Brakhage, Stan
Regista cinematografico statunitense, nato a Kansas City (Missouri) il 14 gennaio 1933. Considerato uno dei massimi autori del cinema sperimentale, ha diretto in quasi cinquant'anni di attività circa duecentocinquanta film, di vario formato e lunghezza, con i quali ha esplorato momenti 'primari' della vita come la nascita, il sesso, la morte, rivendicando la possibilità di imprimere una nuova libertà alla visione in nome di una 'avventura percettiva' nell'ambito della quale sperimentare le valenze insite nel suono, ma soprattutto offerte dalla scelta del silenzio. Con la sua ricerca, B. è riuscito a produrre sullo spettatore un forte impatto emozionale, delineando uno stile del tutto personale, impossibile da circoscrivere in una definizione. Autore in bilico tra astrazione e figurazione, pensiero e materia, impulso e riflessione, si è infatti rivelato strutturalista quando ha lavorato direttamente sulla pellicola; surrealista per l'incredibile capacità di rappresentare i fenomeni interiori e gli stati di coscienza; realista poiché il suo è anche un cinema immediato e 'amatoriale', costituito da eventi familiari e quotidiani, come per es. nella serie dei Songs, trenta piccoli film girati in 8 mm nell'arco di sei anni (dal 1964 al 1969). Dopo essersi formato all'Institute of Fine Arts di San Francisco, girò nel 1952 il suo primo film Interim. Trasferitosi a New York, entrò in contatto con numerosi esponenti dell'avanguardia e al contempo approfondì lo studio dei più grandi poeti statunitensi, in particolare Gertrude Stein la cui opera è stata essenziale fonte di ispirazione per il suo lavoro. Risale al 1957 il suo matrimonio con Jane Collum, che costituì un punto di riferimento centrale anche per la sua vita artistica. La crisi di questo legame e il successivo divorzio negli anni Ottanta rappresentano altrettante decisive tappe del suo percorso umano e creativo.
Trasferitosi nei pressi di Rollinsville in Colorado, fino al 1963 collaborò occasionalmente a film commerciali, pur continuando a creare in piena indipendenza. Iniziò a insegnare dal 1970, prima presso la School of Art Institute di Chicago, quindi a Boulder dove si trasferì dopo il divorzio e il secondo matrimonio. A una fase iniziale, da ricollegare alla tradizione del trance-film e che fondamentalmente si rivela basata sulla drammatizzazione delle angosce esistenziali ‒ fase che va da Interim ad Anticipation of the night (1958) ‒ seguì, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, una scoperta della realtà familiare, minuziosamente indagata con un raffinato uso della macchina da presa che registra, sottolinea ed evidenzia il ritmo e il complesso strutturarsi della quotidianità. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta il regista coinvolse nel suo universo espressivo la natura in tutta la ricchezza delle sue manifestazioni, mentre nel decennio successivo, coerentemente con la sua impostazione teorica, si dedicò alla possibilità di produrre, con i suoi film, equivalenti dei 'mobili pensieri visivi', ossia del ritmo che precede e sottende la creazione stessa dell'immagine, perfezionando la tecnica di intervento sulla pellicola intesa come materiale espressivo.
B. è il cineasta della vita quando filma la nascita dei suoi figli (Window water baby moving, 1959) e la loro sessualità (Scenes from under childhood, 1967-1970). Ed è invece il cantore della morte, quando riprende la decomposizione del suo cane (Sirius remembered, 1959), l'autopsia su un cadavere (The act of seeing with one's own eyes, 1971), o quando mette in scena il suicidio, come in Anticipation of the night, dove mostra in soggettiva il percorso di un uomo verso la fine: nel tragitto dalla casa all'albero a cui si impiccherà, affiorano una serie di immagini, a metà tra il ricordo di azioni passate e l'anticipazione di qualcosa che sta per avvenire. Alberi, uccelli, bambini sono archetipi o elementi fantasmatici di un viaggio sospeso tra azione e visione che in realtà non prelude a nessuna dimensione ultraterrena, ma che semmai afferma tutta l'immanenza dello sguardo. B. riprende la natura viva ‒ come in Dog star man (1961-1964), che ha come soggetto la scalata di una montagna da parte di un uomo e del suo cane, metafora della sfida disperata tra l'Io e il mondo ‒ e la natura morta: è il caso di Mothlight (1963) e di The garden of earthly delights (1981), composti da fiori e falene pressati tra due strati di pellicola trasparente. Dal suo cinema trapela la gioia e al tempo stesso il terrore di sentirsi totalmente immersi nell'esistenza. The art of vision (1965) ‒ versione dilatata fino a quattro ore e mezza di Dog star man ‒ rappresenta il compendio della sua estetica: la ripetizione ciclica delle stesse azioni, suddivise in varie parti a loro volta sovrapposte, costituisce un 'mandala' visivo, un'esperienza percettiva assoluta che assorbe progressivamente lo spettatore.
Negli anni Ottanta e Novanta B. si è dedicato soprattutto alla pittura su pellicola (in alcuni casi rifotografata e trasferita per es. da 70 mm a 35 mm, come in The Dante quartet, 1987) realizzando alcune serie di film astratti: Arabic series (1980), Egyptian series (1984), Babylon series (1990), Chartres series (1994), Persian series (2000). Il rapporto fisico che il regista intrattiene con l'opera è evidenziato dal fatto che ogni suo film è firmato come un quadro, graffiando direttamente su alcuni fotogrammi della pellicola la sigla 'by Brakhage'.Ha scritto numerosi testi che documentano le fasi della sua elaborazione teorica e l'evoluzione della sua poetica, tra cui Metaphors on visions (1963; trad. it. Metafore della visione e manuale per riprendere e ridare i film, 1970, unico testo pubblicato anche in Italia), Biographies (1977), Film at wit's end: eight avant-garde filmmakers (1989). Nel 2001 ha pubblicato ancora Essential Brakhage: selected writings on filmmaking.
G.R. Barrett, Stan Brakhage: a guide to references and resources, Boston 1983; P.A. Sitney, Il cinema d'avanguardia, in Storia del cinema mondiale, a cura di Gian Piero Brunetta, 2° vol., Gli Stati Uniti, t. 2, Torino 2000, pp.1579-82.