sovrano (soprano)
Aggettivo di valore superlativo, che significa " quello posto più in alto ", " il più alto " in senso materiale, quando indica quello dei tre gradi antistanti la porta del Purgatorio, su cui siede l'angelo portinaio (Pg IX 80; in XXI 53 esso è definito sommo), e quando è attributo di edificio, a designare l'Empireo (Questo è lo soprano edificio del mondo, nel quale tutto lo mondo s'inchiude, Cv II III 11). Si aggiunga la forma sostantivata di If XXXII 128 io vidi due ghiacciati in una buca, / sì che l'un capo a l'altro era cappello; / e... / 'l sovran li denti a l'altro pose / là 've...
Negli altri casi indica ‛ eccellenza ', ‛ superiorità ' in senso astratto (accezione, questa, non del tutto assente nel passo del Convivio ora citato), oppure è attributo di Dio (Cristo, figliuolo del sovrano Dio, Cv II V 2; e cfr. Fiore CXLIV 6 Per lo Dio sovrano, come formula di giuramento; anche Cv III II 14 l'anima umana... partecipa de la divina natura... però che l'anima è tanto in quella sovrana potenza nobilitata... che...). Sostantivato, in Pd XXVI 48 d'i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
Quanto alla ‛ sovranità ' poetica di Omero (v.), solennemente affermata per bocca di Virgilio (quelli è Omero poeta sovrano, If IV 88), si tratta di un riconoscimento, sia pure indiretto - come osserva fra gli altri il Porena, D. " non pronunzia un suo giudizio personale, ché non conosceva direttamente Omero, ignoto allora in Italia: ma accetta il giudizio comune negli scrittori latini " - dell'assoluta superiorità di lui, che si riflette anche nell'aspetto fisico: Mira colui... / che vien dinanzi ai tre sì come sire (vv. 86-87).
In alcuni passi del Convivio s. è contrapposto a subietto, per indicare la superiorità del latino sul volgare e la sua conseguente inadeguatezza a essere usato nel commento alle canzoni in volgare: il commento deve esser subietto al testo commentato, mentre il latino, rispetto al volgare, non era subietto ma sovrano, e per nobiltà e per vertù e per bellezza (I V 7; così ai §§ 11, 13 e 15). E più oltre, con più spiccato valore sostantivale: Comandare lo subietto a lo sovrano procede da ordine perverso - ché ordine diritto è lo sovrano a lo subietto comandare... Dunque se lo latino è sovrano del volgare... (I VII 4 e 5).
Per indicare ‛ eccellenza ', ‛ priorità ', s. ricorre due volte nell'Inferno, in senso ironico. Particolarmente interessante il passo (XVII 72) in cui l'usuraio Reginaldo degli Scrovegni preannuncia l'arrivo del cavalier sovrano Giovanni Buiamonti. I commentatori rilevano appunto il parlar " per antifrasi, zoè per contrario ", in quanto il Buiamonti " fo uno grandissimo usuraio " (Lana; Ottimo, Daniello e altri), non solo, ma anche " maior lusor ad çardum qui suo tempore reperiretur in mundo " (Serravalle); anzi, poiché " sempre fece usura... era chiamato cavaliere d'usura " (Chiose Anonime).
In un suo lungo articolo (cfr. " Studi d. " X [1925] 55-80) il Barbi, a proposito dell'espressione cavalier sovrano, discorda sia dall'interpretazione del Passerini (" il capo degli usurai "), sia da quelle del Del Lungo (" il più usuraio di quanti sono ") e del Pietrobono (" il cavaliere dei cavalieri, colui che è il re degli usurai "). Avendo dimostrato che " siamo davanti a un vero e proprio cavaliere ", respinge l'ipotesi che D. " abbia voluto dire una cosa per un'altra, usuraio invece di cavaliere ", anzi vede nel poeta " l'intenzione di mettere in rilievo la turpitudine di chi crede poter conciliare l'avarizia con la nobiltà, l'usura con la cavalleria " (pp. 72-74). Insomma, " cavalier sovrano non può voler dire altro se non il ‛ gran cavaliere ' " (Problemi I 272; così anche Casini-Barbi, Chimenz). Da notare ancora che il Buti dà a s. il senso di " misero e vano: imperò che è parlare ironico "; e che secondo il Porena, gli usurai intendono dire che " quando Bujamonti verrà lì con loro, sarà il capo, quasi il gran maestro di quell'ordine cavalleresco formato da loro nobili: certamente il fatto che Bujamonti era davvero cavaliere rende l'allusione più saporita ".
Di più immediata percezione l'ironia nell'occorrenza analoga a questa, a proposito di frate Gomita, il barattier... non picciol, ma sovrano (If XXII 87), il quale della baratteria " portat palmam ", come dice Benvenuto: il re dei barattieri, insomma (cfr. Fiore LXXXVII 6 re de' barattier tu [Falsembiante]... sarai).
Nelle due occorrenze del Fiore, s. indica ancora ‛ eccellenza ', ‛ particolare valentia ' (Gelosia affida a' mastri più sovrani la costruzione del suo castello: XXVIII 7) o ‛ superiorità ' di ordine morale (La vertude più sovrana / che possa aver la criatura umana, / sì è della sua lingua rifrenare, CXXXIII 2: la presenza di ‛ più ' in entrambi i casi dimostra che l'aggettivo può non essere sentito come superlativo); ma senza intonazione ironica. Questi due esempi (e altri) sono citati da Barbi-Maggini, a commento di Rime LXIX 12 quella benigna... / Credo che de lo ciel fosse soprana, dove spiegano: " Credo che fosse dei sovrani spiriti del cielo... soprana: principale (non ‛ regina '), secondo un uso di ‛ sovrano ' assai frequente ". Anche qui l'aggettivo è sostantivato.