SOSOS (Σῶσος, Sosus)
1°. - Mosaicista greco, attivo a Pergamo nel II sec. a. C.
È l'unico mosaicista ricordato da Plinio, che lo nomina come "il più celebre" nell'arte di decorare i pavimenti (Nat. hist., xxxvi, 184): aveva eseguito a Pergamo un mosaico con la rappresentazione della "stanza non spazzata" (v. asarota) ed un èmblema con colombe sull'orlo d'un vaso ricolmo di acqua. I due soggetti sono noti da riproduzioni e imitazioni che ne testimoniano la fortuna dal I sec. a. C. all'età imperiale.
L'esemplare rinvenuto ad Aquilela è d'età tardo repubblicana o augustea (Brusin). La cornice a doppia treccia e la fascia continua che citcondano il mosaico, ricordano i pavimenti pergameni datati alla prima metà del II sec. a. C.; allo stesso ambiente, ma forse ad un'età più recente, porta anche il trattamento illusionistico della foglia di vite, da confrontare con un altro frammento aquileiese di probabile ispirazione pergamena. La compatta composizione dell'asàroton di Aquileia, dove sono anche elementi di vera e propria natura morta, come un polipo intero ed un kỳathas d'argento, sarebbe dunque da preferire alla versione più tarda del Museo Lateranense (v. heraklitos) dove gli oggetti sono staccati dal fondo bianco con nette ombre portate e rappresentano avanzi frammentati con un gusto anziché veristico, surreale. L'occasione di ricostruire attraverso questa copia un aspetto inconsueto dell'ellenismo, non era infatti sfuggita al Wickhoff, che teneva a differenziare l'illusionismo "romano" da una presunta sensibilità greca per l'isolamento plastico degli oggetti; più tardi lo stesso mosaico è stato chiamato a testimoniare tanto la funzionalità dell'arte greca (Della Seta), quanto l'apporto d'un gusto orientale non tettonico nel periodo ellenistico (Hinks): conclusioni estreme che non sembrano giustificate dalla copia di Aquilela. Questa persuade invece a valutare l'opera di S. nell'ambito della tradizione ellenistica di natura morta, per quanto su di una linea diversa da quella alessandrina da un punto di vista formale, per la novità prospettica, e contenutistico, poiché all'asàrotos òikos di S. si è riconosciuto un significato allusivo ad un rituale funerario (Renard) mentre ai quadretti pompeiani si attribuisce un significato sacrale (v. natura morta).
Tanto l'esemplare di Aquileia, quanto il mosaico di Heraklitos sono stati riconosciuti riferibili ad un triclinio, come doveva essere per l'originale. Il motivo dell'asàroton si è poi staccato da tale presupposto (mosaico di Oudna a Tunisi, Museo del Bardo).
Dell'altra opera di S., il mosaico con colombe, è stata Sostenuta (Parlasca, Renard) sulla base del testo di Plinio e di osservazioni condotte sulle copie, la pertinenza al medesimo pavimento, nel quale l'asàroton firmava il bordo e la composizione con le colombe l'èmblema centrale. Di questo le due imitazioni più antiche, forse dell'inizio del I sec. a. C., una dalla Casa dell'Inopos, a Delo, l'altra dalla Casa del Fauno, a Pompei, offrono già due diverse versioni. Elementi comuni, e quindi riferibili con buon fondamento all'archetipo, sono il kàntharos metallico, con orlo ad ovuli e tre sostegni in forma di zampa d'animale, ed un appoggio in forma di abaco. La copia di Delo è l'unica a testimoniare anche d'una quinta prospettica nello sfondo, e conserva forse l'esatta posizione della colomba "che nell'atto di bere fa scura l'acqua con l'ombra del capo" (columba bibens et aquam umbra capitis infuscans); ma il resto della composizione è assai povero. Il mosaico pompeiano offre invece una varietà nella disposizione degli animali troppo libera per riferirla all'originale, ma è probabilmente fedele nel colore, come prova lo sfumato nel piumaggio nelle colombe, analogo a quello che si vede nell'uccello esotico d'un mosaico pergameno (v. Vol. vi, fig. 57). Un attento studio porta a concludere che l'iconografia dell'èmblema dalla Villa Adriana di Tivoli conserva più fedelmente lo schema originale, anche se il motivo delle colombe sembra passato attraverso una copia dipinta: tanto è l'impegno del mosaicista di imitare con la disposizione delle tessere l'andamento di una fluida pennellata (v. Vol. v, fig. 306).
Una gemma proveniente dall'Asia Minore, già nella Collezione Arndt (n. 2336), starebbe a confermare (Parlasca) tale autenticità iconografica.
Il motivo ha poi avuto larga fortuna in età imperiale, particolarmente in connessione con monumenti funerarî. Una tarda eco si trova ancora in uno degli scomparti delle vòlte di S. Costanza, a Roma (337-361) e a Ravenna nel Mausoleo detto di Galla Placidia. Ma si deve tener presente che il motivo di due piccioni sull'orlo di un cratere risale a età antecedente a quella di S., come dimostrano stele funerarie del IV e del III sec. a. C. e motivi ornamentali sulle ceramiche dette di Gnathia.
Monumenti considerati. - Asarota: Aquileia, museo: G. Brusin, L'asàroton del Museo di Aquileia, in Anthemon, Scritti in onore di Carlo Anti, Firenze 1955, p. 93 ss. Roma, Museo Profano Lateranense: B. Nogara, I mosaici antichi conservati nei palazzi pontifici del Vaticano e del Laterano, Roma 1910, p. 3 ss., tav. v-vii; v. anche heraklitos, Tunisi, Museo del Bardo, tre esemplari: P. Gaukler, Inventaire des mosaïques de la Gaule et de l'Afrique, ii, Parigi 1910, nn. 248, 256, 388; L. Foucher, Influence de la peinture hellénistique sur la mosaïque africaine aux IIéme et IIIéme siècles après J. C., in Cahiers de Tunisie, n. 26 e 27, 1959. Mosaico con le colombe: Delo, museo, dalla Casa dell'Inopos: I. Chamonard, Délos, viii, Parigi 1922, p. 401, fig. 237; Napoli, Museo Nazionale, da Pompei, Casa del Fauno: E. Pernice, Die Hellenistische Kunst in Pompeji, vi, Pavimente und figürliche Mosaiken, Berlino 1938, p. 165, tav. lxiv. Napoli, Museo Nazionale, da Pompei; id., op. cit., tav. lxvi. Roma, Musei Capitolini, da Tivoli, Villa Adriana: H. Stuart Jones, A Catalogue fo the Ancient Sculptures in the Municipal Collections of Rome, Museo Capitolino, Oxford 1912, p. 143 s., tav. xxxiv; G. E. Rizzo, La pittura ellenistico romana, Milano 1929, tav. lxxi.
Bibl.: v. asarota; heraklitos; ombra portata; inoltre: F. Wickhoff, Arte Romana (traduz. ital.), Padova 1947, p. 176; A. Della Seta, I monumenti dell'antichità classica, II, Italia2, Bergamo 1928, p. 150, fig. 360; R. P. Hinks, Catalogue of the Greek, Etruscan and Roman Paintings and Mosaics in the British Museum, Londra 1933, p. LI; R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica2, Firenze 1950, pp. 189, 201; A. Rumpf, Malerei und Zeichnung, Handbuch der Archaeologie, III, i, Monaco 1953, p. 166, tav. 56, i; A. Adriani, in Enc. Univ. dell'Arte, VI, 1961, c. 726, s. v. Ellenistico; K. Parlasca, Das Pergamenische Taubenmosaik u. d. sogen. Nestor-Becher, in Jahrbuch, LXXVIII, 1963, p. 256 ss.