SRI LANKA
SRĪ LAṄKĀ. – Demografia e geografia economica. Storia. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato insulare dell’Asia meridionale. Al censimento del 2012 la popolazione è stata di 20.263.723 ab., con un tasso di crescita molto contenuto, per l’80% residente in villaggi rurali (nel 2014, secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economic and Social Affairs, la popolazione è stata di 21.445.775 ab.). Il quadro etnico risulta invariato, se non per una lieve contrazione della componente singalese. La crescita economica negli ultimi anni è stata molto positiva (+8,2% nel 2011, +6,4% nel 2012 e +6,3% nel 2013, +7,0% nel 2014), grazie a un aumento della produzione industriale (+10% nel 2013) e agricola, alle rimesse degli emigrati, all’aumento degli investimenti stranieri, soprattutto cinesi e indiani, e allo sviluppo del turismo, che, fortemente contrattosi nel 2005, è tornato nel 2012 a superare il milione di ingressi annui. Aumentate anche le esportazioni verso i mercati occidentali; critica, invece, rimane l’entità del debito pubblico (78% del PIL nel 2013).
Storia di Paola Salvatori. – La fine della guerra civile tra governo e ribelli Tamil organizzati nel Liberation tigers of Tamil Eelam (LTTE) raggiunta nel 2009, dopo 26 anni di scontri e oltre 70.000 vittime, apriva una nuova fase politica e poneva il governo di fronte al difficile compito di pacificazione e di ricostruzione di un tessuto di convivenza civile che permettesse al Paese di recuperare stabilità e sicurezza. Il conflitto era terminato in maniera cruenta con una grande offensiva dell’esercito che nel corso del 2008-09 aveva condotto alla riconquista di gran parte dei territori nelle mani dei ribelli. Nel 2009 era stato infine sferrato l’attacco decisivo alla roccaforte delle LTTE nei pressi di Kilinochchi durante il quale, secondo fonti delle Nazioni Unite, rimasero uccisi circa 40.000 civili Tamil. Perse la vita anche il leader delle Tigri, Velupillai Prabhakaran, e successivamente l’organizzazione dichiarò la propria sconfitta e la fine della lotta armata. Nel gennaio 2010, il capo dello Stato Mahinda Rajapaksa (in carica dal 2005) ottenne un secondo mandato con il 57,9% delle preferenze. La sua popolarità, rafforzata dall’aver posto fine alla guerra civile, fu confermata anche alle elezioni parlamentari svoltesi lo stesso anno, nelle quali l’alleanza guidata da Rajapaksa (United people’s freedom alliance, UPFA) si aggiudicò 144 seggi su 225. Il governo fu, tuttavia, oggetto di forti critiche – soprattutto a livello internazionale – per il suo rifiuto di indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse durante la fase finale della guerra civile. La sua riluttanza a questo proposito irrigidì i rapporti con gli Stati occidentali e con l’India, tradizionale alleata del governo, la quale si espresse a favore di due risoluzioni del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, approvate nel 2012 e nel 2013, volte a far luce sulla morte dei civili Tamil. Il processo di riconciliazione rimase di fatto per lo più incompiuto e i diritti delle minoranze furono spesso violati. Il governo inoltre assunse caratteri sempre più autoritari anche in seguito alla modifica costituzionale del 2010 che, oltre ad aver rimosso il limite di due mandati presidenziali, aveva rafforzato il ruolo del capo di Stato, investito del potere di nomina dei giudici delle Corte suprema e della Corte d’appello, dei componenti delle commissioni elettorali e della Commissione dei diritti dell’uomo, nonché del personale della finanza e della polizia. Ricandidatosi alle elezioni del gennaio 2015, Rajapaksa fu battuto dal suo ex alleato Maithripala Sirisena, già ministro della Sanità (ottennero rispettivamente il 47% e il 51% dei voti), che riuscì a coagulare intorno alla sua candidatura e al suo programma di rilancio della democrazia interna sia l’opposizione dell’United national front (UNF), sia un nutrito gruppo di ex deputati dell’UPFA e ad avere l’appoggio della comunità Tamil e di quella induista e musulmana. Nel successivo mese di agosto, la forza politica dell’ex presidente – che aspirava a diventare premier – uscì inoltre sconfitta dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento: ad aggiudicarsi la maggioranza relativa dei seggi (106) fu infatti l’UNF, il cui leader Ranil Wickremesinghe fu confermato nell’incarico di primo ministro assunto a gennaio.
Bibliografia: S. Thiranagama, Sri Lanka’s lingering state of war, «Current history», 2014, 113, 762, pp. 163-64.