COLORANTI, SOSTANZE (X, p. 860; App. I, p. 444; II, 1, p. 649)
In questi ultimi anni gli studî sulle sostanze coloranti hanno avuto largo sviluppo precisando fra l'altro le nostre conoscenze su due aspetti molto importanti del problema: le relazioni che intercedono fra struttura chimica e colore, e i fattori che determinano l'affinità per le fibre. Daremo qui appresso i risultati di queste ricerche e quindi notizia sui più recenti progressi nella produzione di nuovi tipi di coloranti sintetici.
Struttura chimica e colore. - I due parametri che caratterizzano il colore, praticamente indipendenti fra loro, sono la cupezza, definita dalla posizione del massimo di assorbimento, e l'intensità, o densità ottica, definita dall'altezza dello stesso massimo di assorbimento.
Posizione del massimo di assorbimento. - La luce è quantizzata in fotoni di energia hv, essendo h la costante di Planck e ν la frequenza della radiazione. A loro volta le molecole, come gli atomi, possono esistere in stati o livelli elettronici differenti, pure quantizzati. L'interazione della luce con la materia (nel caso particolare molecole organiche) comporta un assorbimento di energia, ovviamente quantizzato: esso è legato alla lunghezza d'onda λ della radiazione luminosa dalla relazione di Einstein
dove E0 ed E1 sono rispettivamente le energie degli stati elettronici iniziale e finale, e c è la velocità della luce.
L'energia dei fotoni associati alle radiazioni dello spettro elettromagnetico è compresa nella media fra 240 kcal/mol. (~ 10 eV, lunghezza d'onda di 1.200 Å) e 0,5 kcal/mol. (~ 0,02 eV, lunghezza d'onda di 20.000 Å): le radiazioni che interessano lo spettro visibile (4000-8000 Å) corrispondono all'intervallo di energia 70-35 kcal/mol. (3-1,5 eV).
Poiché le differenze di energia tra i livelli molecolari sono comprese a loro volta fra 200 e 30 kcal/mol., l'assorbimento di radiazioni di lunghezza d'onda inferiore agli 8000 Å (fino a circa 1500 Å) è associato alle "transizioni" fra i diversi stati elettronici della molecola (gli spettri vibrazionali e rotazionali, che richiedono valori di energia assai inferiori, cadono invece nell'infrarosso).
Gli spettri di assorbimento nell'ultravioletto e nel visibile si chiamano spettri elettronici e forniscono ragguagli sulla molecola nello stato foto-eccitato (ragguagli che - sotto opportune condizioni e riserve - possono estendersi agli stati fondamentale e reazionali).
Contrariamente a quanto succede per gli atomi, dove l'energia assorbita corrisponde alla sola eccitazione elettronica, nelle molecole l'energia totale assorbita va ad aumentare, sia pure in piccola parte, anche la componente cinetica e le componenti vibrazionali e rotazionali dell'energia molecolare, cosicché, ad ogni livello elettronico, risultano associati diversi livelli vibrazionali, e a ciascuno di questi diversi livelli rotazionali. Il risultato è che, al posto di una riga spettrale (corrispondente al salto energetico E0 − E1 dal "livello fondamentale" ad un "livello eccitato"), compare un insieme di righe corrispondenti all'accoppiamento del salto elettronico con i salti energetici dei livelli vibrazionali e rotazionali. Inoltre, l'insieme delle righe spettrali viene di regola inviluppato in una banda di assorbimento, cui concorrono, per uno spettro registrato in soluzione, le interazioni soluto-solvente: agli effetti pratici, la posizione del massimo di assorbimento viene assunta come caratteristica di una determinata transizione elettronica.
Intensità dell'assorbimento. - L'intensità di una banda di assorbimento connessa con una certa transizione elettronica è proporzionale al quadrato di una grandezza, che grosso modo rappresenta la variazione del momento elettrico dipolare della molecola nel passare dallo stato fondamentale allo stato elettronico eccitato, per la transizione considerata
Per forti variazioni del momento dipolare (e quindi di ε) si dice che le bande sono permesse, per variazioni medie o piccole (o anche nulle) si dice che le bande sono parzialmente permesse o proibite: le prime sono bande di alta intensità, in media ε = 104−105; le seconde sono bande di media o bassa intensità, ε = 10 − 103 (o anche nulle, ε = 0).
Le principali transizioni elettroniche. - Le transizioni elettroniche corrispondono alla eccitazione (passaggio dallo stato fondamentale a uno stato superiore) degli elettroni dei legami σ e π degli elettroni non leganti n: perciò i sistemi σ, π e n hanno in genere funzione di cromofori: comunque è opportuno distinguere almeno fra i sistemi π e n, associando i primi ai gruppi cromofori (così per gli elettroni σ) e i secondi ai gruppi auxocromi (nel senso di Witt). Nell'aspetto energetico è evidente che gli elettroni π, meno leganti dei σ, debbono essere più facilmente eccitabili, col risultato che le transizioni concernenti gli elettroni π sono energeticamente favorite rispetto a quelle dei σ; analogamente per gli elettroni non leganti n.
Transizioni N-V: implicano il passaggio di un elettrone da un orbitale legante all'orbitale antilegante corrispondente. Ad esempio:
In [III], polarizzazione di un legame semplice, si ha praticamente una struttura salina, in [IV], polarizzazione di un legame doppio, si giunge a strutture dipolari: in questo ultimo caso [IV], dove sono interessati gli elettroni π, la transizione N-V cade a lunghezza d'onda maggiore che nel composto saturo [III].
Le transizioni N-V, creando o accentuando nelle molecole uno stato dipolare, sono di regola transizioni permesse, quindi di elevata intensità.
Le transizioni N- V dei composti non saturi in particolare, implicando elettroni π, prendono anche il nome di transizioni π-π. Dette transizioni risentono in modo particolare dell'effetto di coniugazione.
Transizioni N-R: sono del tipo seguente:
e formalmente corrispondono al progressivo allontanamento di un elettrone dalla molecola, con formazione al limite di uno ione positivo. Sono analoghe alle transizioni che hanno luogo negli atomi, e poiché originano una serie di bande la cui lunghezza d'onda obbedisce alla legge di Rydberg, prendono il nome di transizioni R o di Rydberg. Dette transizioni sono sempre permesse, ma cadono di regola nell'ultravioletto lontano e perciò non hanno importanza ai fini del colore.
Transizioni N-T: sono di tipo radicaloide
e comportano la formazione di due atomi o raggruppamenti atomici radicalici o di una molecola biradicalica. Sono transizioni proibite, epperò di bassa intensità, e quindi di scarso interesse pratico, pur essendo energeticamente favorite rispetto alle N-V e N-R.
Transizioni n-n*; n-σ*; n-π*: interessano gli elettroni non leganti n e consistono nella eccitazione di un elettrone di un doppietto non condiviso dell'alogeno, azoto, ossigeno, zolfo, ad esempio degli alogenuri alchilici, delle ammine sature, degli alcoli, del tioeteri, ecc.
Sono transizioni del tipo Rydberg, ma a differenza delle N-R l'elettrone eccitato (espulso) non è un elettrone di legame: l'assorbimento cade in genere non oltre i 2000 Å.
Se l'azoto, l'ossigeno, lo zolfo, ecc. si trovano in un doppio legame, come in [X]
o se si ha a che fare con l'ossigeno degli N-ossidi delle basi piridiniche [XI]
l'elettrone eccitato va a "perturbare" il legame π del doppio legame o il legame σ, o anche tutto il sistema π del residuo aromatico, entrando a far parte di tali sistemi.
Sono queste le transizioni n-σ* e n-π*, che nel caso dei carbonili prendono usualmente la denominazione di transizioni N-A e N-B.
Le principali transizioni elettroniche nei sistemi aromatici. - Le principali transizioni elettroniche che interessano i sistemi insaturi sono specialmente le transizioni N-V e talune transizioni N-A e N-B. In particolare, per quanto riguarda le sostanze coloranti, hanno importanza essenzialmente i sistemi aromatici.
Il benzolo si può scrivere secondo il sistema mesomero
dove lo stato fondamentale è rappresentato essenzialmente dalle strutture Kekuleiane (contributo ~80%) e dalle strutture di Dewar (~20%). Lo spettro del benzolo presenta tre bande di assorbimento ultravioletto:
Il sistema 1800 Å è da associare alla eccitazione del doppio legame considerato come isolato e quindi ad una transizione N-V di tipo polare, analoga a quella permessa dell'etilene. Gli altri due sistemi sono caratteristici del sestetto aromatico e cioè del cosiddetto cromoforo benzenoide. Il sistema nell'intorno di 2000 Å è stato attribuito ad una modificazione in senso polare dello stato covalente Kekuleiano (Sklar, 1938; Platt, 1949; Pariser, 1953; Moffitt, 1953), ma secondo altri autori (Craig, 1950) la transizione è legata ad un aumento di contributo delle strutture del tipo Dewar, covalenti e polari: essa sarebbe del tipo N-V non permessa. Il primo sistema di assorbimento benzenico (struttura vibrazionale compresa fra 230 e 270 mμ, con massimo a 254 mμ) è legato invece al passaggio dalla combinazione simmetrica delle due strutture Kekuleiane (stato fondamentale) alla combinazione antisimmetrica (stato foto-eccitato): cioè la combinazione simmetrica di queste due strutture cambia segno.
Non verificandosi variazioni del momento dipolare, la transizione è proibita, ma il valore di ε è qui diverso da zero per la deformazione dell'esagono benzenico nello stato ioto-eccitato.
Nei benzeni mono-sostituiti un sostituente generico X legato al nucleo benzenico può operare con effetto induttivo o con effetto mesomero: il risultato è lo scompaginamento più o meno grande del sestetto aromatico, secondo [XIII] (effetto induttivo) o [XIV] (effetto di coniugazione di risonanza).
Il risultato essenziale è che il sostituente sposta l'originale sistema mesomero del benzolo (K+D) verso un sistema ove maggiore è il contributo delle strutture di Dewar, polari e non polari [XVI].
Se l'effetto del sostituente è piccolo, il contributo delle strutture polari e coniugate è ugualmente piccolo, e gli stati fondamentale ed eccitato del benzolo mono-sostituito sono sostanzialmente analoghi a quelli del benzolo. Se l'effetto del sostituente è rilevante, il contributo delle nuove strutture [XIV....... XVI] è notevole, e così gli stati fondamentale e fotoeccitato si discostano più o meno fortemente da quelli del benzolo non sostituito: si ha cioè un nuovo cromoforo che comprende il sostituente ed è diverso dal benzenoide. I più importanti gruppi, capaci di provocare modificazioni più o meno sensibili nello spettro benzenico sono:
I primi [XVII], in virtù degli elettroni non leganti n, debbono essere considerati come auxocromi (sempre elettron-datori), i secondi sono da considerare come cromofori (sempre elettron-accettori). Gli alogeni, possedendo elettroni non leganti, sono potenzialmente degli auxocromi, ma il loro forte effetto induttivo riduce notevolmente l'effetto di risonanza (datore), cosicché agli effetti spettrali essi operano essenzialmente per via induttiva. I gruppi
sono dei cromofori, agenti però da elettron-accettori e elettron-datori. Il potere cromoforico, inteso in senso generico come modificazione dello spettro benzenico, segue più o meno la grandezza dell'effetto di risonanza, e per gli auxocromi si può ritenere valida la successione
mentre fra i più forti cromofori va annoverato il gruppo NO2. In particolare, l'ossidrile salificato ha il massimo potere auxocromico in quanto la sua coniugazione, a differenza degli altri gruppi, non comporta separazione, ma solo trasferimento di carica:
mentre la salificazione del gruppo amminico (e amminico sostituito), impegnando i due elettroni non leganti dell'azoto, annulla l'effetto elettrondatore e quindi l'azione auxocromica.
Nei benzeni bi-sostituiti riveste una particolare importanza, agli effetti del colore, la presenza di due sostituenti in posizione coniugabile, rispettivamente con funzione di auxocromo (elettron-datore) e cromoforo (elettron-accettore). Si ha in tal caso un facile movimento elettronico secondo lo schema (D=datore; A=accettore)
La transizione è energeticamente più favorita rispetto a quelle dei benzeni mono-sostituiti, essendo operanti i due effetti datore ed accettore, e infatti il sistema assorbe a lunghezze d'onda maggiori che nei benzoli mono-sostituiti (es.: p-nitro-anilina, p-nitro-fenolo, ecc.). Tali fenomeni avvengono anche in altri analoghi sistemi aromatici, ad esempio:
Assieme alle posizioni para anche le orto sono coniugabìli - secondo [XXI] -
verificandosi un movimento elettronico analogo a [XX].
Peraltro, nel caso dei sostituenti in orto, se A o D o entrambi sono sufficientemente voluminosi, possono aversi i noti impedimenti sterici che tendono ad allontanare le molecole dalla planarità. Poiché la planarità è condizione essenziale perché si abbiano effetti di coniugazione, per un sufficiente ingombro sterico la coniugazione viene ridotta sinanche ad annullarsi (impedimento sterico di coniugazione), e gli effetti spettrali sono diversi da quelli che si verificano per i sostituenti in para e similari. Nelle sostanze coloranti l'effetto sterico è di particolare interesse poiché esso si riflette, non solo sul colore, ma anche sulle proprietà tintorie, con scomparsa ad esempio della sostantività, ecc.
Assorbimento e colore delle sostanze coloranti. - Le sostanze coloranti sono in genere molto complesse, e la trattazione, dal punto di vista del colore, non è così semplice come per i derivati benzenici di cui sopra. Comunque è certo che il colore è il risultato di transizioni elettroniche, e le sostanze c. possono formalmente considerarsi come un insieme di più sistemi cromoforici e auxocromici, i quali vengono più o meno a interagire fra loro, per via induttiva o coniugativa. Ne risulta che l'energia di transizione è sufficientemente bassa, tale da rientrare nell'ordine di 70-35 kcal/mol., corrispondenti al campo delle radiazioni 4000-8000 Å, ossia allo spettro visibile (sostanze "visibilmente" colorate).
Le transizioni sono pressoché esclusivamente di tipo N-V, talvolta (chetoni, nitroso-composti, ecc.) accanto a transizioni N-A.
Sostantività. - Teoria della tintura. - Le sostanze coloranti, per essere tali, devono potersi "fissare stabilmente" alle fibre. Lo scopo, come è noto, si può raggiungere in varî modi: utilizzando particolari coloranti che siano capaci di fissarsi direttamente alla fibra (coloranti diretti: acidi, basici, sostantivi per cotone, dispersi); insolubilizzando il colorante sulla fibra mediante mordenti (coloranti additivi); facendo formare il colorante insolubile sulla fibra medesima (azoici a sviluppo, coloranti al tino e allo zolfo, coloranti di ossidazione); e infine facendo reagire chimicamente il colorante con la fibra (coloranti reattivi).
Nel caso dei coloranti additivi e dei coloranti di ossidazione, la fissabilità del colorante dipende essenzialmente dalla natura del composto fatto formare sulla fibra; ma nel caso dei coloranti diretti, la "fissabilità" deve essere collegata e alla costituzione del colorante e a quella della fibra, tanto è vero che i coloranti acidi tingono la lana ma non il cotone. Una tale concezione deve essere estesa anche ai copulanti per azoici insolubili e ai leuco-derivati dei coloranti al tino e allo zolfo.
Nel caso dei coloranti reattivi la possibilità della tintura dipende unicamente dai gruppi reattivi contenuti nella molecola colorante, la costituzione chimica dei quali è in funzione di quella della fibra.
Sostantività. - La capacità di molti coloranti di fissarsi "direttamente" alla fibra viene espressa normalmente come "affinità" o meglio "sostantività" del colorante per una determinata fibra.
La sostantività viene definita (S. M. Neale) come "variazione dell'energia libera del sistema fibra-colorante" o anche (T. Vickerstaff) come "variazione del potenziale chimico standard del colorante durante la tintura", espressa dalla formula
(dove Δμ0 è la variazione del potenziale chimico standard del colorante nelle due fasi fibra e soluzione, as e af sono le "attività" del colorante nelle due fasi, R è la costante dei gas e T la temperatura assoluta).
Oggi si ritiene che la sostantività, e quindi il processo di tintura, provenga da particolari interazioni fibra-colorante, che sono sostanzialmente le stesse per tutti i tipi di fibra, e possono ricondursi: a) ad attrazioni elettrostatiche fra il substrato fibra e ioni del bagno colorante; b) ad attrazioni di origine dipolare substrato-colorante; c) a forze polari di Van der Waals, ad esempio legami idrogenici; d) a forze non polari di Van der Waals; e) ad azioni chimiche vere e proprie.
Meccanismo di tintura delle fibre cellulosiche con i coloranti sostantivi. - Caratteristica comune dei coloranti sostantivi per fibre cellulosiche è la presenza nella molecola di una funzione acida solubilizzatrice (SO3H, COOH, OH), ma soprattutto la forma "allungata" e "planare" della molecola stessa; anche molecole sufficientemente "larghe", come i leuco degli antrachinonici al tino, sono sostantive.
La fissazione del colorante alla fibra sarebbe dovuta alla formazione di ponti di idrogeno a spese dei gruppi amminici, ossidrilici, azoici e ammidici delle molecole e degli ossidrili cellulosici.
In tal modo, le lunghe molecole degli azoici sostantivi si adagerebbero parallelamente alle catene cellulosiche e cioè parallelamente all'asse della fibra, e tale ipotesi è convalidata dal dicroismo presentato dalla cellulosa tinta con i coloranti sostantivi, tipo Rosso Congo.
Nel caso dei leuco-derivati degli antrachinonici al tino la sostantività è dovuta essenzialmente a forze di Van der Waals (forze di dispersione) e a forze elettrostatiche originate dai dipoli della cellulosa e del colorante.
Ciò premesso, il processo di tintura del cotone e delle fibre cellulosiche con i coloranti sostantivi può descriversi come segue: il cotone, per le sue caratteristiche idrofile, quando viene immerso nel bagno colorante e si imbibisce di acqua, si gonfia e acquista una debole polarità negativa, che aumenta a mano a mano che gli anioni coloranti penetrano nella fibra: ciò comporta una repulsione elettrostatica verso gli stessi anioni coloranti, creandosi una barriera di potenziale; in presenza di elettroliti però, formandosi attorno a ciascun ione una nuvola di carica positiva, la barriera di potenziale risulta abbassata. Aggiungasi che il favorevole effetto degli elettroliti può essere in parte anche dovuto al fatto che essi sottraggono solvente all'anione colorante riducendone il grado di solvatazione; inoltre gli stessi elettroliti determinano una concentrazione di cationi minerali alla superficie della fibra, compensando l'effetto della carica negativa.
L'anione colorante, vincendo ora la barriera di potenziale alla superficie della fibra, penetra nei pori e aderisce alle pareti di questa. Tale adesione è resa possibile dalla solvatazione degli ossidrili cellulosici e dalla sostituzione dei preesistenti legami idrogenici fibra-acqua con nuovi legami fibra-colorante, e poi resa stabile dalla interazione fra le superfici apolari dell'anione colorante e della fibra e dalla energia che dovrebbe essere fornita per fare passare nuovamente il colorante in soluzione: questa interazione, ovviamente di origine apolare, si può immaginare come dovuta a forze proporzionali alle superfici impegnate, e quindi i legami saranno tanto più forti quanto più estese saranno le superfici in considerazione.
Di qui il favorevole effetto sulla sostantività di molecole allungate e planari, capaci di dare il maggior contatto con la struttura cellulosica, e quindi il massimo numero di legami idrogenici. È comunque comprensibile come la massima adesione del colorante con la molecola cellulosica permetta anche che acquistino un peso notevole quelle forze non polari di van der Waals che si sviluppano fra le parti idrofobe (non polari) della cellulosa e del colorante (v. ad esempio il caso delle larghe e piane molecole dei leuco degli antrachinonici al tino). E infine si capisce come per le molecole angolari e non planari, verificandosi un'adesione meno completa ed efficace, il carattere sostantivo possa diminuire, finanche ad annullarsi.
Il gruppo SO3H, presente nella maggior parte dei coloranti sostantivi, pur essendo necessario come gruppo solubilizzante, deve essere considerato come disattivante agli effetti della sostantività: infatti, questa diminuisce col crescere dei gruppi solfonici, e una volta avvenuta la fissazione del colorante alla fibra, i gruppi solfonici stessi si sistemano all'esterno rispetto alla superficie della fibra, come dimostrato dal maggior carattere idrofilo della cellulosa tinta coi sostantivi.
Meccanismo di tintura delle fibre proteiche con i coloranti acidi. - I coloranti acidi sono per la maggior parte acidi solfonici (talvolta carbossilici) che tingono la lana e altre fibre proteiche da bagno acido in presenza di sali. La lana ha carattere anfotero e può venire rappresentata secondo la struttura betainica semplificata
È stato dimostrato che nella prima fase della tintura si verifica l'assorbimento simultaneo da parte della fibra di ioni idrogeno e dei più mobili e meno ingombranti anioni minerali; in un tempo successivo gli anioni minerali (X-) vengono progressivamente sostituiti dagli anioni coloranti (C-) fino al raggiungimento di una fase di equilibrio.
Tale equilibrio dipende dalla concentrazione relativa degli anioni minerali e coloranti, ma è soprattutto influenzato dalle diverse affinità dei due tipi di anioni: gli anioni minerali infatti si fissano esclusivamente per via ionica, come indicato dallo schema precedente, mentre per gli anioni coloranti intervengono, oltre alle forze ioniche, legami idrogeno, forze di Van der Waals, interazioni dipolari, ecc., vale a dire le stesse forze che sono responsabili della affinità dei coloranti sostantivi per le fibre cellulosiche.
Queste forze spostano fortemente l'equilibrio verso destra, malgrado la maggiore concentrazione nel bagno degli anioni minerali nei confronti degli anioni coloranti, e la loro influenza relativa aumenta col crescere del peso molecolare e col diminuire della solubilità del colorante.
Un altro fattore che assieme alla affinità per la fibra o sostantività giuoca un ruolo determinante nella tintura è il "potere egualizzante" dei coloranti. In linea generale e per qualsiasi tipo di tintura, il potere egualizzante è inversamente proporzionale alla affinità (infatti coloranti di elevata affinità tendono a fissarsi troppo rapidamente alla fibra fornendo tinte macchiate); ma mentre la affinità non può essere aumentata oltre il limite consentito dalla struttura della molecola colorante, una tintura egualizzata si può sempre ottenere se si opera in condizioni opportune.
In particolare nella tintura delle fibre proteiche con i coloranti acidi i fattori in giuoco sono la temperatura, il pH del bagno e la quantità di elettrolita presente: a) una bassa temperatura iniziale riduce la velocità di tintura e favorisce una distribuzione uniforme del colorante; b) una acidità iniziale relativamente bassa riduce il potenziale elettrico positivo della fibra e di conseguenza l'affinità del colorante; nel caso di coloranti dotati di buona affinità è infatti comune pratica tintoria quella di abbassare all'inizio l'acidità del bagno (pH 4-7) per poi aumentarla gradatamente con il procedere della tintura; in questo modo si rallenta la velocità di fissazione del colorante, ottenendosi più facilmente tinte egualizzate; c) per valori relativamente bassi di pH, l'influenza dell'anione minerale nell'equilibrio di tintura dipende dall'affinità del colorante e diminuisce al crescere di questa; in tal modo la quantità di sale necessaria per stabilire uno scambio efficace nella fibra fra anioni minerali e anioni coloranti, e quindi una maggiore egualizzazione di tintura, aumenta proporzionalmente al crescere dell'affinità: il che è precisamente ciò che viene effettuato in pratica.
Meccanismo di tintura delle fibre sintetiche con coloranti a dispersione. - Le fibre sintetiche (acetato di cellulosa, nailon, orlon, terilene, ecc.) sono tutte caratterizzate da uno spiccato carattere idrofobo e da una elevata compattezza, cosicché, per le ridotte dimensioni dei pori e dei canalicoli intermicellari (non dilatabili) è generalmente ridotto o del tutto impedito l'ingresso e la diffusione delle grosse molecole coloranti organiche. Per queste ragioni, cui va aggiunta spesso la mancanza di veri e proprî centri reattivi, i normali coloranti per fibre naturali sono in genere poco adatti o addirittura inutilizzabili per le fibre sintetiche.
La tintura si effettua invece assai bene con i "coloranti a dispersione", la cui molecola è relativamente piccola (v. oltre) e per i quali la fibra sintetica agisce da solvente solido: il colorante si localizza alla superficie, senza penetrare all'interno e formando una soluzione solida fibra-colorante.
Recenti progressi nella produzione di nuovi tipi di coloranti sintetici. - Nella maggior parte i coloranti sintetici prodotti negli ultimi 40 anni rappresentano semplicemente dei miglioramenti dei vecchi coloranti e rientrano nelle categorie già note. Esistono tuttavia alcune importanti eccezioni e queste sono rappresentate dai coloranti a dispersione, dalle ftalocianine, dai complessi organometallici e dai coloranti reattivi.
Coloranti a dispersione per fibre tessili artificiali. - La comparsa (1920) dell'acetato di cellulosa, quale primo rappresentante del vasto gruppo di fibre tessili artificiali, creò nuovi problemi nel campo della chimica tintoria: ben pochi dei coloranti allora esistenti mostrarono infatti una qualche affinità per questa nuova fibra. Le ricerche sistematiche (A. G. Green) condotte per risolvere questo problema misero in rilievo alcune caratteristiche necessarie per determinare l'affinità per il rayon acetato: fra queste essenzialmente un basso peso molecolare e un carattere neutro o basico; altro fattore importante, ma non sempre necessario, la scarsa solubilità in acqua.
I primi coloranti per acetato posti in commercio furono le ionammine [I], prodotte da condensazione di semplici ammino-azoici con bisolfito-formaldeide
e applicate in soluzione acquosa. Le ionammine vennero presto sostituite dai coloranti a dispersione (dispersol, cibacet, celliton, setile, ecc.), che sono insolubili in acqua e sempre applicati da sospensioni acquose, in presenza di agenti disperdenti, come solforicinoleato. Il loro uso è stato esteso in seguito a tutte le più recenti fibre sintetiche, come il nailon, il terilene, l'orlon, ecc. L'introduzione di questi coloranti è derivata dalla constatazione che l'assorbimento delle ionammine da parte delle fibre è preceduto dall'idrolisi della catena formaldeide-bisolfitica, ripristinandosi l'originale ammino-azoico insolubile in acqua, che viene quindi assorbito dalla fibra.
I coloranti a dispersione comprendono derivati azoici e antrachinonici: i primi sono ammino-azo-composti, assai semplici, talvolta contenenti nuclei eterociclici, e forniscono i colori meno cupi, dal giallo al rosso; i secondi sono degli ammino- e ossi-ammino-antrachinoni, che forniscono i colori più cupi, dal rosso al verde. Ambedue i gruppi contengono spesso il residuo etanolamminico −NH−CH2−CH2−OH (o similare), che facilita la dispersione in acqua e l'assorbimento da parte della fibra.
Esempî di questi coloranti sono:
Sono pure in commercio particolari azoici e antrachinonici (solacet), di formula simile a quella dei precedenti, ma contenenti catene ossialchilamminiche esterificate con acido solforico, che li rendono solubili in acqua ma non idrolizzabili su fibra (differenza dalle ionammine).
Ftalocianine. - Le ftalocianine vennero scoperte nel 1928 da un gruppo di chimici della Scottish Dyes Ltd (A. G. Dandridge, J. F. Dunworth, H. A. E. Drescher e J. Thomas) e fanno capo alla tetra-benzoporfirazina o ftalocianina [I]
più spesso complessata [II] con un atomo metallico (generalmente rame). Le ftalocianine, che si ottengono facilmente a partire da derivati ftalici (ftalo-nitrile, anidride ftalica, ecc.) si impiegano soprattutto allo stato di pigmenti: sono caratterizzate dalla bellezza e vivacità dei colori (che variano dal blu al verde), dall'alto potere tintoriale e da una altissima solidità alla luce, al calore, agli acidi e agli alcali. Data la possibilità di introdurre nei nuclei benzenici i più svariati gruppi funzionali, alcune ftalocianine sono impiegate come coloranti acidi, allo zolfo o al tino.
Complessi organo-metallici (coloranti pre-metallizzati). - Ai vecchi tipi di coloranti acidi a mordente per lana pre-metallizzati, posti in commercio col nome di coloranti neolan e palatino, si sono aggiunti recentemente altri complessi organo-metallici, adatti per lana, seta e nailon i quali, pur essendo solubili in acqua, differiscono dai precedenti per la totale assenza di gruppi solfonici o carbossilici e hanno inoltre il vantaggio di tingere in bagno neutro o debolmente acido. Si distinguono in complessi 1 : 2 e complessi 1 : 1: del primo gruppo fanno parte i coloranti solidi vialon e gli analoghi irgalan, cibalan, lanasyn, isolan, ortolan; al secondo gruppo appartengono i coloranti neopalatino
Coloranti reattivi. - Questi coloranti, di recentissima introduzione, posseggono nella molecola un atomo o gruppo atomico capace di interagire nel bagno di tintura ad esempio con i gruppi alcolici della cellulosa
Trattasi in genere di coloranti azoici, azoici metallizzati, antrachinoni, ftalocianine, ecc., legati a un gruppo cloro-triazinico [I] o a un gruppo −SO2−CH2−CH2−OSO3H [II] (l'asterisco indica l'atomo o il gruppo reattivo).
Un tipico colorante cibacrone è ad esempio il seguente:
Basati su principî analoghi sono i coloranti cibacrone per lana e i procinil per fibre poliammidiche.
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