SPECIFICAZIONE
. Diritto. - È la trasformazione di una materia prima in un oggetto avente un'essenza propria, cioè una sua funzione economico-sociale. Materia o materia et substantia si dice la materia prima adoperata; species, la cosa nuova, l'oggetto lavorato. Controverso era tra i giureconsulti romani se la specificazione producesse acquisto della proprietà. I Sabiniani, riponendo l'essenza della cosa nella materia prima, negavano l'acquisto, per modo che il proprietario della materia conservava la proprietà della nuova species; i Proculeiani, al contrario, attribuivano la proprietà allo specificatore. Nell'ultimo periodo della giurisprudenza classica, secondo quanto generalmente si ritiene, o nell'età postclassica, come è forse più probabile, una dottrina eclettica pervenne a una soluzione media attribuendo la proprietà della species al proprietario della materia, se la species era riconducibile alla materia prima (statua d'argento, vaso di bronzo); allo specificatore, nel caso contrario (statua di marmo). Questa dottrina fu accolta da Giustiniano con alcuni adattamenti: se lo specificatore adopera materia, in parte propria in parte altrui, diventa in ogni caso proprietario della species, anche se è possibile la sua riducibilità alla materia prima; lo specificatore non diventa proprietario, se è in mala fede e se la cosa specificata è furtiva. Al proprietario della materia, che perde il suo diritto per l'avvenuta specificazione, o allo specificatore nella specificazione di cosa riducibile alla materia prima, spetta un indennizzo conseguibile con l'exceptio doli se ha nella sua disponibilità fisica la cosa; altrimenti, con azioni obbligatorie. Giustiniano concede al proprietario della materia la rei vindicatio utilis per conseguire non già la cosa, divenuta di proprietà dello specificatore, ma il risarcimento.
Il diritto civile italiano prescinde dal criterio della riducibilità o irriducibilità, della species alla materia e parte dal principio che la trasformazione non estingue la proprietà della materia prima, facendo obbligo al proprietario della materia di rimborsare l'artefice della mano d'opera (art. 468 cod. civ.). Questo principio è, peraltro, adottato non senza temperamenti. Se la mano d'opera ha peso così prevalente da sorpassare di molto il valore della materia adoperata, l'artefice ha diritto a ritenere la cosa nuova pagando al proprietario il prezzo della materia (art. 470 cod. civ.). Se l'artefice ha adoperato materia, in parte propria in parte altrui, in guisa che né l'una né l'altra sia interamente trasformata ma non possa l'una dall'altra separarsi senza guasto, la cosa nuova non è attribuita né all'uno né all'altro, ma rimane comune ai due proprietarî e la quota di partecipazione è determinata, per l'uno, in ragione della materia che gli apparteneva, per l'altro, in ragione della sua parte di materia e del valore della mano d'opera impiegata (art. 469 cod. civ.).
Bibl.: C. Ferrini, Appunti sulla dottrina della specificazione, in Bull. ist. dir. rom., II (1889), p. 182 segg. (ora in Opere, Milano 1930, IV, p. 44 segg.); id., Manuale di Pandette, Milano 1904, pp. 363-68; S. Perozzi, Materia e species, in Bull. ist. dir. rom., III (1890), p. 212 segg.; id., Ist. di dir. rom., 2ª ed., Roma 1928, I, pp. 686-90; M. Pampaloni, Osservazioni sull'art. 469 cod. civ., in Studi senesi, IX, p. 99 segg.; R. De Ruggiero, Istituzioni di diritto civile, 6ª ed., Messina s. a., II, p. 433 seg.