ŚRĀVASTĪ
Nome antico di una città comprendente un'importante area sacra buddhista extra moenia a cui corrispondono oggi le località di Maheṭh e Saheṭh nell'Uttar Pradesh (India settentrionale). Nella tradizione buddhista Ś. è ricordata come il luogo in cui il Buddha, a lungo dimorando nel giardino di Jetavana donatogli dal mercante Anatapiṇḍaka, compì alcuni dei suoi più grandi miracoli, manifestando la sua vera natura. Capitale del janapada, o territorio proto-statale, del Kośala, vi regnava Prasenājit, che il Buddha convertì.
Nel periodo più antico (VI sec.-300 a.C. secondo la periodizzazione proposta da K. K. Sinha) l'insediamento di Maheṭh non era ancora cinto da mura. Gli indicatori culturali sono i frammenti di NBPW (Northern Black Polished Ware, Ceramica nera polita del Nord), di PGW (Painted Grey Ware, Ceramica grigia dipinta, parzialmente associata alla prima) e di una ceramica a ingobbio nero. Tra i materiali non ceramici si contano vaghi di collana in pietre semipreziose, piccoli dischi di terracotta (molto comuni in tutti gli scavi gangetici antichi e tardoantichi), alcuni dei quali decorati con i simboli del sole e dello svastika, braccialetti di rame, ecc. L'assegnazione dei livelli più antichi al VI sec. a.C. sembra dovuta più all'accettazione della data alta del Buddha (che oscilla tra il VI e il IV sec. a.C.) che a riscontri oggettivi, e la cronologia della Ś. più antica può essere revocata in dubbio. Le mura urbane si sviluppano per una lunghezza di 5,2 km e delimitano un'area a forma di mezzaluna seguendo per un tratto il corso del fiume Rapti (Achirāvatī). Furono innalzate nel III sec. a.C.; con argilla pressata, e solo in seguito rafforzate con mattoni cotti, subendo trasformazioni. L'abitato all'interno delle mura, poco indagato, mostra abitazioni costruite con mattoni di spoglio e pozzi ad anelli modulari in ceramica (ring wells). In questo periodo (c.a 275-I sec. a.C.) predominano una ceramica rossa e una grigia decorata con cerchi concentrici. Durante il terzo periodo, che copre i primi secoli della nostra era, le mura, non più funzionali alla difesa, caddero in abbandono.
Dentro le mura si osservano quattro maggiori eminenze. Sulla prima sorge un tempio jaina (Ś., legata alla tradizione jaina oltre che a quella buddhista, è il luogo ove si ritiene nacque il tīrthaṃkara Sambhavanātha), e non è mai stata oggetto di indagini archeologiche. La seconda, o Pakkī Kuṭī, è il luogo di un edificio quadrangolare di c.a 36x24 m: scavato da W. Hoey alla fine dell'Ottocento e in seguito da J. Ph. Vogel agli inizî del nostro secolo, se ne conserva soltanto il basamento, al centro del quale si nota una struttura ellittica con ingresso (?) sul lato E. La terza eminenza è uno stūpa (numerato come « stūpa A» da Vogel). Sorge a E del monumento precedente ed è stato ipoteticamente identificato con quello di Aṅgulimala, un famoso grassatore convertito dal Buddha. La quarta eminenza, infine, o Kacchī Ruṭī, presenta resti strutturali risalenti a diverse epoche. Di epoca kuṣāṇa (I-II sec. d.C.) è il plinto quadrato più antico, conservato per un'altezza di 1,5 m e relativo a un monumento non identificato. Questo fu distrutto per fare spazio a un tempio visnuita di cui si conserva il plinto, lungo 21,6 m, interrotto sul lato O da una scala lunga 13,5 m. Il plinto era decorato con formelle di terracotta (i cui frammenti vennero rinvenuti a centinaia dal Vogel) inserite in nicchie poco profonde delimitate da lesene rappresentanti scene tratte dal Rāmāyaṇa. Sono riconoscibili alcune scene con Hanumān, il re delle scimmie al servizio di Rāma.
Il pellegrino cinese Faxian, che visitò Ś.agli inizî del V sec. d.C., afferma che vi era stata una forte reazione brahmanica che non era tuttavia riuscita ad avere la meglio sulla comunità buddhista. In città vi erano pochi, sparsi abitanti, riuniti in appena duecento famiglie. Fonti letterarie ed evidenze archeologiche sembrano dunque integrarsi nel modello storiografico secondo il quale in epoca gupta (IV-V sec. d.C.) de-urbanizzazione e reazione anti-buddhista vanno di pari passo. La testimonianza di Faxian offre alcuni elementi di riflessione: egli ricorda anche l'esistenza di un tempio brahmanico sul lato opposto della strada dove, presso il Jetavana, sorgeva un grande tempio buddhista, e riferisce del continuo, grave conflitto che opponeva le due istituzioni. La testimonianza del pellegrino rimanda alla tradizione buddhista stessa, che vede proprio in Ś. il luogo dove più duro fu il confronto con i brahmani, dinanzi ai quali il Buddha, e, anzi, tutti i Buddha, si mostrano nella loro superiore, vera forma (svarūpa). Il profondo dissidio continuerà nel tempo, fino alla completa emarginazione del buddhismo.
A c.a 500 m da Maheṭh sorge, divisa da un avvallamento che è forse da interpretare come un ramo colmato della Rapti, l'area sacra di Saheṭh. Le rovine del famoso giardino di Jetavana occupano un'area di forma irregolare, e consistono di stūpa, templi e monasteri, parecchi dei quali ricostruiti in epoca medievale. Quando il pellegrino cinese Xuanzang visitò il luogo nella prima metà del VII sec. d.C., presso l'ingresso orientale sorgevano ancora due colonne erette dall'imperatore maurya Aśoka (III sec. a.C.), l'una sormontata da un dharmacakra, o Ruota della Legge, e l'altra da un toro; di esse oggi non v'è traccia, e nessun altro monumento, sulla base dei dati archeologici, può invero essere datato all'epoca maurya.
I monumenti più antichi risalgono al periodo kuṣāṇa, quando il patrocinio dinastico permise al buddhismo di impiantarsi saldamente in regioni dove anche la tradizione ortodossa era molto forte. Risale a questo periodo la costruzione dei monasteri F, dove venne alla luce un ripostiglio di monete kuṣāṇa, e G, e quello degli stūpa 17 e 18 (il reliquiario rinvenuto all'interno di quest'ultimo reca un'iscrizione in caratteri di epoca kuṣāṇa ). Il rinvenimento più importante di questo periodo fu la grande statua del Buddha stante (detto Bodhisattva nell'iscrizione perché se ne mette in risalto la funzione discendente e salvifica) fatto scolpire a Mathurā e dedicato dal monaco Baia ai maestri della scuola Sarvāstivāda. L'immagine si trovava in origine nel luogo del caṅkama (passeggiata) del Buddha, presso uno degli edifici, noto come Kosambakuṭī, fatto costruire secondo la tradizione da Anatapiṇḍaka per l'uso personale del Buddha, oggi ricordato dal tempio 3. Baia è quello stesso monaco che dedicò una statua analoga datata al terzo anno del regno di Kaniṣka (81 d.C.?) a Sārnāth (v.). Non è questa la sola opera degli scultori di Mathurā che sia stata rinvenuta a Śrāvastī. Si segnala la parte inferiore di una stele con Bodhisattva seduto trovato all'interno dello stūpa 5 (l'iscrizione sulla base ricorda che fu dedicato da due fratelli di casta kṣatriya) e una stele, essa pure di Bodhisattva, rinvenuta all'interno del medievale stūpa 9.
Altri monumenti sono databili, su basi stilistiche, al V-VI sec. d.C. (datazione forse da abbassare). È questo il caso del plinto di un tempio situato presso il maggior monumento di Ś., il tempio 2, che sorge sul luogo dell'originaria gandhakuṭī, altro edificio destinato al Buddha.
Nuovi scavi sono stati intrapresi nel Jetavana a partire dalla metà degli anni '80 a opera dell'Archaeological Survey of India e dell'Università Buddhista di Kansai (Osaka). È stata portata alla luce, in particolare, una vasca di epoca kuṣāṇa , rettangolare e con tre terrazze digradanti fornite di scale per scendere al livello dell'acqua, ed è stato intrapreso lo studio della ceramica, di epoca kuṣāṇa (rossa, con diversi tipi di ingobbiatura), gupta (rossa e grigia, sempre grezza) e medievale. La periodizzazione del sito, che visse fino al X-XII sec., tende a sottolineare la continuità della presenza buddhista a Ś. più che a notare le discontinuità e i gravi periodi di crisi nella sua storia. Ciò impedisce di comprendere perché il buddhismo finì con l'essere definitivamente sconfitto. Un periodo di grave crisi fu p.es. quello, che pure vedeva la regione politicamente sottomessa al sovrano buddhista Harṣavardhana, del già ricordato viaggio di Xuanzang. Questi trovò Ś. in rovina, abitata da non buddhisti, con nessun monaco rimasto nei monasteri del Jetavana. La ripresa buddhista in epoca pāla (VIII-IX sec.) fu importante, ma di breve durata.
Bibl.: W. Hoey, Set Mahet, Calcutta 1892 (Journal of the Asiatic Society of Bengal, LXI, fascicolo speciale); J. Ph. Vogel, Excavations at Sahēṭh-Mahēṭh, in ASIAR 1907-08, pp. 81-131; J. H. Marshall, Excavations at Sahēṭh-Mahēṭh, in ASIAR 1910-11, pp. 1-24; K. K. Sinha, Excavations at Śrāvastī, Benares 1967; D. Mitra, Buddhist Monuments, Calcutta 1971, pp. 75-79; M. Venkataramayya, Śrāvastī (ASI), Nuova Delhi 1981; lAR, 1986-87, p. 76; 1987-88, pp. 106-108.