spirituali
Furono così chiamati i francescani rigoristi che in modo sempre più chiaro e preciso, dalla seconda metà del sec. XIII in poi, vennero formando dei gruppi all'interno dell'ordine minoritico. Essi vennero detti così dal fatto che era loro proposito osservare la regola, come del resto era prescritto, spiritualiter, cioè nell'intenzione che aveva indirizzato la stesura delle norme della regola stessa, piuttosto che nella loro osservanza formale e letterale.
Questo tratto specifico e distintivo si complicò poi con una più o meno partecipe e fervida adesione anche all'interpretazione gioachimitica della storia della Chiesa e della missione provvidenziale del francescanesimo.
Gli s. perciò nell'unità del proposito di osservare la regola nel suo rigore si distinguevano peraltro in diversi gruppi, fra i quali riteniamo più importanti quelli delle Marche e della Toscana che fecero capo ad Angelo Clareno e a Corrado da Offida, e quelli della Francia meridionale che ebbero il loro primo grande esponente in Ugo di Digne e la più alta espressione in Pietro di Giovanni Olivi.
Il primo di questi gruppi, quello italiano, fu caratterizzato specialmente dalla presenza del ricordo e della tradizione del Santo fondatore che fu perciò oggetto di una serie di raccolte di ricordi, detti e più o meno pretese rivelazioni e dalla tendenza alla vita eremitica. Diverso l'altro, quello della Francia meridionale, che si caratterizzò per la sua penetrazione capillare e vasta fra le masse popolari fra le quali svolse un'ingente e profonda attività pastorale, onde risultò un rapporto strettissimo fra i frati e i fedeli.
Diverso perciò fu il modo di reagire di questi due gruppi spirituali quando si addensò su di loro la massa delle difficoltà con il gruppo dirigente dell'ordine e col Papato. Gli s. italiani più pugnaci, più legati agl'ideali più antichi del francescanesimo, entrarono in conflitto con i superiori e giunsero sino a chiedere al tempo di Celestino V di formare un vero e proprio corpo separato a cui fu dato il nome di pauperes heremitae Domini Coelestini. Ne venne successivamente la loro abolizione a opera di Bonifacio VIII e la loro migrazione in Grecia, sempre in difficoltà con i loro superiori.
Gli s. della Francia meridionale, nei riguardi della gerarchia ebbero anch'essi difficoltà, che l'Olivi però e i suoi compagni ritennero doveroso sopportare pazientemente come prova, prevista soprattutto dall'Apocalisse, che la ‛ Chiesa spirituale ' doveva affrontare, subendola a opera della ‛ Chiesa carnale '.
Questi due gruppi, tuttavia, finirono per confluire, o per lo meno per stabilire più stretti contatti, già nel 1299, quando Pietro di Giovanni Olivi venne trasferito a Firenze come lettore nello Studio di Santa Croce, conobbe almeno Corrado da Offida, al quale indirizzò una celebre lettera più tardi, e divenne suo seguace l'italiano Ubertino da Casale.
Quando gli s. italiani furono costretti a esulare in Grecia e quelli della Francia meridionale, dopo la morte dell'Olivi (1297), cominciarono a essere oggetto di persecuzioni, i loro rapporti, pur continuando le precedenti differenze, si fecero più stretti: Ubertino da Casale difese gli uni e gli altri nelle polemiche con la Comunità che precedettero il Concilio di Vienne (1311). Ancora più stretti i rapporti divennero con l'avvento al pontificato di Giovanni XXII e con la condanna della povertà tradizionale minoritica. Ma a questo punto noi siamo fuori dell'epoca della Commedia.
Qual è l'atteggiamento di D. nei riguardi degli spirituali? Il problema si pone in tutta la sua imperatività con un preciso riferimento al canto XII del Paradiso (vv. 124-126): ma non fia da Casal né d'Acquasparta, / là onde vegnon tali a la scrittura, / ch'uno la fugge e altro la coarta. Infatti questo passo viene sempre interpretato come un rifiuto di D. sia verso le posizioni della Comunità sia verso quelle degli spirituali.
In realtà il problema è assai più complesso perché esso va integrato in quella che era la posizione di D. circa il problema della povertà, e in particolare della povertà di s. Francesco, circa il problema della Chiesa e dei fedeli e della gerarchia, circa la funzione provvidenziale del francescanismo e dell'ordine domenicano.
Se noi esaminiamo questi problemi ci rendiamo conto, senza possibilità di dubbio, che le posizioni di D. erano vicinissime, se non addirittura identiche, a quelle professate appunto dall'Olivi. Proprio il rispetto di D: per s. Bonaventura è caratteristico anche dell'Olivi; l'atteggiamento di deferenza all'autorità nella critica della sua non riuscita adesione all'Evangelo è di D. come dell'Olivi; ma è soprattutto stretto il rapporto di entrambi verso l'aspirazione a una chiesa spirituale libera soprattutto dalla cupidigia dei beni mondani e della potenza materiale.
Resta allora il problema di Ubertino: qui però ci aiuta proprio il fatto che D., come tutto nel testo sembra indicare, non allude a ‛ due correnti ' ma a ‛ due individui ' precisi dei quali egli sottolinea limiti e responsabilità. In particolare ci sembra che Ubertino venga accusato di ‛ coartare ' la regola, espressione tecnicamente precisa e adoperata appunto anche dai commentatori antichi della regola di s. Francesco, come a esempio Angelo Clareno, per indicare chi vuole restringere quella che è la libertà implicita nella formulazione di una norma di vita. Ci spieghiamo: il modo con cui Ubertino desiderava che ‛ tutti ' i frati osservassero la regola nella sua più rigorosa interpretazione era appunto una coartazione della regola stessa. La sua osservanza spirituale dev'essere libera, se deve avere un valore.
Ci sembra allora di poter dire che D. sia stato favorevole allo spiritualismo francescano, ma non ne abbia voluto accettare le esagerazioni, le puntate polemiche, il rigorismo a ogni costo, che volle appunto rimproverare in Ubertino da Casale.
Bibl. - Oltre alla bibl. già indicata per le voci FRANCESCANESIMO; POVERTÀ; PROFETISMO; OLIVI, Pietro di Giovanni, si veda: R. Manselli, S. e Beghini in Provenza, Roma 1959; ID., Divergences parmi les Mineurs d'Italie et de France méridionale, in Les ordres mendiantes dans la France méridionale, Tolosa 1973.