specchio (speglio; speculo)
1. Di ' specchio ' nessun esempio nelle Rime; largamente attestato invece - oltre che nel Fiore e nel Detto - nel Convivio e nella Commedia, qui in concorrenza col provenzalismo ' speglio ' (voce più schiettamente poetica) e col latinismo ‛ speculo ' (vedi), assai più rari.
Nel significato originario di " strumento luminoso riflettente la luce o rimandante un'immagine speculare " e (dantescamente) vetro terminato con piombo (Cv III IX 8) o piombato vetro (If XXIII 25; cfr. Pd II 89-90): Cv III VII 4 E certi [corpi]... divegnono sì raggianti, che... non si lasciano vedere sanza fatica del viso, sì come sono li specchi; VII 9 e 10, IX 10 coloro che vogliono far parere le cose ne lo specchio d'alcuno colore, interpongono di quello colore tra 'l vetro el ' piombo, si che 'l vetro ne rimane compreso; Pg XV 16 da lo specchio / salta lo raggio a l'opposita parte (associato con l'acqua, come in XXIX 69, qui tuttavia a rappresentare dinamicamente il fenomeno della riflessione); XV 75 come specchio l'uno a l'altro rende, efficace brachilogia per " ciascuna anima riversa su tutte le altre il bene che riceve da Dio, così come molti specchi si riflettono a vicenda la luce " (Sapegno); XXV 26 al vostro guizzo, / guizza dentro a lo specchio vostra image (Ottimo: " Ed impertanto noi non siamo in quello specchio, né alcuna cosa di noi non v'è; ma l'ombra nostra, che in quello specchio terso e pulito si riceve, ne rappresenta: così in queste anime non v'era magrezza, ma umbratile magrezza "); XXXI 121 Come in lo specchio il sol, non altrimenti / la doppia fiera dentro [negli occhi di Beatrice-teologia] vi raggiava; Pd II 97 e 101 (ambedue al plurale, in sede di dimostrazione sperimentale); XV 113, XXVIII 4. Nel senso proprio anche in Fiore CXLIII 12, CXLIV 2 e 4, CXLVI 10.
Per estensione spontanea (v. SPECCHIARSI), " qualsiasi cosa lucida e liscia che funga da specchio ": Pd XVII 123 quale a raggio di sole specchio d'oro, propriamente " una lamina aurea "; ma anche (unica occorrenza della prima cantica) la perifrasi lo specchio di Narcisso per " l'acqua " di una fonte (If XXX 128; Fedro: " in speculo aquarum "), ripresa dal Saviozzo in altro e metaforico registro (per la bellezza del giovinetto stesso).
Con ulteriore acquisto in senso traslato, in rapporto ad allegorie o figure divine: Cv III XV 5, per esatta citazione della biblica Sapienza (7, 26) adibita a esaltare la filosofia - Donna gentile: Essa è candore de la etterna luce e specchio sanza macula de la maestà di Dio (la Vulgata: " speculum... Dei maiestatis "). Su linee in qualche modo parallele possono collocarsi alcuni usi figurati del poema, di vario tenore fantastico: i Troni sono specchi... / onde refulge a noi Dio giudicante (Pd IX 61), " da cui viene riflessa " su Cunizza come sulle altre anime la luce di Dio giudice, quella stessa che si riverbera nello splendore di Cacciaguida, specchio beato (XVIII 2) assorto nella sua visione di giustizia futura. Di qui si perviene - attraverso " immagine luminosa " o " riflesso lucente " e con un trapasso affine a quello verificabile per ‛ vista ' - alla metafora di " astro " o " pianeta ": il sole è quello specchio / che sù e giù del suo lume conduce (Pg IV 62), in quanto corpo radioso ove insieme si riflette la luce divina e " in quo se cetera lumina speculantur " (Benvenuto); Saturno semplicemente s., in un passo ove la replicatio del termine raggiunge l'intensità di un motivo chiave (Grabher), e quasi di un supremo prodigio ottico: Ficca di retro a li occhi tuoi la mente, / e fa di quelli specchi a la figura / che 'n questo specchio ti sarà parvente (Pd XXI 17-18). Inoltre il sintagma ‛ fare s. di qualcosa a ' per " rispecchiarla in " (e, in giunzione a ‛ occhi ', " contemplarla ") trova un ideale complemento in quello impiegato in XIX 29 'n cielo altro reame / la divina giustizia fa suo specchio (" si rispecchia direttamente in un altro ordine d'intelligenze motrici "), a sua volta allusivo a Pd IX 61-63.
Si isola - e non solo in virtù di una maggiore tensione espressiva - Pg XXVII 103, con la parlata di Lia: Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno; / ma mia suora Rachel mai non si smaga / dal suo miraglio, e siede tutto giorno. Qui infatti - attraverso un raffinato gioco solo apparentemente sinonimico fra s. e il prestito transalpino - il termine viene a significare " coscienza interiore " o " autocoscienza ", suggerendo un possibile richiamo al Guittone delle Lettere: " Lo specolo della intellettuale nostra mente tuttor veglia ". Puntualissimo il Buti: " per avere complacenzia di me quando io mi specchierò, cioè quando io esaminerò e considererò nella mia coscienza, che è lo specchio d'ogni uno, quali siano l'opere mie "; in contrapposizione a miraglio (v.) che per lo stesso esegeta è la contemplazione " mentale " (e in ultima analisi Dio stesso) in cui Rachele, come dice Benvenuto, " quiescit ".
2. La forma ‛ speglio ', che è allotropo occitanico (provenzale espelh) di ‛ specchio ', ne ripete in un'orbita più ristretta quasi lo stesso ambito semantico. È infatti attestato soltanto in quattro luoghi della Commedia, tutti in rima, con percentuale assai ridotta rispetto a ‛ specchio ' ma prevalenza ancor più marcata nella terza cantica, specie per il registro metaforico.
Sta di fatto che il valore letterale è assicurato appena dal sintagma ‛ fare s. di qualcosa ' per " rispecchiarvi " e quindi (detto degli occhi) " vedere ": far migliori spegli / ancor de li occhi (Pd XXX 85, in rima con svegli, immegli), letteralmente " rendere i miei occhi specchi più perfetti " o capaci di riflettere sempre meglio la realtà, dunque cogliere e contemplare il vero oltre l'apparenza degli umbriferi prefazi; analogamente a quanto verificato (XXI 17) per l'allotropo volgare.
Da questo piano ci si distacca con If XIV 105 Roma guarda come süo speglio (in rima con meglio, veglio), dove le solenni implicazioni allegoriche del Veglio di Creta (v.) autorizzano l'accezione " modello ", " esemplare ", ma insieme " fine ultimo " (assente nel repertorio di ‛ specchio '): in altre parole, l'umanità volge le spalle alle sue origini (l'Oriente) e fissa lo sguardo a Roma come all'unica sua possibile realizzazione, s. da cui dovranno irradiarsi i due soli.
Più agevolmente si giustificano gli altri usi traslati, per Dio stesso, definito ora lo speglio / in che, prima che pensi, il pensier pandi (Pd XV 62; ancora in rima con veglio e meglio; Sapegno: " in cui come in uno specchio ogni pensiero umano si riflette prima ancosa che sia pensato "; perciò i beati vi leggono direttamente i pensieri altrui: cfr. IX 20-21 e 73-75; anche VE I II 3: cfr. 3.), ora, con supremo bisticcio, il verace speglio / che fa di sé pareglio a l'altre cose, / e nulla face lui di sé pareglio (XXVI 106), in rima con meglio, pareglio. Ineccepibile la chiosa di Benvenuto: " Deus omnia comprehendit et continet in se, et non e converso... quia nulla res est in qua appareat totus Deus tamquam in speculo, sed bene omnia apparent in speculo Dei ".
3. La forma ‛ speculo ', schietto latinismo già duecentesco (tra i volgarizzatori e Guittone), resta in D. affidata a un sol luogo della Commedia (Pd XXIX 144), nel plurale, col valore metaforico di " angeli " già acquisito per l'allotropo volgare.
Vi si adombra la prodigiosa integrità dell'etterno valor anche dopo la creazione degli angeli in cui esso ha moltiplicato la propria immagine, poscia che tanti / speculi fatti s'ha in che si spezza, " tanti specchi, quanti sono in numero essi angeli... nei quali raggiando diversamente si divide, rimanendosi uno e intero in sé, com'era innanzi alla creazione di quelli " (Vellutello). Il Sapegno rileva la stessa filigrana stilistica in XIII 55-60 (v. SPECCHIARSI) e un'affinità concettuale in Ep XIII 60 (omnis essentia et virtus procedat a prima, et intelligentiae inferiores recipiant quasi a radiante, et reddant radios superioris ad suum inferius ad modum speculorum); mentre il Torraca sottolinea la pertinenza del paragone rinviando a un analogo di fra Giordano XIX (" Come lo specchio quando è intero, che mostri una faccia, e quando l'hai rotto in più parti, in tutte è interamente quel medesimo volto "). Forse più utile (anche in rapporto a ‛ speglio ') porre l'accento sulla profonda consonanza fra Pd XXIV 142-145 e VE I II 3 (Cum igitur angeli ad pandendas gloriosas eorum conceptiones habeant promptissimam atque ineffabilem abilem sufficientiam intellectus, qua vel alter alteri totaliter innotescit per se, vel saltim per illud fulgentissimum speculum, in quo cuncti repraesentantur pulcerrimi atque avidissimi speculantur): dove speculum " è Dio stesso, la Causa somma " (Marigo), origine appunto dei tanti speculi del nostro passo.