SPAZIALITÀ
Termine entrato nell'uso del discorso critico sulla forma delle arti figurative a partire dalla fine del sec. XIX (Riegl, Schmarsow), ma venuto più comunemente in uso in tempi recenti, specialmente dopo le scoperte della fisica einsteiniana. Il Vocabolario Toscano dell'Arte del Disegno di Filippo Baldinucci (1681) conosce soltanto il termine "spazio" che esso definisce "quel tempo e luogo che è di mezzo fra due termini".
Con "spazialità" si indicano gli effetti visibili nel senso della profondità quando questa si unisce come terza dimensione alle dimensioni di altezza e larghezza, che sono proprî dell'architettura e delle arti figurative; ma non tanto quelle rappresentazioni dello spazio che si fondano sulla oggettiva misura di dimensioni reali o rappresentate, quanto sull'effetto spaziale ottenuto per mezzo delle illusioni ottiche che l'artista mette in atto per dare alle sue raffigurazioni una dimensione fittizia. Nell'architettura con lo scopo di promuovere nello spettatore che accede, come protagonista, all'edificio una sensazione particolare del proprio rapporto con l'edificio stesso. Nelle arti figurative con lo scopo di dare alle forme che esso individua l'aspetto di essere collocato in uno spazio reale, definito o illimitato, entro il quale esse si muovono con quella libertà che è propria delle cose della realtà che si muovono nell'atmosfera.
La s. può limitarsi all'impiego di un segno di contorno particolarmente espressivo, che è stato detto (B. Berenson) "linea funzionale", appunto perché ha la funzione di staccare l'immagine dal fondo piano (che ha solo dimensioni di altezza e larghezza) e suggerisce la terza dimensione, quella di profondità, "facendo mostra anche delle cose che rimangono celate alla vista" come dice Plinio il Vecchio, parafrasando le sue fonti ellenistiche, a proposito di Parrasio (Nat. hist., xxxv, 68: promittat alias post se ostendatque etiam quae occultat, v. parrasio, vol. v, p. 965). Una s. più ampia viene raggiunta con l'impiego di accorgimenti prospettici, che possono raggiungere lo stadio di vere e proprie ricerche e applicazioni di regole matematiche. (Per il problema della prospettiva, v. pittura, vol. vi, p. 207 ss.; greca, arte, vol. iii, p. 1005 ss. e D. Gioseffi, in Enc. Univ. Arte, vol. li, c. 131-135 e tav. iii, s. r. Prospettiva, dove sulla base delle pitture della Sala delle Maschere, Roma, Palatino, è documentato graficamente il possesso della prospettiva a fuoco centrale da parte della cultura artistica ellenistico-romana).
L'effetto di s. si ottiene anche con il degradare e sfumare dei colori e del chiaroscuro in pittura; in scultura con il maggiore o minore aggetto del rilievo e con la profondità dei vuoti (cioè dei punti che si affondano rispetto al piano medio, o rilievi negativi), che creano effetti di ombra accanto ai massimi rilievi in aggetto (positivi) e in tal modo fanno apparire le forme plastiche intrise di luce e circondate dall'atmosfera (come nella scultura romana dalla fine del II alla fine del III sec. d. C.).
La s. è strettamente legata a una concezione naturalistica della rappresentazione e della forma artistica; ne è anzi una delle più sostanziali consegnenze e conquiste. Ma essa può anche divenire elemento di distruzione del naturalismo quando, esasperando le dimensioni spaziali, distrugge la coesione organica della forma. La s. scompare quando alla forma plastica si intende dare un valore più simbolico che descrittivo e quando essa viene a basarsi, anziché sopra l'acquisizione di una impressione visiva, sopra alla volontà di tradurre l'espressione di un concetto spirituale.
Bibl.: A. von Schmarsow (1953-1936), Grundbegriffe der Kunstwissenschaft, Lipsia 1905; A. Riegl (1858-1897), Stilfragen, Vienna 1893-1923, (v. riegl, vol. VI, p. 683 ss.); H. Wölfflin (1864-1945), Kunstgeschichtliche Grundbegriffe, Monaco 1915; J. White, Perspective in Ancient Drawing and Painting, Londra (The Soc. of Promotion of Hellen. Stud. Supplement n. 7), 1956; id., The Birth and Rebirth of a Pictorial Space, Londra 1967.