Vedi SPHYRELATON dell'anno: 1966 - 1997
SPHYRELATON
Terminologia entrata in uso nel linguaggio archeologico per indicare un determinato genere di materiale lavorato a martello, in lamina di metallo: σϕυρήλατος-ον, composto da σϕῦρα, il martello e ἐλαύνειν martellare; Photius: σϕυρήλατος σϕύραις ἐληλαμένος). La tecnica della lavorazione è descritta in modo eloquente da Pausania (iii, 17, 6): "A destra della Chalkìokos è collocata una immagine di Zeus Hỳpatos la più antica di quelle che esistono di bronzo. Non è lavorata tutta intera, bensì i singoli pezzi sono martellati ognuno a parte e poi connessi fra loro; e dei chiodi li trattengono insieme in modo che non abbiano a staccarsi". Questa tecnica rappresenta una fase di passaggio dalla tecnica a sbalzo a quella per fusione entro forme internamente vuote (v. bronzo). I fonditori greci del VII sec. a. C. cercavano, come gli scultori, di aumentare le dimensioni delle loro statue dando loro un carattere monumentale. La tecnica però della fusione piena non permetteva la fabbricazione di statue in bronzo al naturale o ancora più grandi; tale tecnica della fusione entro forme internamente vuote non era infatti ancora progredita sufficientemente. Si decise allora di modellare statue di legno da ricoprire con lamina metallica martellata connessa al nucleo con chiodi. Era, in fondo, la stessa tecnica già familiare all'architettura orientale e greca più arcaica quando adornava o proteggeva dalle intemperie superfici di legno o elementi decorativi con rivestimenti di metallo (v. toreutica). Che fossero considerati sphyrèlata anche lavori forgiati col martello (ferro battuto) come supponeva il Blümner, (op. cit. in bibl., p. 241) non è convincente. Ai passi poetici da lui citati in proposito (Aischyl., Sept., 816; Pers., 747; Pind., fr. 207 [223] Bergk, ecc.) non si deve attribuire un preciso significato tecnico; si tratta sempre di un libero uso del termine nel senso sopra riferito. Là dove però si citano sphyrèlata in una connessione storica o tecnica, ci si riferisce sempre a lavori martellati in lamina di bronzo o di metallo pregiato.
In Oriente la tecnica dello s. fu familiare già in tempi molto antichi, sia per statue che per mobili. Nei testi hittiti decifrati da E. Forrer si citano statuine e animali (alti un cubito) che erano coperti con lamina di bronzo. Una quantità di altri monumenti orientali è documentata con precisione dagli storici greci. Sphyrèlata erano le tre statue colossali e un tavolo avanti ad esse nel tempio di Zeus (Belus) eretto da Semiramide (Diod., ii, 9); la klìne della tomba di Ciro (visitata da Alessandro) aveva piedi coperti da lamiera aurea martellata πόδες χρυσοῖ σϕυρήλατοι (Arrian., Exp. Alex., vi, 29, 5); Dario avrebbe fatto fare un ritratto della moglie preferita coperto di lamina aurea "εἰχὼ χρυσέην σϕυϕήλατον" (Herod., vii, 69). Non riesce chiaro per quale motivo il Blümner abbia supposto che il ritratto fosse di oro massiccio. La salma di Alessandro Magno durante la traslazione fu ricoperta da lamine d'oro sbalzate (χρυσοῦν σϕυρήλατον ἁρμόζον; Diod., xv iii, 26).
Nell'Oriente, ricco di oro, probabilmente tali opere di arte figurata erano generalmente d'oro, ma nella Grecia, povera di oro, si sceglieva di regola, come materia prima il bronzo, meno costoso. Per questo la colossale statua ricoperta d'oro di Zeus σϕυρήλατος χρυσοῦς ἀνδριὰς εὐμεγεϑής; Strabo, viii, p. 378) dedicata dai Cipselidi ad Olimpia, che usciva dall'usuale, sempre veniva citata dai Greci come esempio di protervia tirannica. Ancora Suda e Photios (s. v. Κυψελιδῶν ἀνάϑημα), rifacendosi ad un libro di Agaklytos su Olimpia, descrivono il monumento in questo senso e ricordano che era uno sphyrèlaton.
Tra le statue in bronzo fatte in questa tecnica, Pausania (iii, 17, 6; cfr. viii, 14, 7) riteneva la più antica di tutte lo Zeus Hỳpatos di Sparta (παλαιότατον πάντων, ὀπόσα ἐστὶ χαλκοῦ). È senz'altro probabile che tale statua fosse il più antico s. ancora conservatosi ai suoi tempi. Le opere in questa tecnica, soprattutto se collocate all'aperto non avevano vita lunga: non duravano più a lungo del nucleo di legno e della intelaiatura.
Per un'altra statua colossale citata da Pausania (v, 23, 7) la ricerca moderna ha scoperto, per via indiretta, la tecnica dello sphyrèlaton. Si tratta della immagine di Zeus alta circa 18 piedi che i cittadini di Kleitor dedicarono a Olimpia, opera dello spartano Telestas e di suo fratello Ariston, intorno al 6oo a. C. Per una terza statua citata da Pausania (ix, 12, 4) si deve almeno supporre la tecnica dello s.: si tratta del pezzo di legno che secondo la leggenda sarebbe caduto dal cielo insieme con il fulmine scagliato nel talamo di Semele: (Polydoros avrebbe ornato questo pezzo di legno con metallo, che sarebbe stato venerato come Dioniso Kadmèios).
Alle poche citazioni delle fonti letterarie si aggiungono un piccolo numero di opere in bronzo, parzialmente conservate, che presentano questa tecnica. Esse appartengono tutte ad epoca arcaica; evidentemente andarono sotterrate molto presto e sono state riportate alla luce solo dagli scavi. L'esempio più antico è rappresentato da un piccolo gruppo di immagini di culto proveniente da Dreros (v.) a Creta, della metà circa del VII sec. a. C. Le tre statuine rappresentano probabilmente la triade Apollo, Artemide e Leto; esse documentano quello che Pausania (iii, 17, 6) dice della tecnica dello Zeus Hỳpatos, di Sparta. Il gruppo, nel museo di Iraklion, a causa della sua importanza è stato spesso citato e riprodotto; tali pubblicazioni sono parzialmente superate in quanto, nel frattempo, le statuine sono state nuovamente scomposte e ricongiunte in modo più esatto. Il loro aspetto pertanto è leggermente modificato rispetto alle riproduzioni precedenti.
Da Amnisos a Creta provengono i resti di muso, lingua e denti di un leone arcaico di grandezza inferiore al naturale, che probabilmente era eseguito secondo la tecnica dello sphyrèlaton.
Un altro significativo esempio di s. è stato trovato a Samo; si tratta del busto di una figura femminile alta quasi mezzo metro, lavorato in un solo pezzo. Tutta la figura era evidentemente modellata in due pezzi sovrapposti ad un nucleo di legno e la connessura era inchiodata (Buschor).
Durante i recenti scavi a Olimpia sono venuti alla luce numerosi frammenti di questa nobile, antica tecnica: una grande zampa di leone larga 32 cm di solida lamina di bronzo, che serviva probabilmente come piede per un mobile forse una cassapanca; inoltre, lavorato in lamiera più sottile e più finemente, parte di un piede umano di una statua grande circa al naturale. La lamina presenta una serie di fori per chiodi, di cui due in alto tra le dita. Già questo fatto escluderebbe che il frammento possa essere interpretato come un pezzo d'armatura destinata a proteggere il piede. Con una certa probabilità una lamina di bronzo che per grandezza, tecnica, ricchezza e singolarità dell'ornamento rappresenta un esemplare a sé stante fra le lamine sbalzate, è stato considerato uno s.; si tratterebbe di un pezzo di una veste di statua femminile. Anche il frammento di un volto umano, grande al naturale, di lamina di bronzo e la maschera bronzea di un bovino, che provengono dagli scavi più antichi, potrebbero appartenere a sphyrèlata. Che questa tecnica fosse stata applicata in epoca arcaica non solo per il bronzo ma anche per metalli preziosi lo mostrano i resti trovati a Delfi, sotto la via sacra, di gruppi di statue di culto di avorio e oro.
Con l'invenzione della fusione entro forme internamente vuote di grande formato, la vecchia tecnica dello s. fu superata. Gli s. di bronzo andarono fuori uso. Ma la vecchia tecnica si conservò in alcuni generi artistici, come la fabbricazione di mobili preziosi e soprattutto la fabbricazione di immagini di culto in avorio e oro (v. crisoelefantina, tecnica). Pausania (i, 40, 4) vide a Megara lo Zeus Olimpico una statua di grandezza superiore al normale rimasta incompleta; il lavoro era stato interrotto durante la guerra del Peloponneso. Il viso e probabilmente la capigliatura del dio erano eseguiti nella tecnica crisoelefantina, il resto invece era di gesso e argilla, probabilmente applicati sul nucleo di legno; l'artista, Theokosmos, era un collaboratore di Fidia, dal quale probabilmente aveva appreso quella tecnica. Fidia nella Atena Parthènos e nello Zeus di Olimpia e Policleto nella Hera di Argo avevano usato l'antica tecnica dello s., con stile grandioso e pertanto essi furono considerati grandi toreuti (v. toreutica).
Monumenti considerati. - Testi hittiti: E. Forrer, in Arch. Anz., 1037, C. 247 ss. Ritratto della moglie di Dario: H. Blümner, 0p,. cit., in bibi.; (cfr, P. Orsi, in Atti Soc. Magna Grecia, 1932, p. 82 ss.). Statua dedicata dai Cipselidi a Olimpia: E. Will, Korinthiakà, Parigi 1955, pp. 449-481 ss. Zeus Hypatos di Sparta: H. Brunn, Geschichte Gr. Künstler, I, Stoccarda 1889, p. 36 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XI, 1922, c. 584 ss. Zeus di Telestas e di Ariston: A. S. Arvanitopulos, in Polemon, I, 1929, p. 158 ss.; G. Hafner, in Charites, Bonn 1957, p. 125. Immagini di culto da Dreros: SP. Marinatos, in Praktikà, 1935, p. 211 ss.; Arch. Anz., LI, 1936, c. 217 ss., fig. 2-3; ibid., LII, 1937, c. 247 ss.; D. Levi, in Ann. Atene, XIII-XIV, 1933, p. 78-82, fig. 28-29; P. Lemerle, in Bull. Corr. Hell., LX, 1936, p. 485 ss., tav. 63; E. Kirsten, in Pauly-Wissowa, Suppl. VII, c. 136 con bibl. precedente. Leone da Amnisos: Sp. Marinatos, in Praktikà, 1933, p. 96, fig. 3, 2. Busto di Samo: E. Buschor, Altsamische Standbilder, II, Berlino 1934, p. 24, fig. 74, 77. Zampa di leone da Olimpia: R. Hampe-U. Jantzen, Olympia Bericht, I, 1937, p. 92 ss., tav. 36 in alto. Piede umano da Olimpia: idd., ibid., I, 1937, p. 92 55 ss., tav. 36, in basso; H.-V. Hermann, ibid., VI, 1958, p. 168 (cfr. R. Hampe, in Gymnasion, LXVIII, 1961, p. 554). Lamina di bronzo da Olimpia: V. H. Herrmann, Olympia Bericht, VI, 1958, p. 166 ss., tav. 63-64. Frammento di volto umano da Olimpia e maschera di bovino: A. Furtwängler, Olympia, VI, tav. 41, 714, 722 (cfr. H. V. Herrmann, Olympia Bericht, VI, 1958, p. 167, nota 68; altri frammenti ivi probabilmente intetpretati come s. sono, in realtà, del tutto incerti). Gruppi di oro e di avorio di Delfi: P. Amandry, in Buli. Gorr. Hell., LXIII, 1939, p. 86 ss., tav. 29-42; (cfr. E. A. A., II, p. 939 ss., s. v. Crisoelefantina, Tecnica). Statua di Zeus a Megara: H. Thiersch, Ergasteria, Gottinga 1938, p. 17 ss.
Bibl.: H. Blümner, Technologie und Terminologie, IV, Lipsia 1887, p. 241 ss.; E. Kunze, Olympia Bericht, II, 1938, p. 109 ss.