Abstract
Viene esaminata la struttura e la funzione della figura del sostituto prevista in generale dall’art. 64, co. 1, del d.P.R. 29.9.1973, n. 600, nelle due tipologie di sostituzione d’imposta (o propria) e d’acconto (o impropria), con particolare riferimento ai rapporti tra sostituto e sostituito nella fisiologia e nella patologia del rapporto ed alla giurisdizione in ordine alle relative controversie.
Gli elementi identificativi della figura del sostituto d’imposta sono dettati dall’art. 64, co. 1, del d.P.R. 29.9.1973, n. 600, che identifica il sostituto in «Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto»; così individuata la figura, la medesima disposizione prevede che il sostituto «deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso. Il sostituto ha facoltà di intervenire nel procedimento di accertamento dell’imposta».
Elemento qualificante e distintivo rispetto alla figura contermine del responsabile di imposta, disciplinata dalla medesima norma, è che l'obbligazione di pagamento del tributo incombe sul sostituto «in luogo di altri», «per fatti o situazioni» a questi riferibili, ovverosia in relazione ad una manifestazione di capacità contributiva riferibile ad altri.
Si è sottolineato, in relazione ad entrambe le figure, come si tratti di istituti di carattere eccezionale rispetto al sistema, in quanto coinvolgono nel pagamento del tributo soggetti che, in relazione al generale criterio di riferibilità soggettiva del presupposto del tributo, non dovrebbero esserne soggetti (Parlato, A., Il responsabile ed il sostituto d’imposta, in Trattato di diritto tributario, diretto da A. Amatucci, II, Il rapporto giuridico di imposta, Padova, 1994, 401).
Si annoverano due tipologie di sostituzione: nella prima, sostituzione d’imposta o propria, il sostituto adempie totalmente all'obbligo fiscale gravante su un determinato provento, in modo da estinguere l'obbligazione tributaria del sostituito, estromettendolo dall’attuazione del prelievo; nella seconda, sostituzione d'acconto o impropria, il sostituto trattiene dai proventi che eroga al sostituito un mero acconto sulla complessiva imposta da questi dovuta, non esaurendo, in tal modo, il prelievo e non estromettendo il sostituito dalla definitiva attuazione del prelievo medesimo (Parlato, A., Il responsabile e il sostituto d’imposta, cit., 425; Fantozzi, A., Diritto tributario, Torino, 2012, 461).
La figura del sostituto, nell’attuale assetto ordinamentale applicata prevalentemente con riferimento all’imposizione sui redditi (Fedele, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2005, 239), è stata nel tempo ricostruita, sul piano teorico, secondo una pluralità di schemi: in termini di pignoramento presso terzi, di sostituto quale intermediario nella riscossione, o di organo di riscossione, ovvero di successore nel debito d'imposta, o di rappresentante ex lege; si sono ritenuti, inoltre, applicabili gli schemi della surrogazione o della cessione legale del credito o della delegazione passiva di pagamento (per tale excursus si vedano Parlato, A., Sostituzione tributaria, in Enc. giur. Treccani, XXX, Roma, 1993, 2; Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 460).
Alla luce dell’attuale dettato normativo, si ritiene generalmente che il coinvolgimento nell'attuazione del prelievo di un soggetto terzo rispetto alla manifestazione di ricchezza che giustifica il prelievo medesimo, coinvolgimento in cui si risolve l’istituto in esame, si realizza attraverso un meccanismo di deviazione - totale o parziale - dell'imputazione dell’obbligo od obbligazione tributaria, cui si ricollega, quale effetto, l’imposizione in capo al sostituto - generalmente soggetto che eroga un reddito al sostituito - dell'obbligo di effettuare la rivalsa nei confronti del sostituito medesimo, obbligo funzionale, anche in una prospettiva di legittimità costituzionale, a far gravare in via definitiva l'onere del tributo in capo a chi ne ha realizzato il presupposto (Parlato, A., Il responsabile ed il sostituto d’imposta, 406 ss.; Fedele, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, cit., 242; Ficari, V., Sostituto e responsabile di imposta, in Diz. dir. pubbl. Cassese, vol. VI, 2006, 5639).
In particolare, si osserva che la descritta deviazione attiene alla sostituzione del soggetto passivo del tributo con un altro soggetto che si caratterizza per la sua posizione peculiare nei confronti del presupposto d'imposta, posizione che lo rende funzionale all'attuazione delle finalità a cui l'istituto è preordinato. Si evidenzia che tale meccanismo presuppone l’operare di due norme tra loro collegate: la prima configura il presupposto d'imposta in capo al sostituito, la seconda, collegata alla prima, imputa l'obbligo - nascente dalla realizzazione del presupposto in capo al sostituito per effetto dell'operare della prima norma - in capo al sostituto, determinando, in tal modo, il fenomeno di deviazione o sviamento dell'imputazione degli effetti del tributo che, in virtù della norma primaria, avrebbero dovuto realizzarsi in capo al sostituito.
Si tratta, come si è detto, di fattispecie collegate, ancorché gli elementi costitutivi della fattispecie primaria rimangano distinti e non entrino a far parte della fattispecie secondaria, con ciò distinguendosi dalla relazione di pregiudizialità - dipendenza che, quantomeno secondo un orientamento, caratterizza l’istituto del responsabile d’imposta. In particolare si è sostenuto che, mentre nella responsabilità d’imposta l’effetto della prima fattispecie (l’obbligazione tributaria in capo al contribuente) entra a far parte della seconda fattispecie (l’obbligazione tributaria in capo al responsabile), nella sostituzione, l’effetto della prima fattispecie (l’obbligo od obbligazione tributaria) anziché essere imputato, come normalmente dovrebbe accadere, al soggetto sostituito, a causa dell’operare della fattispecie secondaria, viene deviato in capo al sostituto; in altri termini, la norma secondaria compie «il collegamento soggettivo dell'effetto giuridico tributo in capo al sostituto» (su tali profili, Parlato, A., Il responsabile e il sostituto d’imposta, cit., 442, ss.).
Peraltro, si è puntualizzato che lo schema ricostruttivo fondato sulla deviazione dell’imputazione dell’obbligo o dell’obbligazione è in grado di spiegare compiutamente la sostituzione a titolo d’imposta che si risolve, in particolare, in un prelievo connotato di elementi di realità (Fedele, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, cit., 240 ss.; Cipolla, G.M., Ritenuta alla fonte, Dig. comm., XIII, Torino, 1996, 16), in quanto ragguagliato al singolo provento e sostitutivo, in relazione al provento medesimo, di qualsiasi altro prelievo sui redditi. Si è osservato che tale schema teorico ricostruttivo, prevalente ma non unico – invero, ipotizzando che la coobbligazione solidale prevista dall’art. 35 del d.P.R. 29.9.1973, n. 602 sia enunciativa della regola della generale sussistenza di una obbligazione diretta del sostituito nei confronti del fisco, si prospetta anche lo schema della coobbligazione solidale tra sostituto e sostituito o lo schema della delegatio solvendi (v. su tali profili Ficari, V., Sostituto e responsabile di imposta, cit., 5637; Fedele, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, cit., 240) – non si attaglierebbe perfettamente anche alla sostituzione d’acconto, in cui la ritenuta (d’acconto) non sostituisce l’ordinaria imposizione sui redditi e il sostituito rimane anch’egli obbligato nei confronti dell’erario (Fedele, A., Appunti dalle lezioni di diritto tributario, cit., 240). I proventi assoggettati a ritenuta d’acconto concorrono, invero, alla formazione del reddito complessivo, in relazione al quale verrà calcolata l’imposta e dal quale verranno scomputate le ritenute d’acconto subite, che, in ipotesi, potrebbero anche eccedere l’imposta definitivamente dovuta; in tale prospettiva, la ritenuta d’acconto rappresenta un prelievo provvisorio e anticipato rispetto all’imposta personale (eventualmente) dovuta e viene ricondotta al novero delle c.d. obbligazioni d’acconto (Cipolla, G.M., Ritenuta alla fonte, cit.,, spec. 23; per la sua configurazione in termini di mero obbligo, Nuzzo, E., Modelli ricostruttivi della forma del tributo, Padova, 1987, 74).
Attraverso questo meccanismo di attuazione del prelievo si perseguono molteplici finalità: l'anticipazione del prelievo al momento dell'erogazione del reddito, la riduzione dei soggetti da sottoporre a controlli, l'effettuazione del prelievo in capo ad un soggetto che non ha interesse ad occultare la fattispecie imponibile (Parlato, A., Il responsabile e il sostituto d’imposta, cit., 426; Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 460 ss.; Cipolla, G.M., Ritenuta alla fonte, cit., 17).
In considerazione del descritto meccanismo secondo cui opera la sostituzione e delle sue finalità è possibile affermare che, in tanto è ragionevole l'individuazione di un soggetto quale sostituto, in quanto tale soggetto abbia la detenzione di un importo che costituisce reddito o, comunque, un cespite imponibile in capo al sostituito. In virtù di tale detenzione, il sostituto è in grado di operare la ritenuta, trattenendo l'importo corrispondente ad essa dall'importo che costituisce il proprio debito nei confronti del sostituito, all'atto della sua corresponsione al sostituito medesimo. In tal modo, operando la ritenuta, il sostituto assolve, contemporaneamente, all'obbligo di rivalsa, che realizza il trasferimento dell'onere tributario sul sostituito. Anzi, proprio la circostanza che il sostituto, in forza dei rapporti privatistici intercorrenti con il sostituito, è debitore di quest'ultimo - circostanza che gli consente di effettuare la ritenuta all'atto dell'erogazione al sostituito della somma costituente reddito per quest'ultimo - legittima la figura anche nella prospettiva costituzionale nel rispetto del principio di personalità della capacità contributiva (Ferlazzo Natoli, L., Fattispecie tributaria e capacità contributiva, Milano, 1979, 23 ss.; Pignatone, R., Sostituzione tributaria e prelievo alla fonte, Padova, 1993, 174; Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 461).
Inoltre, quanto al profilo della ragionevolezza dell’individuazione di un soggetto quale sostituto nell’ampia platea dei soggetti che sono erogatori di somme costituenti proventi imponibili per i percettori, richiamando gli obblighi formali che incombono ex lege sulla figura del sostituto, si sostiene che detto principio di ragionevolezza risulta rispettato laddove si individui come sostituto un soggetto già provvisto, in ragione della propria attività, di una seppur minimale organizzazione amministrativa e contabile che gli consenta di adempiere ai predetti obblighi (Basilavecchia, M., Sostituzione tributaria, in Dig. comm., IV, Torino, 1998, 78).
Mentre nell’assetto ordinamentale previgente, con particolare riferimento alla sostituzione d’imposta, si riteneva che unico debitore dell’imposta era il sostituto e che l’amministrazione finanziaria non potesse promuovere il procedimento di accertamento nei confronti del sostituito, proprio in quanto il sostituito non era debitore del tributo (v. su tali profili, Parlato, A., Il responsabile e il sostituto d’imposta, cit., 444), nel sistema vigente, un orientamento afferma che tra sostituto e sostituito si instaura un vero e proprio rapporto obbligatorio – seppur diversamente connotato nelle due ipotesi della sostituzione titolo di imposta e nella sostituzione a titolo d'acconto – e che non sia più possibile sostenere, anche alla luce dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 in materia di rimborso, diritto attribuito ad entrambi i soggetti, dell’art. 35 del d.P.R. n. 602/1973 in materia di obbligazione solidale tra sostituto e sostituito, dell’art. 64 del d.P.R. n. 600/1973 in materia di diritto di intervento del sostituito nel procedimento di accertamento, l'estraneità e l’irrilevanza della posizione del sostituito nei confronti dell'ente creditore (Potito, E., Soggetto passivo d’imposta, in Enc. dir., XLII, 1990, 1228 ss.; Russo, P., Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, 250; D’Amati, N., Rapporto giuridico d’imposta, in Enc. giur. Treccani, XXV, 1991, 7).
Sul sostituto incombono obblighi sia di carattere formale (v. infra, § 3) sia di carattere sostanziale. Tra questi ultimi si annovera, in primo luogo, ai sensi dell’art. 64 del d.P.R. n. 600/1973, l'obbligo di esercitare la rivalsa, obbligo a cui, in uno svolgimento fisiologico del rapporto, il sostituto assolve operando la ritenuta sulle somme che egli è tenuto a corrispondere al sostituito. Più precisamente, la ritenuta è la modalità fondamentale, ma non unica, di esercizio della rivalsa; del resto si ammette che, laddove il sostituto non abbia esercitato la ritenuta al momento dell’erogazione del provento ma abbia comunque versato all’erario il corrispondente importo, egli nondimeno possa rivalersi successivamente nei confronti del sostituito, pur con la precisazione che si tratta di due istituti autonomi (Cipolla, G.M., Ritenuta alla fonte, cit., 8 ss.; Salvini, L., Rivalsa nel diritto tributario, in Dig. comm., XIII, 1996, 33 ss.; Basilavecchia, M., Sostituzione tributaria, cit., 70 ss.).
Per descrivere il fenomeno della ritenuta si utilizza la locuzione “prelievo o tassazione alla fonte” proprio in quanto, attraverso il sistema delle ritenute operate dal sostituto, il prelievo su somme che costituiscono reddito o, in ogni caso, cespite imponibile, in capo al sostituito, si realizza all'atto della erogazione a quest'ultimo della ricchezza medesima (Cipolla, G.M., Ritenuta alla fonte, cit., 1 ss.).
La disciplina delle ritenute è contenuta nel titolo III del d.P.R. n. 600/1973, agli articoli 23 ss.. Le più importanti tipologie di ritenute riguardano i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo, le provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentante di commercio e di procacciamento di affari, gli interessi ed i redditi di capitale, i dividendi, i premi e le vincite.
Sebbene, come sopra si è detto, le ritenute si distinguano in ritenute a titolo d'imposta, che danno luogo ad un prelievo definitivo ed esauriscono l’imposizione sulla ricchezza a cui sono applicate, e ritenute a titolo d'acconto che, al contrario, non esauriscono il prelievo, la maggior parte delle ritenute previste dall'ordinamento attuale sono a titolo d'acconto, tipologia ritenuta maggiormente coerente con il principio di personalità della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.; le più significative ipotesi di ritenute a titolo d'imposta sono le ritenute su alcuni redditi corrisposti a non residenti nonché le ritenute operate dall'amministrazione postale e dalle aziende ed istituti di credito sugli interessi, premi ed altri frutti sulle somme in deposito o in conto corrente.
Va poi osservato che, sebbene la ritenuta sia generalmente obbligatoria, il legislatore talvolta ne prevede la facoltatività, come nell'ipotesi della ritenuta riguardante i premi e le vincite.
In particolare, come sopra anticipato, nell'ipotesi di ritenuta a titolo d'imposta, il sostituto, nell'effettuare il pagamento al sostituito, trattiene l'imposta da versare all'erario ed esaurisce, in tal modo, l'attuazione del prelievo con l'applicazione di una aliquota, nella generalità dei casi proporzionale. Il sostituito non è tenuto a dichiarare tale reddito e non ha alcun rapporto con il fisco nella fisiologia del rapporto, ferma restando la facoltà di intervento nel procedimento di accertamento instaurato nei confronti del sostituto, anche in relazione alla circostanza che è il sostituito a subire l’incidenza del tributo ed il soggetto in relazione al quale vanno commisurate esenzioni ed esclusioni (Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 462). Inoltre, una ulteriore ipotesi di coinvolgimento del sostituito, anche nella sostituzione a titolo di imposta, si ha laddove il sostituto non operi la ritenuta (a titolo d’imposta) e non versi la ritenuta medesima: in questa ipotesi, la legge impone in capo al sostituito una coobbligazione solidale, secondo quanto sopra esposto, ai sensi dell’art. 35 del d.P.R. n. 602/1973.
In caso di ritenuta a titolo d'acconto, il sostituito non viene escluso dall'attuazione del prelievo, in quanto è obbligato in via principale alla dichiarazione anche in relazione agli imponibili assoggettati a ritenuta (d’acconto) ed a conguagliare l'imposta dovuta in base alla dichiarazione con la ritenuta d’acconto subita. Il diritto del sostituito di dedurre dalla propria imposta complessiva lorda risultante dalla dichiarazione l'ammontare trattenuto a titolo di ritenuta d’acconto dal sostituto è indipendente dalla circostanza che il sostituto, una volta effettuata la ritenuta, abbia adempiuto all'obbligo di versamento all'erario della ritenuta medesima. Viceversa, laddove il sostituito, a causa dell'inadempimento del sostituto, non abbia nemmeno subito la ritenuta sui proventi percepiti dal sostituto medesimo, non avrà diritto a scomputare in sede di dichiarazione la ritenuta non subita. Laddove la ritenuta, a seguito del suo scomputo dall’imposta lorda calcolata in sede di dichiarazione, superi l’imposta complessivamente dovuta, sorge in capo al sostituito il diritto al rimborso (Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 463 ss.; Ficari, V., Sostituto e responsabile di imposta, cit., 2006, 5638 ss.).
Il sostituto, come sopra si è visto, è tenuto ad effettuare la prevista ritenuta all'atto dell'erogazione al sostituito dell'importo che vi è soggetto ed a versarla all'erario alle scadenze previste. Si tratta di obblighi la cui violazione è espressamente sanzionata.
A differenza del responsabile di imposta, titolare di un diritto di rivalsa, il sostituto è titolare, nella generalità delle ipotesi e salvo che la legge non preveda diversamente, di un obbligo di rivalsa. L'esistenza di un vero e proprio obbligo porta a ritenere che il rapporto di rivalsa non abbia una natura meramente privatistica, ma assuma una rilevanza tributaria e pubblicistica in quanto il suo esercizio è funzionale a determinare l'incidenza del tributo in capo al soggetto che ne realizza la manifestazione di capacità contributiva. In tale prospettiva, il rapporto di rivalsa non sarebbe disponibile e, in ogni caso, l'eventuale accollo della ritenuta da parte del sostituto sarebbe inopponibile all’erario (Potito, E., Soggetto passivo d’imposta, cit., 1230; Ficari, V., Sostituto e responsabile di imposta, cit., 5636).
Inoltre, nell'ipotesi di sostituzione titolo d'imposta, l'articolo 35 del d.P.R. n. 602/1973 prevede che il sostituito sia solidalmente obbligato con il sostituto, quando quest'ultimo non ha effettuato le ritenute a titolo d'imposta e nemmeno i relativi versamenti. Il fatto che tale norma riguardi esclusivamente la sostituzione a titolo d'imposta si spiega richiamando quanto sopra esposto in ordine al fatto che, in virtù del meccanismo della sostituzione, nell'ipotesi di sostituzione a titolo d’imposta, a differenza di quanto accade nella sostituzione a titolo d'acconto, il sostituito è, almeno nella fase fisiologica dell’attuazione del prelievo, estromesso dal rapporto tributario in relazione alla ricchezza su cui si applica la ritenuta: in tale prospettiva, la norma richiamata si spiega con l'esigenza di coinvolgere in una ipotesi patologica del funzionamento dell'istituto, attraverso il meccanismo della obbligazione solidale, anche il sostituito nell'attuazione del tributo, sostituito che, altrimenti, pur portatore della capacità contributiva colpita dal prelievo, non potrebbe essere assoggettato a riscossione.
Con riguardo alla sostituzione a titolo di acconto non è stata prevista una analoga ipotesi di responsabilità solidale in quanto, in tale ipotesi, il sostituito sarà tenuto all’integrale adempimento (anche per quella parte dell'imposta relativa alla ritenuta non subita) in sede di dichiarazione, allorché non potrà scomputare la ritenuta (d’acconto) non subita per inadempimento del sostituto (Potito, E., Soggetto passivo d’imposta, cit., 1229).
Sia il sostituto che il sostituito, in caso di errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento hanno diritto al rimborso ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973. Si ritiene che si tratti di due azioni autonome, anche in relazione alla diversa decorrenza del termine di decadenza: dalla data del versamento, quanto all'azione del sostituto; dalla data in cui la ritenuta è stata operata, quanto all'azione del sostituito (Potito, E., Soggetto passivo d’imposta, cit., 1229).
Quanto agli obblighi formali che incombono sul sostituto, egli è innanzitutto tenuto alla certificazione attestante l'ammontare delle somme o dei valori corrisposti al sostituito nonché l'ammontare delle ritenute operate (art. 3, co. 1, e 5, co. 1, n. 5, nonché 7 bis del d.P.R. n. 600/1973). Inoltre, egli deve presentare annualmente una apposita dichiarazione ex art. 4 d.P.R. 22.7.1988, n. 322. Infine, i sostituti d'imposta sono tenuti alla redazione di specifiche scritture contabili relative alla loro funzione (art. 13 del d.P.R. n. 600/1973).
Come già si è avuto modo di osservare, l’art. 64 in commento attribuisce al sostituito la facoltà di intervenire nel procedimento di accertamento. Si è precisato che l'intervento a cui si riferisce l'art. 64 attiene all'intervento nel procedimento amministrativo di accertamento del tributo. Si ritiene, invero, che la ratio di tale previsione sia quella di consentire al sostituito, su cui ricade in definitiva il peso del tributo, di partecipare all'accertamento fornendo eventuali informazioni e documentazione (Parlato, A., Il responsabile e il sostituto, cit., 436).
Peraltro, anche alla luce della nuova disciplina del processo tributario dettata dal d.lgs. 31.12.1992, n. 546, con particolare riferimento all’art. 14, si ritiene che il sostituito sia legittimato all’intervento anche in sede processuale (Basilavecchia, M., Sostituzione tributaria, cit., 77).
In caso di inadempimento da parte del sostituto alle obbligazioni che su di esso incombono, si possono prospettare diverse ipotesi.
Nel caso in cui il sostituto operi la ritenuta sui proventi erogati al sostituto ma ometta il conseguente relativo versamento al fisco, il fisco potrà agire solo nei confronti del sostituto per il recupero della ritenuta non versata, oltre che per l'irrogazione delle conseguenti sanzioni e, nell’ipotesi di ritenuta d’acconto, il sostituito avrà comunque diritto di scomputare, in sede di dichiarazione, l'imposta trattenuta dal sostituto.
Nell'ipotesi in cui il sostituto non abbia operato la ritenuta d’imposta - e conseguentemente non abbia provveduto al relativo versamento al fisco - il fisco potrà recuperare la ritenuta sia dal sostituito che dal sostituto e, da quest'ultimo, anche sanzioni ed interessi (art. 35 del d.P.R. n. 602/1973).
Nell'ambito dell'ipotesi in cui il sostituto non effettui la ritenuta e non versi, potrebbe accadere, nell’ipotesi di ritenuta a titolo d’acconto, che il sostituito dichiari il relativo provento in sede di dichiarazione annuale, senza, naturalmente, scomputare la ritenuta non subita; in tal caso, laddove il fisco recuperasse coattivamente la ritenuta in capo al sostituto potrebbe verificarsi una duplicazione d'imposta: per tale ragione, pur sottolineando le difficoltà di coordinamento tra la posizione del sostituto e la posizione del sostituito, un orientamento esclude il recupero coattivo in capo al sostituto, impregiudicata l'applicazione delle sanzioni per inadempimento del relativo obbligo (in ordine a tali profili, Lupi, R., Omessa effettuazione di ritenute d’acconto e successive fasi di applicazione delle imposte dirette, in Riv. dir. fin., 1985, II, 23).
Come già emerso, è possibile che il sostituto non effettui la ritenuta (d’imposta o d’acconto) ma versi ugualmente al fisco l'ammontare corrispondente, attingendo al proprio patrimonio. In relazione a tale ipotesi, si ritiene che la rivalsa possa essere effettuata successivamente, a titolo di regresso, secondo le normali azioni civilistiche (Fedele, A., Diritto tributario e diritto civile nella disciplina dei rapporti interni tra soggetti passivi del tributo, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971, I, 80; De Mita, E., Fattispecie legale e rapporti giuridici nella sostituzione tributaria, in Giur.it., 1961, IV, 257; contra Bosello, F., Il prelievo alla fonte, cit., 116; Russo, P., Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, 254).
Non c’è unanimità di vedute circa la riconducibilità del rapporto tra sostituto e sostituito ai rapporti di diritto privato o di diritto pubblico (su tali profili, De Mita, Fattispecie legale e rapporti giuridici nella sostituzione tributaria, cit., 267; Fedele, A., Le imposte ipotecarie, Milano, 1968, 104; Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 465; Basilavecchia, M., Sostituzione tributaria, cit., 79); tale questione, unitamente alla affermata rilevanza pubblicistica della ritenuta, secondo quanto sopra esposto, ed alla sua obbligatorietà, influenza l'ulteriore questione della giurisdizione sulle controversie tra sostituto e sostituito in cui quest’ultimo contesti l'applicabilità della ritenuta (c.d. controversie di adempimento), fatta eccezione per quelle in cui è parte il fisco (ad esempio la controversia in tema di rimborso della ritenuta), per le quali non è contestata la giurisdizione delle commissioni tributarie.
Peraltro la tipologia delle liti tra sostituto e sostituito è piuttosto varia: oltre alle citate controversie di adempimento si annoverano le controversie promosse dal sostituito per ottenere il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale o da mancata certificazione ovvero le controversie promosse dal sostituto nei confronti del sostituito per esercitare la rivalsa c.d. successiva: in ordine a tali ultime ipotesi non sono sorti particolari contrasti e si riconosce la sussistenza della giurisdizione ordinaria (si veda la ricognizione operata da Basilavecchia, M., Sostituzione tributaria, cit., 80). Inoltre, è annoverabile tra le controversie di natura privatistica, devolute all’autorità giudiziaria ordinaria, quella relativa all’interpretazione degli accordi delle parti in ordine all’erogazione della somma al netto o al lordo delle imposte (Ficari, V., Sostituto e responsabile di imposta, cit., 5640 ss.).
Viceversa, in relazione alle liti c.d. di adempimento promosse dal sostituito nei confronti del sostituto è stata affermata sia la giurisdizione del giudice ordinario, sia la giurisdizione delle Commissioni Tributarie.
La giurisdizione del giudice ordinario è stata affermata in relazione alla natura privatistica della controversia tra sostituto e sostituito, riconducibile ad una controversia di adempimento di una obbligazione per l'appunto privatistica e che non involge l’impugnazione di uno degli atti impugnabili nel processo tributario (sul punto, in giurisprudenza, Cass., 16.6.1987, n. 5344; Cass., 3.4.1987, n. 3252; in dottrina, Tesauro, F., In tema di giurisdizione e competenza per le controversie tra sostituto e sostituito, in Dir. prat. trib., 1979, II, 320; Puri, P., Brevi note intorno alle problematiche processuali delle controversie tra sostituto e sostituito, in Rass. trib., 1990).
Secondo una diversa impostazione, la ritenuta, costituendo oggetto di una obbligazione strumentale rispetto alla, anche solo eventuale e futura, obbligazione d'imposta, rientra nella nozione di rapporto tributario, considerazione da cui discende che la controversia in ordine alla sua legittimità, ancorché insorta tra privati, è devoluta alla cognizione delle Commissioni Tributarie, dovendo essere decisa, con efficacia di giudicato, nel contraddittorio con l'amministrazione finanziaria (Cass., 5.2.1988, n. 1200; Cass., 1.3.1988, n. 2151; Cass., S.U., 18.5.1990, n. 4311; Cass., S.U., 4.2.2005, n. 23019). Si tratta di una impostazione foriera di non poche criticità, in quanto, in particolare, essendo il processo tributario un processo di tipo impugnatorio di atti dell’amministrazione finanziaria, si risolve nel negare al sostituito l’azione civile nei confronti del sostituto, cosicchè al sostituito stesso non rimane che la via della controversia di rimborso nei confronti dell’amministrazione finanziaria; peraltro, si sottolinea come, una volta incardinata presso le Commissioni Tributarie la lite tra sostituito e amministrazione finanziaria sulla legittimità della ritenuta, sarebbe del tutto irrilevante l’estensione del contraddittorio al sostituto (in dottrina, per i profili di criticità della questione in esame, Russo, P., Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, 299; Glendi, C., Sui giudici delle liti in tema di sostituzione tributaria spicca la discorde nomofilassi delle Sezioni Unite, in Giust. trib., 2009, 749; Messina, S.M., Tornano davanti al giudice ordinario le liti tra sostituto e sostituito, in Corr. trib., 2009, 3346; Puri, P., Brevi note intorno alle problematiche processuali delle controversie fra sostituto e sostituito, cit., 859; Giovannini, A., Aspetti processuali del rapporto di sostituzione, in Rass. trib., 1990, I, 145; Fransoni, G., Bella e impossibile; considerazioni a caldo sul revirment della Cassazione in tema di rivalsa successiva, in Riv. dir. trib., 2005, II, 635).
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte è stata oscillante; di recente la giurisdizione ordinaria è stata affermata da Cass., S.U., 26.6.2009, n. 15031, mentre è stata negata, in favore della giurisdizione tributaria, da Cass., S.U., 12 maggio 2009, n. 15047. Da ultimo, la giurisprudenza sembra nuovamente attestarsi in ordine al riconoscimento della giurisdizione ordinaria con Cass., S.U., 28.1.2011, n. 2064, che, in materia di rivalsa, ha affermato: «Si tratta, in ogni caso, di una controversia tra privati, alla quale “resta estraneo l’esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà – soggezione, proprio del rapporto tributario” (Cass., S.U., 15031/2009)». Secondo tale pronuncia non rileva la circostanza che il giudizio implichi la necessità di accertare la sussistenza dell’obbligo tributario: «Infatti, nelle controversie tra privati, che abbiano ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume essere stata indebitamente pretesa dalla controparte (non identificabile in uno dei soggetti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10), il giudice ordinario competente ha sempre il potere “di sindacare in via incidentale la legittimità dell’atto impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario” (Cass., S.U., 15032/2009). Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che le controversie relative all’indebito pagamento dei tributi seguono la regola della devoluzione alla giurisdizione speciale del giudice tributario soltanto quando si debba impugnare uno degli atti previsti dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e, di conseguenza, il convenuto in senso formale sia uno dei soggetti indicati nel d.lgs. n. 546 del 1992, art. 10. Quando la controversia si svolga tra due soggetti privati in assenza di un provvedimento che sia impugnabile soltanto dinanzi al giudice tributario, il giudice ordinario si riappropria della giurisdizione e non rileva che la composizione della lite debba passare attraverso la interpretazione di una norma tributaria. (…) il fatto che il diritto alla rivalsa sia previsto da una norma tributaria non trasforma il rapporto tra soggetti privati in un rapporto tributario, di tipo pubblicistico, che implica invece l’esercizio del potere impositivo nell’ambito di un rapporto sussumibile allo schema potestà – soggezione” (Cass. 15031/2009). In definitiva, “se manca un soggetto investito di potestas impositiva intesa in senso lato manca anche il rapporto tributario, così come se manca un provvedimento che sia espressione di tale potere non si configura la speciale lite tributaria che, per definizione, nasce dal contrasto rispetto ad una concreta ed autoritativa pretesa impositiva” (idem)».
La più recente dottrina concorda con tale ultima impostazione, ritenuta, nell’assenza di una espressa disciplina, più corretta, anche alla luce dell’esigenza di contenere l’oggetto della giurisdizione speciale tributaria, in relazione al divieto di istituzione di giudici speciali (Fantozzi, A., Diritto tributario, cit., 468).
Artt. 3, 5, 7, 13, da 23 a 30, 64 del d.P.R. 29.9.1973, n. 600; art. 35 del d.P.R. 29.9.1973, n. 602.
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