spiacere
Il termine, analogo a ‛ dispiacere ' (v.), si registra nella Commedia e nel Fiore. Una volta ricorre l'infinito retto da ‛ fare ', due volte il participio presente con valore predicativo.
Indica in genere più che il semplice contrario di ‛ piacere '. Implica un giudizio di condanna morale in If XI 26 perché frode è de l'uom proprio male, / più spiace a Dio, " si è più odiata e più punita da Dio " (Ottimo) che non la forza; così anche quando qualifica gl'ignavi, a Dio spiacenti [" invisi "] e a' nimici sui (III 63).
Col valore più attenuato di " rincrescere ", " riuscir fastidioso ", in Pg III 78 perder tempo a chi più sa più spiace, cui possono accostarsi gli esempi del Fiore, sia all'infinito sostantivato siate certa che non m'è spiacere (XVIII 12), sia nella forma mi spiaccia, " mi sia sgradito ", " mi provochi dispiacere o dolore ": guarda di far cosa che mi spiaccia, XX 10; i' la farò [la tradigione], come ch'ella mi spiaccia, LXX 3; XCIII 9. Analogo significato (" con atteggiamento orgoglioso e sprezzante, e quindi antipatico a chi vi assiste ", Barbi-Pernicone) in Rime LXXXIII 46 vanno spiacenti, / contenti che da lunga sian mirati.
Negli altri due casi, riferendosi a cosa che provoca una reazione fisica, il verbo vale " riuscir repellente ": s'altra è maggio, nulla è sì spiacente, " molesta " (Benvenuto), detto dalla pena dei golosi (If VI 48; " Vult hic dicere autor quod licet alia peccata sint maiora quam gula, tamen nullum est ita displicibile et ita vituperabile ", Guido da Pisa); la valle del settimo cerchio 'nfin là sù [fino al sesto cerchio] facea spiacer suo lezzo (X 136), " sentir con dispiacere ", come spiega l'Andreoli. Il Landino osserva che " ‛ lezzo ' è odore veemente che dispiace, el qual non nasce del corpo corrotto... ma è naturale di tal cosa... E propriamente disse lezzo, perché tal fetore è connaturale a questo luogo ".