FREGOSO (Campofregoso), Spinetta
Secondo di questo nome, figlio di Spinetta (I) e di Benedetta di Enrico Doria, nacque intorno al 1400. Rimase probabilmente a Genova nei primi anni della sua vita, mentre il padre esercitava in Oriente prima la carica di podestà di Pera, quindi quella di console di Caffa. Al ritorno del padre, lo seguì con la famiglia a Savona, dove Spinetta esercitò la carica di governatore fino al 1421, quando, dinanzi alle armate milanesi, la cedette a Filippo Maria Visconti.
Nel primo periodo della dominazione viscontea su Genova, il F. affiancò forse il padre nell'esilio, fino alla morte di questo, avvenuta nel 1425. In tale data aveva già raggiunto la maggiore età; passarono invece sotto la tutela dello zio paterno Tommaso e della seconda moglie del padre, Ginevra di Gian Galeazzo Manfredi, i fratelli Alessandro, Niccolò, Gian Galeazzo, Teodorina e Maria.
Il F. trascorse gli anni successivi forse a Sarzana, insieme con il resto della famiglia, oppure al fianco di Tommaso, nella continua ricerca di alleati per contrastare il dominio milanese a Genova. Al ritorno di Tommaso sul trono dogale, nel 1436, ebbe incarichi di sempre maggior responsabilità nel corso delle guerre che opposero il doge al duca di Milano, ai marchesi del Finale e ai fuorusciti genovesi.
Nel febbraio del 1437 venne mandato a difendere la fortezza di Sarzanello. Da questo momento, con la carica di governatore di Spezia, il F. sembra occuparsi soprattutto di Sarzana e della Lunigiana, che controllava contro eventuali attacchi milanesi. In tale ottica si collocano il suo tentativo di indurre il marchese Giacomo Malaspina di Lusuolo a intervenire contro i suoi confinanti, partigiani del duca di Milano; tentativo dal quale dovette desistere per intervento dello stesso Tommaso Fregoso. Il continuo aprirsi di fronti di guerra condusse il F. ad assumere sempre più di frequente l'incarico di smistare le truppe nei territori di maggiore pericolo.
Nel 1440 venne inviato in aiuto del governatore di Savona. Il 22 febbraio dello stesso anno, nel forte di Sarzanello il F. approvò in nome di Tommaso i nuovi statuti emanati il precedente 14 febbraio dal Consiglio della Comunità di Carrara. In tale circostanza le fonti lo qualificano con il titolo di capitaneus citra Macram. Nel 1441, insieme con il cugino Ludovico, venne incaricato di arruolare truppe fedeli da mandare a Genova in caso di necessità. Altre truppe dovettero essere in seguito raccolte dal F. per contrastare il ribelle Battista Fregoso.
Deposto e imprigionato Tommaso nel dicembre del 1442, il F. rimase a governare il feudo di Sarzana insieme con Marzia, moglie del doge deposto. Non tardarono però a verificarsi dissidi tra i due, al punto che Marzia dovette ricorrere alla protezione del duca di Milano per contrastare le pretese del nipote, che esercitò da solo la signoria su Sarzana per un certo periodo di tempo. All'origine del dissidio con Marzia era forse la decisione del F. di adeguarsi al mutamento politico avvenuto in Genova facendosi alleato del doge Raffaele Adorno. Il 9 apr. 1444, nel forte di Sarzanello, il F., con la qualifica di signore di Sarzana, stringeva, infatti, una convenzione con i rappresentanti del doge riguardo alle questioni in Carrara e Avenza, s'impegnava a vivere in buon accordo con Raffaele Adorno per tre anni e a non aiutare i ribelli di Portovenere.
Il feudo di Sarzana con i territori sottoposti fu oggetto in quegli anni di continue pressioni da parte di nemici esterni.
Nel 1444, mentre gli uomini di Vezzano e Arcola denunciavano attacchi da parte sua, il marchese Antonio Alberico Malaspina di Fosdinovo invase i territori di Carrara e Avenza; il 30 genn. 1445 il F. concordò con il marchese una tregua. Nonostante gli accordi stipulati con Raffaele Adorno, le truppe toscane di Gregorio d'Anghiari, assoldate dal doge, attaccarono, fra giugno e agosto 1445, Sarzana, Carrara e Avenza. Il F. si ritirò probabilmente sotto la giurisdizione fiorentina; il 13 nov. 1445 concludeva, infatti, un accordo con i Fiorentini ponendosi sotto la loro protezione in cambio di aiuto per il recupero delle terre occupate dal Piccinino.
Per quanto esule, il F. dovette restare estraneo agli sforzi degli altri membri della famiglia (il fratello Nicolò e i cugini Giano e Pietro) per contrastare il regime degli Adorno. Il 26 genn. 1427 Giano Fregoso s'impadronì del potere a Genova cacciandone Barnaba Adorno; il 15 febbraio Sarzana era nelle mani del nuovo doge e di Marzia Fregoso. Nelle testimonianze non si fa parola del F., che per la sua condotta aveva perduto il favore di Tommaso, ora libero dalla prigionia. Il 18 luglio 1448, nell'atto di vendita del feudo di Sarzana a Giano, Tommaso Fregoso gli destinò la cifra di 6.450 lire, ma nel 1453 lo escluse dal proprio testamento.
Giano non mancò peraltro di prendere le parti del F. nelle controversie che lo opponevano ai Malaspina per il recupero di Carrara. La necessità di affrontare problemi più urgenti lo indussero però a differire la questione per alcuni mesi. In tale periodo, gli amichevoli rapporti con Firenze e il protrarsi dei problemi per Carrara sembrarono quasi indurre il F., all'epoca capitano di Spezia, a cedere la città ai Fiorentini. Il 12 ag. 1448 Giano risolse però la vertenza con una sentenza arbitrale che assegnava al F. la signoria su Carrara e sul suo castello, nonché su Moneta e Avenza.
Durante il dogato di Ludovico Fregoso, succeduto al fratello Giano, il F. venne più volte richiamato dal cugino a causa della sua ostilità nei confronti della comunità di Lerici. Maggior peso ebbe però la sua partecipazione al successivo dogato di Pietro Fregoso. Il 1° ag. 1450 il F. assunse, infatti, la carica di "presidente" della città di Genova. Nel giugno 1452, in cambio dell'assenso da lui dato al doge riguardo all'uccisione del proprio fratello Nicolò, subentrò a quest'ultimo nella carica di capitano della Repubblica. L'appoggio del doge gli permise inoltre di impadronirsi del feudo di Gavi, contro i diritti della cognata, con patto di cederla a Pietro dietro versamento di 10.000 lire. Nonostante tale accordo e la stipulazione di un'apposita convenzione il 27 febbr. 1454, Gavi restò nelle mani del F., che nell'agosto 1453 la pose con Carrara, Avenza e Moneta sotto la protezione del duca di Milano.
I ripetuti atti di ostilità del F. nei confronti del doge indussero quest'ultimo, il 21 maggio 1454 a sostituirlo nella carica di capitano generale della Repubblica con il proprio fratello Pandolfo. Il 6 giugno 1454 il F. compare nell'atto di ratifica della pace di Lodi in qualità di signore di Gavi. Durante la dominazione francese su Genova sembra che il F. abbia preso parte, seppure non apertamente, a un tentativo di ribellione messo in atto dal fratello Gian Galeazzo, nel febbraio 1459. Il 17 luglio 1461, in seguito alla sconfitta dei Francesi e alla cacciata del doge Prospero Adorno, il F. fu eletto doge grazie all'assenso dell'arcivescovo Paolo Fregoso. La reazione del cugino Ludovico, che sbarcò a Genova in armi e ricevette dal governatore Ludovico Lavallé la consegna del Castelletto, costrinse il F. a rinunciare al dogato, il 24 luglio, in cambio del vicariato di Spezia. Ottenuto anche il dominio su Levanto, si vide però negare quello su Portovenere, mentre il doge trattenne nelle proprie mani Lerici, in garanzia di un credito nei confronti della Repubblica.
Nel maggio del 1462, dinanzi alle continue lotte tra Ludovico e Paolo Fregoso, che si contendevano il dogato, il F. venne scelto insieme con il fratello Gian Galeazzo, come capitano generale della Repubblica. In tale veste ottenne dai due contendenti un breve momento di concordia. Nel 1463 rivendicò diritti sull'eredità di Giano, pretendendo da Ludovico il pagamento di una certa somma.
Nel 1464, chiamato a Milano insieme con Ibleto Fieschi e Prospero Adorno, il F. si sottomise a Francesco Sforza e accettò di aiutarlo nel suo progetto di insignorirsi della città di Genova. Il 20 apr. 1464, a quattro giorni dalla presa di potere da parte dello Sforza, venne nominato membro del Consiglio segreto del duca di Milano; il 26 aprile ottenne conferma del feudo di Gavi, sottratto così alla giurisdizione genovese, con la clausola che restasse a disposizione del duca di Milano, in caso di necessità, dietro compenso di altre terre in Lombardia.
Il 12 dic. 1464 nel testamento scritto di propria mano in Gavi, il F. istituì erede del feudo di Gavi e delle sue pertinenze, nonché dei feudi di Carrara e Avenza, il figlio - naturale ma legittimato - Antoniotto. Essendo Antoniotto ancora di minore età, la sua tutela era affidata, fino al compimento del venticinquesimo anno, a Cicco Simonetta, ministro dello Sforza purché questi non si discostasse dalla fedeltà al duca. Nel 1466 acquistò dai nipoti Manfredi e Orlando, figli di Gian Galeazzo, il castello di Gropparello nel distretto di Piacenza.
Il 6 genn. 1467 Galeazzo Maria Sforza gli conferì il titolo di conte di Carrara. Il F. morì nel corso di quello stesso anno, come testimoniato dall'apertura del suo testamento in data 22 ag. 1467.
Dal primo matrimonio, con Antonia di Alberigo Malaspina marchese di Fosdinovo, erano nate Lucrezia, andata in sposa a Pierantonio Attendolo; Polissena, sposata con Galeazzo Ratti; Antonia, sposata a Michele Attendolo. In età piuttosto avanzata, si era unito in seconde nozze con Donella di Gian Luigi Fieschi.
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