SPAGNOLI (Spagnuoli), Battista, detto Battista Mantovano, Battista Carmelita
SPAGNOLI (Spagnuoli), Battista, detto Battista Mantovano, Battista Carmelita. – Nacque a Mantova il 17 aprile 1447 da Pietro Modover e da Costanza Maggi di Brescia, secondogenito di undici fratelli.
Il nonno paterno, Antonio Modover, soldato di ventura originario di Cordova, era venuto in Italia per combattere nel 1435 la battaglia di Gaeta tra Alfonso V e i genovesi (durante la quale fu fatto prigioniero), mentre suo padre, Pietro – che dopo le nozze con Costanza Maggi aveva italianizzato il suo cognome (variamente attestato: Spagnulo, Spagnolo, Spagnoli) –, era entrato al servizio di Ludovico Gonzaga già nel 1437, ottenendo la cittadinanza mantovana nel 1460.
Spagnoli frequentò i primi studi nella sua città natale, dove dal 1458 al 1460 ebbe come precettore Gregorio da Città di Castello (ricordato spesso e con grande affetto come «Umber» nelle opere dell’allievo), che nel 1460-61 venne sostituito dal giovane Giorgio Merula, già condiscepolo di Spagnoli. Nel biennio 1461-63 studiò invece filosofia a Padova con il pavese Paolo Bagelardi, e a questo periodo vanno probabilmente ascritti i versi iuvenilia tramandati dal Vat. lat. 2874.
All’inizio del 1463 risale la sua scelta di consacrarsi alla vita religiosa: nel marzo di quell’anno divenne novizio nell’Ordine carmelitano a Ferrara e, un anno dopo, emise la professione religiosa, inviando al padre, che aveva immaginato un destino diverso per il figlio, una appassionata lettera per giustificare la propria decisione (1° aprile 1464), oltre alla prima delle sue opere letterarie, il dialogo latino De vita beata. La sua formazione umanistica venne subito messa a profitto all’interno del convento ferrarese: cominciò a insegnare retorica e, negli anni successivi, fu inviato diverse volte in veste di oratore (ad esempio, presso la dieta della Congregazione, Brescia 1466) o di predicatore nei conventi dell’Ordine (ad esempio, a Santa Maria delle Selve, da cui aveva preso le mosse la riforma dell’Ordine carmelitano).
Nel 1470 fu ordinato sacerdote, presumibilmente a Bologna, che divenne la sua seconda patria nel corso dei successivi vent’anni e dove, prevalentemente, risiedette fino al 1492, nel convento di San Martino Maggiore, ricoprendo i ruoli di clavario e baccelliere. Dopo aver conseguito il titolo di magister theologiae (4 aprile 1475, evento che immortalò nei versi De suscepto theologico magistero), divenne una delle personalità culturali di maggior prestigio nello scenario umanistico della Bologna bentivolesca. Strinse amicizia tanto con i magistri dello Studio, primo fra tutti Filippo Beroaldo il Vecchio (cui dedicò nel 1479 l’elegia De reditu Philippi Beroaldi), quanto con i letterati di corte come Sabadino degli Arienti (per cui scrisse una consolatoria dopo la morte della figlia), oltre che con i notai amanti di studia humanitatis, figure tipiche del milieu culturale felsineo, quali Cesare Nappi, Giovan Battista Refrigerio e Ludovico Foscarari, dedicatari o comunque primi lettori delle sue dotte poesie (tra cui la Consolatio in morte Collae Asculani, Ad Ioannem Baptistam Refrigerium de adventu Ioannis Baptistae Sabelli, Villa Refrigerii), componimenti che sarebbero poi confluiti anni dopo nelle Sylvae.
Tra il 1479 e il 1480 scrisse il primo poema di ampio respiro, il De calamitatibus temporum, in cui, con gusto tardogotico, fustigò i vizi degli uomini attraverso una serie di orrorifiche prosopopee. L’anno successivo compose, con dedica agli amici Refrigerio e Foscarari, la Parthenice mariana, poema agiografico in tre libri sulla vita della Vergine (una copia miniata da Giovanni Pietro da Birago entrò nella biblioteca di Mattia Corvino, oggi a Budapest, Biblioteca nazionale Széchényi, cod. lat. 445).
Negli anni Ottanta cominciarono per Spagnoli gli incarichi di grande responsabilità: nel 1483 venne infatti eletto, per la prima di sei volte, vicario generale della Congregazione Mantovana – il ramo dei carmelitani riformati – e dovette dunque recarsi a Roma a più riprese, prima per perorare con Sisto IV la causa del colore dell’abito (1483), poi, sotto Innocenzo VIII (già protettore dell’Ordine carmelitano), per guadagnare alla causa della sua Congregazione il convento di San Crisogono. Il triennio 1486-89, quasi interamente trascorso a Roma, costituisce un periodo molto intenso: sotto la tutela del protonotario e tesoriere apostolico Falcone Sinibaldi (cui dedicò, per sdebitarsi, gli encomiastici Epigrammata ad Falconem), visse in parte tra gli affanni legati ai negotia della sua Congregazione, in parte tra le cerimonie della corte pontificia e le dotte passeggiate antiquarie in compagnia di Pomponio Leto e degli altri membri dell’Accademia Romana (tra cui sicuramente Paolo Emilio Boccabella e, verisimilmente, Pietro Marsi). È a Roma, in questi anni, inoltre, che conobbe Giovanni Pontano, Bernardo Bembo (cui dedicò la Parthenice secunda, poema sulla vita di santa Caterina), probabilmente Giovanni Pico della Mirandola, con il quale tra il 1489 e il 1490 intrattenne un fitto scambio epistolare. In questo periodo compose il carme Contra poetas impudice loquentes (20 ottobre 1487), un vero e proprio manifesto contro i poeti neocatulliani e a favore di una poesia che coniugasse forma classica e devozione cristiana, e il 1° novembre 1488 pronunciò in San Pietro il suo discorso più noto, l’Oratio habita coram summo pont. Innocentio VIII et coetu cardinalium in omnium sanctorum celebritate anno 1488, in cui criticò aspramente la corruzione del clero (il codice di invio a Bernardo Bembo è l’attuale ms. II 162 dell’Ariostea di Ferrara, cc. 129v-142r). Tra il 1488 e il 1489 finì sotto i torchi a Bologna, per iniziativa dei suoi sodali felsinei, la gran parte delle opere che fino ad allora erano state lette in forma manoscritta: benché l’operazione non avesse, a quanto pare, ricevuto l’avallo dell’autore (che in una lettera a Pico se ne lamentò), contribuì in maniera determinante a fare di Spagnoli il più noto poeta cristiano italiano della fine del XV secolo.
Nel 1492, anno in cui fu eletto priore di Mantova, tornò a risiedere stabilmente nella sua patria, pur tra le numerose missioni che lo portavano a viaggiare spesso nelle città del Nord Italia. Tra le opere notevoli composte in questo scorcio di secolo vanno ricordate almeno l’Alfonsus (1492-95), poema in sei libri che, nato dallo stimolo del neoeletto papa Alessandro VI a celebrare Ferdinando il Cattolico per la Reconquista di Granada, prende la forma di un ampio viaggio ultraterreno che ha per protagonista Alfonso principe di Castiglia, morto adolescente nel 1468; il trattatello enciclopedico De patientia, uscito a Brescia nel 1497, frutto di un prolungato periodo di lavoro iniziato quasi vent’anni prima; e, infine, quello che tanti letterati del Cinquecento (esemplare l’omaggio shakespeariano in Love’s labour’s lost IV, 2, 92-93) avrebbero salutato quale suo capolavoro, ovvero l’Adolescentia – una raccolta di dieci egloghe che delineano un itinerarium cristiano –, pubblicata a Mantova nel 1498 con dedica all’astrologo della corte gonzaghesca Paride Ceresara.
L’uscita a Bologna nel 1502, per le cure dell’amico Filippo Beroaldo il Vecchio, degli Opera omnia poetici (che accolsero anche le tante poesie occasionali in otto libri di Sylvae) sancì lo status di classico moderno di Spagnoli, non a caso già definito nel 1496 «christianus Maro» dal giovane Erasmo da Rotterdam (Opus epistolarum Des. Erasmi Roterodami, a cura di P.S. Allen - H.M. Allen, I, 1484-1514, 1992, p. 163). In questa sontuosa edizione videro per la prima volta la luce l’Alfonsus, le Parthenice scritte negli anni Novanta (poemi agiografici su santa Margherita, Agata, Lucia, Apollonia) e il poema encomiastico per Francesco Gonzaga Tropheum pro Gallis expulsione, composto dopo la cacciata delle truppe francesi dall’Italia.
Negli ultimi anni della sua vita Spagnoli fu un punto di riferimento per quei letterati che a Mantova si riunivano attorno a Isabella d’Este nella cosiddetta Accademia de Santo Pietro: basti dire che compare come interlocutore nei dialoghi De iusticia pingenda di Battista Fiera e nel Nec spe nec metu di Mario Equicola. Degno di menzione è anche il poema Tolentinum, dedicato alla vita del santo Nicola da Tolentino e pubblicato a Milano nel 1509.
Nel 1513, sebbene stanco e malato, oltre a ricoprire per la sesta volta la carica di vicario generale della Congregazione Mantovana, venne eletto priore generale di tutto l’Ordine carmelitano; fu invitato alle sedute del quinto Concilio lateranense (1512-17), ma non vi è prova che egli vi prese effettivamente parte. Nell’estate del 1515, per le sue note doti diplomatiche e il suo carisma, ricevette da Leone X (cui aveva dedicato l’ultima sua fatica, il De sacris diebus, tentativo di cristianizzazione dei Fasti ovidiani) l’incarico di mediatore nel conflitto tra Massimiliano Sforza e il re francese Francesco I; a causa delle sue malferme condizioni di salute, tuttavia, egli poté solo scrivere una lettera per dissuadere il sovrano dal calare in Italia, fatta recapitare tramite il confratello Giovanni Battista da Parma.
Si spense a Mantova il 20 marzo 1516. Il culto di beato venne confermato da Leone XIII il 17 dicembre 1885. La salma di Spagnoli si conserva nel duomo di Mantova. Le fattezze del suo volto ci sono tramandate tanto dal busto Fiera in terracotta nel palazzo ducale di Mantova, quanto da un busto in bronzo e da una medaglia, entrambi attribuiti a Gian Marco Cavalli, oggi al museo Bode di Berlino.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Corporazioni religiose soppresse, San Martino Maggiore, bb. 3511 e 3609; Bologna, Biblioteca Universitaria, 52, b. II, n. 1, cc. 55r-57v (lettere a G.B. Refrigerio), cc. 218v-219v (lettere a C. Nappi), c. 266rv (Divae Mariae Lauretae pro voto carmen), cc. 452r-454v (ad P. Saxum sylva de vita rustica), n. 3, c. 6 (lettera autografa al Refrigerio); Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Fondo Capponi, 235 (lettere ai Pico della Mirandola); Ferrara, Biblioteca Ariostea, II 162, cc. 129v-142r (copia autografa dedicata a B. Bembo dell’oratio romana del 1° novembre 1488); Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, serie E.XXV.Roma.3. b. 861 (lettere di S. Gonzaga e A. Gabbioneta sull’elezione di Spagnoli a priore generale dell’Ordine carmelitano); b. 1145 (lettera a I. Gonzaga); Mantova, Biblioteca comunale Teresiana, G II 18 (= 796), Apologia pro fratre Petro Nebulario (con ampie correzioni e aggiunte autografe nei margini); Oxford, Bodleian Library, Selden Supra 41 (molte lettere, oltre a orazioni e poesie inedite).
Gli Opera omnia di Spagnoli, che includono il solo versante poetico, furono editi a Bologna nel 1502, per le cure di Filippo Beroaldo e i tipi di Benedetto d’Ettore; l’edizione di riferimento di tutte le opere, in prosa e in poesia, edite dal Mantovano resta però la cinquecentina di Anversa: Baptistae Mantuani Theologi [...] opera omnia in quattuor tomos distincta..., Antverpiae, Ioannes Bellerus, 1576.
F. Graziano di Santa Teresa, B. Baptistae Mantuani ineditarum epistolarum fasciculus, in Analecta ordinis Carmelitarum, XIII (1946-1948), pp. 241-264; E. Coccia, Le edizioni delle opere del b. B. S. detto il Mantovano (1447-1516) esclusi gli incunaboli, Roma 1954; L. Saggi, La Congregazione Mantovana dei Carmelitani sino alla morte del b. B. S. (1516), Roma 1954; F. Graziano di Santa Teresa, Nuova cronologia della vita del b. Battista Mantovano, in Ephemerides Carmeliticae, IX (1958), 2, pp. 423-442; R. Girardello, Vita e testi inediti del beato B. S., in Carmelus, 1974, n. 21, pp. 36-98 (con 16 iuvenilia sconosciuti); R. Rosa, Tomismo e antitomismo in B. S. Mantovano (1447-1516), in Memorie Domenicane, 1976, n. 7, pp. 227-264; L. Piepho, Holofernes’ Mantuan. Italian Humanism in early modern England, New York 2001; B. Spagnoli Mantovano, Adolescentia, studio, edizione e traduzione di A. Severi, Bologna 2010; D. Fassina, Il carmen de contemnenda morte e i rapporti di B. S. con Giovanni Pico della Mirandola, in Interpres, 2011, n. 30, pp. 189-250; B. Spagnoli, Alfonsus, a cura di D. Marrone, Verona 2012 (cui si rimanda per una bibliografia completa, pp. 1-5).