COLORANTI, SOSTANZE (X, p. 860; App. I, p. 444; II, 1, p. 649; III, 1, p. 407)
Nel suo aspetto più generale, il colore è l'espressione "visibile" di fatti chimici e fisici; i fatti chimici che determinano il colore di una sostanza sono di ordine strutturale, e fra essi il ruolo essenziale è giocato dalla non-saturazione: le sostanze colorate sono cioè dei sistemi più o meno complessi e più o meno estesi, o - come anche suol dirsi - dei sistemi auxo-cromoforici (insieme di cromofori, gruppi atomici portatori di elettroni π, e auxocromi, atomi o gruppi atomici portatori di elettroni non-leganti p, collegati in modo da risultare fra di loro coniugati).
Riprendendo il discorso fatto nella precedente Appendice, ricorderemo che una s. colorata per essere colorante deve rispondere ad altri requisiti: essa, cioè, dev'essere solubile o potersi solubilizzare o anche potersi disperdere in un mezzo opportuno tale che il c., solubilizzato o disperso, possa essere assorbito e fissato dalla fibra; l'assorbimento e la fissabilità da parte della fibra dipende dalla struttura del c. e da quella della fibra stessa, talché le varie fibre (come classi chimiche) richiedono c. di determinati caratteri costitutivi.
I pigmenti (o c. pigmentari, da non confondersi con i pigmenti inorganici) sono a loro volta dei c. insolubili, che vengono applicati in un mezzo disperdente e che colorano per "copertura": loro proprietà essenziale è il potere ricoprente. Per alcuni pigmenti, invece, si richiedono particolari caratteristiche, per ottenere, per es., effetti di colore, di trasparenza, ecc.
I fatti fisici che intervengono nel determinare il colore sono di natura energetica: l'interazione, cioè, delle radiazioni elettromagnetiche con la materia (al caso particolare molecole organiche) comporta da parte di questa un assorbimento quantizzato d'energia (cioè di fotoni di determinata energia): tale assorbimento si traduce col passaggio dallo stato normale o fondamentale della molecola, a minimo contenuto energetico, a uno stato fotoeccitato, a contenuto energetico superiore. Questo passaggio, o salto energetico quantizzato, comporta un nuovo stato elettronico della molecola (nuova distribuzione elettronica), diverso da quello di partenza, ed è quanto si chiama transizione elettronica: sono appunto queste transizioni elettroniche, cui può sottostare la molecola, a determinare lo spettro elettronico o spettro di assorbimento. Agli effetti del colore visibile al nostro occhio le transizioni elettroniche che interessano agli effetti coloristici sono quelle di bassa energia, 70 ÷ 35 kcal/mol (3 ÷ 1,5 eV), provocate da fotoni delle radiazioni visibili (8000 ÷ 4000 Å). Fra questa transizioni a bassa energia, sono particolarmente importanti quelle π-π* e più le p-π*, entrambe chiamate anche transizioni N-V (G. Platt impiega altra terminologia): le prime corrispondono al trasferimento (eccitazione) di un elettrone π dal suo orbitale legante all'orbitale antilegante π*; le seconde corrispondono al trasferimento di un elettrone non legante p nel sistema π. Queste transizioni N-V, essendo permesse, sono di regola di alta intensità. Vi sono altre transizioni a bassa energia, come le n-π* (per es., degli N-ossidi di basi eterocicliche) o le N-A (del carbonile aldeidico o chetonico), ma di bassa intensità, e quindi non determinanti agli effetti del colore.
Le transizioni N-V comportano trasferimento di carica e quindi uno stato polare: transizioni π-π* e p-π* sono, per es., del tipo (1) e rispettivamente del tipo (2) e (3); negli schemi il trattolino continuo indica il legame σ, quello punteggiato il legame π, i puntini gli elettroni non leganti p.
Le transizioni π-π* e p-π* dànno luogo a determinate bande d'assorbimento nel visibile, talché ogni c. presenta un determinato assorbimento selettivo: il colore osservato però corrisponde al colore complementare di quello assorbito (o alla miscela dei colori complementari degli assorbiti).
Dallo spettro d'assorbimento si possono ricavare i parametri caratteristici del c., che sono la "cupezza" e l'"intensità": la prima è indicata dalla posizione della banda d'assorbimento (caratterizzata dal punto di massimo ed espressa in Å o μm), la seconda è determinata dall'altezza della banda al punto di massimo, espressa in ε o log ε molare e dipendente quindi dalla concentrazione (a parità di concentrazione si può così dire - a seconda dell'altezza della banda - che un c. è più intenso di un'altro: nella fattispecie, fra due rossi ugualmente cupi, assorbenti cioè alla stessa lunghezza d'onda, è tecnicamente più importante quello che, a parità di concentrazione e di altre proprietà tecniche, ha la banda d'assorbimento più alta).
In linea di principio, è possibile prevedere il colore di una s. c., cioè calcolare i livelli energetici corrispondenti allo stato fondamentale e agli stati fotoeccitati, ed è quindi anche possibile conoscere l'energia delle varie transizioni e di quelle N-V in particolare. Il calcolo può effettuarsi: col metodo del legame di valenza o col metodo dell'orbitale molecolare nelle sue varie versioni (LCAO: Linear Combination Atomic Orbitals, Hückel; trattamento di Mulliken; EFM: Electron Free Model, Kuhn; trattamento ab-initio; trattamenti semiempirici CNDO, ecc.). Il trattamento ab-initio è praticamente ineffettuabile nel caso dei c., essendo queste molecole molto complesse; gli altri metodi richiedono approssimazioni varie e/o parametri empirici: comunque, si riesce a ottenere risultati sufficientemente consistenti.
Com'è possibile conoscere le energie di transizione e quindi la posizione delle bande di assorbimento, è anche possibile calcolare le intensità delle bande di assorbimento.
Nuovi indirizzi nella tecnologia dei coloranti. - Dopo i c. reattivi, introdotti sul mercato negli anni Cinquanta, non sono state scoperte nuove classi di c., ma dappertutto sono state effettuate ricerche intensive per ottenere c. di più elevate prestazioni e c. sempre più utili per la tintura delle varie fibre chimiche. Altro attuale e importante aspetto tecnologico della chimica coloristica è rappresentato dal crescente uso dei pigmenti.
In un contesto generale, sono da sottolineare due particolari problemi: a) la necessità di sostituzione delle basi benzidiniche - particolarmente impiegate nella preparazione di azoici sostantivi per cotone - e di altre ammine oncogene, come la β-naftilammina, impiegata come intermedi per azoici vari e altri c., con termini non cancerogeni; b) la necessità di sostituzione ai fini dell'inquinamento delle acque dei c. al cromo.
Coloranti per poli-propilene (PP), poli-ammidi (PA), poli-esteri (PE) e poli-acrilonitrile (PAN). Per il PP è molto usata la tintura di massa (c. aggiunto prima della filatura: trattasi quindi di tintura pigmentaria); per il PP modificato al nichel si possono impiegare con buoni risultati c. (in soluzione) capaci di complessarsi col nichel, per es. orto-ossi-azoici del tipo 4) con: Ar = residuo arilico; A = residuo fenolico o naftalico; R = catena insatura; Ni1/2 = 1 equivalente nichel (questo dopo tintura risulta esa-coordinato); per il PP modificato con reticolo basico, possono impiegarsi c. acidi.
Per le PA (nailon e similari) s'impiegano c. acidi, come per la lana (fibra proteica come le PA): a evitare difetti di tintura (come le temute barrature) sono stati proposti con successo alcuni c. acidi carbossilici (R-CH2-COOH, R = residuo colorato) o particolari c. acidi solfonati. Possono anche utilizzarsi c. azoici a sviluppo, c. fenolici metalizzati, c. dispersi (v. sotto) e reattivi.
Le fibre da PE possono tingersi con azoici a sviluppo, ma meglio con c. dispersi: questi sono derivati antrachinonici contenenti gruppi ossidrilici e amminici (5), antrachinoni condensati (6,7), mono-azoici (8: dal rosso sino al blu), talvolta dei bis-azoici nitroossidrilati, degli azo-eterociclici del tipo (9)
I c. dispersi sono anche adatti per la tintura del polivinil-cloruro (PVC), e molti di essi - opportunamente quaternizzati - si utilizzano come c. cationici, donde il loro particolare interesse tecnico.
C. tipici per PAN sono i cationici, contenenti cioè un azoto quaternario
di una base aciclica o ciclica: monoazoici (10), o ancora del tipo (9) con la catena azotata terminale quaternizzata, oppure del tipo (11), antrachinonici (12), di- e tri-fenil-metani basici
(questi ultimi però poco solidi alla luce), azine (solidità variabile), cianine (13: specie quelle derivate dalla base di Fischer, nella formula indicata con A: X = CH = CH), cianine tiazoliche (14) o di altri eterociclici, stirilderivati e similari (15).
Pigmenti. - Oltre a quelli classici (lacche di nitroso-derivati, verdi; azoici insolubili: delle acetarilidi, gialli e arancio; del pirazolone, gialli sino al rosso; del β-naftolo e delle arilidi dell'acido 2-ossi-3-naftoico, rossi e arancio, talvolta bordeaux e bruni; ftalocianine, blu e verdi; acilamino-antrachinoni, gialli e rossi, e ossi-antrachinoni, sino al blu; tioindaco e derivati, rossi e violetti; derivati del flavantrone e del pirazolantrone, isoviolantrone e indantrone e loro derivati, che coprono tutta la gamma dal giallo al rosso, al bruno e violetto, al blu e al verde), vengono fabbricati i "rossi perilene" (16), derivati del perinone (contenenti cioè il residuo (17: arancio e rossi), derivati del chinacridone lineare (18: gialli e rossi), delle dioxazine (19: arancio e rossi, bordeaux, violetti e blu), della florubina (20: gialli), del naftoindolizindione (21: gialli); tecnicamente interessanti sono le azometine, contenenti il legame −C = N− delle basi di Schiff
e particolarmente le bis-azometine del tipo (22: pigmenti gialli sino al bruno), e i chelati delle azometine di orto-ossi-aldeidi (23: dal giallo sino al bruno).
Un altro settore nel campo dei pigmenti organici attualmente sviluppato è quello dei pigmenti fluorescenti derivati di antrachinonici condensati, della cumarina (24, ecc).
Bibl.: H. A. Lubs, The chemistry of sinthetic dyes and pigments, New York 1955; H. U. Schmidlin, Vorbehandlung und Färben von synthetischen Faserstoffe, Basilea 1958; K. Venkataraman, The chemistry of sinthetic dyes, vol. III, New York e Londra 1970; vol. IV e V, ivi 1971, vol. VI, ivi 1972; A. Mangini (con la collaborazione di B. Bonini, G. Mazzanti), Enciclopedia della chimica, Milano (1977).