SAVELLI, Sperandio
(Sperandio da Mantova). – Nacque a Mantova nel terzo decennio del XV secolo, figlio dell’orefice Bartolomeo di Sperandio Savelli, che risulta iscritto alla corporazione degli orefici di Mantova nel 1433 e al servizio di Niccolò III d’Este a Ferrara nel 1437, dove probabilmente si trasferì con la famiglia (Venturi, 1888, pp. 385 s.). Ignoto è invece il nome della madre, che nel 1457 risulta risiedere a Mantova (Archivio di Stato di Milano, Diplomatico, Autografi, Uomini celebri dell’arte, Artisti diversi, scat. 93: Orefici gioiellieri, n. 15.986, Sperandio Bartolomeo, 8 luglio 1457). È ipotizzabile che la formazione di Sperandio si sia svolta nella bottega del padre.
A partire dal 1445 i Savelli iniziarono a ricevere commissioni (per opere di oreficeria oggi perdute), pagamenti e favori da Lionello d’Este (Venturi, 1888, p. 386). Nei primi anni Cinquanta anche Borso d’Este ebbe relazioni con questa famiglia: in un primo momento commissionando lavori a Bartolomeo (Franceschini, 1993, docc. nn. 646bbb, 661ii), poi incaricando Sperandio, che però nel 1451 non era più rintracciabile nei territori estensi: è nota infatti una lettera di Barbara di Brandeburgo, moglie di Ludovico Gonzaga, che riferì a Borso di non aver trovato «Sperandeo aurifice» nei propri domini e che, se lo avesse rintracciato, si sarebbe impegnata a inviarlo a Ferrara (Venturi, 1889, p. 229). Questa missiva conferma sia quanto Sperandio fosse ancora legato alla sua città natale, sia quanto tenesse a lui il signore di Ferrara, dove di certo l’anno seguente l’artista rientrò (Franceschini, 1993, docc. nn. 860d, 725d-725u).
L’8 luglio 1457 morì Bartolomeo, che negli ultimi anni aveva instaurato un rapporto di committenza con gli Sforza (Malaguzzi Valeri, 1908, p. 13). Anche Sperandio entrò in relazione con la corte milanese, allontanandosi da Ferrara forse a causa della peste che colpì la città tra il 1463 e il 1464. L’artista ricevette un pagamento per lavori (non specificati) eseguiti per conto della corte lombarda dal 1460 al 1466, anno della morte del duca Francesco (De Foville, 1912, pp. 430 s.; Hill, 1930, scheda n. 361). In questa circostanza Sperandio realizzò la medaglia del signore traendo spunti dalle invenzioni di Pisanello e dalle novità di Matteo de’ Pasti, ma realizzando una tipologia inedita: l’artista ritrasse il signore di tre quarti e modellò nel rovescio un edificio (fortemente affine a quello del disegno del Maestro dell’Album Soane, Parigi, Louvre, inv. n. 858 DR/2r). Non è noto se fu la prima medaglia realizzata da Savelli, ma certamente fu in tale periodo che l’artista iniziò a dedicarsi con intensità a quest’arte utilizzando la tecnica della fusione. Risalgono probabilmente agli stessi anni altre medaglie, tra cui quelle con i ritratti di Bartolomeo Pendaglia e Lodovico Carbone (Hill, 1930, schede nn. 356, 359, 360).
Morto lo Sforza, Savelli tornò a Ferrara. Nel 1466 Borso gli chiese di restituire i compensi ricevuti dalla corte estense allorché si trovava fuori città, permettendogli di mantenere la metà di quelli che aveva invece incassato nel periodo della peste (Venturi, 1888, p. 387). Tra il 1466 e il 1468 Sperandio continuò a ricevere favori e compensi da Borso, confermandosi uno degli artisti più stimati dalla corte (Franceschini, 1993, docc. nn. 1057f, 1060p; Venturi, 1888, p. 387).
Alla morte di Borso si adoperò per essere confermato da Ercole I. Inviò una lettera al nuovo duca nella speranza di ottenere qualche «provisioncella», allegando inoltre una medaglia con il ritratto del principe, come saggio delle proprie abilità (Venturi, 1888, pp. 389 s.; Hill, 1930, scheda n. 364).
Negli anni Settanta ottenne numerose commissioni anche al di là di quelle ducali, tra cui le medaglie per Tito Vespasiano Strozzi, che forse fu ritratto da lui anche su una serie di placche metalliche (Hill, 1930, scheda n. 394; Lloyd, 1987, pp. 104-112; Valiela, 2011), Giustiniano Cavitelli, Simone Ruffini e Prisciano Prisciani (Hill, 1930, schede nn. 357, 373-374).
Lo stile di queste opere testimonia la stretta vicinanza dell’artista ai modi della pittura ferrarese: le iconografie dei rovesci di alcune sue medaglie si legano agli stessi testi magico-astrologici che ispirarono il ciclo dei Mesi di palazzo Schifanoia (Scansani, 2016).
Nel 1473 Savelli progettò opere onorarie e apparati per le nozze tra Ercole I d’Este ed Eleonora d’Aragona (Franceschini, 1995, doc. n. 36r), tra cui la medaglia commemorativa degli sposi e, secondo alcuni studiosi, anche il rilievo marmoreo con il ritratto di Eleonora al Rijksmuseum di Amsterdam (Christiansen, 2011, scheda n. 84).
Nell’anno seguente Nicolò, figlio di Sperandio da Mantova, fu condannato a morte per il crimine di lesa maestà nei confronti di Ercole I. La pena fu emessa da Agostino Bonfranceschi, a cui lo scultore dedicò una medaglia, forse proprio per ottenere clemenza per il figlio. Intervenne però il duca, che commutò la pena nella confisca dei beni e nella reclusione (Caleffini, 2006, pp. 75-77).
L’accidente non turbò i rapporti tra il signore di Ferrara e l’artista, che l’anno seguente (1475) ricevette l’incarico di scolpire due rilievi marmorei con il profilo di Ercole I per il Barco (la grande tenuta di caccia a nord della città di Ferrara), identificati con quelli conservati nella palazzina di Marfisa d’Este e al Louvre (Torresi, 2007, pp. 191-194).
Ercole I non assicurò a Savelli tutte le attenzioni riservategli dal predecessore Borso, ma nel 1476 lo nominò capitano della porta di S. Romano, garantendogli così il sostentamento (Caleffini, 2006, pp. 138, 160). Il 20 aprile dello stesso anno l’artista ricevette un pagamento per «imagines duas prefati illustrissimi domini nostri Ducis depinptas» (Venturi, 1888, pp. 390 s.).
Non è chiaro il materiale con il quale furono realizzate le due opere dipinte e se abbiano qualche relazione con i rilievi marmorei scolpiti nel 1475. Savelli avrebbe dato prova di riuscire con successo a declinare la sua creatività anche in pittura, come confermerebbe pure un documento del 1476 in cui è citato un «magister Sperandeus de Mantua pictor» (Franceschini, 1995, doc. n. 148b).
Negli anni seguenti il signore di Faenza Carlo Manfredi richiese Sperandio agli Estensi per impiegarlo nei lavori di decorazione della cattedrale faentina e stipulò con lui un contratto nel 1477 con cui l’artista si impegnò a lavorare «de brongio, de marmoro, di terre, di disignj, di piombo, de picture, de orfesaria» in cambio di un salario, di una casa e del sostentamento per «tre bocche» (Malagola, 1883, pp. 383 s.). La situazione però precipitò rapidamente: Galeotto, fratello di Carlo, con un colpo di mano prese il potere a Faenza, e durante i tumulti lo scultore fu vittima di un furto, così da decidere di lasciare la Romagna. Dei lavori faentini compiuti da Sperandio restano solo le medaglie dei due Manfredi che si succedettero nel dominio (Ferretti, 2011, pp. 52-59; Hill, 1930, schede nn. 379-380).
Giovanni II Bentivoglio accolse Savelli e la sua famiglia (la moglie Maria e i quattro figli: Camilla, Lucrezia, Laura e Beltrando) a Bologna, e inoltre scrisse a Lorenzo de’ Medici per chiedergli di intercedere sul nuovo principe di Faenza per far riavere all’artista i beni sottratti. Savelli a Bologna ebbe immediato successo come medaglista e, adeguandosi al gusto del capoluogo emiliano, ricevette commissioni dalle maggiori personalità, tra cui Virgilio Malvezzi, Guido Pepoli e lo stesso Giovanni II (Hill, 1930, schede nn. 380, 383, 393). Nel 1479 realizzò una medaglia perduta per «Jacobo de Gilio strazarolo» (forse identificabile con il bolognese Giacomo Gigli), che rifiutò di pagarlo: ne scaturì una controversia (Malaguzzi Valeri, 1896, p. 84 nota 3). Francesco Francia, chiamato a stimare la medaglia, giudicò positivamente la qualità dell’opera fissandone il valore in tre ducati d’oro (Venturi, 1888, p. 393; Malaguzzi Valeri, 1896, pp. 84-86).
Negli anni Ottanta Sperandio realizzò alcune sculture. Gli vengono attribuite delle Madonne in terracotta (Torresi, 2007, pp. 194 s.), in particolare quella proveniente da Budrio (di ubicazione sconosciuta) e quella conservata al Bode-Museum di Berlino (Bode, 1898). A queste date probabilmente risalgono decorazioni di chiese e palazzi (Malaguzzi Valeri, 1896) e busti-ritratti, tra cui quello per Niccolò Sanuti, per il quale Sperandio realizzò anche una medaglia (Venturi, 1889, p. 234; Hill, 1930, scheda n. 388).
La fama di Savelli, e forse la protezione da parte di alcuni Ordini religiosi, gli assicurarono la commissione del monumento funebre di papa Alessandro V nella chiesa di S. Francesco (1482-83), probabilmente in sostituzione del precedente sepolcro realizzato da Niccolò di Pietro Lamberti tra il secondo e il terzo decennio del XV secolo (Rubbiani, 1894, pp. 57 s.; De Foville, 1910, pp. 19-21). Risalgono forse a questa fase anche alcune placchette bronzee devozionali (Bode, 1905, p. 125).
Savelli ricevette commissioni di medaglie da personaggi di spicco sia di Bologna sia di altri principati italiani, tra i quali Giuliano della Rovere, Francesco Gonzaga e Federico da Montefeltro (Hill, 1930, schede nn. 389-390, 395; Christiansen, 2011, scheda n. 121). Nonostante ciò negli anni Ottanta si trovò in gravi difficoltà economiche, tanto che tra il 1486 e 1488 fu iscritto nel registro dei poveri bolognesi (Malaguzzi Valeri, 1896, p. 86).
La ricerca di nuovi committenti lo portò ad affidarsi alle raccomandazioni del vescovo Ludovico Gonzaga, che in una missiva al marchese Francesco II di Mantova attribuì a Sperandio anche le qualità di artigliere e di architetto (Venturi, 1888, p. 395). Si tratta di una notizia credibile, alla luce dell’ultima commissione bolognese: un modello per completare il campanile di S. Petronio nel 1490 (Zucchini, 1934; Fanti, 2003).
Nel 1491 Ercole I d’Este riaccolse Sperandio e lo aiutò a risolvere questioni legate alla sua città natale: una controversia relativa alla casa che Savelli possedeva a Mantova e la richiesta di grazia per un suo amico condannato a morte (Venturi, 1888, p. 394; Franceschini, 1995, doc. n. 787f; Toffanello, 2010, p. 316). Nel 1494 Sperandio decise di lasciare Ferrara: Ercole I si occupò di pagargli il trasporto per raggiungere Padova e ordinò di far portare a corte un blocco di marmo dalla casa dello scultore. Tale episodio conferma che Savelli continuò la propria attività (Venturi, 1888, p. 389; Franceschini, 1997).
Le tracce di Sperandio sembrano perdersi nel 1494 in direzione dei territori della Serenissima. Al vuoto documentario suppliscono le opere: le medaglie dei protagonisti vittoriosi della battaglia di Fornovo, il doge Agostino Barbarigo e Francesco II Gonzaga. Risale a questa fase anche la medaglia del mantovano Francesco Brognolo (Hill, 1930, schede nn. 400-402).
Nel 1496 Sperandio risiedeva e operava a Venezia come fonditore di cannoni per la Serenissima. Al lavoro come artigliere, che gli garantì una buona paga e apprezzamenti, l’artista affiancò la realizzazione delle sue ultime opere figurative: una placchetta per la Scuola di S. Marco e una medaglia con il ritratto di Antonio Vinciguerra (Hill, 1930, scheda n. 403). Venne inoltre probabilmente richiesto anche per alcune perizie. L’ultima sua traccia risale al 1504, quando gli venne revocato lo stipendio di artigliere poiché non più in grado di lavorare (M. Sanuto, Diarii, 1879; De Foville, 1912, pp. 432-434). Probabilmente attorno a questa data Sperandio Savelli morì.
Si chiuse così l’esperienza del medaglista più prolifico del Quattrocento (almeno 51 medaglie), artista errante ed eclettico, capace di passare dal disegno alla pittura, dalla terracotta al marmo, dall’architettura alla fusione di placchette e cannoni.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Diplomatico, Autografi, Uomini celebri dell’arte, Artisti diversi, scat. 93: Orefici gioiellieri, n. 15.986, Sperandio Bartolomeo, 8 luglio 1457; M. Sanuto, Diarii, I, a cura di F. Stefani, Venezia 1879, coll. 62, 268, 473, 964, 975, 1031, 1058, V, a cura di F. Stefani, 1881, coll. 107, 930, VI, a cura di G. Berchet, 1881, p. 54.
C. Malagola, Di Sperindio e delle cartiere…, in Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, s. 3, I (1883), pp. 383-385; A. Venturi, Sperandio da Mantova, in Archivio storico dell’arte, I (1888), pp. 385-397, II (1889), pp. 229-234; Appunti e notizie, in Archivio storico lombardo, X (1893), pp. 1061 s.; A. Rubbiani, La tomba di Alessandro V in Bologna, opera di M. Sperandio da Mantova, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 3, XI (1894), pp. 57-68; F. Malaguzzi Valeri, La chiesa della Santa, in Archivio storico dell’arte, s. 2, II (1896), pp. 72-87; W. Bode, Sperandio Mantovano, in Jahrbuch der k. preußischen Kunstsammlungen, XIX (1898), pp. 218-224; Id., Neue Forschungen über italienische Renaissancebronzen, in Zeitschrift für bildende Kunst, XVI (1905), pp. 122-126 (in partic. p. 125); F. Malaguzzi Valeri, Gio. Antonio Amadeo scultore lombardo, Bergamo 1908, p. 13; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, VI, Milano 1908, pp. 784-795; J. De Foville, Sperandio, sculpteur et médailleur mantouan, Paris 1910; Id., Notes sur le médailleur Sperandio de Mantoue, in Revue numismatique, s. 4, XVI (1912), pp. 430-434; G.F. Hill, A corpus of Italian medals of the Renaissance before Cellini, London 1930, passim; G. Zucchini, Opere d’arte inedite, in Il Comune di Bologna, novembre 1934, pp. 29-31; E. Ruhmer, Reliefs des Sperandio, in Pantheon, XVIII (1960), pp. 20-24; C. Lloyd, Reconsidering Sperandio, in Studies in the history of art, XXI (1987), pp. 99-113; A. Franceschini, Artisti a Ferrara in età umanistica e rinascimentale, I, Ferrara 1993, docc. nn. 646bbb, 661ii, 860d, 725d-725u, 1057f, 1060p, II, tomo 1, Ferrara 1995, docc. nn. 36r, 148b, 787f, II, tomo 2, Ferrara 1997, doc. n. 95; M. Fanti, Il museo di San Petronio, Bologna 2003, scheda n. 29, p. 122; U. Caleffini, Croniche: 1471-1494, Ferrara 2006, pp. 75-77, 138, 160; A.P. Torresi, Tre scultori per Ercole I, in Crocevia estense, a cura di G. Gentilini - L. Scardino, Ferrara 2007, pp. 189-213; M. Toffanello, Le arti a Ferrara nel Quattrocento, Ferrara 2010, pp. 24, 34, 35, 89, 116, 128, 234, 315-317; M. Ferretti, La scultura nel Quattrocento, Faenza 2011, pp. 52-59; The Renaissance Portrait: from Donatello to Bellini (catal., Berlin-New York, 2011-2012), a cura di K. Christiansen et al., New York 2011; K. Christiansen, ibid., schede nn. 80 (pp. 222 s.), 84 (pp. 227 s.), 121 (pp. 290 s.); J.L. Valiela, ibid., scheda n. 85, pp. 228-230; S.K. Scher, ibid., scheda n. 90, pp. 236 s.; M. Scansani, Picatrix nelle medaglie di S. S., in Nuovi Studi, XXI (2016), 22, pp. 5-15.