SPORTULA (diminutivo di sporta, gr. σπυρίς)
Era presso i Romani un piccolo paniere intrecciato di vimini, di giunchi o di sparto. Un'altra forma diminutiva di sporta era sportella. Panieri del genere si adoperavano per far passare a tavola certi commestibili; perciò la parola sportula finì per indicare un donativo, consistente in un panierino di provvigioni, che facevano gli alti personaggi ai loro clienti e subordinati per compensarli e in certo modo indennizzarli del tempo che impiegavano a loro disposizione. Col tempo il dono in natura si mutò in una piccola somma di denaro, cosicché la voce sportula fu usata a indicare ogni specie di donativo.
Comunemente la somma di danaro costituente una sportula era di 25 assi; veniva distribuita nell'atrio della dimora patrizia. Con quella somma i clienti provvedevano ai bisogni della loro esistenza. È certo che funzionarî e piccoli proprietarî non disdegnavano il dono per arrotondare le loro scarse rendite.
Sportulae erano anche distribuite ai membri dei sodalizî di carattere corporativo e funerario (sodalitates, sodalicia) da chi li presiedeva e dai confratelli più agiati. Altre erano, per disposizione testamentaria, distribuite a chi interveniva alle cerimonie e ai banchetti funebri in commemorazione del testatore. Queste sportulae consistevano generalmente in una distribuzione di viveri, pane, vino, vivande, o in una modesta somma di denaro. Donativi del genere erano tenuti a distribuire i magistrati municipali e i decurioni di nuova nomina.
Il termine sportula fu applicato per estensione anche ad altre retribuzioni e salarî e indicò poi la retribuzione che veniva data ai giudici pedanei e agli esecutori.
La sportula, che forse fu mantenuta, nel primo Medioevo, nei territorî dove si ebbero giudici romani, è nuovamente ricordata nelle fonti giuridiche medievali dal sec. X in poi. Nelle formule aggiunte alla raccolta di leggi longobarde, che comunemente si chiama il liber papiensis, si ricorda la consuetudine di dare, come sportula, il decimo dell'importo della lite: sistema molto gravoso per i litiganti, tanto che l'imperatore Federico I credette necessario nel 1172 di porre un limite alle pretese dei giudici che erano eccessive. Nella glossa Accursiana al Corpus iuris è riferito che nelle giurisdizioni, che appartenevano alla contessa Matilde, i giudici pretendevano come sportula la media lis, cioè la metà dell'importo della lite, il che sembra veramente incredibile. Negli statuti si vedono svolgersi due sistemi. Uno si richiama all'uso medievale della percentuale sulla lite: si diceva iudicatura o dirictura; in alcuni statuti era il 10, in altri il 12 e persino il 15%. L'altro sistema era quello delle tasse fisse, ma non si trova in molti comuni; è in uso, p. es., a Genova dove gli statuti del 1143 consentono ai giudici una sportula di non più di 3 solidi per lite. Infine altri statuti rimettono il fissare la sportula al prudente arbitrio del giudice stesso. I poveri erano esenti da tasse e sportule.
Bibl.: Per l'età classica, v.: Becker-Göll, Gallus oder römische Szenen a. d. Zeit Augusts, Berlino 1882, II, p. 194 seg.; J. P. Waltzing, Corporations profesionnelles chez les Romains, I, p. 304; E. Albertini e Ch. Lécrivain, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, IV, p. 1443, s. v. sporta; L. Friedländer, Darstellung aus der Sittengeschichte Roms, I, 10ª ed., 1922-23, p. 391 seg. - Per il periodo seguente, v.: A. Pertile, Storia del diritto italiano, VI, 2ª ed., Torino 1900, p. 735 segg.