SPINELLI BARILE, Gennaro principe di Cariati
– Nacque a Napoli il 16 agosto 1780 da Tommaso Spinelli (1743-1830), per molti anni ambasciatore borbonico a Roma, e da Eleonora Caracciolo di San Vito.
Sesto di nove figli, fu principe di Cariati, decimo marchese di Fuscaldo, principe di Sant’Arcangelo, duca di Caivano e di Marianella nel 1830, patrizio napoletano. La famiglia proveniva dalla Calabria, ove rappresentava una delle signorie più estese.
Seguendo la tradizione familiare, Gennaro svolse la sua attività nell’esercito e nel mondo diplomatico. Ufficiale di Marina e aiutante di bandiera dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, partecipò alle campagne navali di fine Settecento. Aderì alla Repubblica Napoletana del 1799 e, alfiere di vascello, chiese di entrare nel corpo di Marina attiva, per quanto reduce da una lunga e grave malattia agli occhi e al fisico. Proscritto dopo la fine della Repubblica, si recò a Roma e poi a Parigi.
Durante la prima Restaurazione visse lontano dagli impieghi e dalla politica. Il 23 giugno 1803 sposò Cristina Spinelli Savelli, principessa di Cariati, vedova del fratello Nicola, con la quale ebbe quattro figli: Ernesto (1804-1838), Sofia (1805-1850), Alberto (1807-1837) e Angelo (1816, morto poco dopo la nascita).
Con l’arrivo di Giuseppe Bonaparte a Napoli, nel giugno del 1806 Spinelli fu colonnello nella provincia di Calabria Ultra, finché, già maestro delle cerimonie nel 1808, il 19 giugno 1810 fu nominato da Gioacchino Murat capitano di fregata e suo ufficiale d’ordinanza. Nell’attacco del 13 agosto successivo al porto di Messina guadagnò il titolo di commendatore delle Due Sicilie, poi nel 1815 fu dignitario delle Due Sicilie. Da caposquadrone partecipò nel 1812 alla campagna di Russia: essendosi distinto alla battaglia della Moscova (7 settembre), fu promosso da Murat aiutante di campo lo stesso giorno, colonnello il 15 e proposto per la Legion d’onore. Sconfitta l’armata napoleonica, tornò a Napoli. Il 21 aprile 1813, in quanto ritenuto abile diplomatico, con molte amicizie e relazioni. fu nominato inviato straordinario e ministro plenipotenziario nella capitale austriaca. Nel biennio 1813-15 svolse un’intensa attività, con frequenti viaggi anche in altre città europee, registrando il mutare degli umori dei governi verso il re di Napoli. Nelle sue corrispondenze e relazioni, spesso con missioni segrete, Spinelli fece da tramite a molte trattative, dai primi rapporti con Klemens von Metternich, inizialmente favorevole alla pace generale nel 1812-13, a quelli con l’Inghilterra e con il Papato.
Nel gennaio del 1814 preparò le credenziali per l’alleanza con l’Austria. Fu nominato, il 28 agosto 1814, con il duca di Campochiaro, Ottavio Mormile, ambasciatore al Congresso di Vienna. Entrambi fecero di tutto perché Murat fosse ufficialmente rappresentato nelle decisioni e perché l’Austria desse attuazione alle disposizioni del trattato del 1814, ma Metternich, influenzato dai rappresentanti delle altre potenze, non diede agli inviati napoletani il sostegno pattuito. Per il ruolo avuto nelle trattative, nel dicembre del 1814 Spinelli fu ritenuto sostenitore del partito dell’indipendenza italiana.
Rotte nell’aprile del 1815 le relazioni diplomatiche con l’Austria, rientrò a Napoli il 9 aprile, quasi in coincidenza con la partenza della famiglia reale. Dopo la sconfitta di Murat a Tolentino (2-3 maggio 1815), tornò da Vienna e riferì al re lo sdegno degli alleati. Per quanto ritenesse che ci fossero le condizioni per resistere, firmò la convenzione con il commodoro Donald Campbell che, arrivato l’11 maggio 1815 nel golfo di Napoli, aveva minacciato di bombardare la città, ove i lazzari erano in agitazione, mentre la convenzione di Casalanza (20 maggio 1815) sanciva la fine del Regno napoleonico.
Con la Restaurazione i Borbone gli confermarono gradi e dignità che già aveva, compreso quello di maresciallo attribuitogli da Murat il 2 gennaio 1815. Nel 1819 fu nominato membro dell’Ordine di S. Giorgio della Riunione come cavaliere di Gran Croce. Tornò sulla scena politica nel 1820, allorché a Napoli, in seguito al pronunciamento delle truppe del 2 luglio, Ferdinando I concesse la costituzione di Spagna del 1812. Richiamato in servizio il 10 luglio come ispettore generale della gendarmeria, fu comandante in seconda – sotto il generale Laval Nugent di Westmeath – delle truppe inviate contro gli insorti della provincia di Avellino. Fece parte della Giunta provvisoria di governo, nominata il 9 luglio, formata da murattiani. Da sostenitore moderato del regime rivoluzionario, il ruolo più rilevante, ma inefficace, lo svolse in campo diplomatico, inviato a Vienna: scopo della sua missione era chiarire le circostanze che avevano determinato la scelta costituzionale. Riuscì ad avere solo due colloqui con Metternich, a lui non particolarmente ostile, mentre non fu ricevuto dall’imperatore Francesco II, segno della opposizione austriaca a un governo giudicato sovversivo e pericoloso. Cercò tuttavia di intervenire sull’opinione pubblica dei luoghi in cui si trovava, facendo circolare clandestinamente opere favorevoli alla rivoluzione. Insorta la Sicilia contro il governo napoletano, il 6 agosto tornò dalla capitale austriaca e riferì dell’ostilità con cui era stato accolto in quella corte. Si dimise nel dicembre del 1820, ma ebbe l’incarico di ministro ad interim e svolse altre missioni diplomatiche a Vienna e a Parigi per cui era all’estero quando gli austriaci occuparono il Regno. Proscritto dopo la repressione, nel 1821 si rifugiò a Londra.
Fu esule a Roma, dove lo raggiunse il figlio Ernesto, fino al 20 novembre 1825, quando gli fu concesso di tornare in patria. Le vicende familiari si complicarono.
Nel 1830 la figlia Sofia sposò Giulio Ricciardi, primogenito del conte di Camaldoli, fratello di Giuseppe Ricciardi, mentre Ernesto, nono principe di Cariati, morì nel 1838 di malattia dopo lunga agonia; di lui scrisse un elogio funebre Pasquale Liberatore. Si estinse così il casato Cariati e il titolo di principe di Cariati fu ereditato da Margherita, sorella di Ernesto, nata dal primo matrimonio della madre con Nicola Spinelli. Poco dopo morirono, nell’arco di quindici mesi, il fratello Mario, sottintendente a Nola, per colera; il secondogenito Alberto, primo tenente nel secondo reggimento di cavalleria della Guardia, e l’altro fratello Giuseppe per malattia. Nel frattempo anche le condizioni economiche della famiglia erano diventate precarie. Il 20 gennaio 1840 ebbe dal re il grado di maresciallo.
Liberale moderato, Spinelli tornò alla vita politica nel 1848, in un contesto rivoluzionario europeo, muovendosi tra le dinamiche della politica italiana che portarono alla concessione della costituzione da parte di Ferdinando II e le vicende della prima guerra d’indipendenza sui campi di Lombardia.
Allorché il primo ministero Serracapriola, creato il 29 gennaio, subì un rimpasto, fu deciso di coinvolgere uomini di tendenze liberali o radicali. Spinelli divenne quindi ministro degli Esteri dal 6 marzo al 3 aprile 1848 nel secondo governo Serracapriola. Ne fece un impietoso ritratto Giuseppe Massari (1849, p. 56) come di uomo cortese ma mediocre, inadeguato al ruolo in quel particolare momento. Dimessosi il ministero per l’incapacità di controllare la ribellione della Sicilia contro Napoli, subentrò il 3 aprile il nuovo dicastero presieduto da Carlo Troya, moderato ma più aperto ai liberali, in cui Spinelli fu di nuovo ministro degli Esteri e approvò l’adesione del Regno alla coalizione italiana con l’invio di un corpo di spedizione. La lega antiaustriaca tra Napoli, Roma, Firenze e Torino fu poi resa nulla dall’allocuzione papale del 29 aprile, ma anche dai timori della diplomazia napoletana sull’eccessivo potere del Regno di Sardegna nella futura confederazione.
Decisivo fu lo scontro sul terreno costituzionale, all’apertura del nuovo Parlamento, convocato per il 15 maggio. La sera del 14 in casa Spinelli i pari discussero la formula del giuramento. Sembrava raggiunta un’intesa, ma nella notte sorsero le barricate nelle vie della città. Nella giornata degli scontri egli gestì le relazioni diplomatiche con i rappresentanti dei governi inglese e francese, interessati a porre fine al conflitto. Dopo il rifiuto del Parlamento di aderire alla formula proposta dal sovrano, favorevole a un’assemblea costituita e non costituente, fu incaricato di formare il nuovo gabinetto, in quanto considerato un moderato di destra e, per il suo passato, capace di placare gli elementi democratici del Regno. Fu presidente del Consiglio e ministro degli Esteri dal 16 maggio 1848 al 7 agosto 1849. Si allontanò quindi dalla causa italiana, che aveva appoggiato nel marzo, respinse l’alleanza con il Regno di Sardegna e richiamò il corpo di spedizione napoletano inviato per partecipare alla prima guerra di indipendenza. Represse inoltre la rivoluzione scoppiata in Calabria. Contrario a disposizioni che potevano condurre a un conflitto civile, aveva un programma di ritorno all’ordine nel rispetto della libertà e cercò di mantenere una parvenza di governo liberale. Fece fronte alle accuse che da ogni parte si levarono contro il re.
Le elezioni del 15 giugno, dopo la revoca dello stato d’assedio, portarono a una maggioranza di liberali moderati. Nella tornata della Camera dei deputati del 1° settembre 1848 Spinelli confermò che il suo governo era e si sentiva napoletano e italiano, pur essendo conservatore. Dopo la caduta di Messina nel settembre di quell’anno, cercò di respingere l’invadenza di Francia e Inghilterra nella repressione della rivolta nell’isola. Quando tuttavia Ferdinando II decise di processare i responsabili dei fatti del 15 maggio, essendo contrario all’ulteriore inasprimento della reazione, il 7 agosto 1849 si dimise.
Ciò nonostante il suo governo si attirò le critiche, tra gli altri, di Carlo Poerio, che pure continuò a farne parte, e di Piersilvestro Leopardi, ex carbonaro, ministro plenipotenziario delle Due Sicilie presso la corte di Carlo Alberto. Quest’ultimo lo definì ‘il buon Cariati’ o il ‘povero principe di Cariati’, perché si sarebbe pentito delle misure prese su pressione del sovrano, in cambio della promessa di ristabilire, dopo il ripristino della normalità, la pace nel Regno con un’amnistia generale.
In una lettera a Florestano Pepe, vergata dalla «villa dei CamaIdoli», scriveva infatti della sua precaria salute e della morte con toni pessimistici, in cui Leopardi avrebbe avvertito «i pungoli del rimorso» (Narrazioni storiche di Piersilvestro Leopardi..., 1856, p. 410) e, nell’ambito della «conventicola austro-sanfedista» lo avrebbe inserito fra i «liberali sciocchi»: essi «per la vanità di comparire prudenti uomini di Stato, mentre in fondo non erano che gretti municipali, tradivano la causa d’Italia e con essa quella del paese, salvo a pentirsene poi, come so del Cariati e spero degli altri» (p. 437). Giudizio che in qualche modo inquadrava la crisi di identità della generazione dei murattiani.
Gennaro Spinelli morì pazzo a Napoli il 3 giugno 1851.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Tavole genealogiche redatte da Serra di Gerace, IV, p. 1462; Sezione Diplomatica, Libro d’oro napoletano, ad nomen; Assienti, f. 1009; Archivio Borbone, Esteri. I fasci citati nelle brevi biografie di Pietro Colletta non sono più rintracciabili. Per i conflitti che contribuirono al depauperamento della famiglia: Archivio di Stato di Napoli, Archivi privati, Giudice Caracciolo 1351 - XX secolo, Muscettola di Leporano, 1419 - XX secolo. Sulle origini della famiglia: Delle cerimonie pubbliche delle onoroficenze della nobiltà e de’ titoli e degli ordini cavallereschi nel regno delle Due Sicilie, I, Napoli 1854, pp. 295-298. Sul figlio Ernesto, si veda l’articolo di Pasquale Liberatore, in Poliorama pittoresco, 1 dicembre 1838, p. 125. L’ attività diplomatica in Europa e le corrispondenze con Metternich e altri ministri sono testimoniate da documenti presenti negli archivi dei ministeri degli Esteri dei Paesi in cui operò (Vienna, Parigi, Londra). Inoltre: Paris, Archives nationales, Fonds Murat, cart. 27, doc. 586, n. 1; Roma, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II, Manoscritti e Rari, b. 3, n. 1. Fanno un ampio uso di queste fonti internazionali: Miscellaneous papers also, treaties with foreign powers, and papers relating to Genoa, Italy, Naples, papal authority, and the slave trade. Session 8 November 1814 -12 July 1815, XIII, s.l. s.d.; M.-H. Weil, Le prince Eugène et Murat, 1813-1814. Opérations militaires, négociations diplomatiques, IV-V, Paris 1902, ad indices; Id., Joachim Murat, roi de Naples. La dernière année de règne (mai 1814-mai 1815), I, Paris 1909, pp. 81, 93, V, 1910, pp. 149-154; A. Espitalier, Napoleon and king Murat 1808-1815, London 1912, ad ind.; M.-H. Weil, Les dessous du Congrès de Vienne, Paris 1917, ad ind. Sul 1848 presso la Società napoletana di storia patria, sono da consultare: ms. XXVI A24, Affari politici riservati, Copialettere di corrispondenza del ministro Ludolf accreditato alla corte di Torino, maggio-settembre 1848; ms. XXX.B.2. Per l’attività di diplomatico di Spinelli: British and Foreign State Papers 1820-1821, London 1830, pp. 1143, 1159; N. Bianchi, Storia documentata della diplomazia europea in Italia, V, Torino 1869, pp. 473-475; G. Paladino, La missione del principe di Cariati a Vienna nel 1820, in Rassegna storica del Risorgimento, VIII (1921), 4, pp. 83-91; Comité national du centenaire de 1848, Documents diplomatiques du Gouvernement Provisoir et de la Commision du Poivoir exécutif, I-II, Paris 1953-1954, ad indices; P.W. Schroeder, Metternich’s Diplomacy at its Zenith, 1820-1823. Austria and the Congresses of Troppau, Laibach, and Verona, Austin 1962, ad ind.; F. Curato, Il Regno delle due Sicilie nella politica estera europea, 1830-1861, Palermo 1989, pp. 81 s., 103. Riferimenti al personaggio si trovano nelle opere di carattere generale sia dei contemporanei sia della storiografia successiva: Campagne des Autrichiens contre Murat en 1815, précédée d’un coup d’oeil sur les négociations secrètes qui eurent lieu [...] à Naples depuis la paix de Paris, 1814, jusqu’au commencement des hostilités..., par V** C** de Br., I-II, Bruxelles 1821, passim; G. Massari, I casi di Napoli dal 29 gennaio 1848 in poi, Torino 1849, pp. 56, 209, 221; G.G. Rossi, Storia de’ rivolgimenti politici nelle due Sicilie, dal 1847 al 1850, Napoli 1851, p. 152; Narrazioni storiche di Piersilvestro Leopardi con molti documenti inediti relativi alla guerra dell’indipendenza d’Italia e alla reazione napolitana, Torino 1856, pp. 81, 408-410; B. Maresca, Gioacchino Murat e il Congresso di Vienna del 1815, in Archivio storico per le province napoletane, 1881, vol. 6, pp. 732-773; B. Croce, La missione a Vienna del generale d’Ambrosio nel 1815, ibid., 1903, vol. 28, pp. 389-406; F. Masson, Napoléon et sa famille, IX, Paris 1907, ad ind.; G. Paladino, Il 15 maggio del 1848 a Napoli, Milano-Roma-Napoli 1920, ad ind.; N. Cortese, Memorie di un generale della Repubblica e dell’Impero: Francesco Pignatelli principe di Strongoli, I-II, Bari 1924, ad ind.; A. Valente, Gioacchino Murat e l’Italia meridionale, Torino 1965, ad ind.; P. Colletta, Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, introduzione e note di N. Cortese, II, Napoli 1969, p. 371; C. von Metternich, Memorie, introduzione, traduzione e note di G. Casini, Roma 1991, ad ind.; A.M. Rao, Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia, 1792-1802, Napoli 1992, p. 383; A. Scirocco, Profili, in Il 1848 a Napoli. I protagonisti, la città, il Parlamento, Napoli 1994, p. 40; C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, Napoli 1999, ad ind.; A. Scirocco, Napoli nel 1848, i luoghi della rivoluzione, in Il 1848, la rivoluzione in città, a cura di A. Varni, Bologna 2000, p. 71; V. Ilari - P. Crociani - G. Boeri, Storia militare del Regno murattiano (1806-1815), Roma 2007, I, p. 93, III, p. 737; W. Daum, Oscillazioni dello spirito pubblico. Sfera pubblica, mercato librario e comunicazione nella rivoluzione del 1820-21 nel Regno delle Due Sicilie, Napoli 2015, p. 421.