, ibid. 1898, nn. 65, 229, pp. 220 s.; La Cronica di Dino Compagni, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., IX, 2, a cura di G. Del Lungo, pp. 232, 234; Chronicon Parmense, ibid., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, pp.85, 131; M. Melchiorri, Vicende della Signoria di Ghiberto da Correggio in Parma, in Arch. stor. parmense, VI (1906), pp. 1-200; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, p. 62.