spada (ispada)
La parola è adoperata in tutte le opere volgari di D. eccetto la Vita Nuova, ma con una frequenza notevolmente più alta nella Commedia (16 volte, contro 3 del Convivio, e 1 delle Rime). S'incontra 9 volte anche nel Fiore.
A parte gli esempi del Fiore, tutti, ricollegabili all'azione guerresca narrata nel poemetto (salvo, beninteso, il suo simbolismo di fondo), relativamente scarsi sono i casi in cui la parola è impiegata in contesti riguardanti direttamente fatti d'arme: Pg XII 40 O Saùl, come in su la propria spada / quivi parevi morto in Gelboè (per cui cfr. I Reg. 31, 5); Pd XVIII 127 Già si solea con le spade far guerra; anche in espressioni fraseologiche: If XXVIII 38 al taglio de la spada / rimettendo ciascun di questa risma, " ripassando a fil di spada "; Fiore LXVIII 12 po' penserò di metterli a la spada, " passarli per la spada ". V. inoltre CXXVIII 6, CCIX 6 e 9, CCX 1 (‛ metter mano alla s. ', come in CCXII 1), CCXI 2, CCXII 7, CCXIII 9.
Sempre all'interno di un uso letterale, più frequenti sono i casi in cui il vocabolo fa parte di una similitudine o di una frase proverbiale: Cv I V 11 dicemo una spada virtuosa che ben taglia le dure cose, a che essa è ordinata; VIII 9 così come sarebbe biasimevole operazione fare una zappa d'una bella spada; XI 17 sì come colui che biasimasse lo ferro d'una spada, non per biasimo dare al ferro, ma a tutta l'opera del maestro; Pd XVI 72 molte volte taglia / più e meglio una che le cinque spade (" l'una spada significa che un solo prode giova meglio che molti men valorosi alla salute della patria ", Venturi). Per Pd XIII 128 Sabellio e Arrio e quelli stolti / che furon come spade a le Scritture / in render torti li diritti volti, vengono fornite due spiegazioni: la prima vede nel passo un'allusione al fenomeno ottico del rispecchiamento di un volto nella lama di una s., che dalla superficie leggermente curva riflette (rende) l'immagine deformandola (così i commentatori antichi e la maggior parte dei moderni); la seconda spiegazione ritiene che qui D. si riferisca a una vera e propria opera di mutilazione e sfigurazione compiuta dalla s. in quanto arma nei confronti di un volto (così il Lombardi - ma già tra gli antichi il Serravalle, - seguito da alcuni moderni tra cui il Tommaseo, il Fraticelli e più recentemente il Mattalia). Il Porena, dichiarando la sua incertezza, fa tuttavia questa opportuna riflessione: " Oggi, è vero, la spada che altera i lineamenti specchiandoli non è immagine di esperienza comune: ma era così anche ai tempi di Dante? E non è talvolta dello stile di Dante compiacersi anche dell'immagine ricercata? ". Il senso finale, comunque, in entrambi i casi è che quegli eretici con le loro erronee interpretazioni alterarono il senso delle Sacre Scritture.
Talvolta il termine è adoperato con valore emblematico, a significare tutto ciò che si riferisce in generale alla milizia o alla guerra: If XVI 39 fece col senno assai e con la spada (" In un verso, compatto e saldo come un'epigrafe... Dante ha condensato il succo di quanto ci riferiscono ampiamente i biografi del suo [di Guido Guerra] animo ‛ sprezzatore dei pericoli ' e del suo ‛ ingegno... maraviglioso ' ": Sapegno); Pg VIII 129 vostra gente onrata non si sfregia / del pregio de la borsa e de la spada, ossia delle virtù cavalleresche della liberalità e della prodezza (per cui cfr. anche la coppia cortesia e valor di If XVI 67 e Pg XVI 116); Pd VIII 146 tal che fia nato a cignersi la spada, ossia con la disposizione al mestiere della milizia. In Pg XVI 109 è giunta la spada / col pasturale, D. allude alla congiunzione in una sola persona, e quindi alla confusione, dei due poteri, temporale (la spada) e religioso (il pasturale).
Ma ancora più frequenti sono i casi in cui il vocabolo, e quindi l'immagine, assume un valore simbolico, all'interno di precisi contesti figurativi. In Rime CIII 36 E' m'ha percosso in terra, e stammi sopra / con quella spada ond'elli ancise Dido, / Amore, il simbolo si lega direttamente a un'immagine reale, in quanto Didone si uccise effettivamente con la s. di Enea: " Fuor di metafora, a parte la giusta osservazione del Contini che ‛ far di questo ferro l'arme stessa d'Amore conviene benissimo al clima allusivo delle petrose ', il poeta vuol dire che, crudelmente, Amore gli ha ispirato un sentimento destinato a non essere corrisposto, come in parte fu quello di Didone per Enea, e quindi avviato a fine tragica " (Barbi-Pernicone). in If IV 86 mira colui con quella spada in mano, il personaggio indicato è Omero, e la s. potrà essere tanto un simbolo della materia guerresca che egli cantò, quanto un'insegna della sua superiorità di poeta sovrano (ma Benvenuto, dopo aver accennato alla prima interpretazione: " Vel per ensem denotat acumen et subtilitatem ingenii, qua rimatus est omnia, imo aperuit viam ad Infernum prius ceteris "). Varie sono le interpretazioni proposte per la figurazione di Pg VIII 26 due angeli con due spade affocate, / tronche e private de le punte sue. L'Anonimo, riassumendo anche le opinioni di altri commentatori antichi, spiega: " per le due spade vuole dinotare la giustizia e la misericordia di Dio... e sono sì connesse insieme... che non può essere sia giustizia senza misericordia, né la misericordia senza la giustizia. E però discrive le spade senza punta a dimostrare, com'è detto, che non con rigore di giustizia condanna senza misericordia, né con misericordia senza giustizia, ché la sua spada non ferisce per punta, ma sempre per taglio. L'essere le spade affocate hae a dimostrare l'ardore della carità con la quale sono menate ". Ma per l'Ottimo, seguito da tutti i commentatori moderni, il particolare delle s. tronche e spuntate vuol essere allusivo al loro ufficio puramente difensivo. Quanto all'affocate, esso ricorda il " flammeum gladium " dell'angelo posto a guardia del Paradiso terrestre dopo la cacciata di Adamo ed Eva: cfr. Gen. 3, 24. Anche varia è l'interpretazione della spada nuda che ha in mano l'angelo portiere di Pg IX 82 (e cfr. anche il v. 113): secondo il Lana, l'Ottimo, il Buti, il Landino, essa è simbolo della giustizia; per Benvenuto rappresenta la parola del sacerdote che deve stimolare il peccatore alla penitenza; per Pietro, in una delle redazioni inedite del suo commento, l'ufficio del sacerdote rispetto al penitente: " tutte queste interpretazioni del resto s'accordano nell'idea di un ministero di giustizia divina esercitato dal sacerdote con la parola del Signore ch'ei comunica all'uomo; ciò è conforme al detto di san Paolo, Agli Efesi VI 17: ‛ Pigliate ancora l'elmo della salute; e la spada dello spirito, che è la parola di Dio ' " (Casini-Barbi). Quanto alla figurazione del vecchio con una spada lucida e aguta di Pg XXIX 140, essa si riferisce a s. Paolo in quanto autore delle Epistole, tradizionalmente rappresentato con una s. simbolo della sua pugnace eloquenza (cfr. del resto, all'interno delle epistole paoline, immagini come " gladium spiritus, quod est verbum Dei ", Ephes. 6, 17; oppure: " sermo Dei... penetrabilior omni gladio ", Hebr. 4, 12).
Con valore, infine, puramente metaforico: Pg XXX 57 non piangere ancora; / ché pianger ti conven per altra spada, ossia per colpi più dolorosi (quali saranno i rimproveri che Beatrice rivolgerà a D.; cfr. Pg XXXI 2-3: Beatrice rimprovera D. direttamente [per punta] senza prima avere parlato di lui agli angeli [per taglio]). Si veda poi Pd XXII16 La spada di qua sù non taglia in fretta / né tardo, ossia la giustizia punitiva di Dio conosce i suoi tempi (per una immagine analoga, cfr. Ep VI 4 gladius Eius qui dicit " Mea est ultio ").