sospirare
Il s., come il corrispondente ‛ sospiro ' (v.), designa la tensione, il desiderio mai integralmente appagato di un amore destinato a non essere fruito in una dimensione terrena. Ma mentre in Rime LXVIII 13 'l viver mio (omai esser de' poco) / fin a la morte mia sospira, le sofferenze inflitte da Amore sono così intense da condurre all'annichilimento (secondo un serrato gioco dialettico tra Eros e Thanatos ricorrente anche in Rime dubbie VIII 14 Dunque, Giannin, quando questa superba / convegno amar fin che la vita spira, / alquanto per pietà con me sospira; XIII 13 sì alto chiama voi quand'ei sospira, / ch'altri direbbe: " Or sappiam chi l'ancide ", e XVII 6 Tu ch'a far questo l'aiuti e conforti, / però che sospirando si disfaccia / ... sì che 'n tal guisa n'ha' già quasi morti), in Rime LIX 8 de li modi sui / cotanto intende quanto l'om sospira (" l'uomo può intendere i modi di Amore, ciò che fa Amore, a seconda di quanto sospira; cioè soltanto chi è innamorato può rendersi conto di ciò che fa provare ", Barbi-Maggini) e, in via negativa, in XCVI 10 Donna non ci ha ch'Amor le venga al volto, / né omo ancora che per lui sospiri, l'emissione dei gemiti svela l'estrinsecarsi di una nobile aspirazione e la voce assume una connotazione altamente positiva, essendo propria di pochi privilegiati.
Con questo valore ricorre anche nella Vita Nuova, dove il s. coinvolge ora le personificazioni oniriche di Amore, che (sospirando pensoso venia, IX 10 7, e pareami che sospirando mi chiamasse, XII 3) sono poi l'oggettivazione figurata delle condizioni e dello stato d'animo del poeta, ora lo stesso D. che, consapevole della prossima morte di Beatrice, geme per la caducità dell'esistenza terrena (XXIII 3 e 21). Ma il turbamento provocato dagl'ineffabili sentimenti procurati dalla visione di Beatrice, che, non potendosi tramutare in espressioni verbali, si manifestano con sospiri, coinvolge tutte le anime nobili destinate a contemplarla: par che de la sua labbia si mova / un spirito soave pien d'amore, / che va dicendo a l'anima: Sospira (XXVI 7 14), concetto già chiosato in XXVI 3 e ribadito in XXVI 13 14.
Alla morte della gentilissima, il termine manifesta il dolore prodotto da quella perdita, appena temperato dalla consapevolezza della sua certa ascesa in cielo, come emerge in XXXI 12 39 ma ven tristizia e voglia / di sospirare e di morir di pianto, e in 15 57 Pianger di doglia e sospirar d'angoscia / mi strugge 'l core; si noti qui il verbo sostantivato. Leggermente diversa è la situazione di XXXVII 8 14 Così dice 'l meo core, e poi sospira, in quanto il gemere di D. è dettato in parte dal dolore per la morte di Beatrice, in parte dal rimorso di avere ammirato con soverchio compiacimento la ‛ donna pietosa ', e in XXI 2 6 d'ogni suo difetto allor sospira, dove il sospiro provocato nei ‛ cor gentili ' dalla visione di Beatrice non è più conseguenza del desiderio, ma del dolore dei propri peccati, secondo una soluzione semantica che predomina nella Commedia. Non a caso nell'Inferno il verbo designa di volta in volta l'atteggiamento degli accidiosi o iracondi sommersi nella palude (VII 118), il dolore di Farinata nell'udire le accuse di D. (X 88), la stizza di Niccolò III nell'attimo in cui comprende di non parlare a Bonifacio VIII (XIX 65) e, attraverso la similitudine di un caso patologico, l'attonito disorientamento di Vanni Fucci (XXIV 117).
Non più legata ai tormenti della coscienza dei dannati, la voce ritorna in Pg VII 108 L'altro... ha fatto a la guancia / de la sua palma, sospirando, letto, per esprimere il cocente dolore di Enrico di Navarra nel constatare la degenerazione dei propri successori, e in XXI 117 ond'io sospiro, e sono inteso / dal mio maestro, dove D. è turbato poiché non sa se rivelare a Stazio l'identità di Virgilio, mentre in Pd XXII 121 A voi divotamente ora sospira / l'anima mia, il verbo accompagna l'accorata preghiera che D. rivolge alla costellazione dei Gemelli.
Del tutto esterna a questa raccolta e trepida atmosfera, la parola compare nel contesto galante e raffinato di Rime LVI 3 (Per una ghirlandetta / ch'io vidi, mi farà / sospirare ogni fiore), dove descrive l'aspetto ‛ contagioso ' della ghirlandetta, che induce il poeta a ‛ turbarsi d'amore ' per ogni pianta fiorita che vedrà.
Infine in Fiore CXLVI 13 sì che per molte volte ne sospiro, / quand'i' veggio biltade abbandonarmi, il s. è conseguenza del rammarico della Vecchia nel contemplare la propria bellezza sfiorita.