Vedi SPELLO dell'anno: 1966 - 1997
SPELLO (v. vol. VII, p. 438)
Le ricerche sul centro antico di S. hanno interessato negli ultimi anni anche il territorio circostante, che ha restituito alcune necropoli. Tombe a fossa sono venute alla luce lungo la strada di collegamento per Assisi e in località S. Luciola; più recentemente è stata scavata dalla Soprintendenza una tomba dello stesso tipo, a pianta rettangolare (m 1,95x0,75). Il corredo, deposto all'esterno della fila di pietre che la delimitava, consiste in sette olle d'impasto bruno e in un'anfora biansata con corpo ovoidale, nel cui interno era presente una fibula bronzea del tipo Certosa, che consente di fissare la cronologia al V sec. a.C. Una seconda necropoli (scavi 1977-79), situata in pianura, in località Portonaccio-Via Baldini, oltre il confine meridionale del centro antico, presenta tracce di frequentazione comprese tra il tardo VII e il I sec. a.C. Era costituita da tombe a fossa con inumati accanto a semplici olle cinerarie. Il suo sviluppo è ben leggibile in una tomba della fine del IV sec. a.C. e in altre due del III sec. a.C.: con i materiali d'impasto tipicamente locali, sono presenti anche materiali ceramici e metallici di maggiore pregio provenienti dall'area etrusca. A livelli poco più alti erano inoltre presenti un bustum, che ha restituito frammenti di un letto funebre in osso e un'ustrina.
Il nucleo insediativo contemporaneo alle necropoli dell'Età del Ferro comincia a emergere solo grazie alle più recenti acquisizioni, mentre le fonti sono assai parche di dati per ciò che riguarda l'epoca antecedente al I sec. a.C. Nei saggi effettuati accanto alla chiesa di S. Andrea, sono emersi, poco sopra la roccia, strati con materiali d'impasto, databili tra il VII e il IV sec. a.C., riferibili ai contesti insediativi più antichi dei quali la limitata estensione degli scavi non ha permesso di chiarire né la consistenza né i moduli.
Della primitiva urbanizzazione, sollecitata in gran parte dagli sconvolgimenti sociali causati dalla colonizzazione di Spoleto nel 241 a.C. e contemporanea ad altre città del territorio umbro, abbiamo documentazione nella costruzione di alcune strutture a secco nell'area di S. Andrea. Di poco più tardo è il terrazzamento del foro, in blocchi squadrati di calcare, e la fondazione di un edificio pubblico presso S. Rufino, di cui si è conservato solo il primo filare dei blocchi d'alzato. Appartiene alla stessa fase edilizia anche una strada glareata su più strati presente con andamento N-S, sotto la Porta Consolare, al di sotto della strada basolata di epoca più tarda. Alla stessa epoca sembra appartenere anche uno dei terrazzamenti all'interno del convento delle suore agostiniane in Corso Cavour.
Con la fine del I sec. a.C. le fonti letterarie e le iscrizioni cominciano a essere più ricche di informazioni. In piena età triumvirale viene fondata la colonia Iulia. Contemporaneamente la città adotta un nuovo e più concreto progetto urbanistico. Viene preliminarmente munita di un circuito di mura che si snoda con un perimetro di 1.800 m inglobando sette porte e tre posterule.
Alla fine del I sec. a.C. i dati archeologici dello scavo presso S. Andrea mostrano un intervento di tipo statico sul muro del foro, dove parte della muratura di fondazione a grossi blocchi squadrati viene sostituita con una solida opera cementizia che ingloba alle due estremità l'opera quadrata della fase precedente. Nel contempo i blocchi squadrati dell'alzato vengono rilavorati e riposizionati a ripristinare l'originaria opera quadrata. Sul medesimo lato (meridionale) è visibile un edificio in opera vittata prospiciente sul foro. Saggi di scavo hanno messo in luce nell'area meridionale esterna al foro resti di una domus della fine del I sec. a.C. È anche da ricordare che dalla zona proviene un'iscrizione con dedica ad Apollo (CIL, XΙ, 5261).
In questa fase della progettazione si realizza una viabilità interna alle mura, attuata talvolta anche attraverso le c.d. viae tectae, per raccordare tra loro le porte: un esempio è presente nel tratto compreso tra Porta Urbica e Porta Venere. Per l'epoca tardoantica, oltre alle testimonianze epigrafiche, sono presenti tratti di restauro delle mura augustee, lungo il lato occidentale del percorso.
Nella zona di Borgo, ai piedi del colle, si è potuta verificare l'immediata connessione, attraverso il decumano massimo afferente a Porta Consolare, della centuriazione di valle nel tessuto turbano del recente ampliamento coloniario.
La città romana, ubicata tra Foligno e Assisi, è collegata sul versante opposto della valle con i municipi romani di Mevania, Urvinum Hortense, Vettona.
Al rifornimento idrico della città e del territorio provvedeva la sorgente di Fontecanale che partendo da Collepino in località S. Silvestro, raggiungeva la città a Porta Montanara e, proseguendo attraverso l'odierna Via Giulia e la Via Garibaldi, fino alla Porta Consolare e alla Porta Venere, raggiungeva infine l'anfiteatro. Cunicoli per il deflusso delle acque dopo il loro utilizzo, sono stati rinvenuti presso il foro in località S. Andrea e lungo le mura. Alcune cisterne servivano la parte alta del centro, sotto il Colle dei Cappuccini.
L'area pubblica a settentrione della città, compresa tra l'attuale Villa Fidelia-Costanzi, il sottostante teatro e il vicino anfiteatro, acquista alla luce delle nuove ricerche una risonanza decisamente superiore a quella della città antica.
Sull'estrema propaggine del Monte Subasio una villa di tipo rinascimentale sorge su un antico santuario, utilizzandone le strutture architettoniche impostate scenograficamente sul pendio collinare. Del complesso sacro di epoca augustea, certamente sorto su preesistenze, restano oggi due possenti terrazzamenti a gradoni in opera cementizia rivestita di opera vittata. Nel corso dei lavori per la costruzione della villa, intorno al 1600, fu trovata un'iscrizione su un pavimento in mosaico (CIL, XΙ, 5264), che ricorda la dedica di una statua e di una base a Venere da parte dei duoviri quinquennali M. Granius e S. Lollius; furono inoltre rintracciati alcuni frammenti di una statua femminile.
Ricerche incrociate condotte su fonti storiche, dati d'archivio, cabrei, catasti storici ed elementi topografici rilevati sul sito, integrate con sondaggi geofisici, hanno permesso di formulare un'ipotesi di ricostruzione del santuario, dei suoi confini, delle sue evidenti connessioni con il teatro. Il riconoscimento della Chiesa di S. Fedele come fondazione di epoca tardoimperiale è stato elemento fondamentale per la delimitazione dei confini del santuario. La struttura, in opera mista, è probabilmente da riconnettersi con la fase tarda del complesso sacro ricordata dal Rescritto costantiniano (CIL, XI, 5265). Per la redazione dell'ipotesi ricostruttiva finale si è inoltre tenuto conto di un altro elemento essenziale: la posizione del teatro, attualmente quasi scomparso, a eccezione di un residuo rivestito in opera vittata ancora in situ. Sono stati utilizzati a questo scopo dati d'archivio risalenti a un periodo precedente al 1830 e le rappresentazioni pittoriche presenti nella sala «degli Zuccari» presso il Palazzo Comunale. Coadiuvati dai risultati delle indagini geofisiche essi danno modo di posizionare in modo topograficamente puntuale alcune arcate dell'edificio, secondo quanto testimoniato dallo storico Fausto Gentile Donnola. Il monumento, costruito contemporaneamente al santuario di epoca augustea, doveva sottostare alle complesse leggi della prospettiva e dovette essere ingrandito in epoca costantiniana allorché il complesso pubblico teatro-tempio-anfiteatro ormai concluso doveva necessariamente permettere un grande afflusso di persone, come si può dedurre dalla descrizione della festa presente nel Rescritto. Recenti scavi effettuati dalla Soprintendenza hanno messo in luce resti di decorazione architettonica fittile di II-I sec. a.C. e frustuli di bronzo pertinenti a un precedente santuario italico. Attinente al complesso era inoltre l'impianto termale situato presso l'adiacente Chiesa di S. Claudio, e un insediamento rustico localizzato a valle del santuario in località Casa Silvi, presso il quale è stata rinvenuta un'iscrizione dedicatoria a Minerva. Dell'area pubblica, infine, faceva parte l'anfiteatro, la cui tecnica costruttiva appare leggermente più tarda rispetto a quella del santuario.
Il percorso stradale che usciva da Porta Venere/Torri di Properzio costeggiava l'anfiteatro e le terme presso S. Claudio, passava davanti al santuario e si dirigeva quindi verso Perugia.
Il complesso pubblico perfeziona la sua forma globale nella prima epoca augustea, contemporaneamente. alla realizzazione delle mura e della sua centuriazione. Lo schema definitivo risale al IV sec. d.C.: nel Rescritto costantiniano, risalente agli anni tra il 333 e il 337 d.C., l'imperatore su richiesta degli abitanti della città concede alla popolazione umbra di potersi riunire, per celebrare i ludi scenici e gladiatorî, non più a Volsinii, insieme con le popolazioni etrusche, ma presso Spello. Alla città viene attribuito l'appellativo di Flavia Constans, alla condizione che venga costruito un tempio alla gens Flavia e che il tempio stesso non venga «contaminato dagli inganni di qualsiasi contagiosa superstizione». Il prezioso testo epigrafico, rinvenuto a valle del santuario, testimonia che la struttura sacra teatro-tempio esisteva in epoca antecedente al Rescritto e dovette servire in quell'epoca per le riunioni annuali della lega delle popolazioni umbre. La singolare posizione geografica del santuario appare particolarmente strategica all'interno della vallata umbra, all'imbocco del diverticolo della Via Flaminia verso Perusia e in collegamento visivo e ideologico con i santuari presso Mevania, Vettona, Urvinum Hortense, Trebiae.
Nel 1979 è stata rinvenuta in Via Baldini, ai confini meridionali della città, una villa del I-II sec. d.C. di cui si sono evidenziati in maniera non completa la parte rustica, quella residenziale e la zona termale. Lo scavo è stato particolarmente importante sia per lo studio dell'inserimento della villa nel contesto centuriale, sia per la presenza di un tipo di anfora locale, particolarmente diffuso in tutta l'Italia centrale nella seconda metà del II sec. d.C. e che da S. prende il nome. Un approfondimento dello studio della divisione del territorio attorno al municipio ha portato ad analizzare con maggiore attenzione l'epistola in cui Plinio (VIII, 8), trattando delle Fonti del Clitunno, precisa che alcune loro pertinenze sono attribuite alla colonia di Hispellum.
La ricostruzione grafica dell'assetto centuriale attinente alla colonia è stata resa possibile attraverso la conoscenza di dati incrociati, tenendo conto della toponomastica, dei risultati degli scavi e delle ricerche di superficie, della presenza di monumenti in situ, dei vecchi catasti, delle cartine I.G.M. e delle foto aeree. L'impianto catastale appare esteso a tutte le aree della pianura a esclusione di quella in cui si estendeva ancora il Lacus Umber.
L'allineamento delle mura nella zona di Borgo, l'impianto del santuario presso Villa Fidelia e la villa di Via Baldini hanno contribuito in maniera decisiva alla ricostruzione della trama centuriale.
Sembra chiaro, come riporta anche il testo di Igino Gramatico (175, ed. Lachmann), che il territorio della città dovette estendersi oltre i confini originarî. Ciò è probabile soprattutto in considerazione della situazione dei territorî attorno alle Fonti del Clitunno e in agro di Arna: furono attribuiti, infatti, a S. vaste e fertili zone, espropriandole a centri umbri che evidentemente non godevano dei favori di Augusto. Sembra ovvio pensare che alla città fosse assegnato un ruolo geografico-strategico assolutamente primario tra i centri della vallata umbra e il controllo delle principali vie d'acqua (Clitunno) e di terra (Flaminia) della pianura.
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