spiritual
Fede, sofferenza e riscatto nel canto di un popolo
Lo spiritual è un canto religioso che si diffuse negli Stati Uniti tra la fine del Settecento e per tutto l’Ottocento, diventando una delle forme più rappresentative della cultura musicale afroamericana. Nato inizialmente come parte integrante del culto, è oggi conosciuto principalmente in ambito musicale
Le radici dello spiritual vanno cercate in due fenomeni che hanno segnato la storia degli Stati Uniti: la pratica della schiavitù e i movimenti di fervore religioso. Per più di due secoli (fino a metà Ottocento) gran parte dell’economia americana si è basata sull’importazione forzata di manodopera dall’Africa: centinaia di migliaia di persone furono sottomesse e utilizzate come schiavi, soprattutto nelle grandi piantagioni del Sud degli Stati Uniti. Oltre a essere privati della libertà e dei fondamentali diritti dell’uomo, gli schiavi non potevano professare la propria religione di origine. Molti, quindi, furono convertititi al protestantesimo e appresero, insieme alla nuova fede, anche un gran numero di canti liturgici.
Parallelamente, agli inizi dell’Ottocento, negli strati più poveri della società americana (sia tra i bianchi sia tra i neri) si stava diffondendo un modo nuovo di interpretare il rituale religioso: superato lo stile di sobrietà dei primi protestanti, nei grandi raduni battisti l’espressione della fede avveniva in modo disinibito, emotivo e partecipato. Da questo fenomeno nacque anche una tradizione di spiritual bianchi, ma oggi il termine si utilizza prevalentemente per indicare i canti delle congregazioni religiose nere.
Nello spiritual afroamericano, che inizialmente era cantato da un coro con il solo accompagnamento del battito di mani, si possono individuare tracce delle radici culturali africane degli schiavi. Alcuni spiritual lenti sono espressione di una profonda malinconia che rimanda sia alle dure condizioni di vita quotidiana dei singoli individui sia al destino dell’intera comunità nera. Queste melodie hanno molti tratti in comune con il primo blues, come le note dall’intonazione oscillante o la rapida modulazione della voce su una sola sillaba del testo (melisma).
I jubilee songs, invece, sono spiritual dal carattere più gioioso, dove si canta la speranza in un miglioramento futuro. In questi ultimi è la vivace e articolata componente ritmica a ricordare le peculiarità della musica africana.
I primi spiritual rappresentavano per la comunità afroamericana un modo per esprimere le proprie sofferenze e aspirazioni. Nelle chiese non c’era separazione tra coro e fedeli, e ognuno poteva interpretare la linea del canto in modo personale, con piccole variazioni. Inoltre, durante le celebrazioni religiose l’intensità emotiva del canto accompagnato dalla danza era tale da portare in alcuni casi i partecipanti a momentanee perdite di coscienza.
I testi degli spiritual derivavano prevalentemente dalle Sacre Scritture, rifacendosi a quelle parti della Bibbia che meglio descrivevano una condizione di oppressione simile a quella dei neri. Il desiderio di riscatto sociale e l’aspirazione alla libertà si ritrovano per esempio nell’episodio di Mosè che libera gli Ebrei dalla schiavitù, immortalato dal celebre Go down Moses.
Con le prime raccolte a stampa di melodie spiritual, questo genere di musica uscì dall’ambito ristretto delle chiese afroamericane e divenne una forma d’espressione musicale conosciuta in tutto il mondo e tra le più rappresentative della cultura nera. Nel 1871 i Fisk jubilee singers furono il primo coro che portò la tradizione degli spiritual nelle sale concerto. Dopo di allora le trasformazioni della società e del mercato musicale hanno condotto alla scomparsa dello spiritual dalle chiese.
L’eredità del canto spiritual è oggi raccolta dal gospel, seppure in una forma più legata alla musica pop e attraverso la mediazione di grandi interpreti solisti, come la cantante Mahalia Jackson.