SPECIE (XXXII, p. 323)
Oltre al criterio morfologico e a quello genetico, un altro cui i sistematici dànno grande valore nella definizione della specie è quello ecologico-geografico. Gl'individui di una specie, oltre alla somiglianza morfologica e fisiologica e alla fecondità costante, hanno un genere di vita simile, e sono distribuiti in un'area definita. L. Cuénot (1936) affema quindi che una "buona specie" si riconosce per tre coppie di criteri: morfologia e fisiologia, ecologia e distribuzione, fecondità interna e sterilità esterna, che egli propone di indicare rispettivameme con i simboli MES. La grande maggioranza dei casi rientra in questa definizione; i casi dubbî sono quelli in cui mancano una o due delle coppie di criterî. Vi sono per esempio forme morfologicamente ed ecologicamente ben separate, e tuttavia feconde (ME); forme morfologicamente indistinguibili, ma differenti per ecologia e distribuzione, e sterili (ES). In questi casi è questione d'opportunità il considerare tali forme come appartenenti a specie distinte, o no.
Molto notevoli sono i lavori di Th. Dobzhansky, recentemente riassunti in un volume, che considera la questione della specie dal punto di vista genetico. L'autore propone una nuova definizione che consiste nel considerare la specie come quello stadio del processo evolutivo "in cui una serie di forme che originariamente s'incrociavano inter se, si scinde in due o più serie distinte, che sono fisiologicamente incapaci di incrociarsi". È quindi una definizione che mette in evidenza soprattutto la natura dinamica del concetto di specie, e che, come si vede, si basa essenzialmente sul criterio genetico, il quale è indubbiamente il fondamentale. Naturalmente è applicabile soltanto a quegli organismi che si riproducono per via sessuata; in quelli che si riproducono asessualmente (per es., batterî ed altri microrganismi) non si dovrebbe parlare di "specie" nel senso che si dà a questa parola quando si applica agli organismi che si riproducono sessualmente. Tanto il Cuénot quanto il Dobzhansky esaminano poi lungamene il processo di formazione di nuove specie in base ai dati forniti dalle moderne ricerche della genetica. Il Cuénot cerca poi di omologare le numerose e varie denominazioni introdotte da molti autori per indicare diversi gruppi di ambito inferiore e superiore alla specie.
Si può dunque concludere: 1. che, sebbene i criterî morfo-fisiologici, ecologici e geografici siano di grandissima utilità e praticamente insostituibili per gli scopi della sistematica applicata, il criterio genetico rimane quello fondamentale e sostanziale, da un punto di vista teorico; 2. che l'orientamento delle ricerche moderne rafforza sempre più l'opinione che nuove specie vadano differenziandosi, dal seno di specie preesistenti, in seguito a processi diversi: mutazioni fattoriali susseguentisi, riassettamenti varî del corredo cromosomico, ecc., favoriti, eventualmente, da cause esterne, come l'isolamento geografico, ecc. 3. che il concetto di specie come entità biologica fondamentale non ha perso il suo valore, né è da ritenersi come una categoria creata dalla mente umana, ma rimane come l'espressione di realtà naturali essenzialmente discontinue.
Il computo delle specie animali descritte fino al 1935, in confronto con le 4263 conosciute da Linneo nel 1758, è il seguente (sec. H.S. Pratt, da Dobzhansky, 1937): Artropodi 640.000; Molluschi 70.000; Cordati 60.000; Protozoi 15.000; Celenterati 9500; Anellidi 6500; Platelminti 6000; Echinodermi 4800; altri gruppi 10.965. Totale 822.765.
Il numero delle piante descritte è di circa 233.000. Per alcuni gruppi, come gl'Insetti, che comprendono da soli più della metà delle specie descritte, sono prevedibili aumenti molto notevoli, col procedere del tempo. La cifra di 1.500.000 specie esistenti, fra piante e animali, appare inferiore alle più prudenti previsioni.
Bibl.: Th. Dobzhansky, A critique of the species concept in biology, in Philos. of Science, II (1935), pp. 344-355; id., Genetics and the origin of species, New York 1937; L. Cuénot, L'espèce, Parigi 1936.