spettri Raman
Spettri prodotti dal cosiddetto effetto Raman, dal nome del fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman, che lo descrisse per la prima volta, ottenendo per questo il premio Nobel per la fisica nel 1930. L’effetto Raman descrive la diffusione, da parte di una sostanza su cui incidano radiazioni luminose, di luce di frequenza diversa dalla frequenza della luce incidente. L’introduzione delle sorgenti laser ha notevolmente migliorato le tecniche di spettroscopia Raman. Per analizzare lo spettro Raman di una sostanza si dirige infatti sul campione (tipicamente un liquido) un fascio di luce altamente monocromatico e si esamina la radiazione diffusa, il cui spettro contiene la frequenza della radiazione incidente e alcune debolissime righe di frequenza diversa, separate da quella della radiazione incidente di quantità pari alle frequenze di vibrazione delle molecole della sostanza. La spettroscopia Raman rappresenta un metodo possibile per l’analisi rapida e accurata di miscele, difficili a trattarsi con i metodi di assorbimento. I sistemi che utilizzano tuttavia sorgenti a vapori di mercurio e filtri chimici per isolare le righe spettrali volute hanno un limite nella bassa intensità ottenibile della sorgente, che è invece superabile impiegando luce laser. Infatti, il fascio di luce incidente, altamente monocromatico e collimato, incide sulla cella contenente la sostanza campione, a pareti leggermente convergenti così da permettere più attraversamenti del fascio. La luce diffusa è concentrata in ingresso a un monocromatore, la cui uscita è rivelata, amplificata e registrata con una chiarezza particolarmente buona. La luce provoca, inoltre, più difficilmente la fotodecomposizione della sostanza in esame e consente un migliore esame dei campioni colorati, i quali assorbono generalmente le frequenze ottiche più elevate emesse da sorgenti a vapori di mercurio. Nella spettroscopia Raman di sostanze gassose l’impiego di sorgenti laser di alta intensità (ioni di argo) si è rivelato utile nello studio dei modi di pura rotazione e di rotazione-vibrazione di molecole semplici (O2, N2, CO2, NO e così via), in connessione con rivelatori sia fotoelettrici sia fotografici. Le bande di assorbimento degli spettri di vibrazione mostrano una struttura fine che è dovuta alla transizione tra livelli energetici di rotazione congiunta alla transizione tra livelli energetici di vibrazione. L’analisi di tali spettri è piuttosto complessa ma può dare informazioni preziose sulla natura di molte molecole. Per uno studio delle sole transizioni rotazionali, non accompagnate da transizioni vibrazionali, si ricorre all’uso di microonde, la cui energia è inferiore a quella della radiazione infrarossa. (*)