SPORT (ingl.; dall'ant. fr. desport, it. diporto)
Il concetto di sport è relativamente recente, come è di coniazione recente lo stesso vocabolo col quale oggi lo si designa. Impropriamente, dunque, si parla di "sport" riferendosi all'antichità classica, anche se molti aspetti di ciò che oggi vien definito come "attività sportiva" sono raccostabili alle caratteristiche dei giuochi ellenici o dei ludi romani. La differenza sostanziale tra le anzidette manifestazioni dello spirito classico e lo sport modernamente inteso consiste nel carattere accentuatamente religioso ed etico di quelle in confronto con il carattere prevalentemente pratico di questo. Già una deviazione in tal senso presentano il mondo ellenistico e il mondo romano rispetto a quello della Grecia antica. Nel Medioevo scorgiamo da un lato la quasi completa assenza dell'elemento "ludico", proprio allo sport moderno, o quanto meno la sua subordinazione all'elemento agonistico e aggressivo (tornei, giostre, cacce); dall'altro una spiritualizzazione non già di tali attività in sé, bensì degli scopi cui esse erano volte (eroismo guerriero, la cavalleria in tutte le sue espressioni). Moderna, con radici nel Rinascimento, è la concezione secondo cui dev'esservi una sfera di attività per il corpo come ve n'è una per la mente: concezione dualistica, che porta all'esigenza dell'"educazione fisica". In tempi ancora più recenti questo stesso concetto si è trasformato: da un lato si è tornati a una valutazione pratica e professionalistica di tali attività (primati, "professionismo" sportivo, lo sport-spettacolo, ecc.); dall'altro si tende a considerare lo sport come un "modo di essere", che deve investire la personalità totale dell'individuo e del cittadino. Per questa seconda via dovrebbe secondo alcuni ripristinarsi - ma i dubbî qui sono legittimi - nel mondo moderno l'accennato spirito etico-religioso dell'antichità.
Aspetti e tendenze dello sport moderno. - Delineare, ciò posto, più precisamente le caratteristiche dello sport odierno, non è facile impresa, appunto perché tali caratteristiche appaiono in continuo mutamento. È possibile tuttavia definirle come tendenze, se non come prerogative, indicando soprattutto i punti di contatto e di differenziazione che esse presentano di fronte a quelle di attività affini.
Un primo confronto s'impone tra sport e giuoco. Entrambe queste attività hanno in comune un carattere, quello dell'inutilitarietà (si prescinda per un momento da certi aspetti "professionistici" di questo o quello sport). Il carattere inutilitario e gratuito dello sport come del giuoco appare troppo chiaro perché vi sia bisogno di dimostrarlo (parecchi sport hanno addirittura il nome di "giuoco": giuoco del calcio, giuoco del pallone). Anche il beneficio fisico che ordinariamente si ritrae dallo sport ha, come è noto, carattere secondario: alcuni sport sono di per sé pericolosi o dannosi, e non è infrequente il caso di atleti prodigatisi in competizioni sportive di là dai limiti della tolleranza organica. D'altra parte è chiaro che l'attività sportiva va considerata come inutilitaria solo in senso ristretto, poiché, al pari di tutte le azioni umane, essa avrà tuttavia uno scopo, e certe tendenze cercheranno comunque attraverso essa una soddisfazione.
Mentre nel giuoco infantile si manifestano tendenze in via di formazione e in cerca di oggetto, nello sport - giuoco degli adulti - si esprimono tendenze già formate, ma che nella vita civile quotidiana non trovano tuttavia modo di soddisfarsi. Giustamente si è voluto da taluno ravvisare nello sport un corrispettivo inutilitario dell'attività utilitaria cui il mondo moderno obbliga la grande maggioranza degli individui. Ma ciò non basta, come non basta dire che lo sport moderno è sorto come contrapposto alla sedentarietà: una reazione contro questa può essere data da una qualsiasi attività muscolare (per es., da una passeggiata), senza che si possa con ciò parlare ancora di sport.
Prima di meglio definire quali siano le accennate profonde tendenze che l'organizzazione sociale odierna ben raramente consente al singolo di esplicare in modo diretto nella vita quotidiana, e che si manifestano nello sport, è opportuno menzionare alcune altre caratteristiche estrinseche e facilmente ravvisabili dell'attività sportiva; accanto a quella dell'inutilitarietà scorgiamo quella dell'artificiosità, nel senso della subordinazione dello sport a una serie di regole e di limitazioni, volontariamente accettate e fissate arbitrariamente, ossia fondate in base ad una convenzione. L'attività sportiva è condizionata a una precisa - e per lo più numerica - valutabilità: un individuo che corre non fa dello sport; si può parlare di sport allorché vien fissata la distanza da percorrere, la velocità raggiunta, ecc. Non è dunque sufficiente, a costituire l'esercizio di uno sport, la messa in opera di un quantum di attività fisica controllata; mentre tale messa in opera è necessaria e sufficiente a caratterizzare la ginnastica e l'educazione fisica in genere: naturalmente il giudizio sull'entità di tale quantum non può darsi se non a posteriori e caso per caso.
Un'ulteriore caratteristica che distingue lo sport nei confronti dell'educazione fisica è l'agonisticità: senza gara, o senza lo scopo (anche remoto) di una gara, o senza il desiderio (anche non immediato) di emulare o sorpassare uno o più avversarî, non vi è propriamente sport. Questo criterio, unito al precedente, permette di escludere a rigore dal concetto di sport talune attività (per es., l'alpinismo, la caccia), che vengono spesso considerate come sportive, e che sono invece di qua o di là dallo sport. All'agonisticità si accompagna naturalmente il senso della propria affermazione e del potenziamento del proprio essere psicofisico.
Ultima tra le caratteristiche salienti dello sport è la specializzazione, ossia il suo immediato e primario suddividersi in una pluralità di forme ben definite e circoscritte. Tale caratteristica assai meno valevole per le diverse forme dell'educazione fisica (la quale comporta in genere regole meno rigorose e precise, e si oppone spesso all'esclusivismo), è oggi una delle più sentite, anche per ciò che riguarda il momento pratico e organizzativo dell'attività sportiva. Essa, comunque, è a ben considerare inerente al già accennato convenzionalismo di tale attività.
Ognuna delle anzidette caratteristiche conduce, se esasperata e portata alle estreme conseguenze, a forme degenerative dalle quali lo sport moderno viene intaccato, in misura talvolta minima, talvolta grave e preoccupante. L'esigenza dell'inutilitarietà, sentita in un primo momento quale reazione all'utilitarismo della vita quotidiana, porta ad una svalutazione dell'attività pratica utilitaria, e in genere del lavoro comunque esplicato. Le prerogative di artificiosità e di convenzionalismo portano a una considerazione esclusiva dello sport sub specie numeri, ossia a quella che si suol definire mania del primato comunque e in qualunque modo raggiunto. La agonisticità conduce facilmente a svalutare l'esigenza del fair play, a considerare l'avversario come un nemico, a superare i freni del combattivismo sportivo, a voler la vittoria con qualunque mezzo, al trionfo del muscolo e della forza bruta. La specializzazione, infine, porta all'acrobatismo e al clownismo, ossia al superamento della stessa esigenza morale dell'emulazione agonistica, apre la possibilità di "dare spettacolo" dietro compenso, sbocca nel professionismo.
Psicologia dello sport. - L'attività sportiva può essere presa in considerazione dal punto di vista della psicologia sperimentale o della psicotecnica: si può cioè cercar di descrivere i processi psicofisiologici del singolo atleta durante l'esercizio di questo o quello sport, o l'influenza che lo sport stesso esercita sulla vita psichica e fisiologica dell'atleta anche nei suoi periodi di inattività; si può tentar di determinare con maggiore o minor precisione le attitudini dell'individuo all'una o all'altra forma di sport (tipologia sportiva), ecc. Tali ricerche abbracciano peraltro tutto il campo dell'educazione fisica e della ginnastica, e costituiscono una recente instaurazione di metodi già applicati con profitto ad altre forme dell'attività individuale (per es., al lavoro): i loro risultati, necessariamente frammentarî e facenti tutt'uno con le singole constatazioni, non potrebbero venir esposti con sufficiente ampiezza in questo articolo.
Dal punto di vista della psicologia generale, è facile, anche in base a un semplice esame empirico, ravvisare nell'istinto combattivo la fonte alla quale lo sport attinge le proprie energie. Secondo la psicoanalisi (v.), tale istinto risulterebbe da una fusione degli istinti sessuali con quelli aggressivi; questi ultimi non sarebbero che un'estroversione degl'istinti primarî di distruzione. L'estroversione degl'istinti distruttivi, ravvisabile anche nella semplice attività muscolare, reca un beneficio biologico all'individuo, che altrimenti resterebbe il solo ed unico oggetto di tali energie, e quindi rapidamente perirebbe. Da questo punto di vista l'attività sportiva appare come una espressione larvata, e in massima (però non sempre) innocua, di quegli istinti di combattimento che, estrovertendosi sfrenatamente in altri modi, recherebbero danni gravissimi all'individuo e alla società.
La volontaria accettazione di regole costituisce perciò da un lato la diga al prorompere della combattività, dall'altro permette di consacrare su basi obiettive la superiorità dell'individuo o del gruppo sugli avversarî presenti o lontani.
È altresì possibile comprender meglio, sempre da un punto di vista psicologico, la funzione della folla spettatrice rispetto all'attivita degli atleti. La folla ha, com'è noto, una funzione importantissima di stimolo e di convalida per i gareggianti di qualsiasi sport, tantoché difficilmente si saprebbe concepire uno sport che totalmente ne prescindesse. Il consenso della folla permette agli attori una maggiore estroversione di energie aggressive; i componenti di essa, dal canto loro, obbedendo alle note leggi che presiedono alla psicologia delle folle, abdicano parzialmente alle loro caratteristiche psicologiche individuali e s'identificano in parte con gli attori della competizione, trovando quindi anch'essi nelle gare l'occasione di dare sfogo alle anzidette tendenze dell'affettività istintiva.
Fattori estremamente complessi sono poi quelli che hanno determinato nell'epoca attuale l'orientamento delle accennate tendenze verso l'"espressione" sportiva. Sia su questo punto, sia su molti altri toccati nella presente trattazione, una parola più sicura e profonda dovrà esser data dalle ricerche avvenire.
Bibl.: Sull'evoluzione dello sport, o dei suoi equivalenti, v.: Der Sport aller Völker und Zeiten, a cura di G. A. F. Bogeng, voll. 2, Lipsia 1926 (con ampie indicazioni bibliografiche).
Sul concetto di sport e sulla sua valutazione nel pensiero contemporaneo, v.: H. Steinitzer, Sport und Kultur, Monaco 1910; A. Vieregg, Der Sport und seine Ziele, Lipsia 1924; A. Dyroff, Die Vergeistigung des Sports, Lipsia 1927; L. Ferretti, Il libro dello sport, Roma e Milano 1928; L. Dubech, Où va le sport?, Parigi 1931; E. Servadio, Considerazioni sullo sport, in Esercito e nazione, 1931, n. 6; P. McBride, The philosophy of sport, Londra 1932; L. Valentich, Sport und Ethos, Vienna 1932.
Sulla psicologia dello sport, v.: T. H. pear, Skill in work and play, Londra 1924; A. Peters, Psychologie des Sports, Lipsia 1927; N. Perrotti, La psicologia dello sport, in Riv. it. di psicoanalisi, 1932, n. 4.