Vedi SOVANA dell'anno: 1966 - 1997
SΟVAΝA (v. vol. VII, p. 419)
La recente edizione di documenti d'archivio ha chiarito come, già un decennio prima che l'articolo di S. I. Ainsley sugli Annali dell'Instituto facesse conoscere al mondo scientifico la straordinaria «architettura» rupestre di S., la necropoli della città fosse oggetto di rapinosi quanto fortunati scavi clandestini. Nel 1833, infatti, veniva offerto in vendita alle Gallerie fiorentine dal sovanese Francesco Bocci un gruppo di venti vasi dipinti a figure nere, greci ed etruschi, rinvenuti nei «fruttuosissimi scavi fatti negli ultimi anni nelle adiacenti maremme». Questa prima stagione di ricerche dovette però prendere le mosse a seguito dello sterro (a quanto pare abbastanza esteso) promosso dal medico condotto del paese, Giovacchino Piccioli, nel febbraio del 1827: praticato all'uscita della tagliata etrusca detta il Cavone, l'intervento portò alla scoperta di quella imponente stipe votiva che anche nei decenni successivi doveva fornire tanta messe di ex voto anatomici (documento inedito in Archivio Uffizi, Filze, 1827).
L'esplorazione di parte della necropoli, che l'Istituto di Archeologia dell'Università di Pisa intraprese tra il 1962 e il 1964, e le sistematiche campagne di ricognizione e scavo, che la Soprintendenza Archeologica della Toscana conduce da due decennî, consentono di delineare un quadro più articolato delle fasi di vita della città e delle sue necropoli.
Se rari manufatti litici e alcune asce di bronzo consentono di retrodatare la presenza umana nella regione rispettivamente al Paleolitico Superiore e al Bronzo Antico, più importanti appaiono le tracce, emerse in varie parti del pianoro su cui sorge l'abitato moderno, di un insediamento del Bronzo Finale. Anche per S. si conferma il vuoto di documentazione archeologica che caratterizza tanti centri dell'Etruria meridionale interna nella prima Età del Ferro, cui segue, fin dagli inizî del VII sec., una brillante ripresa.
Caratteristica delle necropoli di questa fase è un tipo di tomba a camera, in genere a una sola cella con banchine di deposizione e talora loculi, preceduta da anticella e con ingresso profilato da una sequenza di cornici incassate. Se la fine del VI sec. segna anche per S. un indubbio momento di crisi, chiaramente riscontrabile nella composizione dei corredi tombali, recenti rinvenimenti nell'area urbana di ceramiche attiche a figure rosse parlano tuttavia a favore di una certa vitalità del centro anche nei decenni iniziali del V sec.; la restituzione a S. di due statue cinerarie in tufo ancora tardo-arcaiche, già ritenute chiusine, provenienti dagli scavi della Società Colombaria del 1860, rafforza questo indizio.
La lunga fase di eclissi economico-politica che sembra coinvolgere S. come gli altri centri del medio corso del Fiora durante gran parte del V e del IV sec. a.C., si chiude attorno al 350 a.C. con la notevole ripresa della città, forse investita del nuovo ruolo di caposaldo vulcente verso l'Etruria interna. A quest'epoca deve appartenere la cinta in blocchi di tufo in opera quadrata, il cui tracciato meridionale è ora largamente evidenziato dopo i recenti lavori di disboscamento e ripulitura. Del ramo settentrionale è stato posto in luce un breve tratto, probabilmente adiacente a una delle porte, come sembrano indicare ampliamenti e ricostruzioni succedutisi fino all'età augustea.
La necropoli si popola di impianti monumentali, di tombe a camera imponenti, talora con sovrastrutture «architettoniche». Studi recenti hanno chiarito la probabile origine della tomba «a dado» in S., forse più direttamente ispirata ai cippi vulcenti che ai consimili monumenti del Viterbese, e hanno contribuito a scaglionarne la diversificata tipologia tra la prima metà del III sec. a.C. e la metà del secolo successivo. Nuove scoperte hanno arricchito anche il dossier delle tombe architettoniche a edicola e a tempio: lavori di restauro hanno portato alla luce un largo frammento dell'elevato della «Tomba Ildebranda», che conserva l'angolo di un timpano decorato da girali e motivi zoomorfi, mentre al di sotto si sviluppa un fregio costituito da coppie di grifi disposti ai lati di una Rankengöttin; la posizione di caduta del frammento induce a ricostruire un monumento fornito di tre frontoncini, che richiama il tipo all’heròon quale è attestato a Vulci dall'«Ara Guglielmi».
Al modello dello pseudoperiptero sepolcrale, che trova, ancora a Vulci, una precisa realizzazione nel cippo di θαηχ-vil masniai, rimanda la «Tomba del Sileno». Scavata sulla costa meridionale di Monte Rosello, la camera, a semplice pianta rettangolare, è sormontata da un monumento cilindrico ornato da semicolonne addossate con basi tu- scaniche e fornite in origine di copertura conica con coppi radiali desinenti in protomi sileniche; il corredo, rinvenuto intatto, consente di fissare il momento della realizzazione dell'impianto alla metà circa del III sec. a.C. Nuovi dati sono disponibili anche per la più nota tomba rupestre di S., la tomba a edicola con frontoncino scolpito detta della Sirena. Un breve intervento di scavo ha infatti portato al recupero della figura di un demone femminile che sull'anta sinistra faceva da contrapposto a quello assai corroso, ancora in situ sull'anta destra, mentre la rilettura dell'iscrizione incisa all'interno della nicchia ha consentito di riconoscere il titolare della sepoltura in Vel Nulina figlio di Vel. Ripropone infine il tipo dell'edicola con fregio di rosette e patere e copertura a spioventi con indicazioni delle tegole terminanti in antefisse a testa di menade (?) la tomba rupestre scoperta nel 1988 a Poggio Stanziale, ancora inedita.
Tra le più recenti acquisizioni si pone la definizione di un tipo (a oggi esemplificato da tre monumenti, situati sui poggi Felceto e Stanziale) di tomba a edicola con o senza fronte colonnata, preceduta da una coppia di leoni funerari scolpiti a tutto tondo.
Il modello messo a punto per spiegare l'apparente assenza di soluzioni di continuità nel processo di sviluppo della città anche dopo le guerre fra Romani ed Etruschi degli inizî del III sec. riconosce nella politica romana, favorevole al sorgere di uno staterello autonomo a lei fedele nel territorio già di pertinenza vulcente, la sua principale ragion d'essere.
Nel II sec. la città è ancora fiorente: a quest'epoca risale infatti il rinnovo della decorazione fittile di un probabile edificio sacro, del quale è ora possibile determinare meglio localizzazione e planimetria, dopo la scoperta dei disegni originali che corredavano la relazione dello scavo condotto nel 1895 dal pittore orvietano Riccardo Mancinelli.
Anche in età romana il centro sopravvive, mentre nel territorio circostante sorgono grandi ville di produzione, quali quella recentemente individuata a non molta distanza dal fiume Fiora. Recenti rinvenimenti all'interno dell'abitato moderno, effettuati soprattutto nel terreno di riempimento dei numerosi cunicoli di drenaggio, hanno fornito abbondante documentazione relativa alla fase tardoantica, probabilmente il momento della definitiva decadenza della città.
Bibl.: In generale: G. Colonna, La cultura dell'Etruria meridionale interna con particolare riguardo alle necropoli rupestri, in Aspetti e problemi dell'Etruria interna. Atti dell'VIII Convegno Nazionale di Studi Etruschi e Italici, Orvieto I972, Firenze 1974, p. 262 s.; J. C. Carter, The Tomb of the Siren, in AJA, LXXVIII, 1974, pp. 131-139; A. Maggiani, Le tombe a dado di Sovana, in Prospettiva, 14, 1978, pp. 15-31; R. Vatti, Sovana, Pitigliano-Sovrani, Pistoia 1979; A. Maggiani, La media valle del Fiora, in M. Cristofani (ed.), Gli Etruschi in Maremma, Milano 1981; J. P. Oleson, The Sources of Innovation in Later Etruscan Tomb Design, Roma 1982, pp. 88 s., 90 s.; A. Maggiani, E. Pellegrini, La media valle del Fiora dalla preistoria alla romanizzazione, Pitigliano 1985; A. Maggiani, in Dizionario della civiltà etrusco, Firenze 1985, p. 275, s.v. Sovana; G. Colonna, Urbanistica e architettura, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Rasenna, Milano 1986, p. 371 ss.; A. Maggiani, Terrecotte architettoniche da Sovana, in La ceroplastica templare etrusca fra il IV e il II secolo a.C., Firenze 1992, pp. 253-272.
Scavi e rinvenimenti: P. E. Arias, M. Montagna Pasquinucci, O. Pancrazzi, Sovana (Grosseto). Scavi effettuati dal 1962 al 1964, in NSc, 1971, pp. 55-194; J. C. Carter, Sovana (Grosseto). Scavo del 197O, ibid., 1974, pp. 10-20; A. Mazzolai, Il museo archeologico, Grosseto 1977, p. 111 s; L. Donati, M. Michelucci, La collezione Ciacci nel museo archeologico di Grosseto, Roma 1981; M. G. Marzi, Acquisizioni archeologiche della Galleria degli Uffizi nella prima metà del XIX sec.: la collezione di ceramiche greche, in Gli Uffizi: quattro secoli di una Galleria. Fonti e documenti, Firenze 1982, p. 359 s.; A. Maggiani, Sovana, in Studi e materiali, V, 1982, p. 372; id., in StEtr, LI, 1983 (1985), p. 445; id., Sovana, in A. Carandini (ed.), La romanizzazione dell'Etruria (cat.), Milano 1985, p. 107 ss.; L. Tondo, Tre tesori di monete populoniesi, in Le monete di Piombino: dagli Etruschi ad Elisa Baciocchi, Pisa 1987, p. 12 ss.; A. Maggiani, Sovana, in StEtr, LV, 1987-88 (1989), p. 500, n. 23; id., Tombe con prospetto architettonico nelle necropoli rupestri d'Etruria, in Tyrrhenoi philotechnoi, Roma 1994, p. 119 ss.
Iscrizioni etrusche di S. sono edite nei fascicoli della rivista di epigrafia: in StEtr, XXXVIII, 1970, pp. 294 ss., 330 ss.; XL, 1972, p. 408, n. 13; XLII, 1974, p. 257 s., nn. 206-207; XLVIII, 1980, p. 377, n. 73; p. 390 ss., nn. 102-110; L, 1982 (1984), p. 292 ss., nn. 44-47.