sorte [nel Fiore, in rima, solo il plurale sorte]
Voce di modesta frequenza, esclusiva dell'uso poetico. Solo in un caso è assunta secondo i significati dell'originario termine latino (sors nel significato di " sorteggio ", " oracolo ", ecc.). Lo si rileva a proposito delle origini di Mantova, che i fondatori, afferma Virgilio (correggendo quanto si legge in Aen. X 198-200), così chiamarono in memoria dell'indovina tebana Manto, abitatrice di quei luoghi, sanz'altra sorte (If XX 93), non ricorrendo cioè alle " pratiche divinatorie " e ai " sortilegi " che " si solevan consultare nell'atto di denominare una nuova città " (D'Ovidio). Tale precisazione, secondo alcuni, si giustifica col desiderio di D. di togliere credito alla leggenda che faceva di Virgilio un mago; più certo è che il poeta voglia sconfessare le scienze della divinazione e della magia, i cui seguaci, riconosciuti colpevoli di empietà, in quanto negatori del libero arbitrio umano e della stessa libertà divina, sono dannati nella quarta bolgia.
In senso stretto, s. è per D. lo " stato o condizione d'essere ", come esplicazione della propria essenza secondo natura, destinato per insondabile disegno divino a ciascuna creatura nell'ordine universale, quando dal significato sia escluso ogni concetto di ferreo determinismo o di cieca causalità e arbitrio. Nell'armonia che regola il mondo, infatti, tutti gli enti sono soggetti a una determinata inclinazione naturale, distribuita per diverse sorti (Pd I 110), che li rende partecipi ai vari gradi dell'essere, ognuno in rapporto alle " condizioni variamente perfette " toccate in s.; la perfezione di tali gradi è scandita secondo la prossimità di ognuno di essi alla fonte dell'essere e del bene, che è Dio (cfr. Cv III VII 2-5).
Corrispettivamente, riferita alle anime dell'oltremondo, disposte secondo l'ordine della divina giustizia, la parola designa il diverso stato o condizione in rapporto al grado di merito o di pena (conosciuto ab aeterno da Dio: cfr. Pd XXXII 102 per etterna sorte, " per predestinazione divina fatta... ab aeterno; imperò che Iddio ab aeterno predestinò ciascuno spirito al grado della beatitudine sua ", Buti), in cui esse si trovano, come risultato della propria libera scelta in vita, dopo il giudizio divino. Tale la s. dei pusillanimi, i quali, per l'abiezione della loro cieca vita, preferirebbero ogne altra sorte (If III 48), qualunque altra condizione, perfino dei dannati nelle profondità infernali. Opposta ad essa, e concordemente accettata in armonia col volere divino, la s. dei beati s'identifica col loro grado di partecipazione alla beatitudine eterna: come si riscontra nelle espressioni di D. a Piccarda (Pd III 41), grazïoso mi fia se mi contenti / del nome tuo e de la vostra sorte, dove il significato del vocabolo, pur nella sostanziale differenza di qualità, è il medesimo (cfr. il v. 55, interpretabile secondo il concetto " grado di beatitudine "). In Pd IX 35, la nozione di s. come condizione sortita nell'ordine naturale e mondano, e nell'ordine oltremondano è compresente nell'uso dantesco. Cunizza, in terra, seguì la s. indotta per natura dall'influsso di Venere, e inclinò all'amore carnale vinta dal lume d'esta stella; poi tale amore ella convertì in charitas, in ardore divino, per cui ora ‛ rifulge ' nel cielo degli spiriti amanti. La s. oltremondana, la " condizione " di beatitudine ottenuta nella gerarchia celeste e parimenti allusa nel verso, corrisponde dunque simmetricamente a quella ottenuta in vita, e di essa, pertanto, non ha ragione di dolersi.
Del tutto particolare il valore assunto da s. nelle locuzioni gemelle del Fiore (XXXII 8 sopra lui ricaddor poi le sorte, e CCV 6 Sopra te cadran le sorte), le quali esprimono una medesima forma di minacciosa imprecazione, nel senso di " finir male ", " pagare il fio " (Petronio).
Bibl. - Per la questione del giudizio di D. sulla magia, con indicazioni utili circa il significato della voce nel passo sulle origini di Mantova: P.L. Rambaldi, Il canto XX dell'" Inferno " (D. contro la magia), Mantova 1904, 59; F. D'Ovidio, Studii sulla D.C., Palermo 1901, 76-112.