spera
Il vocabolo, che deriva dal greco σφαῖρα, attraverso il latino sphaera (latino medievale spera), appare sempre in D. con tale ultima forma. Nella Commedia s. è usato più volte in rima, mentre l'omofono dal verbo ‛ sperare ' non appare mai in questa posizione.
I vari significati del latino sphaera (" palla ", " sfera ", cioè figura geometrica solida racchiusa da una superficie curva, che è il luogo dei punti equidistanti da un punto interno, il centro; " superficie che racchiude la sfera ", " volta celeste ") si continuano nelle lingue romanze (italiano sfera; spagnolo espera; francese sphère), nelle quali il vocabolo tende per lo più a specializzarsi o a essere usato in senso figurato. Già nel latino medievale s. è usato più frequentemente, in accordo con la sua origine colta, come termine cosmologico per indicare " ciascuna delle regioni sferiche sulle quali sono situati i diversi astri e tra le quali si suddivide lo spazio celeste " (per estensione si giunge talora al significato di ‛ astro '). Anche D. usa per lo più s. nel significato tecnico ora definito (v. CIELO); ma il vocabolo è presente nella sua opera con varie accezioni.
L'espressione ‛ s. del sol ' ricorre in alcune descrizioni di fenomeni naturali: in una petrosa, la spera del sol ch'ora la [la rena d'Etiopia] scalda (Rime C 16), dove si accenna alla causa per cui si leva il vento, cioè l'evaporazione proveniente dalla rena riscaldata dal sole; nella similitudine che precede le visioni d'ira mala della terza cornice: come, quando i vapori umidi, e spessi / a diradar cominciansi, la spera / del sol debilemente entra per essi (Pg XVII 5), dove si è notato che il sole è in tal modo più propriamente definito, perché " per la sua attenuata luminosità, in tale circostanza si riesce a vedere nettamente ritagliato nei suoi contorni " (Mattalia). Così spera del sole di Cv III V 21 è espressione adeguata al tono scientifico del capitolo, nel quale si parla appunto dell'astro che ha compiuto il giro annuo dell'intera eclittica.
Una vera e propria crux interpretum si è incontrata nel definire il significato di s. in Pg XV 2 Quanto tra l'ultimar de l'ora terza / e 'l principio del dì par de la spera / che sempre a guisa di fanciullo scherza. Considerando che s. è il termine usato più volte nel Convivio e nel Paradiso in luogo di ‛ cielo ', alcuni commentatori ritengono che qui D. si riferisca al ‛ cielo del Sole ' (o al ‛ cielo Stellato ', secondo altri). Tuttavia la tesi più seguita ai giorni nostri vuole che qui s. designi tout court il sole, il quale scherza, cioè si nasconde e riappare continuamente alla vista degli uomini (cfr. Pg IV 62-63 quello specchio / che sù e giù del suo lume conduce). A tale proposito bisogna ricordare che, fin dai primi testi lirici, il termine s., da solo o, più frequentemente, con determinazione aggettivale, deriva dal significato primario di " cerchio di raggi luminosi che si partono da una fonte " il significato più generico di " luce ", sia in senso proprio (luce del sole, di una stella e quindi " astro lucente "), sia in senso figurato, con riferimento cioè alla donna amata (secondo una metafora tradizionale, confortata dalla credenza dell'influsso benefico degli astri). Nei Siciliani ricorre più volte l'espressione " chiarita spera " (per es. Re Enzo Amor mi fa 39, Re Giovanni Donna audite 7); in Iacopone ‛ spereiare ' ha il valore di " raggiare ": cfr. Amor, diletto 17. Insomma, s. appare laddove si vuole esaltare una particolare condizione di luminosità, particolarmente di luminosità trasparente. A tale proposito, si ricordi che in molti dialetti sono vivi ancora oggi i derivati di ‛ sperare ', " guardare attraverso la luce " (per es. un uovo).
Il significato fondamentale di " sfera " appare in If XXXIV 116 tu haï i piedi in su picciola spera / che l'altra faccia fa de la Giudecca. Si indica una superficie sferica volta verso l'emisfero australe, la quale costituisce la faccia opposta della Giudecca. Altri commentatori intendono invece " superficie circolare piana ".
Il significato più frequente di s., sia nella Commedia che nel Convivio è quello di " cielo ", ovviamente inteso secondo i principi della cosmologia aristotelico-scolastica. Questa equivalenza è resa esplicita per es. in Cv II III 17 uno cielo per sé, o vero spera; cfr. anche la spera ottava di Pd II 64, che al v. 115 diventa lo ciel seguente. Per evitare la ripetizione di ‛ cielo ' e per esigenze di rima D. alterna questo termine con s. (cfr. anche ‛ rota ').
Con tale significato s. appare usato sia con una specificazione, sia assolutamente. Il Primo Mobile è la spera che più larga gira (Vn XLI 10 1, anticipato al § 2), la nona spera (Cv II XIII 8); l'Empireo è la spera supprema (Pg XV 52, Pd XXIII 108), l'ultima spera (Pd XXII 62); mentre la spera più tarda (III 51) è il cielo della Luna (v. sub voce), il più lento, perché percorre intorno alla terra un'orbita di minor raggio. Il cielo di Mercurio è la spera / che si vela a' mortai con altrui raggi (Pd V 128), la quale, avendo la sua orbita prossima al sole, più va velata de li raggi del Sole che null'altra stella (Cv II XIII 11).
Il cielo delle Stelle fisse è la spera ottava di Pd II 64 (cfr. Cv II III 3 e 5), la stellata spera di Cv II V 16 (cfr. XIII 8).
Il cielo di Venere è definito la grande spera (II III 16), in contrapposizione a speretta, di cui si parla nello stesso luogo.
Indica il cielo sul quale eran poste la Terra e Anticthona (Cv III V 4).
Con lo stesso significato di " cielo " e senza elemento di determinazione, s. ricorre in Pd III 111 e IV 38, sempre a indicare il cielo della Luna; questa spera (IX 110) è il cielo di Venere; le sette spere (XXII 134) sono i sette cieli dalla Luna a Saturno; l'influsso benefico dei cieli è 'l frutto / ricolto del girar di queste spere (XXIII 21; ma l'interpretazione del passo è controversa: v. FRUTTO).
In Detto 191-192 s. vale propriamente " astro " (Parodi) e forma una rima equivoca con s. nel senso di " speranza " (v. voce seguente): Perch'i' a quella spera / ho messa la mia spera.
In If VII 96 [la Fortuna] volve sua spera e beata si gode, s. indica la ruota della Fortuna (dal confronto con XV 95 si evince l'identico significato di s. e rota): " nell'immagine della spera, richiamata da tutto lo svolgimento della tesi, viene a inserirsi quella, tradizionale, della ruota della fortuna " (Sapegno).
Un senso analogo al precedente, di " cerchio concentrico " ruotante intorno a un asse immobile, appare in Pd XXIV 11 quelle anime liete / si fero spere sopra fissi poli (" come li cerchi girano sulli perni che stanno saldi, così si girano quelli beati spiriti sopra la beatitudine e felicità sua, che era ferma come perno ", Buti). Secondo altri commentatori le anime si sarebbero disposte in modo da formare diverse s. concentriche, che ruotano su due poli e hanno come asse il corpo di Dante. Ma il duplice paragone (cfr. vv. 13-15) sembra indicare piuttosto un duplice movimento delle anime: di rotazione su sé stesse e di traslazione in circolo.
In Pd XXIV s. ritorna altre due volte con un'accezione in parte diversa da quella del v. 11. Si nota una diminuita insistenza sull'aspetto tecnico dell'immagine, pertanto s. indica più propriamente " corona ", " circolo di beati ": da quella bella spera mi disleghe (v. 30: s. Pietro, rivolgendosi a Beatrice, dice che ella lo fa uscire dalla corona di anime danzanti); l'alta corte santa / risonò per le spere un ‛ Dio laudamo ' (v. 113). In XXV 14 si mosse un lume... / di quella spera ond'uscì la primizia / che lasciò Cristo d'i vicari suoi, D. si riferisce a una particolare corona di beati, quella dove sono gli Apostoli.
Bibl. - M. Marti, " Spera " in due luoghi del Purgatorio dantesco, in Realismo dantesco e altri studi, Milano-Napoli 1961, 101-107.