Sostenibilità
Il concetto di sviluppo sostenibile, comunemente indicato come sostenibilità, risale agli anni Settanta del 20° sec., ma una precisa definizione del termine, riconosciuta a livello internazionale, è stata espressa nel 1987, dalla Commissione mondiale su ambiente e sviluppo dell'UNEP (United Nations Environment Program), nel rapporto Brundtland (Our commun future), in cui si definisce sostenibile lo sviluppo idoneo a soddisfare le necessità della generazione presente senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere alle loro.
Il rapporto Brundtland fa seguire al concetto di necessità, con il quale si fa in particolare riferimento ai bisogni primari, l'idea chiave di limitazione. Lo sviluppo sostenibile cioè implica dei limiti imposti dallo stato dell'organizzazione tecnologica e sociale alle risorse economiche e dalla capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane. In tale ottica l'obiettivo di sviluppo socioeconomico non può che essere definito in termini di s. in tutti i Paesi cosiddetti sviluppati o di sviluppo market-oriented.
Nel rapporto si afferma inoltre un altro concetto fondamentale per il conseguimento dello sviluppo sostenibile: la stabilizzazione della popolazione a livelli compatibili con la capacità produttiva dell'ecosistema. Obiettivo primario è quindi la diminuzione in tempi rapidi della crescita della popolazione, in special modo nei Paesi sottosviluppati. Ne consegue, per es., che l'accesso incrementato ai servizi di pianificazione familiare può essere considerato una forma di sviluppo sociale funzionale al controllo delle nascite. Complessivamente lo sviluppo sostenibile è visto dalla Commissione mondiale su ambiente e sviluppo come un delicato equilibrio tra benessere economico, ambientale e sociale non limitato a singole comunità o nazioni ma esteso al mondo intero.
Altre definizioni di s. sono state proposte, per es., in ambito sociologico: S. Veiderman parla di s. come di una visione del futuro che indica all'umanità una strada da seguire e permette di focalizzare l'attenzione su un set guida di valori e principi etici. Tale definizione risulta sicuramente più difficile da applicare in una visione tecnico-scientifica.
Un altro documento di fondamentale importanza per lo sviluppo del concetto di s. e per la definizione di direttive ambientali, è costituito dall'Agenda 21, firmata con intento programmatico e operativo a Rio de Janeiro nel 1992 da 179 nazioni a sostegno dello sviluppo sostenibile. Nell'Agenda 21 sono stati stabiliti indirizzi che impegnano i Paesi aderenti a ridurre l'uso di risorse naturali e la produzione di rifiuti, in modo che siano implicati sostanziali miglioramenti della qualità della vita piuttosto che peggioramenti causati dai minori consumi. A questo protocollo d'intesa ne sono seguiti molti altri, a testimonianza del grande interesse che il tema continua a suscitare a livello mondiale.
A causa della complessità dell'argomento, che implica questioni ambientali, economiche, sociali e istituzionali di eguale importanza, come primo passo si sta cercando di sviluppare una visione di società sostenibile corredata da indicatori che possano consentire la misurazione del progresso e della distanza dai traguardi prefissati.
Gli aspetti di politica economica e soprattutto ambientale hanno avuto un gran peso in passato; in particolare sono stati molto approfonditi i discorsi sulla progettazione per un'economia verde, la deforestazione, i cambiamenti ambientali e degli ecosistemi.
Sostenibilità ed ecologia industriale
La s. industriale ha radici nell'ecologia industriale, della quale si discute sin dagli anni Settanta del 20° secolo. L'essenza di quest'ultima è stata definita efficacemente da T.E. Graedel e B.R. Allenby che parlano dell'ecologia industriale come dello strumento attraverso il quale l'umanità può deliberatamente e razionalmente guidare le proprie azioni nel modo più opportuno, stante la continuità economica, culturale e l'evoluzione tecnologica. Analizzando questa definizione è interessante soffermarsi su alcune espressioni utilizzate. Per es., l'insistenza sul fatto che alcune scelte devono essere compiute e razionalmente' indica che l'intento del campo multidisciplinare dell'ecologia industriale è quello di fornire le basi tecnologiche e scientifiche per intraprendere la via della s., in contrasto con soluzioni alternative non pianificate, affrettate e potenzialmente costose.
Questa nuova visione implica che il sistema industriale sia visto in sintonia con l'ambiente circostante. L'ecologia industriale comporta infatti l'ottimizzazione dell'intero ciclo del materiale, partendo dalla materia prima per giungere al componente, al prodotto, al prodotto ormai in disuso e allo smaltimento finale dello stesso, ottimizzando, in questa ottica, fattori quali le risorse, l'energia e i capitali.
Altro aspetto interessante riguarda i differenti stati di s., che si potrebbero definire anche livelli di s., attesi da differenti tecnologie, culture e forme di organizzazioni economiche. È responsabilità degli uomini scegliere tra essi e agire per raggiungere un desiderato stato altrimenti non ottenibile.
Lo studio mutidisciplinare dei sistemi industriali ed economici e dei loro legami con i fondamentali sistemi naturali è dunque l'obiettivo di quella che si può definire scienza della sostenibilità. In questa prospettiva sono comprese le ricerche sulle energie alternative e l'uso di nuovi materiali, nuove tecnologie e nuovi sistemi tecnologici, ma anche problematiche economiche, legislative, sociali e di management.
Alcuni principi della scienza della s. sono di particolare rilievo: a) i prodotti, i processi, i servizi e le operazioni comunemente impiegati possono produrre residui, ma non devono produrre rifiuti. b) si dovrebbe opportunamente pianificare ogni processo, ogni prodotto, ogni facilities, infrastruttura e sistema tecnologico perché siano facilmente adattati successivamente a eventuali innovazioni a salvaguardia dell'ambiente. c) ogni molecola che entra in un determinato processo di fabbricazione dovrebbe fuoriuscirne come parte di un prodotto commerciabile. d) ogni unità di energia utilizzata in un processo di fabbricazione dovrebbe produrre la trasformazione di un desiderato materiale. e) le industrie dovrebbero fare minimo uso di materiali ed energia nella realizzazione di prodotti, processi o servizi. f) i materiali utilizzati dovrebbero essere i meno tossici per lo scopo a cui sono preposti. g) le industrie dovrebbero ricevere la gran parte dei materiali utilizzati da sistemi di riciclaggio, propri o altrui, piuttosto che utilizzare sempre materiali vergini. h) tutti i processi e tutti i prodotti dovrebbero essere progettati per preservare l'utilizzo dei materiali impiegati, estendendo tale utilizzo quando possibile. i) ogni prodotto dovrebbe essere progettato in modo tale da poter essere utilizzato per creare altri prodotti utili, alla fine del suo corrente impiego. l) ogni area industriale, così come ogni facility o sistema o componente dell'infrastruttura, dovrebbe essere sviluppata, costruita o modificata con attenzione cercando di preservare o migliorare l'habitat locale e la diversità delle specie presenti, nonché di minimizzare l'impatto e l'impiego di risorse. m) dovrebbero essere sviluppate forti interazioni tra fornitori, clienti e rappresentanti di altre industrie allo scopo di sviluppare modalità di cooperazione, di minimizzare quanto più possibile gli imballaggi e di riciclare e riutilizzare i materiali.
Tali principi sono alla base di ogni progettazione che tenga conto degli aspetti ecologici e di sostenibilità. Essi guidano nella scelta dei materiali, del processo, nell'utilizzo delle fonti di energia e nella scelta di strategie industriali riguardanti infrastrutture e flussi produttivi.
Alcuni sforzi sono stati fatti in questa ottica da industrie private per implementare applicazioni dell'ecologia industriale, quali, per es., le metodologie di design for environment (DFE) nell'industria elettronica, l'integrated pest management (IPM) nell'agricoltura o le metodologie life-cycle assessment (LCA) in industrie di oggettistica comune e meccaniche. Ulteriori sforzi dovranno essere effetuati in tutti i settori industriali per l'adeguamento a questi principi, peraltro recepiti dai Paesi industrializzati, con specifiche nuove leggi e norme.
Gli indicatori della sostenibilità
Un obiettivo comune è quello di poter misurare il livello di s. nei differenti ambiti. Tale misurazione può essere realizzata attraverso un insieme di indicatori che tengano conto degli aspetti economici, ambientali, tecnici e sociali.
Se per l'ambito economico è stato possibile utilizzare indicatori comunemente applicati in questo settore, per gli aspetti sociali e tecnico-ambientali si è reso necessario definirne di nuovi. Ma la proliferazione degli indicatori testimonia la confusione e l'incertezza su cosa viene misurato, e probabilmente è indice di insufficiente dibattito e scarsa comprensione delle tematiche in oggetto.
Alcuni degli indicatori proposti sono illustrati in riferimento a ciascun ambito applicativo.
Nell'ambito industriale sono stati proposti differenti indicatori di s. ambientale per lo sviluppo dei prodotti che integrano i principi dell'ecologia industriale. Gli indicatori, il cui valore varia generalmente tra zero e uno (zero corrispondente a un processo o sviluppo di prodotto non sostenibile), tengono conto delle risorse rinnovabili, della tossicità delle emissioni, delle proprietà del materiale di partenza, del recupero dei prodotti alla fine del loro utilizzo e dell'efficienza del processo. Si tratta di indici che dunque combinano e stimano aspetti sia ecologici sia tecnici.
Da quanto detto si evince che questi indicatori, spesso aggregati per definire un unico indice di s., devono essere esplicitati per ciascun processo produttivo o per specifica produzione; si può quindi comprendere la difficoltà nel definire indicatori oggettivi e generali. Emerge così la necessità di individuare un complesso di indicatori, definiti sulla base dei principi dell'ecologia industriale, che permettano di confrontare differenti processi produttivi, costituendo uno strumento efficace per operare una scelta tra questi, in modo da poter indicare il processo più sostenibile. Una volta definiti, essi devono ovviamente fornire informazioni quantitative e quindi comparabili. A tali indicatori devono esserne poi associati altri universali che valutino gli aspetti economici e sociali.
Tra gli stessi economisti prevale un giudizio negativo circa l'efficacia degli indicatori economici, e anzi alcuni sostengono che essi non sono significativi per la misura della sostenibilità. Uno dei più comuni indicatori è il prodotto nazionale lordo o gross national product (GNP), attualmente rimpiazzato dal prodotto interno lordo o gross domestic product (GDP).
H. Daly e J. Cobb Jr hanno sviluppato l'indice dei beni economici sostenibili (index of sustainable economic welfare) che è stato definito recentemente come l'autentico indicatore del progresso (GPI, Genuine Progress Indicator). La base dell'indice è ancora il consumo, nel valutare il quale non si considerano consumi negativi o deleteri quali potrebbero essere, per es., la difesa e la salvaguardia dell'ambiente (che invece vengono addirittura sottratti), ma solo i consumi benefici, non precedentemente misurati (per es., il volontariato, l'assistenza ad ammalati o disabili, i lavori domestici).
Mentre il GDP negli Stati Uniti ha continuato a crescere dal 1950, il GPI mostra uno stazionario declino che riflette le esperienze della popolazione e la percezione del loro benessere. Il GPI è così la più realistica alternativa al GDP quando ci si riferisce a problematiche di s.; l'introduzione di tale indicatore dovrebbe indurre le classi dirigenti a operare le scelte più opportune al fine di raggiungere un soddisfacente livello di sostenibilità.
Alla luce di quanto detto gli indicatori economici da soli non sono dunque particolarmente utili come misura della s.; tuttavia gli aspetti economici devono necessariamente essere considerati e quindi vanno associati ad altri indicatori.
In merito agli indicatori sociali se ne possono distinguere cinque tipologie: informativi, predittivi, orientati ai problemi, programmatici e a obiettivi delineati. Molti di questi indicatori sono anche in parte economici, ambientali e costituiscono misure di sostenibilità. Essi possono essere comparativi tra e all'interno di gruppi etnici e socioeconomici.
Condizioni oggettive, come lo standard di vita, sono misurate analizzando informazioni su fenomeni osservabili. Condizioni soggettive, come la qualità della vita, sono misure di percezioni, sentimenti e risposte ottenute da questionari.
È ben noto che c'è una bassa correlazione tra il livello di benessere misurato per mezzo di parametri oggettivi e quello percepito secondo parametri soggettivi. Vi sono difficoltà considerevoli associate all'aggregazione degli indicatori e nelle scale che sono adottate per la quantificazione dei parametri.
Si possono realizzare aggregazioni di indicatori di natura simile, ma in generale questo non sempre è possibile. Per es., gli indicatori del progresso non sono chiari poiché bisogna riferirsi alla crescita economica e nello stesso tempo allo sviluppo dell'umanità.
Molto spesso gli indicatori combinano tra loro differenti aspetti e quindi è difficile definirne un solo ambito: si parla, per es., di indicatori ambientali che tendono a collegare gli aspetti ambientali alle sfere legate alle attività umane; possono includere parametri economici, sociali e di sostenibilità. Essi misurano la qualità della vita e l'ambiente lavorativo, riferendosi in genere a tre fattori: aria, terra e acqua e possono includere misure del nostro utilizzo di risorse.
Vi sono inoltre gli indicatori ecologici che sono maggiormente legati agli ecosistemi, nei quali, in alcuni casi, l'impatto umano non è così evidente, mentre sono privilegiati aspetti legati all'integrità degli ecosistemi e alla biodiversità.Tenendo conto di tutti gli indicatori, sono stati sviluppati alcuni indicatori di s. delle città, tema di grande interesse. Gli indicatori attualmente utilizzati sono i seguenti: rapporto fra decile superiore e inferiore del reddito pro capite; rifiuti solidi prodotti/consumo d'acqua/consumo di energia pro capite; confronto della forza lavoro impiegata in dieci aziende leader; numero di giorni all'anno di qualità dell'aria definita buona; varietà e popolazione della fauna urbana (in particolare uccelli); rapporto pro capite tra percorsi effettuati con mezzi pubblici e percorsi con mezzi privati; densità residenziali all'interno delle città in rapporto allo spazio pubblico; tasso di ammissione in ospedale per selezionate malattie infantili; valutazione del peso alla nascita di neonati che provengono da gruppi etnici diversi. Poiché le città presentano caratteristiche strutturali molto diverse tra loro il set più appropriato di indicatori può essere scelto in tale insieme di indicatori.
Nel contesto globale il monitoraggio della s. è dunque un difficile esercizio a lungo termine. Per quanto sarebbe auspicabile seguire criteri oggettivi di scelta degli indicatori, si può affermare che questi e conseguentemente gli indicatori adatti sono generalmente diversi a seconda dei gruppi che se ne avvalgono. Sarebbe anche opportuno possedere sistemi esperti per veicolare le scelte nel modo più opportuno. Inoltre i professionisti preferiscono sistemi quantitativi a complessi criteri che hanno basi statistiche e generalmente ambirebbero a un unico indice di sostenibilità. Le comunità d'altro canto preferirebbero criteri qualitativi e pochi indicatori rilevanti, in un'ottica di semplificazione.
In ogni caso, anche se è difficile definire in maniera oggettiva e senza ambiguità la s. per i molteplici aspetti che essa coinvolge, è opportuno non posticipare l'idea di misurarla. Stabilendo gli aspetti limite e le tendenze nella direzione della s., si possono scegliere di volta in volta gli indicatori più appropriati e significativi.
La s. è un concetto molto importante, pur con una serie di limitazioni relative alla complessità del suo ambito di applicazione. Il ruolo delle istituzioni nell'attività di sensibilizzazione su questo tema da cui può dipendere il futuro dell'umanità è pertanto essenziale e strategico.
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