SPUGNE (lat. scient. Porifera, Spongiaria, Spongiadae; fr. spongiaires, éponges, Porifères; sp. esponjas; ted. Schwämme, Spongien; ingl. sponges)
Animali acquatici, marini - eccettuata una famiglia di acqua dolce (Spongilhidae) - senza una definita simmetria, privi di organi differenziati, triblastici, cioè con parete del corpo costituita di tre strati di cellule - non omologabili all'ectoderma, mesoderma ed endoderma degli altri Metazoi - limitante un'ampia cavità generale e attraversata da molteplici orifici. Da questi, per l'attività di speciali cellule flagellate, molto simili a quelle costituenti il corpo di alcuni Flagellati e che tappezzano più o meno estesamente, o almeno originariamente, la cavità gastrale, l'acqua vi penetra attraverso i "pori inalanti" sparsi sulle pareti del corpo e vi circola per la nutrizione e la respirazione, riuscendo da un'unica apertura esalante, l'osculo. Mancano di sistema nervoso e di organi di senso.
Per tali caratteri e per altri derivati dallo studio del loro sviluppo e delle funzioni, le spugne o Poriferi si allontanano dai Metazoi tanto che da alcuni autori ne sono stati separati a formare un sottoregno a parte, che deriverebbe secondo W. J. Sollas direttamente dai Protozoi, quello dei Parazoi, contrapposto agli Eumetazoi. Inoltre la presenza di un'unica cavità gastrale, carattere comune ai Celenterati (v.), con i quali presentano alcune somiglianze di architettura, indusse R. Leuckart (1854) e E. Haeckel (1872) a considerare le spugne come tali; ne vennero poi distinte da F. E. Schulze (1876) per la mancanza di cnidoblasti e la presenza di un terzo strato cellulare intermedio (mesoderma) nella parete del corpo. Ma tanto la struttura di questo tessuto, quanto il suo sviluppo - originandosi esso non da un abbozzo separato - dimostrano che non si tratta di un vero mesoderma, nel significato attribuito a questo foglietto negli altri Metazoi.
Il criterio di affinità dei Poriferi con i Celenterati è tuttavia ancora adottato in alcuni recenti trattati che collocano gli Spongiaria, insieme con gli altri Planuloidea, Cnidaria, Ctenophora, nella grande divisione dei Celenterati.
La conoscenza delle spugne e della loro natura animale risale ad Aristotele, che portò la sua attenzione sulle spugne più comuni di uso domestico, ma poi andarono affacciandosi dubbî sulla natura di questi organismi, che dapprima furono ritenuti vegetali, e come tali raccolti negli erbarî, poi animali-piante (Zoofiti) o anche nicchi di vermi, dubbî che perdurarono e vennero via via eliminati dalle più precise osservazioni di L. F. Marsigli (1725) e di J. Ellis (1765), estese poi nel 1800 da R. E. Grant (1825), F. Dujardin (1838), H. J. Carter (1847), N. Lieberkühn (1857), H. J. Clark (1867), i quali diedero ampî ragguagli sull'organizzazione delle spugne, considerandole tuttavia come colonie di Protozoi. Ricerche più approfondite, embriologiche e morfologiche, dovute specialmente a O. Bütschli e a W. J. Sollas, assodarono definitivamente la costituzione pluricellulare delle spugne. Le spugne calcaree furono poi illustrate magistralmente dalla classica monografia di E. Haeckel; quelle silicee (Hexactinellida) da F. E. Schulze.
Struttura. - Le spugne sono nella maggior parte dei casi di forma irregolare, di consistenza varia a seconda della natura e del grado di sviluppo dello scheletro, e costituite da un certo numero d'individui, originatisi per un processo di gemmazione e più o meno distinti, nei varî casi, col risultato di colonie massicce, incrostanti, dendritiche, flabellate, ecc. Considerando un singolo individuo, il tipo di organizzazione può essere rappresentato, nella forma più semplice e schematica, dall'Olynthus (Haeckel), che corrisponde a uno stadio di sviluppo delle spugne calcaree, che, in alcune (Ascon) permane eccezionalmente anche nell'adulto. L'Olynthus ha la forma di un otricolo fissato per un'estremità a un corpo estraneo, con la parete attraversata da pori (inalanti) che si aprono nella cavità gastrale o atrio e aperto all'estremità libera nell'osculo, provvisto di uno sfintere contrattile. La parete del corpo consta di uno strato esterno (dermale), continuo, contrattile, formato da cellule appiattite, i pinacociti, e da altre cellule, dette porociti, contrattili, che circondano i pori e di uno strato interno (gastrale), costituito da un epitelio colonnare, di cellule a collaretto (coanociti). I coanociti sono provvisti di un flagello, munito di un granulo basale ed inserito al centro di un collaretto protoplasmatico ialino, condizioni perfettamente corrispondenti a quelle che caratterizzano gl'individui dei Coanoflagellati, fra i Protozoi.
Fra i due strati si trova un tessuto intermedio, mesenchimatoso (mesoglea), talora molto abbondante, rappresentato da una sostanza fondamentale gelatinosa, più o meno densa, nella quale si muovono cellule ameboidi o amebociti e che contiene un complesso di cellule stellate (collenociti), anastomizzantisi fra loro per mezzo di prolungamenti a formare un reticolo lasso, nonché cellule scheletogene o scleroblasti e fibrocellule o desmaciti. Nella mesoglea si differenziano anche i gameti, da alcuni elementi, detti archeociti che, come gli amebociti, possono trovarsi, oltre che nella mesoglea, nello strato dermale o in quello gastrale. Gli amebociti hanno funzione fagocitaria, nutritizia (trofociti) nonché di accumulatori di materiali di riserva (tesociti).
Nelle spugne del tipo Ascon (es. Leucosolenia e Olynthus), a cui si riferisce questa descrizione, il corpo è un semplice sacco traforato da pori. Ma in altre spugne la parete del corpo può presentare pieghe e ispessimenti e conseguenti insaccature dell'atrio che conducono a una maggiore complicazione del sistema di canali, rappresentato nell'Olynthus dall'insieme dei pori, della cavità gastrale e dell'atrio. Così nel tipo Sycon (es. Grantia e Sycon [v.]), che si ritrova anche nelle spugne calcaree, si formano dei diverticoli ciechi della cavità gastrale, per cui si viene a stabilire un sistema di canali radiali (afferenti o inalanti) nei quali si localizzano i coanociti. Maggiori complicazioni della parete si stabiliscono nel tipo Leucon (es. Leucilla e Oscarella), comune alle spugne silicee e ad alcune calcaree, dove i coanociti si localizzano in "camere vibratili" o ampolle, indipendenti e comunicanti con l'esterno e con l'atrio, mediante intricati sistemi di cavità e di canali afferenti ed efferenti. Nelle spugne silicee ed in quelle cornee il numero delle camere flagellate può notevolmente aumentare e così quello dei canali e dei pori inalanti.
Le cellule che formano lo scheletro producono scleriti minerali, detti spicole, di carbonato di calcio (calcite) o di silice idrata (opale) o fibre filamentose di una sostanza organica, molto simile a quella cornea, la spongina, ricca di iodio e che può presentarsi talora come sostanza cementante elastica delle spicole silicee. Le spicole, di cui quelle composte (secondarie) sono originate da varie cellule, possono rimanere libere nella mesoglea (microsclere) oppure riunirsi a formare un'impalcatura solida (megasclere). Sia le calcaree sia quelle silicee hanno forma geometrica caratteristica per i varî tipi di spugne, e forniscono un ottimo carattere sistematico, che si fonda sulla simmetria degli assi secondo i quali sono disposti i raggi della spicola, sul numero di questi raggi e sul loro modo di accrescersi.
Tipicamente una spicola ha un centro di accrescimento dal quale si irradiano più o meno numerosi raggi derivati dalla secrezione avvenuta secondo un certo numero di assi: si dicono monoassi, quelle in cui si ha un solo centro di accrescimento, in una sola direzione oppure in due, diametralmente opposte; sono perciò aghiformi o a bastoncello; triassi con centro unico d'accrescimento, in tre direzioni, secondo tre assi incrociantisi ad angolo retto nel centro; tetrassi, quelle in cui permane un solo centro di accrescimento, ma in direzione di 4 assi normali alle facce di un tetraedro; poliassi con accrescimento radiale secondo varie direzioni originariamente da un centro comune; sfere, spicole ad accrescimento concentrico aculeate o stellate. E poiché nelle spicole non sempre tutti i raggi corrispondenti agli assi di accrescimento sono presenti, si hanno spicole monactine, diactine, tetractine, esactine, ecc.
Caratteristica proprietà delle fibre di spongina è quella di aggregarsi corpi estranei, come granuli di sabbia, scheletri di Radiolarî o di Foraminiferi, spicole di altre spugne, che vengono a rinforzare lo scheletro fibrillare o cuticolare.
Riproduzione. - Si compie per via asessuata e sessuata: la riproduzione asessuata avviene per gemmazione continua e, meno comunemente, discontinua, e per formazione di gemmule resistenti e per soriti. La gemmazione dà luogo alla formazione dei cormi costituiti da molti individui, che sono in generale indicati dai varî osculi e derivati da un individuo iniziale. Il cormo può derivare anche dalla coalescenza - che si può verificare anche negli stadî larvali - d'individui aggregati che hanno fuso intimamente le loro pareti e riunito le cavità e i sistemi di canali, in modo tale da rendere impossibile il riconoscimento dei varî costituenti.
La formazione delle gemme si compie con la partecipazione di tutti i costituenti del corpo del genitore; in ciascuna gemma si apre l'osculo e il nuovo individuo può menare vita indipendente e dare origine per gemmazione a una nuova colonia. Quindi anche l'accrescimento di un cormo per aggiunta di nuovi individui si può considerare parallelamente alla gemmazione.
Eccezionalmente (Spongillidae e Donatiidae) le gemme assumono il carattere di corpi riproduttivi, indipendenti, sferici, talora costituiti di cellule indifferenziate derivate da gruppi di archeociti, o da un solo archeocito che si segmenta a simiglianza di un uovo, che si portano alla superficie del corpo da dove vengono espulse, spesso per l'attività di particolari spicole. Nel caso più semplice, le gemme sono formate da un frammento del corpo del genitore, del tutto simile a questo.
Le gemmule, caratteristiche delle spugne d'acqua dolce (Spongillidae) e di alcune spugne marine, si originano nella mesoglea per l'aggregarsi di cellule del valore di archeociti, ricche di materiali nutritizî, che si rivestono di uno strato epiteliale e di una membrana avventizia di natura chitinosa da quello secreta e provvista in genere di un orificio, rinforzata spesso da spicole calcaree (microsclere) della spugna madre, o da speciali spicole (anfidischi). Le gemmule sono stadî di sopravvivenza della spugna a condizioni sfavorevoli ambientali o mezzi di propagazione: nelle spugne d'acqua dolce permangono nel corpo dell'adulto che va disfacendosi resistendo al disseccamento o ai freddi invernali, e producono poi un nuovo cormo, restituite che siano le condizioni favorevoli dell'habitat, attraverso complicati processi organogenetici non ancora ben noti. Le gemmule delle spugne marine hanno anch'esse involucri protettivi, ma in genere sono inermi cioè prive di spicole nel guscio costituito essenzialmente di spongina.
I soriti hanno struttura simile a quella delle gemmule, solo che contengono tessuti già differenziati (parenchima e spicole) e sono privi di involucro protettore. I soriti si sviluppano in uno stadio larvale ciliato, molto simile a quello che deriva dallo sviluppo dell'uovo fecondato nella riproduzione sessuata.
Comuni nelle spugne sono anche i casi di frammentazione del cormo, con riduzione dei frammenti, che, differenziando nuovi tessuti, si riorganizzano in nuovi individui.
Le facoltà rigenerative (v. rigenerazione) sono perciò possedute dalle spugne in alto grado: varie esperienze (H. V. Wilson, P. S. Galtzoff, J. Huxley, ecc.) hanno dimostrato che alcune spugne possono essere dissociate, facendole passare attraverso a garze sottili, nei loro elementi costitutivi e queste cellule si riaggregano e, senza ritornare a uno stadio embrionale, sono capaci di riorganizzarsi in nuovi individui. Il Müller (1911) sostiene - a questo proposito - che i processi di ricostituzione dopo la dissociazione corrispondono a una vera rigenerazione (v.), e non solamente a un processo di morfallassi (v.).
La notevole capacità a rigenerare dei frammenti di spugne è stata utilizzata anche a scopo commerciale nelle spugne cornee: A. Allemand (1907) ha constatato, nei suoi studî di fisiologia applicata alla spongicoltura in Tunisia, che un pezzo di Hippospongia equina si rigenera e cresce così rapidamente da diventare in breve assai più voluminoso di una spugna normale, come pure che frammenti crescono, in due, tre anni, a dimensioni considerevoli.
La riproduzione sessuata, nelle spugne coloniali, coesiste con quella agamica: le spugne sono ermafrodite o dioiche; nel primo caso tuttavia la fecondazione non avviene sullo stesso individuo, poiché gli elementi germinali dei due sessi maturano in periodi differenti. La fecondazione è interna e si compie nella mesoglea, dove anche si evolvono i gameti maschili e quelli femminili da cellule madri delle uova e degli spermî, i gonociti o archeociti, assai dubitativamente dai coanociti. Lo spermio, nelle spugne calcaree, pervenuto in una camera flagellata penetra in un coanocito dove sembra incistidarsi nella cosiddetta spermiocisti: dal coanocito, che si è venuto profondamente modificando e che abbandona la sua sede, viene portato in prossimità dell'uovo e in questo inoculato. Nelle spugne silicee invece, lo spermio è portato nell'uovo da un amebocito.
L'uovo nelle spugne si presenta in condizioni assai primitive: è privo di membrana e presenta movimenti ameboidi. La segmentazione dell'uovo è totale disuguale nelle spugne silicee e in quelle cornee, uguale nelle calcaree, avviene nella mesoglea fino allo stadio di morula; l'embrione abbandona il genitore allo stadio di blastula natante, che si presenta con svariati aspetti, ma riconducibili a tre tipi fondamentali: l'amphiblastula la coeloblastula e la parenchimula. Lo sviluppo quindi comprende un periodo embrionale che si svolge nei tessuti materni, un periodo larvale di vita libera e infine lo stadio di pupa, dopo la fissazione della larva e che corrisponde all'apertura dei pori e dell'osculo.
L'amphiblastula (pseudogastrula), descritta la prima volta come stadio di sviluppo delle spugne calcaree (Sycon, Leucosolenia) da E. Haeckel, presenta una cavità di segmentazione molto ridotta e ripiena di amebociti (archeociti) limitata da una calotta superiore (animale) di cellule flagellate piccole e numerose, e da una calotta inferiore corrispondente all'emisfero vegetativo dell'uovo, di grandi cellule sferoidali a contenuto granuloso, prive di ciglia. Dopo un breve periodo di vita libera, l'anfiblastula si fissa per il polo superiore, mentre le cellule granulari vengono a mano a mano a ricoprire quelle flagellate; talora sono anzi queste che s'invaginano nella calotta di cellule vegetative, simulando una gastrulazione per embolia (v. gastrulazione). L'invaginazione può iniziarsi anche prima della fissazione della larva al substrato, venendo in definitiva a costituirsi uno stadio diblastico, limitato all'esterno dalle cellule granulari, all'interno dalle cellule ciliate gastrali, che, allungandosi e provvedendosi di collaretto, si differenziano in coanociti. Questi si dispongono radialmente e vengono così a limitare l'atrio, mentre all'estremità superiore della piccola spugna si apre l'osculo. Dalle grosse cellule, invece, si differenziano elementi superficiali (dermali) ed elementi della mesoglea, nella quale appaiono le prime spicole scheletriche.
A questo tipo di larva si possono ricondurre con più o meno accentuate modificazioni altre larve di spugne, ove può essere più marcato il fenomeno dell'epibolia, osservandosi tuttavia costantemente la cosiddetta "inversione" dei foglietti germinativi.
La coeloblastula non è che uno stadio transitorio dello sviluppo dei calcarei Homocoela, ma caratteristico dei Tetraxonida e delle Mixospongiae: le cellule costituenti il blastoderma, ciliate, sono tutte simili, eccettuate due grosse cellule del polo posteriore, sebbene, talora, si noti una differenza fra cellule della parete, nella parte posteriore e in quella anteriore; il blastocele è ampio e, soltanto dopo la schiusa, viene invaso da celluli immigratevi dalla parete e che daranno luogo al mesenchima. Nella parenchymula o parenchimella, caratteristica di alcune spugne calcaree, ma comune nelle silicee e nelle cornee (Monaxonida e Keratosa), si ha lo stadio iniziale di celoblastula, larva ciliata simile alla planula dei Celenterati, con un'ampia cavità di segmentazione limitata da una parete monostratificata, costituita da un epitelio colonnare flagellato e interrotta a un polo (il futuro polo posteriore della larva) da due cellule più grandi delle altre, granulose e prive di ciglia, le cellule madri degli archeociti. Prima che la larva si fissi accade una migrazione multipolare delle cellule flagellate, che, perdute le ciglia, si portano nella cavità interna, che viene ad essere riempita di una massa cellulare o parenchima larvale. Successivamente la larva, fissandosi per il polo opposto agli archeociti, si metamorfosa in una forma schiacciata (pupa) lenticolare, nella quale le cellule esterne si portano in gran parte all'interno disponendosi a formare la parete interna gastrale (coanociti). In pari tempo la massa endodermica centrale perviene all'esterno differenziandosi in epitelio continuo a costituire il rivestimento della giovane spugna; gli elementi del mesenchima si origineranno a spese degli archeociti (amebociti) e come derivati da cellule dell'ectoderma che si sono approfondate.
Nutrizione. - Oltre alle sostanze organiche che le spugne assorbono forse direttamente dall'acqua del mare, la corrente determinata dal movimento dei flagelli dei coanociti trasporta le particelle alimentari che vengono inglobate nel vano limitato dal collaretto. Le sostanze ingerite sono poi cedute alle cellule ameboidi della mesoglea che ne compiono la digestione trasportandone i prodotti alle varie regioni e adempiendo anche a funzioni di escrezione: anche i pinacociti, sebbene limitatamente, possono provvedere all'ingestione di particelle alimentari.
Ecologia. - Le spugne sono animali fissi e soltanto transitoriamente, negli stadî larvali, menano vita libera; contrazioni più o meno accentuate del cormo e degli osculi in particolare, sono i soli movimenti apprezzabili dell'adulto, derivati da attive contrazioni degli elementi dell'epitelio dermale e dei porociti, che regolano la chiusura e apertura dei pori inalanti e dell'osculo di ciascun individuo. Le contrazioni dell'epitelio dermale producono l'ispessimento della parete e la conseguente riduzione della cavità gastrale.
Sono cosmopolite, diffuse dall'equatore ai poli, sia litorali sia di acque profonde fino alle regioni abissali: aderiscono direttamente al substrato, o si fissano a questo per mezzo di un peduncolo, sorretto da spicole allungate riunite in fascetto, terminante talora in un disco adesivo o in una base ramificata.
Classificazione. - Come s'è detto, la natura e costituzione dello scheletro e il tipo delle spicole sono i principali caratteri sistematici adottati per costituire nella classe delle Spugne i 5 ordini seguenti:
I. Ordine: Calcispongiae o Calcarea (ted. Kalkschwämme). Gruppo ben definito di spugne marine di piccole dimensioni, con spicole calcaree del tipo monasse o tetrasse, uni-, tri- e quadriradiate (triactine o tetractine), specialmente localizzate intorno ai canali e talora sporgenti dallo strato dermale, non distinte in microsclere e megasclere. Sono, in genere, di forma cilindrica, non colorate, sia solitarie sia coloniali e abitanti di acque poco profonde. Piuttosto rare, si raggruppano secondo N. Poléjaeff nei due sottordini: Homocoela e Heterocoela.
Homocoela, corrispondenti agli Ascones del Haeckel, caratterizzate dalla forma più semplice di cavità gastrale (tappezzata interamente da coanociti) che, unica negli stadî giovanili (Olynthus), si modifica nell'adulto con aumento del numero degli osculi. Fam. Leucosoleniidae.
Heterocoela, corrispondenti ai Sycones e Leucones del Haeckel, spugne solitarie di piccole dimensioni o coloniali, sia costiere sia di profondità, caratterizzate da un notevole sviluppo della mesoglea e dalla parete del corpo estroflessa in diverticoli radiali sacciformi o in canali nei quali si localizzano i coanociti; nelle forme che presentano maggiore complicazione (tipo Leucon) i conociti si trovano in camere sferiche nelle quali l'acqua perviene dai pori periferici, per un sistema di canali afferenti, e accede all'atrio per canali efferenti di diametro maggiore, i quali, come quelli afferenti e la stessa cavità gastrale, sono tappezzati da cellule piatte. A seconda della disposizione del nucleo basale o apicale nei coanociti, si distinguono i due gruppi: Basinucleata e Apicinucleata con le fam. Leucascidae, Leucaltidae, Lithonidae, Murrayonidae, Sycettidae, Heteropiidae, Grantiidae, Amphoriscidae, Dialythidae.
II. Ordine: Triaxonida o Texactinellida (Hyalospongiae, ted. Glasschiwämme). - Spugne dallo scheletro siliceo, rappresentanti con i Hetractinellidi la maggioranza delle spugne, molto abbondanti come fossili in tutti i periodi ed oggi limitate alla fauna di profondità. Hanno di regola parete sottile, quella del cormo più o meno ripiegata, con ampia cavità gastrale che dà alla spugna la forma più o meno tubolare, sistema di canali semplice, coanociti di piccole dimensioni e spicole silicee del tipo triasse e quindi a sei raggi (esactine) o derivate da questo tipo, isolate o riunite a formare uno scheletro continuo. Le modificazioni del tipo fondamentale della spicola sono dovute alla riduzione di uno o più raggi, o a trasformazioni degli stessi, che possono ramificarsi, curvarsi, terminare in dischi, in punte, ecc.; tipici di alcuni gruppi gli exastri o rosette a raggi ramificati e gli anfidischi, spicole rabdiformi che alle loro estremità presentano varî prolungamenti ricurvi diretti verso il centro della spicola. Le camere flagellate cilindriche o a forma di ditali si aprono nell'atrio e nei canali efferenti.
Si raggruppano nei due sottordini: Hexasterophora e Amphidiscophora, costituenti secondo Schulze (1877) la sottoclasse dei Lyssacina, i primi con esastri e senza anfidischi, gli altri con anfidischi e senza esastri.
Hexasterophora: fam. Euplectellidae (gen. Euplectella), Caulophacidae, Leucopsacidae, Rossellidae, Euretidae, Coscinoporidae, Aphrocallistidae, Tetracalycidae, Dactylocalycidae, Aulocystidae.
Amphidiscophora: fam. Hyalonematidae, Semperellidae.
III. Ordine: Tetraxonida o Tetractinellida (sin. Lithospongiae; ted. Strahlschwämme). - Spugne silicee con spicole a 4 assi (tetrassi) e camere flagellate sferiche, oppure con spicole monassi (Monaxonida), aghiformi, talora accompagnate da fibre cornee di spongina. Comprendono i sottordini: Homosklerophora, Sigmatophora, Astrophora, Desmophora, Astromonaxonellina, con le famiglie: Oscarellidae, Plakinidae, Tethyidae, Samidae, Pachastrellidae, Stellettidae, Geodiidae (gen. Geodia), Tetracladidae, Choscinospongidae, Pleromidae, Vetulinidae, Donatiidae, Chondrosidae, Streptasteridae, Stylocordylidae, Coppatiidae, Polymastiidae, Suberitidae, Spirastrellidae, Clionidae.
IV. Ordine: Cornacuspongida (ted. Hornkieselschwämme, Netzfaserschwämme). - Sono le spugne cornee, generalmente massicce, più o meno colorate, con pareti spesse, piccole camere flagellate, rotonde, connesse per canali esalanti ramificati con la cavità gastrale: fibre cornee di spongina secrete dagli spongioblasti, unite talora a granelli di sabbia o a spicole estranee, e anastomizzate fra loro a formare un'impalcatura reticolare continua. Comprende i sottordini: Protorhabdina, Poikilorhabdina, Phthinorhabdina, Aporhabdina (Ceraospongiae), con le fam. Mycalidae, Esperiopsidae, Biemnidae, Myxillidae, Tedaniidae, Dendoricellidae, Coelosphaeridae, Crellidae, Microcionidae, Clathriidae, Raspailiidae, Bubaridae, Rhizomorinidae, Axinellidae, Gellidae, Spongillidae, Chalinidae, Ciocalyptidae, Aulenidae, Spongeliidae, Spongiidae (gen. Euspongia, Hippospongia), Aplysinidae, Hirciniidae.
V. Ordine: Dendroceratida (ted. Baumfaserschwämme). - Spugne di dubbia affinità sistematica, la maggioranza provviste di fibre scheletriche di spongina omogenee, dendritiche, costituite da lamelle concentriche di spongina disposte intorno ad un asse molto allungato, e non anastomizzate fra loro, oppure addirittura prive di scheletro; camere flagellate allungate, sacciformi. Fam. Halisarcidae, Dawinellidae, Jeanthellidae, Pleraphysillidae.
Paleontologia. - Le spugne fornite di scheletro calcareo o siliceo bene sviluppato, e in particolare le spugne calcaree (Calcispongiae) e, fra le silicee, alcune Tetractinellida (Lithistida) e Hexactinellida hanno lasciato tracce fossili notevoli e spesso facilmente riconoscibili per la forma e la struttura delle spicole, che permettono di ricostruire lo sviluppo filogenetico di alcuni gruppi.
Spugne silicee dovevano trovarsi fin nei mari del Paleozoico (Cambrico) e hanno preso parte certamente alla formazione della corniola, del calcedonio e della selce. Le Lithistida sono rappresentate da parecchi generi nel Silurico. Si ritrovano nel Carbonico e fioriscono sopra tutto nel Giurassico superiore (Franconia, Svizzera) e nel Cretacico superiore (Germania, Boemia, Polonia, Galizia, ecc.).
Le Hexactinellida hanno diffusione simile: si trovano già nel Cambrico e nei Silurico (Lyssacina), presentano forme caratteristiche nel Devonico e si riducono poi nel Mesozoico e nel Cenozoico, dove predominano acque basse e calde.
Le Calcispongiae invece cominciano a comparire nel Devonico e nel Carbonico, ma raggiungono il massimo sviluppo soltanto nel Triassico alpino e soprattutto nel Giurassico; il Cretacico inferiore e medio ne sono pure assai ricchi. Alcuni generi, anche molto antichi, sono tuttora viventi.
Bibl.: E. Haeckel, Die Kalkschwämme, Berlino 1872; E. Hentschel, Parazoa, in W. Kükenthal, Handbuch d. Zoologie, Berlino e Lipsia 1923; F. E. Schulze, Hexactinellida, in Wiss. Ergebn. d. Tiefsee Exp., IV (1904); W. J. Sollas, Report on Tetractinellida, in The Zool. of Voyage of Challenger, XXV (1888); R. von Lendenfeld, A monograph of the Horny Sponges, Londra 1889; K. A. Zittel, Grundzüge der Paläontologie, Monaco e Berlino 1924.
Uso, produzione e commercio.
L'impiego delle spugne, per lavare, assorbire e detergere, risale, nella civiltà mediterranea, ai primi tempi dell'antichità classica.
Nei poemi omerici infatti (Iliade, XVIII, 414; Odissea, XII, 22 e 439) si parla di Efesto munito di spugna, delle schiave di Penelope che ne fanno uso e di Ulisse che adopera la spugna per pulire le mense. Da Aristotele, a proposito dell'ἀχίλλειος ricordato anche da Plinio, apprendiamo che i Greci usavano la spugna anche per imbottire gli elmi e questo mezzo per attutire i colpi era dagli antichi praticato anche a protezione del petto (per es. presso i Sanniti).
Nell'Antico Testamento non si parla di spugne; ne ricorre invece l'accenno nel Vangelo (Matteo, XXVII, 48; Marco, XV, 36; ecc.) dove la spugna imbevuta d'aceto rammenta uno degli usi romani.
Diffusa dovette essere presso i Greci la pesca delle spugne, e anche presso i Romani. Oltre che nei bagni (dove però i Romani facevano assai minore uso della spugna che non dello strigile) la spugna era adoperata accanto al calamo per gli scritti su papiri e pergamene: la litura era l'operazione del passaggio della spugna per cancellare o ripulire. Così Augusto passò la spugna sulla sua traduzione dell'Aiace di cui non era soddisfatto (Svetonio). Strumento d'uso comune presso i pittori per lavare i pennelli e correggere difetti di disegno e di colore, la spugna è ricordata negli aneddoti di Protogene che, gettando irato la spugna imbevuta di varî colori sul quadro che stava dipingendo, trovò così l'imitazione della schiuma del mare e quello analogo di Nearco, per la schiuma del morso d'un cavallo (Plinio; Plutarco). Con l'achilleios sopra menzionato si fabbricavano anche minuti pennelli, secondo Plinio.
Nel Medioevo, dell'impiego delle spugne per uso di toletta, si ha notizia assai tardi e, ancora nel Rinascimento, la spugna è usata raramente per pulire abiti e, come oggetto di pulizia personale, è indizio di raffinatezza. Solo nell'età contemporanea, come conseguenza dei progressi dell'igiene e della pulizia, essa diviene oggetto di uso comune.
Le spugne attualmente in uso si possono classificare in naturali (animali e vegetali) e artificiali.
Spugne animali. - Sono costituite dallo scheletro corneo della spugna pescata nel mare (v. sopra). Le specie più comunemente pescate sono: l'Euspongia officinalis L. (nelle tre varietà adriatica mollissima, lamella), l'Euspongia zimocca O. Schm., e l'Hippospongia equina Schulze, della famiglia Spongiidae, dell'ordine Cornacuspongida.
Lo scheletro corneo di questi animali marini, per le sue doti di elasticità, morbidezza e facoltà di assorbimento, viene posto in commercio e impiegato per uso di pulizia personale e domestica su vastissima scala. Esso trova pure impiego nelle imbottiture; in passato se ne fece uso medicinale, contro il gozzo e le malattie scrofolose, per lo iodio che contiene e che si sprigiona per arrostimento; in chirurgia la spugna era usata per dilatare fori fistolosi e, sempre opportunamente sterilizzata, per lavare piaghe.
La pesca delle spugne, i cui banchi si trovano anche oltre 40 metri di profondità, veniva anticamente praticata da schiavi che si tuffavano nel mare strappando le spugne dal fondo marino. Tale sistema di pesca, usato fino a poco tempo fa, venne in seguito sostituito con quello consistente nell'infilzare le spugne con una fiocina a quattro denti portata da una lunga asta, tuttora usato in alcuni luoghi.
Attualmente la pesca viene generalmente praticata da palombari appositamente attrezzati condotti da un'imbarcazione chiamata "saccalevo", munita di una speciale rete "gangava". Questa, assicurata per mezzo di corde a due argani, viene calata sul fondo marino che rastrella mentre il battello è in moto. Le spugne strappate dal fondo vengono tenute prigioniere nella rete. Col saccalevo si può pescare anche a grande profondità.
L'intensità della pesca delle spugne fece sorgere preoccupazioni sulla possibilità della loro graduale scomparsa o, comunque, pensare all'opportunità della coltivazione artificiale. I primi studî risalgono intorno al 1860, quando si scoprì la possibilità di ottenere l'accrescimento delle spugne a mezzo di pezzetti di animali viventi fissati sul suolo marino in condizioni ambientali favorevoli, in modo che ogni pezzo si sviluppi in spugna normale. Un sistema analogo consiste nel facilitare lo sviluppo delle larve che si formano nell'interno della spugna, tagliandola in pezzi poco prima dello sciamare delle larve stesse e ponendo i pezzi contenenti le larve nei posti più adatti del fondo marino, in maniera che esse, appena uscite, incontrino subito l'ambiente più favorevole alle loro esigenze vitali. Nelle acque dell'Africa settentrionale e in quelle della Florida furono compiuti esperimenti su vasta scala, ma non si può dire che finora l'allevamento artificiale abbia preso, in complesso, un grande e diffuso sviluppo pratico.
La spugna, appena pescata, subisce una prima lavorazione effettuata dagli stessi marinai addetti alla pesca, i quali fanno uscire lo scheletro dalla membrana protettrice, depurandolo poi dalle sostanze molli che contiene, con ripetuti lavaggi e pressioni. Questa depurazione è necessaria, altrimenti le sostanze molli, a contatto con l'aria, si essiccano rendendo inutilizzabile la spugna. Dopo tale trattamento le spugne vengono fatte asciugare al sole infilzate su corde e poi, imballate, vengono inviate ai mercati per la vendita come spugne grezze.
La spugna grezza contiene però molte impurità, oltre a piccoli sassi e sabbia, e solo in rari casi viene adoperata come tale. Alla plasmatura e depurazione delle spugne grezze provvedono gli spugnifici con sistemi speciali che si possono riassumere in ripetuti lavaggi e trattamenti con sostanze imbiancanti (perossido di manganese, acqua ossigenata, permanganato di potassio, bisolfito di sodio, ecc.).
La pesca delle spugne si fa, oltre che nel Mediterraneo (coste della Dalmazia, dell'Istria, della Grecia, della Cirenaica, della Corsica, della Sardegna, del Marocco, della Tunisia, della Tripolitania, della Siria, dell'Egitto, ecc.), nel Mar Rosso, nella Florida, a Cuba, nelle Bahama, e, recentemente, alle Caroline e in Australia, dove, a partire dal 1928, si è dato un forte incremento a quest'industria.
In commercio le spugne si classificano, secondo la qualità e la provenienza, nel seguente modo: sulle coste dell'Asia Minore si pescano il cavallo arcipelago e la fine dama, poste in commercio col nome di Siria. Le coste egiziane dànno il cavallo arcipelago, lo champignon e la fine dama, le prime due distinte col nome di mandruca, la terza di egiziana. La Cirenaica dà il cavallo, lo champignon e la zimocca (Bomba o Bengasi). La Tripolitania fornisce il cavallo pietra, il cavallo Bayda, il cavallo Fikio, e la zimocca Tripoli. La Tunisia il cavallo arcipelago Foros e zimocca Dierba e Banco Fango e le orecchie di elefante di Capo Bon. Le isole Egadi dànno il cavallo arcipelago, Lampedusa, Libeccio, Mezzogiorno, Laspi, Banco Fango, Trefili e Fondanzo. Nel Mar Ionio si pesca la fine dama (in commercio Gallipoli) e la stessa nel Mar Adriatico (di scoglio e di canale).
L'America (Nassau, Cuba, Florida) fornisce: le wool, velvet, yellow silk e grass. Le Antille dànno solo le qualità reef.
Di tutte le qualità mediterranee, la preferita è la cavallo arcipelago per la sua compattezza ed elasticità che ne permette un largo uso sia nel campo dell'igiene sia in quello dell'industria. Anche le spugne americane rappresentano un articolo molto introdotto nel commercio per il suo basso prezzo, se pur inferiori di qualità a quelle mediterranee; si prestano molto bene nei laboratorî chimici come filtri.
I principali mercati per il commercio delle spugne sono quelli di Sfax, del Pireo, Marsiglia e Londra.
L'Italia, già tributaria all'estero per spugne gregge, riceve un forte contributo al suo fabbisogno dalla Tripolitania, che ha notevolmente aumentato negli ultimi anni la sua produzione. Nel 1933, per es., tale colonia diede quasi 400 quintali di spugne, alla cui pesca furono adibite quasi 200 imbarcazioni e natanti varî. Per le spugne lavorate, fini e comuni, l'Italia è quasi esclusivamente esportatrice.
Spugne vegetali. - Si confezionano con la luffa (v.), Cucurbitacea che cresce nei paesi caldi, d'Asia specialmente. Il frutto perde, dopo la maturazione, la polpa mangereccia; le fibre, ripulite della corteccia, vengono poste in acqua corrente per più giorni, in modo da poterle liberare di ogni residuo molle e dai semi; quindi nuovamente lavate e seccate s'imballano in colli di 2 o 3 mila pezzi per la spedizione. La lavorazione comprende un'ulteriore ripulitura con sbianchimento, taglio e sagomatura. Molto diffusa è la spugna vegetale nel Giappone, che la esporta; altro paese di produzione di spugna di luffa è l'Egitto.
Spugne artificiali. - Grandissimo sviluppo hanno preso le spugne artificiali, che s'incominciarono a fabbricare a partire dalla metà del sec. XIX, da quando cioè l'inglese T. Hancock lanciò la fabbricazione degli articoli di gomma. La gomma elastica vulcanizzata, trattata con alcool e acetato di metile oppure con carbonato di ammonio, serve alla fabbricazione di masse fortemente elastiche, porosissime e quindi con tutte le caratteristiche essenziali della spugna naturale. La gomma, così confezionata, colorata in varie tinte (rosso, blu, verde) e opportunamente tagliata in dadi rettangolari o in altre forme di varia grandezza è posta in commercio in sostituzione delle spugne naturali per uso di toletta. Anziché produrre grandi blocchi di gomma porosa, che poi vengono tagliati, alcuni fabbricanti usano anche vulcanizzare la gomma direttamente in appositi stampi (v. anche gomma elastica, XVII, pp. 522 segg.).
Recentemente si è pure iniziata la fabbricazione di spugne artificiali a base di viscosa, la cui porosità è ottenuta con trattamento di vapore.