STAMPA
(XXXII, p. 463; App. II, II, p. 888; III, II, p. 819)
Legislazione. - La l. 8 novembre 1948 n. 47 rimane, tuttora, il punto di riferimento in materia di disciplina giuridica della stampa. Da parte dell'Ordine dei giornalisti si è auspicata più volte, in questi anni, una riforma radicale della normativa in tema di "direttore responsabile" (art. 3 l. 47/1948 e 57 c. p.), non sembrando razionale e giusto che si possa far carico a una sola persona dell'omissione del controllo e della vigilanza, e si è proposta l'istituzione di un direttore responsabile per ciascuna delle rubriche del giornale, sull'esempio di alcune legislazioni straniere. Peraltro, la legislazione è rimasta ferma sul punto.
La modifica più profonda per quanto concerne la responsabilità penale del direttore di giornale è avvenuta per il rifiuto di rettifica di cui all'art. 8 della l. 47/1948. La l. 5 agosto 1981 n. 416 (sull'editoria), con l'art. 42 ha così mutato l'originario testo dell'art. 8: "Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale". Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono. Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce. Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.
Una profonda innovazione nella disciplina della s. è costituita dalla legge sull'editoria. Va premesso che l'art. 21 della Costituzione, 5° comma, dispone che "la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica": ciò al trasparente scopo di dare pubblicità alle fonti di finanziamento dei giornali e, quindi, di far conoscere le ragioni che possono portare a certi atteggiamenti politici. Dall'attuazione di questo 5° comma dell'art. 21 Cost. è nata la disciplina delle imprese editrici, che, inoltre, detta nuove norme sulle provvidenze per l'editoria, e che forma oggetto della l. 416/81, seguita dalle ll. 137/1983, 1/1985 e 67/1987. I principi fondamentali sono i seguenti: a) la titolarità delle imprese editrici di quotidiani e periodici è riservata alle persone fisiche o comunque dev'essere ricondotta a esse, per motivi di trasparenza; b) del trasferimento di azioni dev'essere data pubblicità; c) sono vietate le concentrazioni, cioè le posizioni dominanti nel mercato editoriale della s. quotidiana; d) i bilanci delle imprese editrici di giornali quotidiani devono essere compilati su bilanci tipo; e) è istituito un organo di garanzia sull'attuazione della legge, organo monocratico scelto, d'intesa tra i presidenti delle due Camere, tra gli ex giudici della Corte costituzionale o tra i presidenti di sezione delle giurisdizioni superiori; f) viene istituito il Registro nazionale della stampa, nel quale sono obbligatoriamente iscritte, oltre agli editori di giornali, periodici e agenzie di s., anche le imprese concessionarie di pubblicità: per queste anche è stabilito il divieto di posizioni dominanti nonché di effettuare finanziamenti indiretti ai giornali. La legge stabilisce, poi, norme perché le amministrazioni pubbliche riservino almeno il 50% delle spese per la pubblicità a favore dei giornali quotidiani e periodici; allarga la possibilità della vendita dei giornali rispetto al previgente sistema degli edicolanti, e infine detta provvidenze per l'editoria, anche mediante riduzione delle tariffe telefoniche, telegrafiche, postali e dei trasporti (v. anche editoria, in questa Appendice).
Successivamente al 1990 l'evoluzione della normativa di settore registra ripetuti fenomeni di parcellizzazione e asincronia degli interventi del legislatore. Per un verso le disposizioni dedicate esclusivamente al comparto editoriale non introducono sostanziali novità all'assetto generale delineato dalle norme di sistema, limitandosi a un riassetto parziale della disciplina sulle incentivazioni e agevolazioni economiche alle imprese d'informazione (l. 250/1990; 278/1991; D.L. 155/1993 convertito nella l. 243/93, art. 4; l. 466/93). Per altro verso le innovazioni più significative all'apparato complessivo dei poteri statali e alla disciplina sostanziale del settore sono state apportate da disposizioni contenute in testi normativi estranei, ancorché contigui, alla materia in questione. Si tratta, in particolare, della l. 6 agosto 1990 n. 223, sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato, e della l. 10 ottobre 1990 n. 287 sulla tutela della concorrenza e del mercato.
La prima delle due ha trasferito al neo-istituito ''Garante per la radiodiffusione e l'editoria'' i poteri del precedente Organo di garanzia (contestualmente abrogato) già previsti dalla l. 416 limitatamente al comparto della s., e le competenze amministrative connesse alla ''tenuta'' del Registro nazionale della stampa, precedentemente esercitate dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria presso la presidenza del Consiglio dei ministri (art. 6); ha, inoltre, annoverato l'informazione a mezzo s. nella definizione delle soglie di concentrazione nell'ambito delle imprese multimediali, segnando in tal modo un netto progresso rispetto alla l. 416/1981, le cui regole erano circoscritte all'imprenditoria monomediale. Tale linea evolutiva vale, tra l'altro, a regolare gli intrecci intersettoriali, in guisa da evitare i pericoli di un ''doppio monopolio'', che conseguirebbe da forme concentrative sviluppantisi congiuntamente nei settori della comunicazione scritta e di quella audiovisiva (v. oltre).
La l. 287/1990, dal canto suo, pur avendo a oggetto precipuamente la tutela generale della concorrenza e del mercato, contiene disposizioni specifiche che riaffermano le competenze del Garante per la radiodiffusione e l'editoria nell'ambito di tutela della trasparenza e della pluralità delle fonti d'informazione; invero, poteri e attribuzioni ivi previsti in capo a un'apposita Autorità antitrust, in ordine a fenomeni suscettibili di pregiudicare la libertà di concorrenza fra imprese (v. oltre), sono riservati all'Organo di vigilanza nel settore della radiodiffusione ed editoria. Significativa è altresì l'innovazione apportata dal decreto legisl. 25 gennaio 1992 n. 74 (attuazione delle Direttive CEE 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole) che, nel disciplinare anche le ipotesi di pubblicità diffusa attraverso la s. (e il mezzo radiodiffusivo), affida al Garante il compito di valutare, in tali casi, eventuali profili d'ingannevolezza del messaggio rendendo apposito parere all'Autorità antitrust cui competono, al riguardo, poteri inibitori e sanzionatori.
Molteplici sono i profili per cui la s. viene assoggettata a uno specifico regime giuridico. In primo luogo, l'attività di s. costituisce lo strumento di realizzazione della libertà di espressione, esigenza inalienabile dell'individuo, come testimoniato dalla sua inclusione, come species del genus manifestazione del pensiero, fra i diritti fondamentali (art. 21 Cost.), al complesso dei quali va coordinata. In secondo luogo, l'informazione può costituire, compatibilmente con la sua natura sociale, un bene di consumo, e, dunque, commerciabile; e la realtà attuale, lo sviluppo tecnologico e l'ampliamento del sistema dei mezzi di comunicazione sociale mostrano l'esigenza di riservare a tale aspetto una particolare attenzione. Sotto questo profilo si manifesta la necessità di coordinamento normativo fra le funzioni sociale e formativo-informativa, da un lato, e comunicativa (veicolare), dall'altro, di strumento di trasmissione dell'informazione, soggetto, in certo modo, a mercato e a concorrenza del tutto particolari (e per tale motivo suscettibile di specifica regolamentazione). Infine, l'attività di s. è rilevante giuridicamente anche come polo di riferimento delle professionalità soggettive degli operatori. Tale ultimo punto di vista risulta particolarmente importante, in quanto la realtà italiana è connotata singolarmente dall'ordinamento professionale dei giornalisti a opera legislativa (l. 3 febbraio 1963 n. 69), laddove le esperienze straniere mostrano di riservare detta regolamentazione all'autonomia soggettiva, cioè allo strumento semplicemente contrattuale dei soggetti (anche collettivi) interessati. Tutto ciò s'inquadra nel moderno concetto di sistema di comunicazione sociale.
Quando noi parliamo di sistema di comunicazione sociale, usiamo una locuzione che non è soltanto definitoria, ma implica nella sua essenza una vera e propria formula di aggregazione, la quale è composta da una pluralità di soggetti, da momenti organizzativi, dal tessuto connettivo di principi e di regole. Basterebbe pensare al settore della s., per scorgere in esso il complicato intreccio tra il momento individuale, quello collettivo e quello politico generale, tra interessi singoli e interessi di rilevanza collettiva, tra libertà e potere. Questo intreccio è apparso così immediato nella libertà di s., da indurre la dottrina e la giurisprudenza costituzionale a elaborare al riguardo teorie particolari, che si distaccano dal tradizionale canovaccio delle classiche libertà individualistiche e nello stesso tempo tentano di dare conto, attraverso la definizione della nuova dimensione, della complessità che i diritti concernenti l'informazione presentano nelle democrazie contemporanee.
La legislazione italiana negli anni più recenti si sta allineando a quella di altri paesi, in cui il sistema della comunicazione di massa ha già percorso un congruo processo di regolazione. Non solo nel mondo americano, anche in quello europeo assume gradualmente consistenza la necessità di porre le regole del sistema. Il gigantesco potere che si forma attraverso l'utilizzazione dei vari media (s., radio, televisione) riaccende l'attenzione verso forme di vigilanza e di controllo, sia interne al sistema informativo, come il Press Council britannico, sia esterne e collegate al pubblico potere, come la FCC (Federal Communication Commission) per la televisione statunitense. L'idea di un'authority che vigili e faccia rispettare l'obbligo di trasparenza, di pluralismo, di par condicio nei confronti di tutti i mezzi di comunicazione di massa, acquista una plausibilità e una praticabilità prima sconosciute, e tende a tradursi, nei paesi più avanzati, in concrete formule organizzative e in strutture istituzionali. La l. 416/1981 (integrata dalla l. 67/1987) aveva già delineato gli organi che rappresentano l'intervento pubblico nel governo del settore. Tra essi particolare rilievo assumeva il Garante per l'editoria, la cui figura, ridisciplinata − come si è visto − dalla l. 223/90, è assimilabile agli organismi di garanzia già operanti, da tempo, in altri paesi (Francia, Germania, USA, Gran Bretagna) nei settori dell'informazione (s., televisione).
Di notevole importanza è la normativa che limita le concentrazioni nella s. quotidiana, in quanto esse possono pregiudicare il pluralismo dell'informazione quale espressione del principio di libertà di manifestazione del pensiero. L'art. 3 della l. 67/1987 pone, al riguardo, specifiche norme per il divieto di acquisire "posizioni dominanti".
Tale articolo stabilisce, infatti, che si considera dominante nel mercato editoriale la posizione del soggetto che: a) giunga a editare o a controllare società che editano testate quotidiane la cui tiratura, nell'anno solare precedente, abbia superato il 20% della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia; ovvero b) giunga a editare o a controllare società che editano un numero di testate superiore al 50% di quelle edite nell'anno solare precedente e aventi luogo di pubblicazione, determinato ai sensi dell'art. 2 della l. 8 febbraio 1948, n. 47, nell'ambito di una stessa regione e sempre che vi sia più di una testata; ovvero c) giunga a editare o a controllare società che editano un numero di testate che abbiano tirato nell'anno solare precedente oltre il 50% delle copie complessivamente tirate dai giornali quotidiani aventi luogo di pubblicazione nella medesima area interregionale: ai fini della presente disposizione s'intendono per aree interregionali quella del Nord-Ovest, comprendente Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia e Liguria; quella del Nord-Est, comprendente Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna; quella del Centro, comprendente Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo; quella del Sud, comprendente le rimanenti regioni; ovvero d) diventi titolare di collegamenti con società editrici di giornali quotidiani la cui tiratura sia stata superiore, nell'anno solare precedente, al 30% della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia.
Il controllo è definito ai sensi del 1° comma dell'art. 2359 c.c. nonché ai sensi dell'8° comma dell'art. 1 della l. 5 agosto 1981 n. 416, come modificato dalla citata legge. I rapporti sono rilevanti ai fini dell'individuazione della posizione di controllo, anche quando sono posti in essere nei confronti della società editrice da parte di società direttamente o indirettamente controllate. Il collegamento è definito ai sensi del 2° comma dell'art. 2359 c. civile. Ai fini dell'individuazione della posizione di collegamento, è da intendersi come rapporto di collegamento anche quello che viene realizzato attraverso una società che sia direttamente o indirettamente controllata.
Al fine di reprimere le concentrazioni di stampa che superino i limiti indicati legislativamente, il citato art. 3 attribuisce appositi poteri al Garante. Questi, allorché un soggetto raggiunga una posizione dominante, ne informa il Parlamento e fissa un termine non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi, entro il quale dev'essere eliminata tale posizione. Alla scadenza del termine fissato, il Garante richiede al tribunale competente l'adozione dei provvedimenti necessari per l'eliminazione della situazione di posizione dominante, compresi, se necessari, l'annullamento degli atti in questione e la vendita forzata di azioni, partecipazioni, quote o testate.
La disciplina testè enunciata ha costituito per quasi un decennio il primo e unico nucleo di norme poste a presidio del principio del pluralismo nel settore dell'informazione a mezzo stampa. L'evoluzione complessiva dell'intero sistema dei media ha spinto il legislatore a introdurre, come già accennato, un'ulteriore serie di norme antimonopolistiche con la l. 6 agosto 1990 n. 223 (contenente una prima disciplina organica del sistema radiotelevisivo pubblico e privato) la quale pone il divieto di posizioni dominanti nel settore dei mezzi di comunicazione di massa, predisponendo un sistema di nullità di atti diretto a impedire la concentrazione dei canali d'informazione e della raccolta di pubblicità. La legge predetta enuncia una serie di norme specificamente dirette a disciplinare il fenomeno concentrativo e a evitare il realizzarsi di posizioni dominanti, indirizzando il controllo sulle varie operazioni intervenute nei riguardi dei soggetti appartenenti al settore dell'informazione (imprese editrici, titolari di concessioni radiotelevisive, concessionarie di pubblicità).
Tra le norme più significative è il caso di citare in questa sede l'art. 15, che al 1° comma stabilisce il divieto di essere titolare: a) di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura annua abbia superato nell'anno solare precedente il 16% della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia; b) di più di una concessione per radiodiffusione in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8% della tiratura complessiva dei giornali in Italia; c) di più di due concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista nell'ipotesi precedente.
Lo stesso art. 15 dispone anche, al 2° comma, che gli atti di cessione, i contratti di affitto, di affidamento in gestione di imprese operanti nel settore delle comunicazioni di massa, nonché il trasferimento tra vivi di azioni, partecipazioni o quote di società operanti nel medesimo settore sono nulli qualora, per loro effetto, uno stesso soggetto, anche attraverso soggetti controllati o collegati, realizzi più del 20% delle risorse complessive del settore delle comunicazioni di massa o più del 25% delle risorse predette nel caso in cui il medesimo soggetto consegua entrate nel settore delle comunicazioni di massa per almeno due terzi dei propri introiti complessivi. A tal proposito la legge sul sistema radiotelevisivo (art. 37), ai fini dell'applicazione della disciplina antimonopolistica in essa contenuta, nell'operare il rinvio all'art. 2359 c.c., per la definizione dei rapporti di collegamento e controllo fra soggetti, ha inteso ampliare la portata delle disposizioni ivi dettate (peraltro novellate dal decreto legisl. 127 del 1991) introducendo criteri identificativi di vincoli organizzativi o finanziari non codificati nella norma de qua.
L'incidenza dell'accennata disciplina su fenomeni riguardanti il settore editoriale è evidente. Il soggetto che venga a trovarsi, infatti, in una posizione dominante nell'ambito della comunicazione di massa anche in base alla titolarità di testate giornalistiche, soggiace al procedimento previsto dall'art. 31, co. 6 e 7, della citata l. 223. Invero, qualora il titolare di una o più concessioni per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale venga a trovarsi nelle condizioni previste dal 1° comma dell'art. 15 (titolarità di concessioni e testate quotidiane) per fatti diversi dall'aumento delle tirature, o abbia superato i limiti di cui al 2° comma dell'art. 15 (risorse complessive del settore delle comunicazioni di massa), per fatti diversi dall'aumento del fatturato dei propri mezzi, il Garante invita il titolare medesimo a promuovere e a compiere gli atti necessari per ottemperare ai divieti entro un termine contestualmente assegnato non superiore a 360 giorni. Nel caso d'inosservanza dell'invito, il ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni revoca la concessione su proposta del Garante.
Sulle norme antimonopolistiche riferite al settore dell'editoria, e in genere all'ambito dei mezzi di comunicazione di massa, è venuta, infine, a incidere la già citata legge generale sulla tutela della concorrenza e del mercato (l. 10 ottobre 1990 n. 287), introdotta nel nostro ordinamento al fine di perseguire una politica organica di contenimento monopolistico, non consentito sotto il vigore della precedente normativa. Della suddetta l. 287/1990 vanno individuate principalmente le seguenti linee fondamentali: a) riaffermazione del primato dell'ordinamento comunitario su quello nazionale e conseguente richiamo, in genere, alla normativa comunitaria; b) istituzione di un'Autorità di garanzia dotata di poteri ampiamente discrezionali e caratterizzata dalla competenza nel valutare gli atti che possono avere effetti distorsivi sulla libera concorrenza; c) richiamo ai principi esposti nel trattato CEE nel definire i fenomeni dell'"intesa restrittiva della libertà di concorrenza" e dell'"abuso di posizione dominante" e introduzione di forme di controllo preventivo e di misure di contenimento, o sanzioni successive per le "operazioni di concentrazione" di imprese; d) particolare cautela nell'imporre divieti e attribuzioni all'Autorità garante della competenza in materia di deroghe a tali divieti.
La citata l. 287, regolando il possibile concorso di discipline, demanda al Garante per la radiodiffusione e l'editoria (art. 20), che decide previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'applicazione della normativa in ordine a intese restrittive della libertà di concorrenza (art. 2 e 4), abusi di posizione dominante (art. 3), operazioni di concentrazione (art. 6), pur non derogando alle apposite disposizioni che attualmente regolano i citati settori della comunicazione di massa. Le nuove forme d'intervento, quindi, non si sostituiscono, ma vengono ad aggiungersi a quelle già previste nella previgente legislazione di settore. Ne consegue che si possono individuare le ipotesi di concentrazione editoriale (e radiotelevisiva) non solo sulla base della specifica tipologia indicata nell'art. 1 della l. 416/1981 e negli artt. 1 e 3 della l. 67/1987 (nonché nell'art. 15 della l. 223/1990), ma anche attraverso la valutazione complessiva dei vincoli organizzativi, patti, intese e, in genere, dei comportamenti delle imprese interessate alla stregua delle indicazioni derivanti dalla l. 287.
La normativa sopra menzionata prevede, altresì, che le intese restrittive della concorrenza, normalmente vietate, possano essere temporaneamente autorizzate per fini di utilità generale specificati all'art. 4, mentre le operazioni di concentrazione debbano essere comunicate preventivamente al Garante che può alternativamente vietarle o assentirle, prescrivendo, se del caso, eventuali misure atte a impedire le negative conseguenze da esse derivanti alla concorrenza. L'attività di vigilanza e controllo prevista dalla l. 287/1990 richiede l'espletamento di procedure istruttorie che garantiscano agli interessati la piena conoscenza degli atti, il contraddittorio e la verbalizzazione, secondo le modalità indicate dalla stessa legge (oltre che dal regolamento emanato ai sensi dell'art. 10, comma 5°, della medesima legge, e attualmente contenuto nel d.P.R. 10 settembre 1991 n. 461).
Dal contesto normativo sopra delineato emerge con evidenza come il Garante per la radiodiffusione e l'editoria si trovi ora a dover coordinare le varie discipline da applicare (l. 416/1981 e l. 67/1987 e successive integrazioni e modificazioni; l. 223/1990 e l. 287/1990), considerando in tale attività gli specifici criteri ispiratori su cui le discipline stesse sono basate, e tenendo conto, in ogni caso, che le finalità della l. 287/1990 risultano correlate, in genere, alla logica di mercato, mentre gli scopi della legislazione editoriale (non diversamente dalla disciplina dettata per la radiodiffusione) attengono al controllo, contenimento e repressione di posizioni concentrative al fine di soddisfare l'esigenza di tutela della libertà d'informazione.
Bibl.: G. Cuomo, Libertà di stampa ed impresa giornalistica nell'ordinamento costituzionale italiano, Napoli 1956; C. Esposito, Libertà di manifestazione del pensiero nell'ordinamento giuridico italiano, Milano 1958; A. Loiodice, Contributo allo studio della libertà d'informazione, Napoli 1969; P. Barile, Libertà di manifestazione del pensiero, Milano 1975; A. Baldassarre, Libertà di stampa e diritto all'informazione nelle democrazie contemporanee, in Politica del diritto, 1986, pp. 579 ss.; U. De Siervo, Stampa (dir. pubbl.), in Enciclopedia del diritto, xliii, Milano 1990, pp. 577 ss.; A. Loiodice, Situazioni costituzionali e diritto all'informazione, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, xv, 1, Editoria e stampa, Padova 1990; A. Brighina, La stampa, ibid.; G. Santaniello, Figura competenze e attività del Garante per la radiodiffusione e l'editoria, in Informazione e comunicazione, Roma 1991, pp. 46 ss.; Diritto antitrust italiano. Commento alla legge 10 ottobre 1990, n. 287, a cura di A. Frignani, R. Pardolesi, A. Patroni Griffi, L.C. Ubertazzi, Bologna 1993.