SORTI (lat. sortes, sortilegium; cfr. gr. κλῆρος, κληρομαντεία)
Sono una forma di divinazione deduttiva o sperimentale che interpreta il risultato casuale di un movimento impresso dall'uomo a un qualche oggetto: dadi, aliossi, bacchette di legno disegnate o intagliate, sassolini, fave bianche o nere, ecc. Essi agitati dalla mano dell'uomo o entro un'urna vengono fatti cadere o al suolo o sopra una tavola coperta di segni o anche nell'acqua. La loro disposizione in seguito alla spinta è ritenuta proveniente dalla divinità e ha pertanto il valore di un responso.
Presso i Greci Ermete era il dio κλερομάντις per eccellenza, che ha da Apollo stesso ricevuto tal privilegio (Hymn. Hom., V, 552 seg.) attraverso le Θριαί, nutrici del dio.
La divinazione mediante le sorti, come più facile e primitiva, si trova dovunque, anche in quei templi o santuarî che praticavano altri tipi di divinazione, come, per es., a Dodona e a Delfi. Pausania (VII, 25, 10) c'informa che a Bura in Acaia, nel santuario di Eracle il responso cleromantico si traeva gettando su apposita tavola quattro dadi contrassegnati da varî caratteri. I segni usciti dal getto venivano interpretati consultando un'apposita tabella.
A Preneste nel tempio della Fortuna Primigenia le sorti si traevano da pezzetti di legno di quercia su cui erano incise lettere antiche; essi, secondo la leggenda (Cic., De div., II, 41), erano stati trovati, in seguito a un sogno, da un tal Numezio Sufficio, scavando nel vivo sasso del monte, e racchiusi in un'arca fatta con il legno di un olivo che stillò miele in quella circostanza. Pure a Cere e ad Anzio nei templi della Fortuna si praticava la cleromanzia.
Anche gli scritti di autori illustri assurti a valore sacro e simbolico servivano a una divinazione di questo genere, consultati ad apertura di libro. Si hanno così le Sortes Homericae e quelle Vergilianae (Lampr., Alex. Sev., 14).
Un bel caso di divinazione attraverso le sorti è descritto da Tacito. I Germani tagliano in bacchette il ramo di un alloro fruttifero (di buon augurio) e vi incidono varî segni. Il sacerdote della tribù, se si tratta di auspicio pubblico, il padre di famiglia, se si tratta di auspicio privato, getta in alto tre volte ognuna delle bacchettine e interpreta quindi i segni usciti (Germ., 10). Presso il popolo ebreo quella specie di monile detto Urīm e Tummīm sembra fosse adoperato a scopo di divinazione cleromantica, specialmente in caso di processi importanti, sia per scoprire il colpevole sia per dirimere la causa (Ios., VII, 13-18).
Le sorti nella vita civile. - Dall'uso più strettamente religioso-divinatorio l'uso delle sorti passò anche nelle deliberazioni della vita civile, non solo per quella strettissima unione che nella citta antica c'è tra la religione e la vita civile, ma anche perché sembrava affidare agli dei la decisione e la scelta intorno a cose che avevano un alto interesse sociale, e legittimare in loro nome la scelta medesima. In questo caso la cleronomia si avvicina al giuramento e all'ordalia che sono due espedienti sacro-giuridici per invitare gli dei a farsi garanti della verità e della giustizia.
In Grecia erano eletti per sorteggio tra persone già prescelte (κλήρωσις ἐκ προκρίτων) gli arconti, i senatori (βουλευταί) i giudici popolari (ἡλιασταί), le altre magistrature cittadine. Mediante il sorteggio si provvedeva a missioni delicate o difficili nell'esercito e nella marina, alla distribuzione dei lotti di terreno (κληρουχίαι) ai nuovi coloni e anche ai posti di precedenza nelle gare, ecc. Anche nella vita privata il sorteggio aveva larghissimo uso.
In Roma nella vita pubblica il sorteggio è assai meno frequente. Esso si trova nei comizî per decidere quale tribù o centuria voterà per prima; nella nomina della giuria nei processi criminali. I consoli sorteggiano tra loro le provincie; questori e tribuni consolari sorteggiano gl'incarichi loro affidati dal senato.
Bibl.: v. divinazione.