sottoccupazione
Sottoutilizzo delle potenzialità produttive degli occupati. Vengono classificati come sottoccupati gli individui che dichiarano di avere lavorato, indipendentemente dalla propria volontà, meno ore di quelle che avrebbero voluto e potuto fare. L’impiego di un indicatore di s. è stato proposto alla fine degli anni 1990 dall’International Labour Organization (➔ ILO). Esso è considerato fondamentale per l’analisi del mercato del lavoro, in aggiunta a quelli più tradizionali di occupazione (➔) e disoccupazione (➔ p).
La s. riflette un’insufficiente domanda di lavoro ed è connessa con l’andamento del ciclo economico (➔), poiché il sottoutilizzo della forza lavoro deriva da una fase di rallentamento dell’economia, alla quale tende ad associarsi una contrazione della domanda. L’ISTAT, recependo le indicazioni dell’ILO, individua nell’ambito degli occupati i sottoccupati, ovvero coloro che nella settimana di riferimento della rilevazione sulle forze di lavoro hanno svolto un orario inferiore a quello abituale, oppure sono impiegati a tempo parziale (➔ part time), anche se vorrebbero svolgere un numero maggiore di ore di lavoro. Nel 2010, in Italia, il gruppo dei sottoccupati part time è risultato pari a 434.000 unità, cioè l’1,7% delle forze di lavoro (1% per gli uomini e 2,9% per le donne).
Per estensione, il termine s. è utilizzato anche per descrivere la situazione di chi svolge mansioni inferiori al proprio livello professionale e non adeguate alla propria qualifica, alle proprie capacità e al proprio titolo di studio. In questo caso, si parla anche di sovraqualificazione (ingl., over-education).
A livello macroeconomico, il termine è utilizzato per indicare l’insieme dei sottoccupati e, con riferimento a un determinato sistema economico, l’impiego di un numero di lavoratori inferiore a quello che esso potrebbe assorbire e che sarebbe consentito dalla piena utilizzazione degli altri fattori di produzione (➔ anche sovraoccupazione).