STAMPA (XXXII, p. 463)
Legislazione italiana sulla stampa. - La nuova costituzione italiana (art. 21) ha esteso la garanzia costituzionale a tutte indistintamente le manifestazioni del pensiero. Garanzia che, peraltro, è legislativamente debole in alcuni casi (film), mentre per la stampa, in particolare quella periodica, è rafforzata, in quanto la stessa costituzione, seguendo un criterio da essa ampiamente adottato, ha regolato in profondità le manifestazioni anche del diritto fondamentale concernente la stampa. Alla costituzione ha fatto seguito la legge 8 febbraio 1948, n. 47, che, pur avendo carattere provvisorio, tuttavia regola per la prima volta compiutamente la materia della stampa dopo l'editto albertino del 1848.
In tal modo la costituzione ha stabilito in modo esplicito la non assoggettabilità della stampa ad autorizzazioni o censure (art. 21, 2° comma), e a sequestri amministrativi se non sostitutivi (art. 21, 3° e 4° comma). Per il sequestro è richiesto un atto dell'autorità giudiziaria, che è ammissibile in due soli casi: 1) delitti, indicati dalla legge sulla stampa, con esplicita indicazione della sequestrabilità (e nella legge del febbraio 1948 non è contenuta alcuna norma di tale fatta); 2) violazione delle norme sulla pubblicità di cui oltre. L'autorità amministrativa può procedere a sequestro nei medesimi casi, ma in via sostitutoria di urgenza: legittimati ad agire sono i soli ufficiali di polizia giudiziaria; deve ricorrere il presupposto dell'urgenza impeditiva dell'intervento giudiziario e deve chiedersi entro 24 ore la convalida dell'autorità giudiziaria; se la convalida non è data entro le successive 24 ore, il sequestro diviene assolutamente inefficace e può anche sorgere responsabilità dell'ufficiale di polizia giudiziaria, a norma dell'art. 28 della costituzione.
Il grave problema degli interessi pubblici concernenti la stampa periodica è stato disciplinato imperfettamente, sia dalla costituzione sia dalla legge 8 febbraio 1948. Per la responsabilità di gestione è stato seguito il criterio della pubblicità speciale; per la responsabilità civile quello della solidarietà; per la responsabilità politica la costituzione ammette la possibilità di adottare misure generali perché siano resi noti i mezzi di finanziamento (art.21, 5° comma), ma nella legge n. 47 non se ne è avuto alcuno sviluppo. Nessuna norma considera la responsabilità dell'esattezza delle notizie, tanto sotto l'aspetto positivo (notizie false) quanto negativo (notizie reticenti).
La pubblicità speciale è regolata dalla legge n. 47, la quale stabilisce che ogni periodico, giornale e pubblicazione di agenzie d'informazioni debba recare l'indicazione del luogo e della data di pubblicazione, del nome e domicilio dello stampatore, del nome del proprietario e del direttore (o vice direttore) responsabile. Tanto il direttore responsabile quanto il proprietario (o il rappresentante legale, se si tratta d'imprese) devono essere cittadini italiani aventi pienezza di diritti politici (articoli 2, 3, 4). Tutti questi elementi devono risultare dalla registrazione del periodico in tribunale, da tenere aggiornata con i successivi mutamenti (articoli 5, 6, 7). Proprietario, editore e autore sono civilmente responsabili in solido per i reati commessi per mezzo della stampa (art. 11); al risarcimento dei danni la legge n. 47 ha aggiunto una sanzione riparatoria. In adempimento alla legge tuttora vigente del 26 febbraio 1928, n. 384, la legge n. 47 esige per il direttore o vice-direttore responsabile il requisito dell'iscrizione negli albi professionali dei giornalisti.
Gli abusi della stampa hanno carattere unicamente penale: la costituzione vieta la stampa contraria al buon costume (art.21, 6° comma); la legge n. 47 considera reato la pubblicazione di stampati destinati all'infanzia aventi contenuto diseducativo e quella di stampati a contenuto raccapricciante (articoli 14, 15), allargando la statuizione dell'art.528 cod. pen. relativa alle pubblicazioni oscene. La violazione delle norme sulla pubblicità dà luogo ad altri illeciti penali (stampa clandestina, omissione d'indicazioni obbligatorie, false dichiarazioni nella registrazione). L'abuso più pericoloso, lo scandalismo, seguita ad essere inquadrato nel reato di diffamazione, che nella legge 8 febbraio 1948 ha avuto rafforzata la sanzione rispetto al cod. pen. (reclusione da 1 a 6 anni, multa non inferiore a lire 10.000), limitatamente alla diffamazione consistente nell'attribuzione di un fatto determinato (vedi peraltro, per l'exceptio veritatis, diffamazione, in questa App.). È penalmente tutelata anche la diffusione degli stampati (art. 20); per tutti i reati commessi a mezzo della stampa la competenza è del tribunale, e si procede per direttissima.
L'organizzazione della stampa italiana (XVII, p. 207). - All'indomani della caduta del fascismo, il 26 luglio 1943 venne ricostituita a Roma la Federazione nazionale della stampa italiana, soppressa nel 1924 insieme alle associazioni regionali. Sopravvenuto l'8 settembre, essa riprese a funzionare il 7 giugno 1944. Col proposito di riunire in un unico organismo tutti i giornalisti e pubblicisti, essa si trovò dinanzi al compito di riorganizzare su basi nuove o rinnovate la vita associata e professionale di questa categoria, sia sul piano nazionale che su quello regionale. Di fronte alla mole della legislazione sulla stampa e sulla professione giornalistica, la federazione si accinse all'opera di sceverare quanto di utile e con significato di reale conquista sindacale vi era in essa per la categoria e per la stampa in genere; in questo senso, essa affiancò utilmente l'opera dei varî governi succedutisi dopo la liberazione, in ordine appunto al problema di rinnovare tale legislazione e l'ordinamento stesso della professione giornalistica. Ed uno dei primi risultati fu la soppressione del Sottosegretariato stampa e propaganda che, con la sua direzione generale per la stampa poteva essere tentato a ripristinare quella direttiva o tutela sulla stampa che era invalsa in regime fascista. Alla vigilia della Costituente, il 7 giugno 1945 il consiglio direttivo federale approvava un ordine del giorno che invocava il ristabilimento di una completa libertà dì stampa, la cessazione di tutte le "misure di autorizzazione, sospensione, soppressione ecc. della stampa periodica quotidiana e non quotidiana, domandando al tempo stesso l'istituzione di un controllo sulle fonti finanziarie dei periodici e quotidiani".
A questo processo di eliminazione di tutte le sovrastrutture e i vincolismi che avevano snaturato, in Italia, la funzione della stampa, si aggiunse l'altro di rivalutare la professione giornalistica, sulla base di una solidarietà professionale che doveva agire al di sopra e al di fuori dei partiti, lasciando il giornalista libero nelle proprie preferenze ideologiche.
Per la tenuta dell'Albo professionale dei giornalisti (r. decr. 26 febbraio 1928, n. 384), già affidata ad un Comitato di cinque membri, disciolto, e per mettere un ordine nella professione venne istituita (decr. legisl. luog. 23 ottobre 1944, n. 302) la Commissione unica per la tenuta degli Albi professionali dei giornalisti (professionisti, praticanti, pubblicisti ed elenco speciale).
Il 12 marzo 1944 la detta Commissione unica, ponendosi decisamente all'avanguardia del movimento per la revisione delle leggi sull'epurazione, adottò all'unanimità una deliberazione (commissario presidente: Cipriano Facchinetti; commissario segretario: Leonardo Azzarita), che il 31 maggio 1946 fu convalidata dal guardasigilli P. Togliatti e dall'Ufficio sanzioni contro il fascismo. In ordine all'inquadramento sindacale il Consiglio direttivo federale rivendicò l'autonomia e l'autogoverno della classe giornalistica, nell'ambito delle proprie organizzazioni professionali, e dopo il Congresso nazionale di Palermo (ottobre 1946) fu negoziato e concluso un "patto di alleanza" con la CGIL (poi anche con la LCGIL) per dare e ricevere appoggio in occasione di rivendicazioni determinate. Nuovamente ricostituito è stato il collegio dei probiviri nazionali (le cui origini risalgono al 1895) al quale si sono affiancati collegi probivirali regionali, col compito di dirimere le controversie fra giornalisti ed editori e vegliare al decoro, alla disciplina e alla correttezza nella professione giornalistica. Continua a funzionare, con estensione dell'assistenza anche ai familiari, l'Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti, ora intitolato a Giovanni Amendola.
La Federazione nazionale della stampa italiana e le 11 associazioni regionali che ad essa fanno capo (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, Venezia) - da notare in modo particolare l'affiliazione mai interrotta dell'associazione regionale di Trieste - hanno tenuto due congressi nazionali (5-9 ottobre 1946 a Palermo e 24-29 settembre 1948 a S. Remo) per discutere i problemi della categoria e della stampa in generale. Nell'ambito poi della Federazione, si sono costituiti il Sindacato stampa parlamentare con lo scopo di facilitare il lavoro dei giornalisti al Senato e alla Camera e rappresentarli di fronte alle autorità parlamentari; il Sindacato nazionale giornalisti cinematografici (dal 1945); l'Unione della stampa sportiva italiana (USSI), dal dicembre 1947. La Federazione ha avuto come presidenti: nel 1943 Ivanoe Bonomi; dal 7 giugno al 14 ottobre 1944 Alberto Bergamini; quindi sino al 24 gennaio 1946 Luigi Salvatorelli; da tale data è presidente Cipriano Facchinetti. Dal 1943, consigliere delegato è Leonardo Azzarita.
Il contratto di lavoro. - All'ultimo contratto vigente, quello del 23 luglio 1947, si è giunti attraverso un'evoluzione di quasi un cinquantennio che si è iniziata con la convenzione Barzilai-Biadene del 17 dicembre 1911 ed ha avuto come punti fermi il cosiddetto contratto Meoni-Biadene del 14 dicembre 1919, il contratto 1° ottobre 1925 (legge sindacale 15 novembre 1927), il contratto 5 marzo 1928 (legge 1° agosto 1928), il contratto 2 febbraio 1932 (legge 26 febbraio 1932), il contratto agenzia stampa 2 giugno 1933 (legge 26 marzo 1934) ed il contratto 22 febbraio 1939 (legge id.). Il contratto del 23 luglio 1947, contro il tentativo degli editori di tornare al semplice rapporto d'impiego privato, ha mantenuto immutate le caratteristiche del contratto precedente e, oltre a specificare la qualifica di redattore, i periodi di prova, a definire meglio i rapporti fra editore e direttore, fra questi e i redattori, ecc., in particolare ha provveduto: ad articolare i minimi a seconda delle categorie, corrispondenti compresi; a stabilire l'indennità redazionale per tutti i giornalisti; a rivalutare in parte la carriera; a stabilire le festività civili oltre quelle nazionali; a istituire un contributo a carico degli editori per un fondo malattia e disoccupazione; a definire il trattamento spettante ai giornalisti addetti ai periodici; a ripristinare i collegi di conciliazione; a istituire i comitati di redazione. Il contratto del 23 luglio 1947 fu denunziato prima della scadenza e, dopo il congresso nazionale di S. Remo, furono iniziate le trattative per un nuovo contratto collettivo di lavoro per i giornalisti italiani. Le negoziazioni fra la Federazione nazionale della stampa italiana e le due Associazioni editori di giornali, di Roma e di Milano, sono state concluse nel febbraio 1949 ed il nuovo contratto, entrato in vigore il 1° gennaio 1949, è stato firmato il 29 marzo 1949. In questo nuovo contratto sono notevoli i miglioramenti sul precedente, segnatamente per ciò che riguarda i poteri dei direttori, il trattamento previdenziale dei giornalisti e l'istituzione di una nuova indennità detta "giornalistica".