SOTERIE (Σωτήρια)
Così si chiamavano certe feste celebrate dagli antichi Greci, il cui uso sopravvisse anche nell'età romana. Come indica il nome stesso, le soterie erano dedicate agli dei, in quanto essi venivano considerati σωτῆρες ("salvatoril") degli uomini. Esse potevano, perciò, significare la gratitudine per un pericolo scampato, o il desiderio che gli dei accordassero la loro protezione in un pericolo imminente, o anche l'una cosa e l'altra.
La tradizione ci racconta che Deucalione, scampato al diluvio, fondò in Atene il santuario di Zeus Olimpico ed offerse dei sacrifici per la salvezza ottenuta (σωτήρια). E, fuori di questa zona mitica, numerosi altri esempî ci sono pervenuti di simili sacrifici offerti agli dei o da singole persone, oppure da collettività di persone e da stati, per diverse ragioni, fra le quali anche la salvezza di un cittadino eminente e benemerito. Non si tratta però ancora di soterie vere e proprie, intese nel senso di feste regolari. Queste non compaiono, per quanto ci è noto, se non all'inizio del sec. III a. C.; ma già prima esistevano, in diverse parti della Grecia e delle sue colonie, feste che, se pure differivano nel nome dalle soterie, nella sostanza erano loro perfettamente simili: così le antiche boedromie, e le eleuterie, celebrate per ringraziare gli dei della recuperata libertà sia a Platea sia a Samo sia a Siracusa. Comunque le prime vere soterie delle quali ci sia pervenuto il ricordo sono quelle di Priene, istituite circa il 297 per solennizzare la liberazione della città dalla tirannia di Gerone. Esse dovevano avere luogo ogni anno, nel giorno della liberazione di Priene, ed erano dedicate a Zeus Soter e ad Atena Nike. Di poco posteriore è l'istituzinne delle soterie delfiche, che sono le soterie più famose e a noi meglio conosciute di tutto il mondo greco. Dopo la sconfitta dei Galli che verso la fine del 279, guidati da Brenno, si erano spinti nel cuore della Grecia ed erano giunti ad aggredire il santuario panellenico di Apollo a Delfi, i Coi, e insieme con essi certamente altre città greche, inviarono a Delfi i loro legati con lo scopo di offrire ad Apollo un sacrificio per la salvezza comune; e a Delfi stessa gli amfizioni sembra istituissero subito una festa annuale di soterie, dedicate ad Apollo e probabilmente anche a Zeus Soter, delle quali facevano parte anche una gara musicale e una drammatica. Più tardi, a quanto sembra nel 243-242, gli Etoli, dominatori ormai del santuario delfico e desiderosi di accrescere il loro prestigio nella Grecia occupandosi di una festa relativa ad un avvenimento nel quale essi avevano avuto non piccola parte, riorganizzarono le soterie cercando di portarle a un medesimo livello con le feste panelleniche e quinquennali che venivano celebrate nello stesso santuario delfico. Lo scopo sembra non fosse completamente raggiunto; ad ogni modo le soterie ebbero fama ed importanza nella seconda metà del sec. III e nella prima del II, e lasciarono a noi una serie numerosa di documenti epigrafici (decreti di varie città relativi all'accettazione delle soterie, liste di con correnti alle gare e di vincitori nelle gare stesse), i quali costituiscono una delle nostre principali fonti per la conoscenza della cronologia delfica. Altre soterie venivano celebrate a Sicione per commemorare la liberazione dalla tirannide per opera di Arato, dopo che i resti mortali del celebre fondatore della Lega achea, spentosi ad Egio nel 213, erano stati riportati nella sua patria, sicione, per esservi circondati di onori eroici. Analogamente, a Megalopoli le soterie erano collegate al culto eroico di Filopemene, ivi sepolto nel 183. Altre soterie ancora vengono ricordate, nel tramonto dell'età ellenistica e durante l'Impero, nella Grecia continentale, nelle isole dell'Fgeo e nell'Asia Minore.
Bibl.: P. Foucart, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, s.v. Soteria; P. Roussel, in Revue des études anciennes, XXVI (1924), p. 97 segg.; F. Pfister, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. v. Soteria, 2; R. Flacelière, Les Aitoliens à Delphes, Parigi 1937, passim (dove è citata diffusamente, a proposito delle soterie delfiche, l'ampia bibliografia anteriore); U. Kahrstedt, Zu den delphischen Soterienurkunden, in Hermes, LXXII (1937), p. 369 segg.