spesa pubblica
spésa pùbblica locuz. sost. f. – Totale delle uscite della Pubblica amministrazione per svolgere le sua attività di fornitura di servizi pubblici e di trasferimenti all’economia privata. In Italia, questo aggregato ha raggiunto nel 2011 all’incirca il 50% del PIL (Prodotto interno lordo). La s. p. concerne l’amministrazione centrale (i ministeri), gli enti previdenziali e le amministrazioni decentrate (Regioni ed enti locali). Dal punto di vista economico, la distinzione più significativa è quella tra spesa per beni e servizi e spesa per trasferimenti. Nel primo caso, la s. p. crea valore aggiunto, finanziando il processo produttivo dei servizi pubblici, in quanto si tratta di uscite rivolte all’acquisto di beni intermedi correnti (consumi e attrezzature) e di servizi di lavoro (stipendi dei pubblici dipendenti), nonché di investimenti che vanno a incrementare lo stock di capitale pubblico (infrastrutture, edifici pubblici). I trasferimenti sono invece sussidi in denaro e in natura a famiglie e imprese, senza un corrispettivo diretto da parte dei beneficiari. Rientrano in questa seconda categoria le pensioni pubbliche, le agevolazioni alle imprese e gli aiuti per l’assistenza e la disoccupazione, nonché, sebbene la natura sia completamente diversa, gli interessi sul debito pubblico. La s. p. per beni e servizi, corrente e d’investimento, è una componente autonoma della domanda aggregata (spesa autonoma) alla stessa stregua del consumo autonomo, degli investimenti privati e delle esportazioni, per cui produce sul reddito i medesimi effetti moltiplicativi di breve periodo. La spesa per trasferimenti, invece, accrescendo il reddito disponibile delle famiglie e le risorse per le imprese, diventa domanda aggregata indirettamente, tramite il consumo e l’investimento privato. La s. p. ha anche ricadute nel lungo periodo, in particolare sul tasso di crescita potenziale dell’economia, quando assume la veste di investimento in capitale materiale, immateriale e umano. Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante, dato che alcuni importanti capitoli di spesa corrente, come l’istruzione e la sanità, hanno proprio il risultato di accrescere il capitale umano che interagisce con i fattori produttivi privati, in particolare il lavoro, aumentandone la produttività. La politica della s. p. può perseguire finalità sia allocative sia distributive. La politica allocativa riguarda la composizione della spesa, cioè la distribuzione nei vari settori in relazione ai fabbisogni espressi dalla collettività. In Italia, le quote sul PIL più significative della spesa primaria, cioè al netto di quella per interessi, riguardano (dati relativi al 2011): la spesa previdenziale (20,4%), la sanità (7,4%), l’istruzione (4,4%), l’ordine pubblico (2%) e la difesa (1,5%). In merito alla politica distributiva della s. p., alcuni capitoli svolgono una funzione di riduzione delle disuguaglianze nella collettività, come la spesa che finanzia gli istituti di contrasto della povertà e di sostegno alla non autosufficienza e disabilità e, genericamente, alla famiglia, alla natalità e all'infanzia; complessivamente, questa componente assistenziale si colloca, in Italia, intorno al 4% del PIL. Al volume di s. p. non è detto che corrisponda il raggiungimento degli obiettivi che questa si pone, per cui occorre sempre valutarne l’efficienza (v. ).