Sport
di Philip Noel-Baker
Sport
sommario: 1. Introduzione. 2. Lo sport come spettacolo: le Olimpiadi di Monaco del 1972. 3. Partecipazione allo sport. Le competizioni internazionali: a) i giochi olimpici; b) i giochi del Commonwealth; c) i giochi panamericani; d) i giochi asiatici; e) i giochi panafricani; f) altri giochi internazionali. 4. Partecipazione allo sport: sport agonistico e sport di massa. 5. Lo sport come interesse intellettuale. 6. La crescita e lo sviluppo dello sport nel Novecento: l'opera del barone Pierre de Coubertin. 7. L'organizzazione nazionale dello sport. 8. L'organizzazione internazionale dello sport. 9. Lo sport nella vita moderna: a) il bisogno di sport: industrializzazione e urbanizzazione; b) le accuse allo sport contemporaneo; c) sport, salute, istruzione e sviluppo. 10. Sport e solidarietà internazionale. □ Bibliografia.
1. Introduzione
Nella seconda metà del Novecento lo sport è diventato un fattore di grande importanza sociale in quasi tutti i paesi del mondo. Non era così agli inizi del secolo, quando lo sport e le altre forme di ricreazione fisica erano diffusi solo in Gran Bretagna, nei dominions di lingua inglese soggetti all'Impero britannico e negli Stati Uniti. Inoltre i Norvegesi e gli Svedesi praticavano la vela e i Norvegesi anche lo sci di fondo; ma in molti paesi il termine sport, se pure era usato, indicava soltanto l'equitazione e la caccia.
Anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, il numero di persone che praticavano sport era ovviamente molto ristretto. In Gran Bretagna, fatta eccezione per il calcio e il pugilato professionistici, lo sport era praticato solo dal ceto abbiente. Negli Stati Uniti, era limitato alle scuole, ai colleges e alle università (e anche qui non coinvolgeva tutti gli studenti).
Negli anni settanta lo sport ha raggiunto tutti i continenti e quasi tutti i paesi. Non c'è altra attività umana che eserciti un richiamo così potente su un numero altrettanto elevato di uomini e donne di ogni lingua, razza e classe sociale, come può essere dimostrato: a) dal numero di coloro che amano lo sport come spettacolo; b) dal numero di coloro che lo praticano attivamente; e infine, c) dal numero di coloro per i quali lo sport costituisce un interesse intellettuale continuo e appassionante.
2. Lo sport come spettacolo: le Olimpiadi di Monaco del 1972
I giochi olimpici di Monaco sono stati il più grande spettacolo sportivo mai visto fino a quel momento. Essi hanno certo costituito la prova migliore della capacità di attrazione dello sport come spettacolo. Peraltro, l'enorme risonanza dei giochi olimpici è stata sfruttata anche per scopi del tutto opposti a quelli che lo sport si prefigge: infatti, proprio a Monaco nel 1972, alcuni palestinesi scatenarono un attacco terroristico contro la delegazione israeliana causando la morte di diciotto persone.
A Monaco il programma dei giochi comprendeva 21 specialità, per molte delle quali nuoto e tuffi, pallacanestro, pugilato e lotta libera, ginnastica, ecc. - erano previste sedi speciali, ognuna capace di migliaia di spettatori: ebbene, fu sempre registrato il tutto esaurito.
Nello stadio principale, capace di 80.000 spettatori, si sono svolte le cerimonie di apertura e di chiusura dei giochi, le prove di atletica, le principali partite del torneo di calcio e il concorso ippico. Per dieci dei quattordici giorni delle Olimpiadi, la mattina e il pomeriggio si svolgevano gare diverse, per le quali occorrevano biglietti diversi. In certi giorni vi era anche una terza manifestazione la sera. I prezzi per ogni gara erano molto alti, superiori al prezzo di un biglietto per il miglior spettacolo d'opera o balletto a Londra, Parigi e New York. Eppure si registrò costantemente il tutto esaurito.
Mai nessuno spettacolo ha avuto nella storia un simile potere di attrazione. Nessuno statista, nessun oratore, nessun capo religioso, nessun attore, nessun musicista ha mai potuto attrarre la decima parte di un simile pubblico. E non basta: per due settimane intere ogni gara del programma olimpico fu trasmessa dalla televisione a spettatori di ogni continente. Secondo una stima della rivista olimpica ufficiale, le trasmissioni televisive furono seguite da circa 900 milioni di spettatori. (Ricordiamo che le Olimpiadi successive quelle del 1976 a Montreal e quelle del 1980 a Mosca sono state gravemente turbate da ragioni politiche che hanno ridotto la partecipazione prevista: a quelle di Montreal non parteciparono quasi tutti i paesi dell'Africa, per protesta contro la presenza della Nuova Zelanda, colpevole di aver intrattenuto relazioni sportive con il Sudafrica razzista; a quelle di Mosca non parteciparono molti paesi - tra i quali gli Stati Uniti e la Repubblica Federale Tedesca - per protesta contro l'invasione sovietica dell'Afghanistan).
3. Partecipazione allo sport. Le competizioni internazionali
a) I giochi olimpici
Ho già rilevato che il numero delle persone che nel mondo praticano regolarmente qualche sport è assai aumentato dall'inizio del secolo. Questa crescita è mostrata dalla tabella a piè di pagina che indica (per alcune edizioni di giochi olimpici a partire dalla loro ripresa nel 1896) il numero delle nazioni partecipanti, il numero complessivo degli atleti in gara e, in particolare, quello delle atlete.
In questa tabella, i dati più significativi sono contenuti nella quarta colonna, quella cioè che indica l'aumento costante dei paesi che hanno inviato alle Olimpiadi proprie squadre nazionali. Meno soddisfacenti sono invece le cifre relative alle donne in gara, il cui numero sebbene cresciuto, non rappresenta ancora che circa il 10% del totale. La tabella si riferisce esclusivamente ai giochi che il Comitato Olimpico Internazionale chiama ‛giochi estivi'. Vi sono poi i ‛giochi invernali', divenuti anch'essi un avvenimento sportivo d'importanza mondiale.
All'inizio del secolo, il pattinaggio sul ghiaccio si praticava in vari paesi europei e negli Stati Uniti. Come è stato già accennato, lo sci di fondo era praticato comunemente in Norvegia, ma per il resto non esistevano sport invernali nel senso odierno. Ai primi giochi olimpici invernali, che si svolsero a Chamonix nel 1924, sedici paesi inviarono proprie squadre; i concorrenti furono 294, tra cui 13 donne.
Agli undicesimi giochi invernali (Sapporo, 1972), trentacinque nazioni inviarono proprie squadre; parteciparono 1.128 concorrenti, di cui 217 donne. Nel frattempo è aumentato anche il numero delle specialità incluse nel programma dei giochi, che si presenta oggi cosi articolato: sci (discesa libera, slalom, fondo, salto dal trampolino); pattinaggio (pattinaggio artistico, pattinaggio veloce); hockey su ghiaccio.
Il movimento olimpico ha inoltre favorito la nascita di altri giochi internazionali, sebbene con una partecipazione meno ampia di quella olimpica; tali giochi si svolgono ogni quattro anni (evitando la coincidenza con le Olimpiadi).
b) I giochi del Commonwealth
Le più importanti tra queste competizioni non olimpiche sono i giochi del Commonwealth. Organizzati per la prima volta in Canada nel 1930 col nome di ‛giochi imperiali', essi hanno assunto un'importanza crescente sia sotto l'aspetto sportivo, sia sotto quello politico. Nel 1970 giunsero a Edimburgo le squadre provenienti da tutti i paesi del Commonwealth: dalla Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord inviarono squadre separate), dal Nordamerica, dall'Asia, dall'Africa, dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dalle Indie Occidentali. Oltre l'atletica, il pugilato, la lotta libera, la scherma, ecc., il programma includeva il gioco delle bocce sul prato, caratteristico della tradizione inglese.
Alla decima edizione dei giochi del Commonwealth svoltasi a Christchurch, in Nuova Zelanda, nel 1974, parteciparono squadre di 50 paesi con 1.600 atleti.
c) I giochi panamericani
Tutte le nazioni dell'America Settentrionale, dell'America Latina e delle Indie Occidentali prendono parte ai giochi panamericani. Tali giochi si sono svolti in Canada nel 1967, in Colombia nel 1971, e in Cile nel 1975. I partecipanti sono assai numerosi e il programma comprende, oltre alle specialità usuali, anche il baseball. Degno di nota è l'importante ruolo svolto in questi giochi da Cuba.
d) I giochi asiatici
Tali giochi esercitano una profonda influenza sui popoli asiatici, tra i quali si registra un rapido progresso di tutte le specialità sportive. Nell'ambito di questi giochi, Giappone e India svolgono un ruolo predominante. Il governo cinese, fin dalla fondazione della Repubblica Popolare nel 1949, ha dato molta importanza all'educazione fisica; esistono sei scuole principali, ove si addestrano i futuri dirigenti sportivi; ognuna ha 2.500 allievi: 1.250 maschi e 1.250 femmine. Con la partecipazione della Cina ai giochi asiatici la loro importanza sportiva, sociale e politica risulterà notevolmente aumentata.
e) I giochi panafricani
Organizzati dal Supremo Consiglio Africano per lo sport, questi giochi hanno acceso la fantasia dei popoli di quel continente. Alla seconda edizione, svoltasi a Lagos (Nigeria) nel gennaio del 1973, parteciparono squadre di 41 nazioni. Erano assenti il Sudafrica, la Rhodesia, il Mozambico e l'Angola; erano invece rappresentati il Madagascar, il Lesotho e lo Swaziland. Gli atleti erano oltre 2.000 e il programma comprendeva pallacanestro, pallavolo, pallamano, ciclismo, judo, nuoto, tennis, pugilato e, naturalmente, atletica leggera e calcio. Il calcio si rivelò lo sport più popolare; assai alto fu il livello di abilità e di correttezza; le partite attirarono circa 50.000 spettatori.
f) Altri giochi internazionali
Non vi sono giochi europei paragonabili a quelli organizzati in America, Asia e Africa; ma ogni quattro anni, in un anno non olimpico, si svolgono campionati europei di atletica leggera, nuoto, canottaggio, pallacanestro e altri sport.
Oltre quelli sopra ricordati, vengono organizzati anche altri giochi regionali, anche se di minore importanza, tra i quali si possono ricordare: i giochi caraibici (ai quali prendono parte i paesi dell'America Centrale e delle Indie Occidentali), e i giochi del Sud-Est asiatico. Esistono infine tornei su scala mondiale per diverse discipline sportive. Una delle più importanti tra queste competizioni è certamente la Coppa del mondo di calcio, la cui capacità di richiamo è di poco inferiore a quella delle stesse Olimpiadi. Vi prendono parte quasi tutte le nazioni. Le partite di qualificazione, organizzate su scala regionale, si svolgono nell'anno successivo a quello delle Olimpiadi; le 16 squadre nazionali che superano i turni di qualificazione s'incontrano l'anno dopo in un torneo. L'interesse che suscita la Coppa del mondo è immenso; gli spettatori si contano a milioni e il pubblico televisivo è inferiore solo a quello delle Olimpiadi.
Nel tennis, il torneo annuale di Wimbledon, in Inghilterra, rappresenta quasi un campionato mondiale e tale è considerato da giocatori, stampa e pubblico. Anche i campionati open di golf che si svolgono in Gran Bretagna e negli Stati Uniti sono considerati dei veri e propri campionati mondiali e suscitano grande interesse non solo tra i golfisti.
4. Partecipazione allo sport: sport agonistico e sport di massa
Quanto abbiamo detto circa i giochi olimpici e altre manifestazioni sportive internazionali riguarda solo lo sport agonistico, cioè quello cui possono prendere parte solo atleti e giocatori altamente specializzati e perfettamente allenati. Ma è chiaro che una simile organizzazione non sarebbe possibile se non fosse sostenuta da una forte infrastruttura, se non vi fosse cioè un gran numero di persone - uomini e donne, giovani e meno giovani - che praticano regolarmente qualche sport.
È difficile ottenere statistiche precise sulla diffusione di massa dei diversi sport. I dati più attendibili si riferiscono alla pallacanestro. William Jones, fondatore e per quarant'anni Segretario generale della Federazione Internazionale di Pallacanestro (FIBA), ha comunicato che nel 1973 c'erano 80 milioni di iscritti alle diverse società affiliate alla Federazione, e che in Cina c'erano altri 40 milioni di giocatori non affiliati. Secondo una stima ufficiosa vi sarebbero 100 milioni di giocatori di calcio nel mondo, di cui un milione in Gran Bretagna. La Federazione Internazionale della Pallavolo afferma di avere 40 milioni di giocatori. La Federazione sportiva della Repubblica Federale di Germania contava 11 milioni di membri di società sportive nel 1973. Dal 1945 il numero di velisti in Gran Bretagna è salito a un milione. Si calcola che circa un altro milione pratichi l'equitazione. In Gran Bretagna vi sono poi molti amanti della montagna e campeggiatori.
Questi dati casuali, se non offrono certo un quadro completo o sistematico dell'attività sportiva, mettono però in evidenza quanto sia elevato il numero di persone che vi si dedica rispetto a molte altre forme di attività umana.
5. Lo sport come interesse intellettuale
Il terzo criterio di valutazione dell'importanza sociale dello sport, al giorno d'oggi, consiste nel calcolare le persone per le quali esso costituisce un interesse intellettuale non effimero. Un calcolo esatto, o anche approssimativo, è in verità impossibile, così come non è stato possibile fornire le cifre esatte del numero di quanti praticano lo sport. È sufficiente però un breve cenno alla stampa sportiva e alla sua diffusione nel mondo.
Vi è anzitutto un gran numero di giornali, riviste, quotidiani, settimanali e mensili interamente dedicati allo sport in generale, o ad alcune discipline in particolare. Vi sono poi numerosissimi settimanali (in quasi tutte le lingue) dedicati esclusivamente al calcio. Ve ne sono anche per la pallacanestro, il nuoto, la ginnastica, l'equitazione, la caccia, la pesca e molti altri sport. Esistono inoltre pubblicazioni di maggior impegno (riviste quadrimestrali o annuali) dedicate all'alpinismo, al cricket, alla vela, ecc. Quasi ogni quotidiano in tutti i paesi dedica almeno due pagine, e a volte di più, ai resoconti degli avvenimenti sportivi e ai commenti specializzati. È interessante notare che un numero sorprendentemente elevato di persone, di tutte le professioni o mestieri, leggono prima di ogni altra le notizie sportive.
Durante le Olimpiadi o i campionati mondiali di calcio, ancora maggiore è lo spazio che la stampa, la radio e la televisione dedicano alle cronache sportive. Quasi ogni paese ha una propria associazione di giornalisti sportivi; queste associazioni nazionali sono collegate all'International Association of the Sporting Press (AIPS). La fotografia sportiva è divenuta quasi una specializzazione autonoma e richiede un alto grado di abilità.
Tramite questi diversi canali, molte persone che per una ragione o per l'altra non possono frequentare gli stadi, come anche molti che non possono praticare attivamente lo sport, arrivano tuttavia ad avere una vasta conoscenza in materia, acquistano familiarità con i principali giocatori, atleti, allenatori, direttori e cronisti, e trovano in ciò stabile motivo di interesse e soddisfazione.
6. La crescita e lo sviluppo dello sport nel Novecento: l'opera del barone Pierre de Coubertin
L'eccezionale crescita dello sport nel Novecento si deve all'opera costante e lungimirante di molte persone, ma, per unanime riconoscimento, fu il francese Pierre de Coubertin il principale e più efficace promotore di questo sviluppo. Se si pensa alla situazione in cui egli iniziò il suo lavoro, alla sua analisi delle ingiustizie e delle sofferenze della società ottocentesca, e ai risultati pratici che ottenne, dobbiamo considerarlo come uno dei grandi uomini politici del suo tempo. Di famiglia ricca e aristocratica, si ribellò contro le ineguaglianze di classe, contro la miseria dei poveri, la loro carenza d'istruzione, le condizioni di vita alle quali erano costretti. In una lettera a un amico scrisse che l'atteggiamento della borghesia era la causa della schiavitù dell'individuo e della sua irreggimentazione al servizio delle quattro forze su cui si fonda il dominio delle classi abbienti: imperialismo, militarismo, plutocrazia, clericalismo; e aggiungeva: ‟il clericalismo è lontano dalla religione, quanto lo è l'imperialismo dal patriottismo".
Mosso dai suoi ideali di uguaglianza sociale, de Coubertin lottò tutta la vita per il riscatto dei diseredati, e divenne egli stesso un esperto di riforme nel campo dell'istruzione, degli alloggi e delle condizioni di vita delle classi popolari. Per questa sua attività egli fu universalmente riconosciuto come un'autorità nel campo dei problemi della vita sociale e politica. Se lo avesse voluto, egli avrebbe certamente fatto una brillante carriera politica; ma la sua strada era un'altra. Osservando la società della seconda metà dell'Ottocento, egli si convinse che due grandi trasformazioni erano in atto e avrebbero continuato sempre più a esercitare la loro influenza. La prima era rappresentata dall'introduzione in molti paesi della scuola dell'obbligo. Egli vedeva in ciò la possibilità di una progressiva democratizzazione della società. Era pure convinto che lo sviluppo dei mezzi di trasporto e di comunicazione avrebbe ‛internazionalizzato' (e questa era la seconda trasformazione) la società. Accolse quindi entusiasticamente queste innovazioni e ne auspicò la diffusione soprattutto al fine di favorire cambiamenti sociali e politici. Con eccezionale intuizione egli si rese inoltre conto che lo sport, la ricreazione fisica di qualsiasi tipo, la ginnastica nelle scuole, nelle università e nella vita, potevano costituire uno strumento potente per accelerare la democratizzazione e instaurare rapporti più civili tra le nazioni. De Coubertin riteneva che, sui campi da gioco e negli stadi, i privilegi e le distinzioni di classe sarebbero caduti e gli uomini si sarebbero accorti, attraverso le competizioni sportive internazionali, di avere interessi comuni e comunque conciliabili in spirito di fraternità e che tali interessi avrebbero potuto e dovuto prevalere sul militarismo corrotto e insensato del tempo.
Il suo proposito fondamentale, sulla base del convincimento che attraverso l'istruzione fosse possibile soffocare il seme della violenza e della guerra, era introdurre nei programmi delle scuole di ogni ordine e grado una ricreazione fisica che fosse fonte di gioia e di formazione spirituale. ‟Quello che è necessario", diceva in proposito, non è ‟militarizzare gli alunni, ma renderli virili, cosa del tutto diversa".
Gli scritti di de Coubertin e i suoi discorsi nelle conferenze nazionali e internazionali di insegnanti e di storici favorirono, già durante la sua vita, importanti riforme in campo educativo, le quali avrebbero continuato a esercitare la loro influenza ancora per molto tempo. Il maggiore successo di de Coubertin è però legato alla rinascita dei giochi olimpici, rinascita che si deve esclusivamente alla sua opera geniale. Egli dovette lottare per questo contro l'opposizione di numerosi governi e di molti organi di stampa, e dovette vincere l'indifferenza e il cinismo di vasti strati d'opinione pubblica, che nascondevano la loro angustia di vedute dietro una maschera di realismo. Ma la sua vigorosa dialettica e fervente fede gli consentirono, ad onta di tutti gli ostacoli, di conseguire il risultato trionfale legato al suo nome: la rinascita dei giochi olimpici.
Dovremo ora illustrare per sommi capi la ‛filosofia' dello sport e della vita che guidava l'opera di de Coubertin, anche perché a tale ‛filosofia' si ispira a tutt'oggi l'attività delle federazioni internazionali in tutte le sue varie forme.
A questo proposito occorre ricordare che de Coubertin si ispirò soprattutto all'opera di Th. Arnold, direttore della celebre scuola di Rugby, e ai giochi olimpici dell'antica Grecia. Un suo biografo racconta che a de Coubertin ventenne regalarono il famoso romanzo inglese Tom Brown's schooldays. Una volta cominciata la lettura, non poté staccarsi dal libro prima di averlo finito; profondamente commosso dalla comprensione generosa, affettuosa che Arnold dimostrava verso i suoi allievi, e avvinto dai racconti dei giochi e delle attività sportive, che tanta parte avevano nella giornata di Tom Brown, de Coubertin ebbe una prima intuizione di quale sarebbe stato il compito della sua vita. Poco dopo visitò numerosi collegi privati inglesi e abitò una settimana a Harrow. Andò anche a Rugby e pregò nella cappella accanto al pulpito dal quale Arnold soleva predicare. L'opera di Arnold restò sempre un punto fermo nel suo pensiero per tutta la vita.
Accanto agli insegnamenti di Arnold, ebbe una grande importanza per de Coubertin, come si è già accennato, il modello degli antichi giochi olimpici della Grecia. Immenso era il fascino che le antiche Olimpiadi, le quali ogni quattro anni chiamavano le città-stato elleniche non solo all'agone atletico ma anche alla celebrazione - al di sopra dei contrasti politici - della loro unità culturale, esercitavano su de Coubertin. La sua mente fervida traspose le antiche usanze nei tempi moderni. Così la solenne cerimonia di apertura e chiusura dei giochi divenne l'attuale corteo delle squadre nazionali, con i loro colori e le loro bandiere. Il giuramento di lealtà degli atleti doveva solo essere riscritto con parole moderne; l'incoronazione dei vincitori con la fronda d'olivo divenne la cerimonia olimpica in cui si consegnano le medaglie ai vincitori, al suono dell'inno nazionale, mentre gli spettatori, alzandosi in piedi, rendono omaggio ai vincitori, ai loro paesi e ai giochi olimpici.
De Coubertin auspicò costantemente che i giochi moderni fossero animati da una devozione mistica a un grande ideale, come in Olimpia 2.500 anni prima. Egli voleva che i giochi fossero una gara di forza e di abilità atletica, ma anche di bellezza e di cultura, com'erano i giochi antichi, e una celebrazione dell'amicizia tra le nazioni del mondo. Egli aveva una fede profonda nell'influenza dell'etica sportiva (lealtà nelle gare olimpiche come in tutte le circostanze della vita); era anche fermamente convinto che se i giovani, uomini e donne, delle diverse nazioni fossero venuti a contatto in occasione dei giochi, il rispetto e la comprensione reciproci avrebbero vinto nel loro animo ogni impulso sciovinistico.
Questi erano gli scopi che de Coubertin si proponeva per questa via: sport per tutti e in tutti i paesi; eliminazione di ogni discriminazione di classe o di razza; promozione di un'etica di lealtà; ricerca della gioia e della bellezza; amicizia e comprensione tra i popoli del mondo. La prova del completo trionfo di de Coubertin è che questi ideali sono ancora accettati come base dell'attività sportiva, a tutti i livelli e in tutti i paesi.
7. L'organizzazione nazionale dello sport
Lo sport è organizzato in modo diverso in ciascun paese. In Gran Bretagna, nei paesi di lingua inglese del Commonwealth, negli Stati Uniti, in Svizzera, in Svezia e in altre nazioni l'organizzazione sportiva fu inizialmente promossa da individui entusiasti attraverso circoli e società privati. Questi circoli col tempo aumentarono, costituirono delle leghe e organizzarono dei campionati, regolati e diretti da organismi nazionali di controllo per ogni sport. Tali organismi sono ancora oggi formati da famosi ex giocatori e atleti, i quali non ricevono alcun compenso per le loro fatiche. Attualmente, quasi ogni disciplina sportiva dispone di un nucleo più o meno grande di funzionari stipendiati, ma - a quasi tutti i livelli - gran parte del lavoro in materia di organizzazione, di direzione di gare e di controllo finanziario viene svolto da sportivi non retribuiti.
Recentemente, i governi di alcuni paesi hanno cominciato a finanziare più o meno largamente le organizzazioni sportive. Talvolta questi aiuti economici vengono dati perché le leghe possano aumentare il numero dei loro impiegati stipendiati; più spesso gli aiuti sono dati per spese relative a impianti: campi da gioco, stadi, palestre, rimesse per imbarcazioni, ecc. Probabilmente è il governo svedese quello che sovvenziona più generosamente i suoi organismi sportivi al fine di garantire a tutti i cittadini la possibilità di fare dello sport: negli ultimi anni ha speso circa 50 milioni di corone all'anno.
Nei paesi in via di sviluppo lo sport è organizzato sul modello inglese o americano, il cui sistema sportivo, a carattere privato e volontario, è stato già descritto. I paesi in via di sviluppo hanno però in genere a loro disposizione risorse molto limitate sia in fatto di personale specializzato che di finanziamenti privati; nella maggior parte dei casi è quindi necessario un consistente contributo da parte del governo. Di conseguenza, è spesso lo stesso governo a decidere in pratica quello che va fatto. Dal momento che il contributo che lo sport può dare allo sviluppo di questi paesi è enorme, è necessario che i paesi più sviluppati forniscano anche in questo campo un valido aiuto, inviando (come già in parte sta avvenendo) allenatori esperti, organizzatori e fondi per attrezzature e impianti.
Nei paesi comunisti lo sport è completamente controllato dal governo. In alcuni paesi c'era una fiorente attività sportiva già prima dell'avvento del comunismo, comé per esempio in Cecoslovacchia e in Polonia. In altri invece, ad esempio in Russia e in Cina, non esistevano attività sportive in senso moderno. Ma qualunque sia stata la situazione in passato, in tutti questi paesi lo sviluppo dello sport è stato notevolissimo da tutti i punti di vista: numero di atleti, attrezzature ed eccellenza di risultati. Tutto ciò non è dovuto evidentemente al caso, ma è il risultato di una precisa scelta politica. Nel 1919 Fridtjof Nansen descrisse la Russia come una ‟terra di morti". In quasi tutto il paese le armate bianche combattevano contro il potere sovietico; una tremenda crisi alimentare e un'epidemia di tifo falciavano molti milioni di vite umane. In mezzo a questo caos e a questo disastro, Lenin fondò a Mosca il primo Istituto sovietico di cultura fisica. Da allora, la cultura fisica e lo sport in tutte le sue forme sono stati fortemente incoraggiati e sostenuti con adeguate risorse finanziarie.
Nel 1973 una pubblicazione ufficiale della Repubblica Democratica Tedesca cosi definiva la dottrina comunista: ‟Il Congresso del Partito ha sottolineato che lo sviluppo della cultura fisica e degli sport è parte costitutiva degli obiettivi del piano quinquennale, allo scopo di stimolare la gioia di vivere della gente, rafforzarne la salute e garantire uno svago attivo e regolare"; e proseguiva: ‟La cultura fisica e gli sport sono menzionati nella Costituzione della Repubblica Democratica Tedesca che riconosce il diritto allo sport e all'esercizio fisico come uno dei diritti fondamentali dei cittadini, nella nostra società socialista, allo stesso titolo del diritto al lavoro, al riposo e alla sicurezza sociale. Di conseguenza la cultura fisica e lo sport costituiscono un elemento fondamentale della vita socialista [...]. Far sì che lo sviluppo della cultura fisica e dello sport diventino un bisogno vitale per ciascuno, è quindi un compito sociale importante, che deve essere affrontato unitamente dagli sportivi, dagli allenatori e dalle organizzazioni sociali".
È certo degno di ammirazione il lavoro dei volontari non retribuiti che tanto si adoperano per organizzare e dirigere lo sport nei paesi occidentali, ma lo è anche l'opera di direzione e organizzazione statale dello sport nei paesi dell'Est. A volte si è affermato che siffatto controllo da parte del governo implica necessariamente un forma di ‛irreggimentazione', dalla quale derivano risultati indesiderabili. Ma dal punto di vista dell'etica sportiva, le autorità sportive comuniste sono pienamente riuscite a raggiungere i loro obiettivi. I loro atleti e le loro squadre di giocatori hanno dimostrato in ogni sport e in ogni occasione un livello altissimo di correttezza e di lealtà.
8. L'organizzazione internazionale dello sport
Nella prima parte di questa nostra trattazione abbiamo illustrato come, in questo secolo, lo sport sia diventato un elemento rilevante nella vita sociale di quasi tutte le nazioni e come ciò sia dovuto in gran parte al movimento olimpico e al suo fondatore, il barone Pierre de Coubertin.
I giochi olimpici si svolgono però una volta ogni quattro anni e durano soltanto due settimane, mentre l'attività sportiva, sia nazionale che internazionale, non conosce interruzioni, sotto la guida e il controllo delle federazioni internazionali delle diverse specialità. Ogni federazione è formata dagli organismi dirigenti di ogni paese per ciascuno sport. Grande è l'importanza delle federazioni internazionali, giacché le gare di ciascuna specialità olimpica sono affidate al controllo della federazione competente, sotto la supervisione generale del Comitato Olimpico Internazionale. La federazione accetta e registra le iscrizioni nazionali; si assicura che gli impianti siano adeguati alle necessità, che vi siano infrastrutture adeguate per le squadre, per i funzionari, per la stampa e per il pubblico; nomina i giudici di gara, decide su tutte le eventuali questioni organizzative e disciplinari, e provvede infine a omologare i record.
Oltre alle responsabilità inerenti all'organizzazione dei giochi olimpici, le federazioni devono coordinare e controllare un gran numero di altre gare e incontri internazionali, tra i quali i diversi campionati regionali e continentali dei quali abbiamo già parlato. Le federazioni si distinguono per la diversa importanza e potenza economica. La più importante è certo la Federazione internazionale di calcio (FIFA); dalle folle degli stadi deriva un flusso di molti miliardi l'anno. Relativamente assai più povera e modesta è, per esempio, la Federazione internazionale di scherma, che pure è alla guida di uno sport antico e prestigioso. Comunque tutte le federazioni (sono più di quaranta) costituiscono un oggetto d'indagine di grande interesse per lo studioso delle organizzazioni internazionali. Tutte le federazioni hanno infatti costituito istituzioni internazionali perfettamente funzionanti, elaborando anche un corpo di norme internazionali universalmente osservate. Ogni federazione ha poi un proprio statuto nel quale sono fissate le modalità di convocazione delle assemblee o delle conferenze generali, la composizione e le modalità di elezione del consiglio, della presidenza, del segretariato e dei suoi comitati tecnici e giuridici. Questi organismi deliberano il budget annuale e decidono l'entità del contributo dovuto dagli organismi nazionali. In molti casi, tali assemblee, consigli e comitati decidono con votazioni a maggioranza. La maggior parte delle federazioni ha propri funzionari stipendiati, i quali preparano il lavoro dei vari consigli e assemblee e ne gestiscono l'amministrazione.
Gli oppositori del movimento olimpico, i quali sono di solito anche avversari di tutte le attività sportive a livello internazionale, parlano spesso di supposte violazioni delle regole del gioco e cercano di ingigantire tutti gli ‛incidenti' e i contrasti ai quali - essi dicono - lo sport internazionale conduce inevitabilmente. Ritorneremo più avanti su questo argomento; qui basti semplicemente rilevare che, nelle migliaia di gare sportive internazionali di ogni tipo che hanno luogo ogni anno, le norme sono quasi universalmente rispettate; se si verificano violazioni, le punizioni sono accettate senza proteste nè discussioni. Le federazioni possiedono un bene prezioso del quale, finora, le Nazioni Unite sembrano invece essere prive: tutti i diversi organismi nazionali sentono profondamente la loro comunione di interessi e di finalità; sincera è la convinzione di tutti che le grandi responsabilità loro affidate debbano essere affrontate nella leale osservanza della lettera e dello spirito delle leggi che essi stessi si sono date.
9. Lo sport nella vita moderna
Quelli che hanno contribuito allo sviluppo degli sport moderni, credono, con Pierre de Coubertin, che la partecipazione ai giochi sportivi e ad altre forme di ricreazione fisica sia uno dei massimi beni della condizione umana. Tutti i bambini, per quanto atleticamente poco dotati, amano infatti partecipare a giochi con la palla, a esercizi di ginnastica, a corse e ad altre forme semplici di sport; amano arrampicarsi sui cancelli e sulle staccionate, nuotare e saltare. Quelli che credono con de Coubertin che lo sport rappresenti un bene fondamentale sottolineano il valore dello sforzo, di un'utilizzazione delle energie, dell'abilità e della resistenza fino ai limiti delle proprie capacità; e inoltre il valore di un allenamento prolungato e programmato, necessario per dare il meglio di sé se si è convinti che il benessere fisico immediato e quello intellettuale a lunga scadenza rappresentino un elemento positivo, allora certamente lo sport acquista un posto di enorme importanza nella vita umana. Chi è riuscito a raggiungere il massimo della capacità fisica in mesi o anni di sforzo, conosce la soddisfazione profonda e durevole che ne ha ricavato. Il piacere dello spossamento fisico, derivante dall'aver dato il massimo di cui si è capaci, dal non essersi risparmiati (in una corsa in pista, o in una regata, o in ascensioni alpinistiche difficili), può essere capito solo da chi l'ha provato direttamente. È un piacere che può essere egualmente grande sia nella sconfitta che nella vittoria. Quello che conta è l'aver dato il massimo di sé.
Il senso di cameratismo che si prova per esempio remando all'unisono con i propri compagni o giocando in una squadra di calcio, rappresenta un'altra fonte di piacere, che si capisce solo provandolo. Ad onta di qualsiasi possibile obiezione, è certo che lo sport sviluppa un senso di responsabilità, una capacità di guida, un'adattabilità sociale estremamente importanti nel mondo di oggi; si è per esempio affermata la correlazione tra disponibilità di impianti sportivi e minor diffusione della delinquenza giovanile. Inoltre, grazie alla televisione, alla radio e ai giornali, i giochi olimpici, la Coppa del mondo di calcio, il torneo di Wimbledon ecc. occupano quotidianamente un posto importante nella vita di chiunque pratichi uno sport. Ciò dà la sensazione di appartenere a una comunità internazionale con interessi comuni e comuni ideali, nella quale vincoli di amicizia stringono gli sportivi di ogni paese. Alcuni sportivi sono convinti che, nell'era atomica, questo risultato rappresenti la più grande speranza di sopravvivenza per l'umanità.
a) Il bisogno di sport: industrializzazione e urbanizzazione
In condizioni di vita naturali, l'uomo ha dovuto sempre guadagnarsi da vivere col lavoro manuale. Cibo, case, chiese, scuole, per fare solo qualche esempio, potevano essere ottenuti solo mediante sforzo fisico. Il progresso tecnico ha diminuito considerevolmente l'entità della fatica fisica: processo, questo, che si è formidabilmente accelerato nel nostro secolo.
Il vapore, l'elettricità, l'energia nucleare per usi civili, hanno ridotto sempre di più l'area del lavoro manuale. In alcune industrie, apparecchi moderni trasformano le materie prime in prodotto finito senza alcun bisogno di intervento da parte dell'uomo; l'operaio specializzato ha solo compiti di controllo. In altri casi, la catena di montaggio obbliga l'operaio a un lavoro ripetitivo, che risulta spossante per i suoi nervi ma non per i suoi muscoli.
Lo stesso fenomeno avviene nel campo dei trasporti: il treno, l'automobile, l'autobus, il ciclomotore, l'ascensore, le scale mobili, ecc. riducono al minimo la necessità di camminare per recarsi da un luogo all'altro. Inoltre, lo sviluppo delle megalopoli diminuisce progressivamente i contatti con la natura, al punto che esistono molte persone che non hanno mai, oppure assai di rado, visto la campagna. Allo stesso tempo, le macchine aumentano il tempo libero dei lavoratori; la settimana corta (cinque giorni) e la giornata di sette ore potrebbero presto essere una realtà generalizzata. In alcuni paesi si sta già parlando della settimana lavorativa di quattro giorni; la sua istituzione comporterà 157 giorni di totale libertà per i lavoratori e renderà sempre più urgente la necessità di organizzare, su scala nazionale, forme di ricreazione fisica, per aiutare i lavoratori a occupare il loro tempo libero in maniera utile e piacevole.
b) Le accuse allo sport contemporaneo
Vi sono molti critici e oppositori dello sport che sostengono invece che, in questi ultimi anni, e stato dato troppo rilievo allo sport nell'istruzione e in altre sfere della vita collettiva; essi affermano che il successo atletico ha assunto un'importanza eccessiva nelle scuole medie e universitarie; che l'abuso dello sport è dannoso per la salute, e inoltre che lo sport agonistico è diventato la droga del popolo distogliendone l'attenzione dai problemi sociali e dalle più importanti questioni internazionali. Essi pensano inoltre che lo sport così come viene praticato nelle competizioni internazionali favorisca lo sviluppo di una mentalità commerciale da un lato e sciovinistica dall'altro.
È opportuno esaminare brevemente queste obiezioni cominciando dal rapporto tra sport ed educazione. Pochi pedagogisti moderni oserebbero oggi negare che l'allenamento fisico e la ricreazione debbano avere una parte di rilievo nei programmi scolastici a ogni livello. Ch. A. Bucher scrisse nel 1965: ‟Ulteriori ricerche sono necessarie per stabilire con precisione i rapporti tra attività fisica, salute e risultati accademici, ma i dati a disposizione dimostrano inequivocabilmente l'esistenza di una stretta connessione".
Una formulazione di questo principio in termini utilitari può essere la seguente: un'ora al giorno di sport accresce la quantità di conoscenze che lo studente può assimilare durante la giornata. Pochissimi insegnanti avrebbero accettato questa idea all'inizio del secolo, pochissimi invece la rifiuterebbero oggi. I Russi, per es., hanno tentato di quantificare questo vantaggio; essi sostengono che scuole con programmi sportivi adeguati ottengono risultati del 6,5% superiori a quelli delle scuole che ne sono prive. Gli scopi dell'addestramento fisico e della ricreazione nelle scuole sono tuttavia assai più vasti. Se si diceva una volta mens sana in corpore sano, i teorici dell'educazione ritengono oggi che se le capacità fisiche di una persona non sono sviluppate nel quadro di un esercizio equilibrato della mente e del corpo, le sue capacità mentali, estetiche e morali ne risentiranno. Nella Dichiarazione sullo sport, pubblicata dall'UNESCO nel 1968, a cura del Consiglio Internazionale per lo Sport e l'Educazione Fisica (noto come ICSPE o CIEPS), si trova scritto: ‟Lo sport ben organizzato contribuisce a un armonico sviluppo fisico del bambino, lo prepara fisiologicamente allo sforzo, accresce la sua stabilità fisica e mentale, lo aiuta a sviluppare la volontà e il carattere e ne favorisce l'inserimento nella società". La Dichiarazione così prosegue: ‟L'individuo, quale che sia il posto che occuperà nella società, necessita, negli anni di crescita, di un equilibrio tra sviluppo intellettuale, fisico, morale ed estetico, un equilibrio che si deve riflettere nei programmi e negli orari scolastici. [...] Un quinto o un sesto di tale orario dovrebbe essere dedicato all'attività fisica e la proporzione può diminuire con la crescita. Questa attività deve includere un allenamento fisico generale (correttivo, se necessano), giochi e attività all'aria aperta e tendere gradualmente, assecondando il processo di crescita, all'esercizio di sport veri e propri".
Il Consiglio Internazionale ha anche sottolineato con forza il valore, nell'addestramento scolastico, dell'etica dello sport, fatta di lealtà, di stretta aderenza alla lettera e allo spirito delle regole del gioco, di obbedienza immediata al giudice di gara, di rispetto nei confronti degli avversari. Il Consiglio ha insistito sul fatto che questo atteggiamento mentale, indispensabile per lo sport, è anche validissimo in tutte le sfere della vita sociale, e può essere appreso nel modo migliore attraverso l'educazione fisica.
Quanto è stato detto finora sulla diffusione dello sport e sul suo possibile ruolo nella società contemporanea ha notevoli implicazioni sul piano organizzativo, economico e sociale. È evidente infatti che il tipo di educazione fisica richiesto dal Consiglio Internazionale non è realizzabile se le scuole di ogni livello non sono dotate delle attrezzature necessarie - campi da gioco, palestre, piscine, ecc. - nonché di insegnanti qualificati, allenatori e dirigenti.
c) Sport, salute, istruzione e sviluppo
Circa i rapporti tra sport e salute, è innegabile che vi siano atleti e sportivi la cui salute ha sofferto per eccesso di allenamento. Ma si tratta di casi molto rari. Pochissimi medici negherebbero che il regolare esercizio fisico, atto a mantenere un certo allenamento muscolare, aiuti a mantenere in buone condizioni chi lo pratica.
La salute della gente è migliorata al di là di ogni immaginazione nel corso di questo secolo. Ancora qualche decennio fa la mortalità infantile (bambini morti sotto i 12 mesi) in Inghilterra era del 60‰ all'anno, e la vita media era di 39 anni. Ora la mortalità infantile è di circa il 20‰ e la vita media di 69 anni.
Gli artefici principali di questo prodigioso miglioramento della salute nazionale sono stati il miglioramento del tenore di vita e l'abolizione della disoccupazione di massa prolungata. Già nel 1933, una grande autorità in materia, lord Boyd Orr, dimostrò che un terzo della popolazione inglese era cronicamente sottonutrita. Non vi può quindi essere alcun dubbio sul fatto che un migliore nutrimento sia stato d'importanza notevole per accrescere la durata della vita; ma la grande espansione della ricreazione fisica durante questo secolo ha contribuito in modo altrettanto determinante al miglioramento della salute. Una ginnastica regolare è fondamentale nella prevenzione di alcune tra le principali malattie ‛mortali' di oggi. È noto che la traspirazione elimina i tossici, causa della trombosi delle coronarie (malattie cardiache), e che l'esercizio fisico intenso e regolare determina una forte traspirazione. Un comitato della British Medical Association, riferendo i risultati di ricerche sul tema, affermò nel 1972 che le probabilità di morte per trombosi delle coronarie sono decisamente inferiori tra le persone che praticano sport e giochi all'aperto. Non mancano indizi che tale conclusione possa estendersi anche a diverse forme di cancro. Qui sono in gioco, è vero, altri fattori; è ben nota, per esempio, la correlazione tra abuso del tabacco e cancro ai polmoni, alla gola, ecc. D'altra parte, gli uomini e le donne che praticano regolarmente uno sport tendono in genere a diminuire l'uso del tabacco e, per questo motivo, hanno maggiori probabilità di evitare il cancro.
Per quanto concerne poi il rapporto tra sport e rendimento non esistono prove conclusive che il praticare regolarmente uno sport migliori la produttività dei lavoratori delle industrie o delle campagne. Ma certi paesi dell'Europa orientale sostengono che anche da questo punto di vista i risultati sono notevoli. E certo probabile che la pratica regolare di uno sport, migliorando il tono muscolare dell'operaio e la sua salute, lo renda meno vulnerabile alla stanchezza e alle malattie. In molti stabilimenti industriali della Romania e dell'Unione Sovietica sono stati introdotti regolari programmi sportivi, ai quali tutti i lavoratori prendono parte. Le autorità sostengono che in questo modo il rendimento è aumentato in media tra il 10 e il 12% e che, inoltre, vi è stato un calo del 5% delle assenze per malattia. Se questo è vero, e non vi è nessuna ragione per dubitarne, rappresenta certo un grosso risultato. Infatti, giovando alla salute dell'operaio, lo sport non solo riduce il numero dei giorni perduti per malattia, ma, migliorando la condizione muscolare e la prontezza visiva e manuale, migliora anche la produttività per ora lavorata.
Circa il rapporto tra sport e adattamento sociale, abbiamo già citato l'opinione secondo la quale la delinquenza minorile è notevolmente ridotta nelle aree urbane in cui esistono circoli per ragazzi con attrezzature sportive adeguate.
Possiamo ricordare anche un rapporto del governo britannico di alcuni anni fa, in cui si dichiarava che la nazione subiva, per atti di vandalismo, danni per un'ammontare di vari milioni di sterline l'anno. Non v'è alcun dubbio che questa insensata condotta antisociale verrebbe in gran parte eliminata, o almeno assai ridotta, se l'energia sovrabbondante dei giovani vandali fosse indirizzata verso la partecipazione ad attività sportive. Questa soluzione rappresenterebbe un ovvio guadagno economico per la nazione.
Questi pochi cenni bastano per affermare che i pur rilevanti investimenti necessari per una adeguata politica sportiva nazionale si rivelerebbero prontamente remunerativi.
A titolo di esempio, ecco alcuni dati statistici interessanti. L'Unione Sovietica ha 4.000 scuole per bambini particolarmente dotati per gli sport. Nella Repubblica Federale Tedesca il 20% dell'intera somma destinata alle costruzioni scolastiche è riservato alle attrezzature sportive e ricreative (palestre, piscine, campi da gioco, ecc.). È inoltre obbligatorio mettere a disposizione degli adulti, nelle ore extrascolastiche, tutte le attrezzature sportive delle scuole. In Austria sono in programma 4.000 nuovi campi sportivi e 11.500 palestre.
Il costo di queste infrastrutture è naturalmente elevato, ma può essere spesso ridotto, ottenendo risultati anche migliori, mediante un'adeguata consulenza tecnica. Se un paese fosse in grado di far partecipare ad attività sportive adeguatamente organizzate la maggior parte della popolazione e potesse investire i capitali necessari per realizzare le infrastrutture sportive, i risultati non si farebbero attendere il prodotto nazionale lordo aumenterebbe con la diminuzione delle assenze per malattia e l'accresciuto rendimento dei lavoratori. Inoltre il bilancio nazionale risparmierebbe notevolmente sulle spese sanitarie, come anche sulle spese per il mantenimento dell'ordine pubblico. Gli investimenti in impianti sportivi pubblici darebbero quindi rapidamente notevoli frutti. Assai più rilevante di ogni guadagno economico sarebbe, comunque, il miglioramento nel morale e nella qualità della vita.
Per quanto concerne invece il rapporto tra sport e sviluppo possiamo citare gli studi che il Consiglio Internazionale per lo Sport e l'Educazione Fisica ha condotto sull'importanza dello sport come fattore di sviluppo nei paesi di recente indipendenza. E apparso subito evidente, nei vari seminari organizzati dal Consiglio (per es. a Rabat in Marocco e a Cali in Colombia), che i paesi in via di sviluppo hanno assoluto bisogno dell'aiuto materiale delle nazioni più progredite per procurarsi le infrastrutture necessarie. Un passo in questa direzione è stato effettivamente compiuto; il Congresso degli Stati Uniti, per es., ha stanziato una cifra considerevole (3 milioni di dollari) a questo scopo e la Repubblica Federale Tedesca ha stanziato una cifra di poco inferiore; anche il Comitato olimpico di solidarietà ha intrapreso iniziative in questa direzione.
Si è inoltre riconosciuto che la diffusione dello sport e dell'etica sportiva presenta particolari vantaggi per i paesi in via di sviluppo. Per questa via si potrebbe infatti più facilmente preparare i giovani ad accettare pubbliche responsabilità e promuovere in loro la formazione di valori comunitari anziché personali ed egoistici. Lo sport è infine uno strumento prezioso anche allo scopo di creare un'identità nazionale e suscitare un sano ed elevato sentimento patriottico.
10. Sport e solidarietà internazionale
Questo è l'ultimo e più importante capitolo del nostro articolo. Si è detto che una delle motivazioni principali di de Coubertin fu il suo profondo convincimento che l'attività sportiva internazionale servisse a promuovere buoni rapporti tra le nazioni: convincimento condiviso da tutti i maggiori esponenti del movimento olimpico. Nel 1972, durante i giochi di Monaco, A. Brundage, presidente per vent'anni del Comitato olimpico internazionale, sviluppò questo tema in un importante discorso nel quale diceva tra l'altro: ‟Nonostante tutti i meravigliosi progressi della scienza, nonostante tutti gli insegnamenti della filosofia e della religione, non abbiamo ancora imparato a vivere insieme in pace. Gli Egiziani, i Persiani, i Romani e molti altri hanno cercato di stabilire la pace con la forza. Alessandro, Cesare, Napoleone e molti altri lo hanno tentato. Tutti hanno fallito. Nessuno di loro ha mai vinto veramente una guerra. Neppure le bombe atomiche, per quanto potenti, risultano sufficienti a questo scopo. Anche la religione ha fallito [...]. È meraviglioso che un'impresa idealistica (come il movimento olimpico) sia cresciuta e si sia sviluppata nell'atmosfera utilitaristica oggi predominante. Ciò prova la bontà innata nell'uomo e il suo desiderio di un mondo basato sull'onestà, sulla lealtà e il senso sportivo [...]. La tregua olimpica, che proteggeva gli antichi giochi, era rispettata e imposta in tutto il mondo ellenico. Noi abbiamo esteso i giochi al mondo intero. Forse possiamo estendere anche la tregua. Forse lo sport, religione del XX secolo, col suo messaggio di lealtà e di cavalleria, avrà successo dove altre istituzioni hanno fallito".
Come Brundage accenna, il mondo si trova oggi in una pericolosa condizione di anarchia internazionale, nella quale le assurde e screditate falsità della politica di potenza e la corsa agli armamenti sono nuovamente accettate dalle nazioni più importanti come i criteri guida delle relazioni internazionali. Esiste il reale pericolo di una catastrofe nucleare, che si scateni, come disse il presidente Kennedy, ‟per un incidente, per pazzia o per un errore di calcolo". Se lo sport internazionale può fare qualcosa per unificare le nazioni e convincerle che i loro interessi vitali non sono in contrasto, nonché per dimostrare che una rigorosa aderenza alle ‛regole del gioco', quali sono enunciate per esempio nella Carta delle Nazioni Unite, è la vera via verso la pace universale, questo è di gran lunga il più importante di tutti gli argomenti a favore dello sport moderno, della sua progressiva espansione nel mondo e di un incremento degli stanziamenti pubblici.
Il problema va posto in termini franchi e netti: la tesi di Brundage ha un fondamento solido, o è il risultato di esaltazioni romantiche? Anzitutto, possiamo dire a suo favore che, a partire da de Coubertin, tutti i dirigenti olimpici hanno sostenuto che lo sport internazionale promuove effettivamente la comprensione tra le nazioni: se non fosse possibile operare in un'atmosfera di cooperazione internazionale e di buona volontà, le istituzioni olimpiche diverrebbero assai presto ingovernabili e andrebbero incontro alla dissoluzione. L'amicizia e la reciproca comprensione sono la conditio sine qua non perché le federazioni possano continuare con successo la loro attività. Ciò non significa naturalmente che lo sport non possa portare a dispute personali o di squadra, e quindi a malintesi internazionali. Sarebbe facile produrre un'intera collezione di titoli di giornali dai quali ricavare elementi di questo tipo. I contrasti nascono non solo tra gli stessi atleti, ma anche tra atleti e giudici di gara, nonché, e in forme talora assai gravi, tra gli spettatori delle gare internazionali. Durante una famosa partita di calcio si verificarono incidenti gravissimi: falli e scontri tra giocatori, attacchi all'arbitro ecc.; alla fine la rissa si estese agli spettatori e almeno 38 persone furono uccise prima che si riuscisse a sedare il tumulto. Bisogna dire che si trattò di uno dei peggiori episodi di violenza sportiva mai verificatisi; occorre aggiungere che non si trattava di un torneo internazionale, ma di una partita tra due squadre dello stesso paese.
Incidenti anche più gravi sono talvolta avvenuti nello sport internazionale. Nel 1953, dopo un drammatico incontro di calcio tra l'Argentina e l'Uruguay, la tensione tra i due paesi crebbe a tal punto che le relazioni diplomatiche furono sospese per un certo periodo. Nel 1968, dopo una partita di calcio tra l'Honduras e il Salvador, i due paesi si affrontarono in una guerra breve, ma sanguinosa.
La maggior parte degli incidenti e delle dispute è determinata o da ambiguità nei regolamenti sportivi, o da una loro differente interpretazione. Questo accade in particolare per il pugilato e la scherma, e, in certa misura, anche per il calcio e il rugby. Non si può dire, per es., che esista un completo accordo nel mondo del calcio su cosa si debba intendere per ‛carica', e vi sono stati molti incontri durante i quali le decisioni dell'arbitro, soddisfacenti per una delle due squadre, non erano affatto accettabili per l'altra. Le federazioni internazionali sono oggi pienamente coscienti di questi problemi, e agiscono tempestivamente per modificare i regolamenti a seconda delle necessità. Ma, come sempre, la responsabilità principale della condotta corretta nello sport a livello internazionale è affidata agli stessi giocatori e atleti. Non esiste nessun surrogato della lealtà sportiva e dell'autodisciplina del singolo atleta. Vi sono tre regole ferree che tutti i partecipanti a gare internazionali devono avere ben chiare: 1) l'atleta deve accettare senza commenti qualsiasi decisione di arbitri e giudici di gara, anche se è convinto che la registrazione televisiva dimostrerà in seguito che essi avevano sbagliato; 2) egli deve dimostrare - e ‛sentire' - per ciascuno dei suoi avversari lo stesso rispetto che sente per i membri della sua squadra. Deve essere profondamente convinto che il rispetto per l'avversario è la prima e più importante forma di rispetto per se stesso; 3) deve essere intimamente persuaso che vincere con l'inganno o con altri mezzi sleali significa in realtà ‛perdere', e perdere per propria colpa.
Questi principi possono sembrare ad alcuni lettori stravaganti nella forma e irreali nella pratica. In effetti, la stragrande maggioranza degli sportivi di tutto il mondo li accetta incondizionatamente.
Anche la televisione ha contribuito potentemente all'affermazione della lealtà sportiva. Prima dei campionati mondiali di calcio del Messico nel 1970, si temeva, per es., che vecchie rivalità tra alcune squadre sarebbero nuovamente esplose in quell'occasione. Sir Stanley Rous, presidente della FIFA, convocò allora una riunione di tutti i dirigenti e i capitani delle squadre. Li avvertì che ogni partita sarebbe stata ripresa dalla televisione e che quindi, se uno qualsiasi dei giocatori si fosse reso colpevole di gioco sleale sarebbe stato notato e condannato dal pubblico sportivo del suo paese, mentre d'altra parte il pubblico degli altri paesi avrebbe condannato non solo l'atleta, ma anche il paese di appartenenza. L'avvertimento ebbe effetto e non vi furono incidenti di rilievo durante l'intero campionato.
Passando poi alle critiche relative alla ‛commercializzazione' dello sport, bisogna ammettere che c'è del vero nell'accusa secondo cui alcuni cosiddetti ‛dilettanti' ricevono somme molto cospicue per partecipare a programmi sportivi. Pressoché tutte le federazioni internazionali hanno ormai riconosciuto che gli atleti non hanno il tempo necessario per arrivare a livelli agonistici se non ricevono una certa remunerazione, magari sotto forma di percentuali sugli incassi. Alcune federazioni hanno risolto il problema abolendo la distinzione tra professionisti e dilettanti. Tutti son diventati ‛giocatori'. Altre federazioni considerano i campioni dilettanti come artisti, e li autorizzano a ricevere compensi secondo determinate condizioni. I paesi a regime comunista, invece, hanno un sistema tutto particolare in questo campo, che sembra funzionare ottimamente.
L'ultima obiezione dei critici dello sport internazionale consiste, com'è stato anticipato, nel sostenere che le gare favoriscono l'insorgere di rivalità personali e nazionali tra gli atleti e che le cerimonie delle vittorie olimpiche, con le bandiere e gli inni nazionali, inducono gli spettatori a dimostrazioni di sciovinismo. I fatti contraddicono però queste affermazioni. Nelle Olimpiadi del Messico, nel 1968, gli sport in programma erano 21 (tra i quali pugilato, lotta, scherma, calcio, hockey su prato, ecc.). Tutte le gare si svolsero senza alcun episodio sgradevole, ad eccezione della finale di calcio, quando alcune ingiustificabili scorrettezze commesse da una squadra comunista contro un'altra squadra comunista portarono all'espulsione di tre giocatori, riducendo a una farsa quella che era stata un'ottima partita. In tutti gli stadi messicani l'atmosfera fu sempre la migliore possibile. Chi è stato presente a Monaco nel 1972 afferma che anche i presunti ‛incidenti' furono assolutamente di scarso rilievo. D'altra parte, chi ha assistito, per es., alla manifestazione per il nuotatore statunitense che superò ogni record vincendo 5 medaglie d'oro, manifestazione alla quale presero parte nuotatori di tutte le nazioni, non potrà mai dimenticare il calore e l'entusiasmo di tutto lo stadio. Per combattere l'accusa di sciovinismo, basta raccontare la cerimonia di premiazione che si svolse un pomeriggio a Monaco nel principale stadio atletico. C'erano 80.000 spettatori, forse 60.000 tedeschi dell'Ovest, 10.000 tedeschi dell'Est, 10.000 inglesi, americani, francesi, finlandesi, svedesi ecc. La cerimonia esordì con la consegna della medaglia d'oro al corridore russo Valerij Borzov, vincitore dei 200 metri; segui la premiazione di Kipchoge Keino, vincitore dei 3.000 siepi contro tutti i campioni europei. Il famoso corridore keniota, nonostante la scarsa familiarità con le siepi e col salto del fosso d'acqua, aveva stabilito un nuovo record olimpico. La terza medaglia fu per una studentessa della Germania Federale, Ulrike Meyfarth, vincitrice del salto in alto femminile con 1,93. Grande fu, naturalmente, l'entusiasmo per la vittoria di questa ragazza e i 60.000 tedeschi presenti alla gara non mancarono di dimostrarlo. Nessuno però può dire che l'applauso a lei dedicato sia stato più forte e più entusiastico di quello per il corridore russo o per il campione africano. Tutti furono ugualmente acclamati come eroi, in uno stadio concordemente unito nell'ammirazione.
Nel mondo vi è certo molto, troppo sciovinismo. Oltre 50 milioni di uomini, in eserciti e arsenali, impegnano tutto il loro tempo in preparativi per nuove guerre. Oltre 200.000 milioni di dollari vengono spesi ogni anno per rafforzare gli eserciti e potenziare gli armamenti. Esistono servizi segreti impegnati nella sovversione e in altre attività che suscitano odio e animosità tra le nazioni. È vero, dunque, c'è molto sciovinismo nel mondo moderno, ma non nelle arene olimpiche né nello sport internazionale. Forse Brundage aveva ragione: forse lo sport sarà la forza internazionale capace di purificare gli animi, spazzare via lo sciovinismo e salvare l'umanità.
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