squatter
<sku̯òtë> s. ingl., usato in it. al masch. e al femm. – Sostantivo derivante dal verbo inglese to squat, che significa letteralmente «accovacciarsi» ma anche «occupare», riferito a chi occupa abusivamente uno spazio, un alloggio, ecc., solitamente per necessità e a fini abitativi, senza averne legalmente il diritto, in assenza cioè di titoli di affitto o di proprietà (le origini remote di questi ultimi, dal punto vista storico, sono peraltro sostanzialmente analoghe). Il fenomeno, sia pur all’interno di quadri legislativi diversi (dal 2000 in poi, in molti paesi ne è stata esplicitata l’illegalità), è attualmente diffuso in tutto il mondo e, secondo alcune stime, riguarda circa un miliardo di persone. In alcuni continenti, soprattutto in Europa e Nord America, si accompagna spesso a posizioni ideologiche anarchiche, comuniste e rivoluzionarie, comunque in contrapposizione al sistema sociale e politico, e, come avviene in Italia, non è limitato all’ambito strettamente residenziale ma si allarga ai centri sociali, ecc. In altri, soprattutto in Africa, Asia e nell’America centrale e meridionale, è esteso a interi insediamenti urbani abusivi (v. ): nella sola Mumbai, per es., gli s. sono stimati in circa 6 milioni.